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La costruzione del telescopio più grande del mondo entra nel vivo

Author: Wired

Tra i tanti pacchi spediti quest’anno per Natale ce ne sono stati 18 che stanno rendendo felici molti scienziati (e non solo). Sono partiti dalla Francia e hanno viaggiato per oltre 10 mila chilometri tra terra e mare. Destinazione: Cerro Amazones, deserto di Atacama, Cile. Niente pluriball, bustine di gel di silice e corriere espresso, ma container a temperatura controllata, con cuscini ad aria, sistemi anti-urto e custodie con azoto secco per evitare la minima formazione di condensa. Il contenuto? Specchi esagonali di 1,4 metri di diametro. Un trasporto più che speciale, visto che sono i primi 18 pezzi – di 798 – che andranno a comporre un mosaico eccezionale: lo specchio principale (M1) da ben 39 metri di diametro di quello che, una volta costruito, sarà il più grande telescopio ottico del mondo. Che non a caso è stato chiamato Extremely Large Telescope (Elt).

Completamento previsto: 2028

Per comprendere la portata di questo nuovo giocattolo dello European Southern Observatory (Eso) basti pensare che il suo fratellino, cioè il Very Large Telescope – l’altro Polifemo dell’Eso che è ad oggi il telescopio ottico più avanzato in assoluto – è composto da 4 specchi primari di “appena” 8,2 metri di diametro l’uno. E che il più grande telescopio mai costruito, il Gran Telescopio Canarias (a La Palma), ha uno specchio primario di 10,4 metri. Se questi numeri dicono poco, eccone altri che potranno aiutare a capire di cosa parliamo: la capacità di captare la luce dell’Extremely Large Telescope sarà 100 milioni di volte maggiore di quella dell’occhio umano e 20 volte superiore a quella di una unità del Very Large Telescope. Ecco spiegato perché l’arrivo in Cile di questi 18 pacchi fa notizia. L’occhio del nuovo super-telescopio sarà puntato verso il cielo entro la fine di questo decennio – nel 2028 se tutto va secondo i piani – per carpire nuove informazioni su esopianeti, galassie remote, buchi neri, materia oscura, tra i progetti fondamentali dell’astronomia del futuro (qui il trailer).

Un design ottico pionieristico

Il campo visivo sarà di 10 minuti d’arco: la luce sarà raccolta da una superficie pari a 978 metri quadrati, e verrà riflessa in altri 4 specchi secondari prima di raggiungere gli strumenti che aiuteranno gli scienziati a dare un senso ai fotoni. Come spiega l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Elt dell’Eso avrà infatti un design ottico pionieristico a cinque specchi. In particolare “M4 sarà uno specchio adattivo e flessibile che regolerà la propria forma mille volte al secondo per correggere le distorsioni causate dalla turbolenza dell’aria”. E questa è solo una parte dell’avventura tecnologica che vede in prima linea anche l’Italia.

La storia

Dal concepimento del nuovo gigante europeo sono già passati quasi 18 anni. L’idea risale infatti al 2006. Ne sono serviti 4 per arrivare alla scelta del luogo in cui costruirlo, il Cerro Amazones, un monte arido delle Ande cilene di oltre 3mila metri, nella parte centrale del deserto dove il cielo è sempre limpido, a circa 23 chilometri dal Cerro Paranal, casa del Very Large Telescope. La preparazione del sito è cominciata 10 anni fa, nel 2014, e la costruzione della struttura esterna nel 2018, quando è stato forgiato anche il primo tassello esagonale dello specchio principale, in Germania. Gli specchi sono poi stati inviati in Francia, per la sofisticata e lunga fase della lucidatura, iniziata nel 2023. Le irregolarità della superficie dello specchio – spiega infatti l’ESO – devono essere inferiori a 10 nanometri (meno di un millesimo della larghezza di un capello): un livello di precisione che si raggiunge spazzando la superficie con un fascio di ioni, atomo per atomo.

