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I test del dna fai-da-te svelano un’inquietante diffusione dell’incesto

Author: Wired

Si chiamano 23AndMe, Ancestry, homeDNA e simili: sono test del dna fai-da-te, che permettono di ottenere, in modo relativamente semplice ed economico, informazioni sui propri antenati, sui propri tratti somatici, sui propri gusti e tanto altro. Della loro reale attendibilità si discute da parecchio tempo (in particolare rispetto alla loro presunta capacità di evidenziare fattori di rischio o predisposizioni a malattie, cosa per la quale è invece opportuno rivolgersi agli specialisti ed eseguire esami) ma in questi giorni se ne sta parlando per un’altra questione, parecchio inquietante: sembra che i casi di incesto siano incredibilmente aumentati nell’ultimo mezzo secolo, da circa uno su un milione a circa uno su settemila. O forse è solo aumentata, proprio grazie alla diffusione dei test del dna fai-da-te e delle banche dati genetiche, la nostra capacità di portarli alla luce.

Come è nata la discussione

Affrontata in un lungo reportage pubblicato su The Atlantic, si è aperta a seguito del caso di Victoria Hill, raccontato dalla Cnn: una trentanovenne che, dopo essersi sottoposta a un test del dna fai-da-te, ha scoperto che il suo ex-fidanzato era in realtà il suo fratello biologico. Una scoperta che, comprensibilmente, ha traumatizzato la donna: “Ogni volta che vedo una foto di qualcuno” ha raccontato all’emittente statunitense “penso che possa essere mio fratello o mia sorella”. In realtà la situazione era, se possibile, ancora peggiore: Hill ha scoperto di avere addirittura 22 fratelli e sorelle. Uno di loro, come già detto, era stato il suo partner; un altro era andato a scuola con lei. Tutto perché il padre biologico di Hill, che lei non ha mai conosciuto, era un donatore di sperma. Una cosa simile è capitata a Steve Edsel, che dopo aver eseguito il test di Ancestry ha scoperto che i suoi genitori erano parenti di primo grado, cioè fratello e sorella oppure padre e figlia (il test non permette di distinguere tra i due casi).

Al di là di questi casi aneddotici, resta il fatto che stimare la reale prevalenza dell’incesto è molto difficile. Jim Wilson, genetista alla Unviersity of Edinburgh, ha analizzato il database della UK Biobank, in cui sono memorizzate milioni di sequenze di dna di persone che hanno partecipato a un qualche studio clinico nel Regno Unito, e ha stimato che una persona su settemila è nata da genitori che hanno un rapporto di parentela di primo grado: “È un numero molto, molto più alto di quello che si possa immaginare” ha detto a The Atlantice ho paura che sia una stima per difetto, perché rappresenta solo i casi di incesto che hanno portato a una gravidanza compiuta, e non quelli in cui si sono verificati aborti spontanei o non, e il cui nascituro ha deciso poi di arruolarsi in uno studio di ricerca”.

La punta dell’iceberg

Un altro elemento che fa pensare che i numeri siano molto sottostimati sta nel fatto che le principali aziende che offrono test del dna fai-da-te non informano i propri clienti di eventuali sospetti di incesto: i casi venuti alla luce sono solo quelli relativi alla piccola porzione di clienti che hanno deciso di approfondire da sé la questione, inviando i profili del proprio dna ad altre aziende specializzate nei cosiddetti runs of homozygosity (Roh), ovvero lunghe sequenze di materiale genetico in cui il dna ereditato dalla madre e dal padre sono identici. I soggetti con un Roh elevato, insomma, sono quelli che con più probabilità sono nati da un rapporto incestuoso: la genealogista CeCe Moore, famosa negli Stati Uniti perché apparsa in molti programmi televisivi come consulente delle forze dell’ordine, ha messo insieme, negli ultimi anni, quello che attualmente è il più grande database di persone con un Roh riconducibile a un’alta probabilità di incesto. “Nella maggior parte dei casi – ha spiegato – si tratta di incesti padre-figlia o fratello maggiore-sorella minore, il che fa pensare a storie di abusi sessuali in famiglia.

