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A caccia delle origini dell’Universo nel deserto di Atacama

Author: Wired

Come ha avuto inizio l’Universo? Di cosa è fatto? Come è evoluto dai suoi momenti iniziali fino ad assumere la forma attuale? Domande fondamentali, a cui i cosmologi sperano di rispondere studiando la radiazione cosmica di fondo, quel “tappeto” di microonde che permea l’Universo in modo omogeneo, anche nel vasto vuoto tra stelle, pianeti e galassie. Rappresenta un’eco del Big Bang, un residuo della tumultuosa espansione da cui tutto ha avuto origine, e nei prossimi mesi la comunità scientifica avrà modo di osservarla, e studiarla, con precisione mai raggiunta in passato. Sulle montagne del Cile, ad un’altitudine di 5.300 metri, sta infatti per entrare in funzione il più potente radio-osservatorio del pianeta: il Simons Observatory, una struttura di osservazione scientifica 10 volte più sensibile del precedente detentore del titolo, il telescopio spaziale Planck dell’Esa.

Il telescopio

La costruzione dell’osservatorio è iniziata nel 2019, ed ha richiesto oltre 100milioni di dollari per essere completata. È frutto di una sostanziale donazione da parte della Simons Foundation, una charity dedicata al finanziamento della ricerca scientifica, e del contributo di diverse università americane. La location scelta per la struttura si trova sulle pendici del Cerro Toco, nel deserto di Atacama, un sito perfetto per i radiotelescopi con cui si studia la radiazione cosmica di fondo, tanto che ospita già l’Atacama Cosmology Telescope e l’osservatorio James Ax, attivi proprio nelle ricerche cosmologiche sull’origine dell’Universo.

L’osservatorio Simons sarà dotato di due strumenti principali. Il più grande, il Large Aperture Telescope (Lat), ha un diametro di sei metri e sarà impegnato nella mappatura del 40% del cielo ad altissima risoluzione, registrando le variazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo, e la sua polarizzazione, una misura che indica la direzione in cui oscilla il campo elettromagnetico mentre si propaga nello spazio. Lat è progettato per risultare sei volte più sensibile ai pattern di polarizzazione misurati rispetto a qualunque altro strumento mai realizzato, e questo dovrebbe renderlo capace di identificare i segnali della cosiddetta inflazione cosmica (cioè la velocissima espansione dell’Universo che si ipotizza essere avvenuta nei primissimi istanti dopo il Big Bang), lavorando di concerto con l’altro telescopio, o meglio telescopi: gli Small Aperture Telescopes (Sat), tre radiotelescopi identici da 0,4 metri, che saranno impegnati in misurazioni simili, ma a minor risoluzione.

Gli obiettivi scientifici

Le scoperte che gli scienziati del Simons Observatory sperano di fare con i nuovi telescopi sono relative, in primo luogo, alla nascita dell’Universo. Una delle più attese è la già citata prova dell’inflazione cosmica, un’ipotesi necessaria per risolvere alcuni problemi del modello del Big Bang, che però fino ad oggi è sfuggita a tutti i tentativi di dimostrazione. La radiazione cosmica di fondo potrebbe nascondere traccia delle onde gravitazionali primordiali che ebbero origine dallo stesso Big Bang, e queste a loro volta potrebbero fornire ai cosmologi una prova irrefutabile dell’inflazione cosmica, che aiuterebbe a spiegare la successiva evoluzione delle strutture cosmiche che popolano l’Universo al giorno d’oggi.

È una delle scoperte più attese nel campo, e si ritiene che le specifiche tecniche dei quattro telescopi ospitati al Simons Observatory dovrebbero renderla possibile, sempre che (ovviamente) ci sia effettivamente qualcosa da scoprire in questo senso, nascosto nella radiazione cosmica di fondo. Nel 2014 era stato annunciato qualcosa di simile dai ricercatori dell’esperimento BICEP2, operato dalla base permanente Amundsen–Scott del Polo sud. Ma in seguito ad ulteriori approfondimenti gli stessi autori della scoperta hanno dovuto ritrattare, ammettendo di non aver individuato altro che polvere cosmica. Per questo, le aspettative per questa seconda possibilità offerta da Simons sono più o meno alle stelle.

