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TIM abbandona la rete in rame e avvia la dismissione delle centrali: cosa significa

Author: IlSoftware

TIM abbandona la rete in rame e avvia la dismissione delle centrali: cosa significa

Con una nota appena diramata, TIM conferma che da domani 25 maggio 2024 inizierà la dismissione delle centrali in capo all’ex monopolista. L’obiettivo è avviare un processivo abbandono della storica rete in rame per arrivare, entro il 2028, a migrare l’intera base di clienti su connessioni in banda ultralarga.

Si parte con 62 centrali TIM dislocate in 54 comuni distribuiti su 11 regioni: Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. Lo switch off comporta il progressivo “spegnimento” di oltre 6.700 centrali, su un totale di circa 10.500 esistenti.

Osserva TIM che la migrazione dei clienti verso connessioni in banda ultralarga permetterà un significativo miglioramento delle prestazioni e della qualità del servizio, con consistenti benefici anche in termini di impatto ambientale. Si stima, infatti, che la dismissione delle centrali in rame, che comporterà anche il contestuale spegnimento di tutti gli apparati legati ai servizi tradizionali presenti nelle altre centrali ad esse collegate, consentirà a regime una riduzione dei consumi energetici di circa 450 mila MWh e minori emissioni di CO2.

Perché TIM abbandona le vecchie centrali e la rete in rame

TIM sta abbandonando la rete in rame per diverse ragioni. Innanzi tutto, c’è un problema di obsolescenza tecnologica. La fornitura di collegamenti dati basati sul classico doppino telefonico non va di pari passo con le esigenze di connessioni sempre più stabili e ultrabroadband. La distanza dalla centrale influenza significativamente la qualità del servizio, aumentando l’attenuazione e riducendo il rapporto segnale-rumore (SNR).

Chi nel tempo ha utilizzato connessioni ADSL, sa bene quanto questi parametri incidano sulla larghezza di banda effettivamente disponibile in download e in upload, oltre che sull’affidabilità del collegamento dati.

Due parole sulle caratteristiche delle reti FTTx

Con l’avvento delle connessioni FTTC (Fiber-to-the-Cabinet), TIM e altri operatori di telecomunicazioni hanno abbracciato una soluzione ibrida che prevede l’utilizzo del cavo in fibra ottica fino agli armadi stradali. Da lì in poi si prosegue con il doppino telefonico, per arrivare all’utenza dell’abbonato da servire: parlando di FTTx, abbiamo visto le differenze tra le varie connessioni in fibra. Il miglioramento è tangibile perché gli apparati DSLAM non si trovano più in centrale ma sono installati sull’armadio stradale, a una distanza più breve.

In agguato c’è però sempre il fenomeno della diafonia, correlato alla presenza di altri segnali sulle coppie in rame che compongono il medesimo cavo e derivante dall’attività degli altri abbonati.

Nel caso di FTTH (Fiber-to-the-Home), il cavo fibra arriva invece fino alla borchia ottica installata presso la sede dell’utente, il punto più a valle in una rete FTTH.

Se nel caso delle connessioni xDSL le performance sono fortemente legate ad attenuazione, SNR e diafonia, quando la rete è completamente in fibra ottica, questi problemi sono completamente superati. Basti pensare, ad esempio, che se una vecchia ADSL su rete in rame attenua 60 dB su un collegamento di 5 chilometri (limite massimo per l’erogazione del servizio), nel caso delle FTTH un cavo di pari lunghezza non attenua più di 1 dB. Il segnale è quindi affidabile e sempre ben gestibile.

L’addio alla rete in rame sarà comunque parziale

Un operatore come TIM ha tutto l’interesse di dismettere le tradizionali centrali telefoniche. Le infrastrutture in rame sono più vecchie e costose da mantenere rispetto alle nuove reti in fibra. Gli stessi edifici utilizzati come centrali comportano spese non indifferenti.

L’Unione Europea sta spingendo per il phase-out delle vecchie reti in rame a favore dell’adozione diffusa di reti di nuova generazione in fibra ottica. Tuttavia, lo spegnimento delle centrali non comporta, come abbiamo visto in precedenza, un passaggio automatico a FTTH.

La modalità di collegamento FTTC continuerà quindi ad essere ampiamente utilizzata anche in futuro, sebbene l’obiettivo sia quello di un progressivo ammodernamento della rete, rimuovendo il doppino telefonico anche dalla rete secondaria.

Cos’è il decomissioning

Nel contesto delle telecomunicazioni, il decommissioning si riferisce all’insieme di attività e progetti volti alla dismissione e allo spegnimento delle vecchie tecnologie di rete ormai obsolete. In generale, la documentazione tecnica firmata da TIM cita da tempo le piattaforme tecnologiche da accantonare: PSTN, ISDN, ATM, ADSL, PDH, SDH. Si tratta di soluzioni ancora oggi utilizzate per erogare i servizi tradizionali come la fonia commutata e l’accesso dati a banda stretta.

