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5 criptovalute da monitorare dopo l’halving del bitcoin

Author: Wired

Lo scorso 20 aprile è partito il quarto halving della storia del bitcoin. Il termine, che in inglese significa “dimezzamento“, si riferisce alle emissionidella criptovaluta. Di fatto, la ricompensa ottenuta dai miner per la estrazione di ogni blocco di transazioni sulla blockchain è stata da allora dimezzata da 6,25 a 3,125 bitcoin, determinando così una diminuzione dell’estrazione giornaliera da 900 a 450.

Come sottolinea Quartz, tale fenomeno è utile a controllare l’inflazione. In attesa di scoprire quali saranno gli effetti sul valore del bitcoin, che pure ha visto il suo valore salire di quasi 3.000 dollari tra la vigilia dell’halving e le quarantotto ore successive, la testata economica online ha segnalato altre cinque criptovalute da tenere d’occhio dopo il dimezzamento stesso.

  1. Bitcoin Cash
  2. Ether
  3. Solana
  4. Litecoin
  5. Dogecoin

Bitcoin cash

Nel 2017, alcuni anni dopo la nascita di bitcoin, i miner e gli sviluppatori della criptovaluta iniziarono a preoccuparsi per il suo futuro e in relazione alla sua capacità di crescere in maniera efficace. La moneta digitale fu dunque sottoposta a un hard fork, il fenomeno che si verifica quando la comunità apporta importanti modifiche alla rete blockchain, cambiando le regole.

Da tale processo nacque il bitcoin cash, che presentava velocità di transizione più elevate. Poiché la storia delle due criptovalute è collegata, il prezzo di quella nata sette anni fa fluttua spesso con quello della principale. Anche in occasione dell’halving del 20 aprile, il bitcoin cash è finito sotto la lente degli investitori. Il 18 aprile il suo valore era pari a 485 dollari, il 265% in più rispetto a dodici mesi fa.

Ether

Per alcuni addetti ai lavori, se il bitcoin è l’oro, l’ether è l’argento. Creato dalla rete blockchain Ethereum, esso è infatti la seconda maggior criptovaluta al mondo per capitalizzazione di mercato e rappresenta un importante indicatore per la salute complessiva del mercato delle criptovalute.

Prima dell’halving di bitcoin, ether veniva scambiato a circa 3.000 dollari, un valore superiore del 46% rispetto allo stesso periodo del 2023.

Solana

Come la rete blockchain di ether, quella di Solana ospita diverse app decentralizzate, o dApp. Al contrario di quella di Ethereum, essa è descritta da alcuni come più veloce ed economica. Solana è ormai da anni tra le prime dieci criptovalute mondiali e spesso il suo valore aumenta quando aumenta quello del bitcoin. Il 18 aprile il suo valore si aggirava intorno ai 140 dollari, segnando un +462% rispetto a un anno prima.

Litecoin

Il litecoin è una delle prime valute digitali create in seguito alla nascita del bitcoin. Fu Charles Lee, ex ingegnere di Google, a darle vita nel 2011, definendolo peraltro “l’argento rispetto all’oro di bitcoin”. Di certo c’è che la criptovaluta è sopravvissuta a tutti gli alti e bassi del settore e continua a collocarsi tra le prime venti al mondo.

Bitcoin e litecoin utilizzano entrambe un sistema di convalida Proof-of-Work (PoW). Nel dettaglio, il processo di mining o creazione delle due criptovalute e la loro aggiunta a un registro pubblico o a una blockchain è lo stesso. Anche per questo, le loro fluttuazioni sono spesso abbinate. Litecoin valeva il 18 aprile 80 dollari, il 20% in più rispetto al 2023.

Dogecoin

Volatilità e fluttuazioni nel mondo delle criptovalute fanno spesso rima con dogecoin. La moneta meme riceve ormai da anni il sostegno dell’amministratore delegato di Tesla Elon Musk, oltre che di quello di altre celebrità. Nato per scherzo, dogecoin ha mantenuto per diverso tempo una posizione tra le principali criptovalute. Alla vigilia dell’halving di bitcoin il suo valore si aggirava intorno agli 0,15 dollari, facendo segnare un aumento del 58% rispetto a dodici mesi prima.

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Economia Tecnologia

Una legge sul fintech per diffondere la blockchain tra le pmi italiane

Author: Wired

È stato convertito in legge il decreto Fintech, una norma che contiene disposizioni urgenti in materia di emissione e circolazione di strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione fintech. L’obiettivo è adeguare il nostro ordinamento al Dlt Pilot Regime, un regolamento dell’Unione Europea che istituisce nei Paesi membri un regime sperimentale per le infrastrutture di mercato basate sulla Distributed Ledger Technology (Dlt). Grazie al decreto, anche in Italia sarà possibile la tokenizzazione degli strumenti finanziari.