Dati e curiosità su ELT

Ora che sono in Cile, i segmenti verranno ricoperti da uno strato sottilissimo (150 nanometri) di argento e, una volta assemblati, le posizioni relative di tutti gli esagoni saranno rilevate da oltre 4.600 sensori, sempre per ridurre al minimo gli errori. Per chi si stesse chiedendo il motivo di realizzare un sistema tanto complesso, ecco la spiegazione: anche con le migliori tecniche di lavorazione del vetro, la fusione di uno specchio per telescopi più grande di circa 8 metri è poco fattibile, spiega Inverse.com. Come ricorda sempre l’Inaf, l’idea dello specchio multi-segmento arriva dall’Italia: è stato un astronomo ebreo triestino Guido Horn D’Arturo (1879-1967), senza il quale la realizzazione di questi osservatori astronomici giganteschi sarebbe stata impossibile.Per gli appassionati di dettagli e curiosità, sul sito dell’ELT se ne trovano a bizzeffe. Per esempio, serviranno circa 30 milioni di viti e bulloni, 500 chilometri di cavi e 1500 di fibra ottica. L’edificio avrà un’altezza di 90 metri e un diametro di 80: una struttura rotante di oltre 3000 tonnellate. E il tempo necessario per andare a piedi dall’ingresso alla cima della cupola sarà di circa mezz’ora.

Il ruolo dell’Italia e la ricerca di vita extraterrestre

Tornando al ruolo dell’Italia, la costruzione della cupola e della struttura meccanica di supporto del telescopio è affidata al consorzio formato da Astaldi, Cimolai ed EIE group (con la più grande commessa mai assegnata per un telescopio da terra, da 400 milioni di euro). Soprattutto, però, l’Istituto nazionale di astrofisica è alla guida dei consorzi per la costruzione di due strumenti fondamentali: il sistema di ottica adattiva multi-coniugata Morfeo (un altro strumento per correggere le distorsioni dovute all’atmosfera) e lo spettrografo ad alta risoluzione Andes, che capterà la “firma” delle prime stelle comparse nel cosmo, misurerà con maggiore precisione l’accelerazione dell’espansione dell’universo, individuerà eventuali variazioni delle costanti fondamentali della fisica e andrà alla ricerca di segni di vita da lontani pianeti simili alla Terra.

Author: Wired

Tra i tanti pacchi spediti quest’anno per Natale ce ne sono stati 18 che stanno rendendo felici molti scienziati (e non solo). Sono partiti dalla Francia e hanno viaggiato per oltre 10 mila chilometri tra terra e mare. Destinazione: Cerro Amazones, deserto di Atacama, Cile. Niente pluriball, bustine di gel di silice e corriere espresso, ma container a temperatura controllata, con cuscini ad aria, sistemi anti-urto e custodie con azoto secco per evitare la minima formazione di condensa. Il contenuto? Specchi esagonali di 1,4 metri di diametro. Un trasporto più che speciale, visto che sono i primi 18 pezzi – di 798 – che andranno a comporre un mosaico eccezionale: lo specchio principale (M1) da ben 39 metri di diametro di quello che, una volta costruito, sarà il più grande telescopio ottico del mondo. Che non a caso è stato chiamato Extremely Large Telescope (Elt).

Completamento previsto: 2028

Per comprendere la portata di questo nuovo giocattolo dello European Southern Observatory (Eso) basti pensare che il suo fratellino, cioè il Very Large Telescope – l’altro Polifemo dell’Eso che è ad oggi il telescopio ottico più avanzato in assoluto – è composto da 4 specchi primari di “appena” 8,2 metri di diametro l’uno. E che il più grande telescopio mai costruito, il Gran Telescopio Canarias (a La Palma), ha uno specchio primario di 10,4 metri. Se questi numeri dicono poco, eccone altri che potranno aiutare a capire di cosa parliamo: la capacità di captare la luce dell’Extremely Large Telescope sarà 100 milioni di volte maggiore di quella dell’occhio umano e 20 volte superiore a quella di una unità del Very Large Telescope. Ecco spiegato perché l’arrivo in Cile di questi 18 pacchi fa notizia. L’occhio del nuovo super-telescopio sarà puntato verso il cielo entro la fine di questo decennio – nel 2028 se tutto va secondo i piani – per carpire nuove informazioni su esopianeti, galassie remote, buchi neri, materia oscura, tra i progetti fondamentali dell’astronomia del futuro (qui il trailer).