I clienti facenti uso di tecnologie legacy sono assistiti nel passaggio a soluzioni più moderne e, in ogni caso, vengono dapprima spostati su un numero minimo di apparati, per poi passare al definitivo spegnimento dei servizi.

Il decommissioning permette a TIM di efficientare la rete, recuperando spazi, riducendo consumi energetici e costi di manutenzione. Il tutto seguendo l’evoluzione tecnologica e le mutate esigenze dei clienti.

TIM ha inoltre avviato un percorso virtuoso di recupero e valorizzazione dei materiali dismessi, che possono essere riciclati come materie prime seconde o rivenduti sul mercato “grigio” degli apparati usati. Inoltre, i cavi in rame non più necessari sono rimossi e conferiti ad aziende specializzate per il recupero del metallo.

Interventi di adeguamento approvati da AGCOM

Gli interventi che inizieranno da domani su buona parte del territorio nazionale ad opera dei tecnici TIM, sono stati approvati da AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) nell’ambito del più ampio piano generale di rinnovamento tecnologico.

Diamo corso ad una importante fase di trasformazione della nostra rete di accesso“, ha dichiarato Elisabetta Romano, Chief Network Operations & Wholesale Officer di TIM. “La migrazione dai servizi di accesso offerti sulla rete in rame a quelli disponibili sulla rete di nuova generazione segna l’avvio del processo di switch off, che interesserà oltre il 60% delle nostre centrali presenti sul territorio, localizzate prevalentemente in aree periferiche o comuni di piccole dimensioni. Per poter dismettere un numero così consistente di centrali diventa fondamentale il costante impegno alla realizzazione delle reti che utilizzano in tutto o in parte la fibra ottica ed all’innovazione delle piattaforme tecnologiche obsolete. Stiamo lavorando per accelerare il processo e creare le condizioni per spegnere un significativo numero di centrali già nei prossimi due anni“.

Già nei mesi scorsi, TIM ha inviato un’apposita informativa a tutte le Amministrazioni comunali nei cui territori ricadono le centrali interessate dall’iniziativa, organizzando anche specifici incontri di approfondimento.

Credit immagine in apertura: iStock.com – kynny

Author: IlSoftware

TIM abbandona la rete in rame e avvia la dismissione delle centrali: cosa significa

Con una nota appena diramata, TIM conferma che da domani 25 maggio 2024 inizierà la dismissione delle centrali in capo all’ex monopolista. L’obiettivo è avviare un processivo abbandono della storica rete in rame per arrivare, entro il 2028, a migrare l’intera base di clienti su connessioni in banda ultralarga.

Si parte con 62 centrali TIM dislocate in 54 comuni distribuiti su 11 regioni: Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. Lo switch off comporta il progressivo “spegnimento” di oltre 6.700 centrali, su un totale di circa 10.500 esistenti.

Osserva TIM che la migrazione dei clienti verso connessioni in banda ultralarga permetterà un significativo miglioramento delle prestazioni e della qualità del servizio, con consistenti benefici anche in termini di impatto ambientale. Si stima, infatti, che la dismissione delle centrali in rame, che comporterà anche il contestuale spegnimento di tutti gli apparati legati ai servizi tradizionali presenti nelle altre centrali ad esse collegate, consentirà a regime una riduzione dei consumi energetici di circa 450 mila MWh e minori emissioni di CO2.

Perché TIM abbandona le vecchie centrali e la rete in rame

TIM sta abbandonando la rete in rame per diverse ragioni. Innanzi tutto, c’è un problema di obsolescenza tecnologica. La fornitura di collegamenti dati basati sul classico doppino telefonico non va di pari passo con le esigenze di connessioni sempre più stabili e ultrabroadband. La distanza dalla centrale influenza significativamente la qualità del servizio, aumentando l’attenuazione e riducendo il rapporto segnale-rumore (SNR).

Chi nel tempo ha utilizzato connessioni ADSL, sa bene quanto questi parametri incidano sulla larghezza di banda effettivamente disponibile in download e in upload, oltre che sull’affidabilità del collegamento dati.

Due parole sulle caratteristiche delle reti FTTx

Con l’avvento delle connessioni FTTC (Fiber-to-the-Cabinet), TIM e altri operatori di telecomunicazioni hanno abbracciato una soluzione ibrida che prevede l’utilizzo del cavo in fibra ottica fino agli armadi stradali. Da lì in poi si prosegue con il doppino telefonico, per arrivare all’utenza dell’abbonato da servire: parlando di FTTx, abbiamo visto le differenze tra le varie connessioni in fibra. Il miglioramento è tangibile perché gli apparati DSLAM non si trovano più in centrale ma sono installati sull’armadio stradale, a una distanza più breve.