Cosa prevede il Decreto fintech

Il Dlt Pilot Regime offre la possibilità ad operatori e a imprese di investimento di creare piattaforme di negoziazione di strumenti finanziari digitali emessi nei Paesi dell’Unione Europea. il decreto Fintech introduce nel nostro codice normativo la definizione di “strumento finanziario digitale”, ovvero tutte quelle classi di attività che possono essere rappresentate sotto forma di token digitali che potranno essere negoziate e trasferite attraverso un registro distribuito grazie alla tecnologia Dlt: parliamo di azioni, obbligazioni, titoli di debito e molti altri strumenti finanziari individuati con regolamento della Consob e dalla Banca d’Italia, che faranno da controllori del registro. Le negoziazioni di titoli digitali potranno avvenire h24, senza intermediari.

Delle nuove opportunità offerte dal decreto Fintech, si è discusso alla sala Matteotti della Camera dei Deputati in presenza dei legislatori e degli operatori del settore. All’evento hanno preso parte il Presidente dalla Commissione Finanze della Camera, Marco Osnato, i deputati Andrea De Bortoldi e Emiliano Fenu (anch’essi membri della Commissione Finanze della Camera dei Deputati), Thomas lacchetti, Presidente del cda e fondatore di Fleap (che ha creato la piattaforma digitale), Hermes Bianchetti, Vice Direttore Generale di Banca Valsabbina, Alessandro Negri della Torre di LX20 Law Firm e Marco Cuchel, Presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti.

Cosa ne pensano gli operatori del settore

“Il decreto Fintech è una grande innovazione in un Paese dove troppo spesso le innovazioni fanno paura e c’è sempre una tendenza a vietare. Tutto quello che la norma prevede aiuta a metterci alla pari con la normativa europea e a non mettere gli operatori italiani di fronte a uno svantaggio competitivo”, così Marco Osnato, aprendo i lavori. Entusiasta anche il collega Andrea De Bortoldi: “Il decreto è passato un po’ in sordina, se n’è parlato poco, ma darà una svolta, a breve, nella vita delle nostre pmi. Per una volta l’Italia non fa il ‘compitino’, ma va oltre lo stesso regolamento europeo da cui scaturisce, un regolamento che prevedeva di agire solo sui mercati regolamentati, in pratica solo sulle grandi imprese. Con questo decreto arriviamo direttamente nelle case delle srl e arriveremo direttamente all’impresa artigiana, al commerciante e a tutte quelle imprese che rappresentano il nostro tessuto produttivo, mettendo in mano a queste imprese i migliori strumenti di mercato. Con gli strumenti che mettiamo in campo applichiamo la tecnologia a reti distribuite e quindi la Blockchain: tradotto in parole povera, permettiamo all’impresa manifatturiera locale di dialogare con il mondo della finanza internazionale; permettiamo di disintermediare il rapporto finanziario rendendolo più veloce, più snello. Più agile. E permettiamo di accedere a fonti di debito e di capitale alla singola pmi italiana, che non è quotata e che mai penserà di quotarsi, ma potrà finanziarsi in modo autonomo h24 e con minori costi”.

“Quando norma che entra in un settore così delicato – spiega invece Emiliano Fenu – che di fatto si sta già sviluppando da solo a livello tecnologico, si rischia sempre di fare dei danni o di imbrigliarlo: in questo caso ci siamo sforzati per offrire nuove possibilità alle piccole e medie imprese di entrare nel mercato dei capitali senza le difficoltà che hanno incontrato fino ad oggi, accedendo più facilmente al capitale di debito e soprattutto al capitale di rischio, a cui oggi difficilmente riescono ad accedere. Forse siamo andati un po’ di fretta e ora dovremo vigilare, soprattutto per scongiurare il rischio del proliferare di piccoli intermediari che esporrebbero investitori e piccoli risparmiatori a rischio frodi. Ma ci sono anche delle grandi opportunità: si potrebbe creare un ecosistema di responsabili di registri e di attori credibili che possano favorire l’incontro tra chi si affaccia a questi nuovi strumenti e gli strumenti stessi”.