Un design ottico pionieristico

Il campo visivo sarà di 10 minuti d’arco: la luce sarà raccolta da una superficie pari a 978 metri quadrati, e verrà riflessa in altri 4 specchi secondari prima di raggiungere gli strumenti che aiuteranno gli scienziati a dare un senso ai fotoni. Come spiega l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Elt dell’Eso avrà infatti un design ottico pionieristico a cinque specchi. In particolare “M4 sarà uno specchio adattivo e flessibile che regolerà la propria forma mille volte al secondo per correggere le distorsioni causate dalla turbolenza dell’aria”. E questa è solo una parte dell’avventura tecnologica che vede in prima linea anche l’Italia.

La storia

Dal concepimento del nuovo gigante europeo sono già passati quasi 18 anni. L’idea risale infatti al 2006. Ne sono serviti 4 per arrivare alla scelta del luogo in cui costruirlo, il Cerro Amazones, un monte arido delle Ande cilene di oltre 3mila metri, nella parte centrale del deserto dove il cielo è sempre limpido, a circa 23 chilometri dal Cerro Paranal, casa del Very Large Telescope. La preparazione del sito è cominciata 10 anni fa, nel 2014, e la costruzione della struttura esterna nel 2018, quando è stato forgiato anche il primo tassello esagonale dello specchio principale, in Germania. Gli specchi sono poi stati inviati in Francia, per la sofisticata e lunga fase della lucidatura, iniziata nel 2023. Le irregolarità della superficie dello specchio – spiega infatti l’ESO – devono essere inferiori a 10 nanometri (meno di un millesimo della larghezza di un capello): un livello di precisione che si raggiunge spazzando la superficie con un fascio di ioni, atomo per atomo.

Dati e curiosità su ELT

Ora che sono in Cile, i segmenti verranno ricoperti da uno strato sottilissimo (150 nanometri) di argento e, una volta assemblati, le posizioni relative di tutti gli esagoni saranno rilevate da oltre 4.600 sensori, sempre per ridurre al minimo gli errori. Per chi si stesse chiedendo il motivo di realizzare un sistema tanto complesso, ecco la spiegazione: anche con le migliori tecniche di lavorazione del vetro, la fusione di uno specchio per telescopi più grande di circa 8 metri è poco fattibile, spiega Inverse.com. Come ricorda sempre l’Inaf, l’idea dello specchio multi-segmento arriva dall’Italia: è stato un astronomo ebreo triestino Guido Horn D’Arturo (1879-1967), senza il quale la realizzazione di questi osservatori astronomici giganteschi sarebbe stata impossibile.Per gli appassionati di dettagli e curiosità, sul sito dell’ELT se ne trovano a bizzeffe. Per esempio, serviranno circa 30 milioni di viti e bulloni, 500 chilometri di cavi e 1500 di fibra ottica. L’edificio avrà un’altezza di 90 metri e un diametro di 80: una struttura rotante di oltre 3000 tonnellate. E il tempo necessario per andare a piedi dall’ingresso alla cima della cupola sarà di circa mezz’ora.

Il ruolo dell’Italia e la ricerca di vita extraterrestre

Tornando al ruolo dell’Italia, la costruzione della cupola e della struttura meccanica di supporto del telescopio è affidata al consorzio formato da Astaldi, Cimolai ed EIE group (con la più grande commessa mai assegnata per un telescopio da terra, da 400 milioni di euro). Soprattutto, però, l’Istituto nazionale di astrofisica è alla guida dei consorzi per la costruzione di due strumenti fondamentali: il sistema di ottica adattiva multi-coniugata Morfeo (un altro strumento per correggere le distorsioni dovute all’atmosfera) e lo spettrografo ad alta risoluzione Andes, che capterà la “firma” delle prime stelle comparse nel cosmo, misurerà con maggiore precisione l’accelerazione dell’espansione dell’universo, individuerà eventuali variazioni delle costanti fondamentali della fisica e andrà alla ricerca di segni di vita da lontani pianeti simili alla Terra.

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