Author: Wired

Come ha avuto inizio l’Universo? Di cosa è fatto? Come è evoluto dai suoi momenti iniziali fino ad assumere la forma attuale? Domande fondamentali, a cui i cosmologi sperano di rispondere studiando la radiazione cosmica di fondo, quel “tappeto” di microonde che permea l’Universo in modo omogeneo, anche nel vasto vuoto tra stelle, pianeti e galassie. Rappresenta un’eco del Big Bang, un residuo della tumultuosa espansione da cui tutto ha avuto origine, e nei prossimi mesi la comunità scientifica avrà modo di osservarla, e studiarla, con precisione mai raggiunta in passato. Sulle montagne del Cile, ad un’altitudine di 5.300 metri, sta infatti per entrare in funzione il più potente radio-osservatorio del pianeta: il Simons Observatory, una struttura di osservazione scientifica 10 volte più sensibile del precedente detentore del titolo, il telescopio spaziale Planck dell’Esa.

Il telescopio

La costruzione dell’osservatorio è iniziata nel 2019, ed ha richiesto oltre 100milioni di dollari per essere completata. È frutto di una sostanziale donazione da parte della Simons Foundation, una charity dedicata al finanziamento della ricerca scientifica, e del contributo di diverse università americane. La location scelta per la struttura si trova sulle pendici del Cerro Toco, nel deserto di Atacama, un sito perfetto per i radiotelescopi con cui si studia la radiazione cosmica di fondo, tanto che ospita già l’Atacama Cosmology Telescope e l’osservatorio James Ax, attivi proprio nelle ricerche cosmologiche sull’origine dell’Universo.

L’osservatorio Simons sarà dotato di due strumenti principali. Il più grande, il Large Aperture Telescope (Lat), ha un diametro di sei metri e sarà impegnato nella mappatura del 40% del cielo ad altissima risoluzione, registrando le variazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo, e la sua polarizzazione, una misura che indica la direzione in cui oscilla il campo elettromagnetico mentre si propaga nello spazio. Lat è progettato per risultare sei volte più sensibile ai pattern di polarizzazione misurati rispetto a qualunque altro strumento mai realizzato, e questo dovrebbe renderlo capace di identificare i segnali della cosiddetta inflazione cosmica (cioè la velocissima espansione dell’Universo che si ipotizza essere avvenuta nei primissimi istanti dopo il Big Bang), lavorando di concerto con l’altro telescopio, o meglio telescopi: gli Small Aperture Telescopes (Sat), tre radiotelescopi identici da 0,4 metri, che saranno impegnati in misurazioni simili, ma a minor risoluzione.

Gli obiettivi scientifici

Le scoperte che gli scienziati del Simons Observatory sperano di fare con i nuovi telescopi sono relative, in primo luogo, alla nascita dell’Universo. Una delle più attese è la già citata prova dell’inflazione cosmica, un’ipotesi necessaria per risolvere alcuni problemi del modello del Big Bang, che però fino ad oggi è sfuggita a tutti i tentativi di dimostrazione. La radiazione cosmica di fondo potrebbe nascondere traccia delle onde gravitazionali primordiali che ebbero origine dallo stesso Big Bang, e queste a loro volta potrebbero fornire ai cosmologi una prova irrefutabile dell’inflazione cosmica, che aiuterebbe a spiegare la successiva evoluzione delle strutture cosmiche che popolano l’Universo al giorno d’oggi.

È una delle scoperte più attese nel campo, e si ritiene che le specifiche tecniche dei quattro telescopi ospitati al Simons Observatory dovrebbero renderla possibile, sempre che (ovviamente) ci sia effettivamente qualcosa da scoprire in questo senso, nascosto nella radiazione cosmica di fondo. Nel 2014 era stato annunciato qualcosa di simile dai ricercatori dell’esperimento BICEP2, operato dalla base permanente Amundsen–Scott del Polo sud. Ma in seguito ad ulteriori approfondimenti gli stessi autori della scoperta hanno dovuto ritrattare, ammettendo di non aver individuato altro che polvere cosmica. Per questo, le aspettative per questa seconda possibilità offerta da Simons sono più o meno alle stelle.

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