In agguato c’è però sempre il fenomeno della diafonia, correlato alla presenza di altri segnali sulle coppie in rame che compongono il medesimo cavo e derivante dall’attività degli altri abbonati.

Nel caso di FTTH (Fiber-to-the-Home), il cavo fibra arriva invece fino alla borchia ottica installata presso la sede dell’utente, il punto più a valle in una rete FTTH.

Se nel caso delle connessioni xDSL le performance sono fortemente legate ad attenuazione, SNR e diafonia, quando la rete è completamente in fibra ottica, questi problemi sono completamente superati. Basti pensare, ad esempio, che se una vecchia ADSL su rete in rame attenua 60 dB su un collegamento di 5 chilometri (limite massimo per l’erogazione del servizio), nel caso delle FTTH un cavo di pari lunghezza non attenua più di 1 dB. Il segnale è quindi affidabile e sempre ben gestibile.

L’addio alla rete in rame sarà comunque parziale

Un operatore come TIM ha tutto l’interesse di dismettere le tradizionali centrali telefoniche. Le infrastrutture in rame sono più vecchie e costose da mantenere rispetto alle nuove reti in fibra. Gli stessi edifici utilizzati come centrali comportano spese non indifferenti.

L’Unione Europea sta spingendo per il phase-out delle vecchie reti in rame a favore dell’adozione diffusa di reti di nuova generazione in fibra ottica. Tuttavia, lo spegnimento delle centrali non comporta, come abbiamo visto in precedenza, un passaggio automatico a FTTH.

La modalità di collegamento FTTC continuerà quindi ad essere ampiamente utilizzata anche in futuro, sebbene l’obiettivo sia quello di un progressivo ammodernamento della rete, rimuovendo il doppino telefonico anche dalla rete secondaria.

Cos’è il decomissioning

Nel contesto delle telecomunicazioni, il decommissioning si riferisce all’insieme di attività e progetti volti alla dismissione e allo spegnimento delle vecchie tecnologie di rete ormai obsolete. In generale, la documentazione tecnica firmata da TIM cita da tempo le piattaforme tecnologiche da accantonare: PSTN, ISDN, ATM, ADSL, PDH, SDH. Si tratta di soluzioni ancora oggi utilizzate per erogare i servizi tradizionali come la fonia commutata e l’accesso dati a banda stretta.

I clienti facenti uso di tecnologie legacy sono assistiti nel passaggio a soluzioni più moderne e, in ogni caso, vengono dapprima spostati su un numero minimo di apparati, per poi passare al definitivo spegnimento dei servizi.

Il decommissioning permette a TIM di efficientare la rete, recuperando spazi, riducendo consumi energetici e costi di manutenzione. Il tutto seguendo l’evoluzione tecnologica e le mutate esigenze dei clienti.

TIM ha inoltre avviato un percorso virtuoso di recupero e valorizzazione dei materiali dismessi, che possono essere riciclati come materie prime seconde o rivenduti sul mercato “grigio” degli apparati usati. Inoltre, i cavi in rame non più necessari sono rimossi e conferiti ad aziende specializzate per il recupero del metallo.

Interventi di adeguamento approvati da AGCOM

Gli interventi che inizieranno da domani su buona parte del territorio nazionale ad opera dei tecnici TIM, sono stati approvati da AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) nell’ambito del più ampio piano generale di rinnovamento tecnologico.

Diamo corso ad una importante fase di trasformazione della nostra rete di accesso“, ha dichiarato Elisabetta Romano, Chief Network Operations & Wholesale Officer di TIM. “La migrazione dai servizi di accesso offerti sulla rete in rame a quelli disponibili sulla rete di nuova generazione segna l’avvio del processo di switch off, che interesserà oltre il 60% delle nostre centrali presenti sul territorio, localizzate prevalentemente in aree periferiche o comuni di piccole dimensioni. Per poter dismettere un numero così consistente di centrali diventa fondamentale il costante impegno alla realizzazione delle reti che utilizzano in tutto o in parte la fibra ottica ed all’innovazione delle piattaforme tecnologiche obsolete. Stiamo lavorando per accelerare il processo e creare le condizioni per spegnere un significativo numero di centrali già nei prossimi due anni“.

Già nei mesi scorsi, TIM ha inviato un’apposita informativa a tutte le Amministrazioni comunali nei cui territori ricadono le centrali interessate dall’iniziativa, organizzando anche specifici incontri di approfondimento.

Credit immagine in apertura: iStock.com – kynny

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