A rispondere ai dubbi di Fenu, Thomas lacchetti: “Fleap nasce proprio con l’obiettivo di creare un ecosistema che permettesse un linguaggio comune tra le imprese e gli investitori: abbiamo creato un ambiente digitale che riproduce quello che avviene nella realtà, facendo incontrare shareholder, stakeholder, società e amministrazione, integrando anche i commercislisti e i notai per facilitare le operazioni di tutti i soggetti interessati. Utilizziamo la Dlt come sub-strato tecnologico che tiene insieme tutto il filo logico. Tutte le operazioni vengono ovviamente certificate e validate dalle parti in causa”.

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Economia Tecnologia

Bitcoin, c’è chi pensa che possano raggiungere i 100mila dollari entro il 2024

Author: Wired

Il valore dei bitcoin potrebbe raggiungere quota 100mila dollari entro la fine del 2024. È questa, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, la convinzione della società finanziaria britannica Standard Chartered, secondo la quale la valuta digitale più costosa al mondo potrebbe beneficiare della fine dell’”inverno delle criptovalute”.

In particolare, secondo il responsabile della ricerca sugli asset digitali di Standard Chartered Geoff Kendrick, sarebbero tre i fattori che potrebbero concorrere a gonfiare la valutazione dei bitcoin: le turbolenze che nelle ultime settimane hanno scosso il settore bancario, la stabilizzazione degli asset a rischio dopo la fine del rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve e la maggiore redditività del mining delle criptovalute. “Anche se permane incertezza – spiega Kendrick – riteniamo che il percorso verso quota 100mila dollari stia diventando sempre più chiaro”.

L’andamento dei bitcoin in questo inizio di 2023 è stato molto positivo. Ad aprile, per la prima volta in dieci mesi, il valore della criptovaluta ha superato la soglia dei 30mila dollari, toccando quota 30.506,80 dollari venerdì 14. Sebbene questa salita rappresenti una notizia positiva per i possessori di bitcoin, si tratta in realtà solo una piccola boccata d’ossigeno, per ora, per chi ha vissuto sulla propria pelle il crollo del 2022, legato soprattutto al rialzo dei tassi di interesse da parte delle banche centrali mondiali e alla conseguente implosione di alcune società di criptovalute.

Basti pensare, in questo senso, che il valore dei bitcoin il 5 novembre 2021 era superiore ai 61mila dollari e che poco più di un anno dopo, il 9 novembre 2022, era sceso sotto quota 16mila. Alla luce di questo e di quanto accaduto in passato, la previsione di Standard Chartered va presa con le pinze. A novembre 2020, un analista di Citi affermò infatti che il valore del bitcoin avrebbe potuto raggiungere i 318mila dollari entro la fine del 2022.

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Tecnologia

Ucraina, il progetto per aiutare gli sfollati con le criptovalute

Author: Wired

In Ucraina, oltre quattordici milioni di persone sono state costrette ad abbandonare la loro casa nei dodici mesi abbondanti trascorsi dall’inizio dell’invasione russa, in quello che l’Onu ha definito “lo sfollamento più rapido ed esteso degli ultimi decenni.

I governi dei paesi alleati del paese e le organizzazioni umanitarie hanno fornito decine di miliardi in aiuti per sostenere i rifugiati. Ma, come nelle precedenti crisi, una delle sfide più grandi è stata trovare il modo giusto per far arrivare gli aiuti.

L’invio di denaro è il metodo migliore per sostenere le persone sfollate. A differenza di cibo e vestiti, i contanti possono essere utilizzati per qualsiasi cosa e garantiscono la flessibilità per adattarsi a circostanze diverse. “Ci chiediamo sempre: perché non i contanti?”, spiega Carmen Hett, tesoriere dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), l’agenzia dell’Onu che si occupa di rifugiati.

Storicamente, il settore umanitario ha avuto esitazioni quando si è trattato di distribuire contanti ai rifugiati, a causa del timore, ormai sfatato da numerosi studi, che il denaro venisse sperperato per acquistare beni come alcool o tabacco. Ma nella crisi ucraina il contante ha ricoperto un ruolo di primo piano. Nei primi sei mesi di guerra quasi la metà di tutti gli aiuti erogati dal Disasters emergency committee, una coalizione di organizzazioni benefiche del Regno Unito, è stata fornita sotto forma di denaro.

Spostare il contante tuttavia è complicato. Deve essere spedito fisicamente in zone di guerra e in aree disastrate – una soluzione che comporta problemi logistici e di sicurezza – oppure consegnato elettronicamente attraverso il sistema bancario tradizionale, la cui rigidità può creare problemi alle persone che hanno perso i documenti.