Author: Wired

Si chiamano 23AndMe, Ancestry, homeDNA e simili: sono test del dna fai-da-te, che permettono di ottenere, in modo relativamente semplice ed economico, informazioni sui propri antenati, sui propri tratti somatici, sui propri gusti e tanto altro. Della loro reale attendibilità si discute da parecchio tempo (in particolare rispetto alla loro presunta capacità di evidenziare fattori di rischio o predisposizioni a malattie, cosa per la quale è invece opportuno rivolgersi agli specialisti ed eseguire esami) ma in questi giorni se ne sta parlando per un’altra questione, parecchio inquietante: sembra che i casi di incesto siano incredibilmente aumentati nell’ultimo mezzo secolo, da circa uno su un milione a circa uno su settemila. O forse è solo aumentata, proprio grazie alla diffusione dei test del dna fai-da-te e delle banche dati genetiche, la nostra capacità di portarli alla luce.

Come è nata la discussione

Affrontata in un lungo reportage pubblicato su The Atlantic, si è aperta a seguito del caso di Victoria Hill, raccontato dalla Cnn: una trentanovenne che, dopo essersi sottoposta a un test del dna fai-da-te, ha scoperto che il suo ex-fidanzato era in realtà il suo fratello biologico. Una scoperta che, comprensibilmente, ha traumatizzato la donna: “Ogni volta che vedo una foto di qualcuno” ha raccontato all’emittente statunitense “penso che possa essere mio fratello o mia sorella”. In realtà la situazione era, se possibile, ancora peggiore: Hill ha scoperto di avere addirittura 22 fratelli e sorelle. Uno di loro, come già detto, era stato il suo partner; un altro era andato a scuola con lei. Tutto perché il padre biologico di Hill, che lei non ha mai conosciuto, era un donatore di sperma. Una cosa simile è capitata a Steve Edsel, che dopo aver eseguito il test di Ancestry ha scoperto che i suoi genitori erano parenti di primo grado, cioè fratello e sorella oppure padre e figlia (il test non permette di distinguere tra i due casi).

Al di là di questi casi aneddotici, resta il fatto che stimare la reale prevalenza dell’incesto è molto difficile. Jim Wilson, genetista alla Unviersity of Edinburgh, ha analizzato il database della UK Biobank, in cui sono memorizzate milioni di sequenze di dna di persone che hanno partecipato a un qualche studio clinico nel Regno Unito, e ha stimato che una persona su settemila è nata da genitori che hanno un rapporto di parentela di primo grado: “È un numero molto, molto più alto di quello che si possa immaginare” ha detto a The Atlantice ho paura che sia una stima per difetto, perché rappresenta solo i casi di incesto che hanno portato a una gravidanza compiuta, e non quelli in cui si sono verificati aborti spontanei o non, e il cui nascituro ha deciso poi di arruolarsi in uno studio di ricerca”.

La punta dell’iceberg

Un altro elemento che fa pensare che i numeri siano molto sottostimati sta nel fatto che le principali aziende che offrono test del dna fai-da-te non informano i propri clienti di eventuali sospetti di incesto: i casi venuti alla luce sono solo quelli relativi alla piccola porzione di clienti che hanno deciso di approfondire da sé la questione, inviando i profili del proprio dna ad altre aziende specializzate nei cosiddetti runs of homozygosity (Roh), ovvero lunghe sequenze di materiale genetico in cui il dna ereditato dalla madre e dal padre sono identici. I soggetti con un Roh elevato, insomma, sono quelli che con più probabilità sono nati da un rapporto incestuoso: la genealogista CeCe Moore, famosa negli Stati Uniti perché apparsa in molti programmi televisivi come consulente delle forze dell’ordine, ha messo insieme, negli ultimi anni, quello che attualmente è il più grande database di persone con un Roh riconducibile a un’alta probabilità di incesto. “Nella maggior parte dei casi – ha spiegato – si tratta di incesti padre-figlia o fratello maggiore-sorella minore, il che fa pensare a storie di abusi sessuali in famiglia.

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