Il progetto dell’Unhcr

Riconoscendo questi limiti, l’Unhcr si è mosso per mettere in piedi un sistema alternativo, collaborando con la Stellar Development Foundation, un’organizzazione no-profit che sostiene la crescita della rete blockchain Stellar. Le due organizzazioni – insieme alla società di trasferimento di denaro MoneyGram e a Circle internet financial, che distribuisce la stablecoin Usdc – hanno realizzato un sistema per far arrivare gli aiuti direttamente ai rifugiati ucraini utilizzando le criptovalute. Spesso liquidata come strumento di speculazione finanziaria, in Ucraina la tecnologia potrebbe risolvere un problema del mondo reale. “Questo progetto è un prototipo, ma è molto reale – spiega Dante Disparte, chief strategy officer di Circle –. Se in un conflitto così grave si possono risolvere lacune legate alla logistica del denaro, è logico che questo tipo di innovazioni possano essere significative” anche in altri contesti.

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Economia Tecnologia

Ethereum dice addio al mining

Author: Wired

Anche se a prima vista possono apparire convincenti, secondo i critici di bitcoin queste tesi non reggono. Pete Howson, professore assistente presso la facoltà di Scienze Ambientali della Northumbria University, paragona le comuni argomentazioni a difesa dell’estrazione di bitcoin a “trucchi di magia“, che oscurano verità scomode e “danno l’illusione di un investimento pulito e redditizio“.

L’unica differenza tra bruciare metano e bruciare metano per i bitcoin – spiega Howson –, è che la seconda rende più redditizie le aziende che producono combustibili fossili, rallentando la transizione verso alternative verdi“. In alcuni casi – per esempio nello stato di New York e nel Montana – le entrate aggiuntive generate dal mining di bitcoin hanno ridato vita a impianti di combustibili fossili che erano stati chiusi o stavano per chiudere. Nel frattempo, in paesi come l’Islanda, secondo Howson, i minatori di bitcoin facendo concorrenza ad altri soggetti, come gli impianti di riciclaggio, che “non possono accedere” a fonti di energia rinnovabile altrimenti abbondanti. “Non esiste uno spreco di energia sostenibile“, aggiunge il professore.

Se quello generato dal settore delle criptovalute sia davvero uno spreco di energia è un tema al centro del dibattito. Secondo Yan Pritzker, cofondatore della piattaforma di trading di bitcoin Swan Bitcoin, l’attenzione riservata all’impatto ambientale di bitcoin è sproporzionato rispetto alle emissioni prodotte dalla criptovaluta, che secondo le stime si aggirano tra lo 0,1 e lo 0,15 per cento percento del totale globale. Pritzker si chiede perché bitcoin sia finito sotto i riflettori, quando altre industrie inquinano in quantità maggiori o sono alimentate da un mix di energia più inquinante. La risposta più semplice è che il dibattito si basa su opinioni personali. Se per esempio si ritiene che i bitcoin abbiano un valore sociale superiore a quello del tabacco, un settore responsabile di un volume di emissioni maggiori, l’impatto della criptovaluta sarà più facile da giustificare. Ma se invece la convinzione è che i bitcoin in sostanza siano solo una grande truffa digitale, i conti sono destinati a non tornare.

Questa battaglia ideologica, e l’astio tra i paladini dei bitcoin e i loro critici, fa sì che entrambi gli schieramenti rimangano arroccati sulle rispettive posizioni, complicando le possibilità di un dibattito più sfumato. Secondo de Vries, da un punto di vista tecnico “bitcoin potrebbe passare al PoS senza problemi”. I sostenitori di bitcoin hanno spesso attaccato De Vries, sostenendo che sia incentivato a criticare il bitcoin dai suoi legami con le banche centrali, che i suoi dati non siano corretti e che non tenga conto delle sfumature nell’analisi del rapporto tra bitcoin e l’ambiente.

Lo scontro con gli ambientalisti

I bitcoiner sono entrati in conflitto anche con le associazioni ambientaliste. Il 23 marzo, gli attivisti di Greenpeace hanno inaugurato negli Stati Uniti un’installazione artistica chiamata Skull of Satoshi, un’allusione allo pseudonimo del creatore di bitcoin, Satoshi Nakamoto. L’opera, alta tre metri, raffigura un teschio decorato con vecchie schede madri, con le orbite che si illuminano di rosso e delle ciminiere che espellono fumo sulla parte superiore. L’installazione doveva rappresentare il duplice impatto dell’estrazione di criptovalute, le emissioni di anidride carbonica e i rifiuti elettronici, spiega Rolf Skar, direttore della campagna di Greenpeace USA. Su Twitter però il teschio è stato è diventato rapidamente un simbolo dei sostenitori dei bitcoin, che hanno iniziato a usarlo come nuova immagine del profilo.