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Tecnologia

L’App Store di Apple viola il mercato digitale secondo la Ue

Author: Wired

Pessimo lunedì per Apple, che comincia la settimana con una dichiarazione della Commissione Europea, in cui annuncia che la politica di gestione dell’App Store viola il Digital Markets Act della Ue, perché impedisce agli sviluppatori di app di indirizzare liberamente gli utenti verso possibili canali alternativi di acquisto – dove poter usufruire, magari, di offerte e promozioni -. “La nostra posizione preliminare è che Apple non consente completamente all’utente di decidere dove andare. Ciò sarebbe fondamentale per garantire fondamentale che gli sviluppatori di app siano meno dipendenti dagli app store dei gatekeeper e che i consumatori siano a conoscenza delle offerte migliori”, chiosa a tal proposito Margrethe Vestager, responsabile della politica di concorrenza in Europa.

Subito è arrivata la risposta contrariata del portavoce della compagnia Peter Ajemian: “Negli ultimi mesi, Apple ha apportato una serie di modifiche per conformarsi al DMA in risposta ai feedback degli sviluppatori e della Commissione europea. Tutti gli sviluppatori che operano nell’Unione Europea sull’App Store hanno l’opportunità di utilizzare le funzionalità che abbiamo introdotto, tra cui quella di indirizzare gli utenti delle app al web per completare gli acquisti a una tariffa molto competitiva”. Eppure la Commissione Europea sembra più che convinta che le cose non stiano affatto così, tanto che Apple è la prima tra le aziende indagate ad essere accusata in via preliminare di aver violato le nuove normative europee.

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Ora la compagnia ha tempo fino al 2025 per rispondere alla valutazione preliminare della Commissione Europea, prima che questa prenda la sua decisione finale. Ma se questa dovesse essere confermata, Apple potrebbe essere multata fino al 10% del suo fatturato globale annuo, che corrisponderebbe all’incirca a 38 miliardi di dollari sulla base dei dati dello scorso anno. Ma non è tutto. A rendere la situazione della società di Tim Cook ancora più preoccupante è l’apertura di una nuova indagine suoi requisiti contrattuali per gli sviluppatori di app e gli app store di terze parti.

A preoccupare la Commissione è, in particolare, la nuova “Core Technology Fee”, una sorta di tassa che la compagnia richiede a chi mette a disposione nell’App Store un’applicazione scaricata oltre un milione di volte: per ogni installazione che supera il milione, Apple richiede agli sviluppatori un contributo di 50 centesimi. Una politica assolutamente contraria alle normative del DMA. “La comunità degli sviluppatori e i consumatori sono desiderosi di offrire alternative all’App Store – ha dichiarato la Vestager annunciando la nuova procedura -. Indagheremo per garantire che Apple non comprometta questi sforzi”.

Author: Wired

Pessimo lunedì per Apple, che comincia la settimana con una dichiarazione della Commissione Europea, in cui annuncia che la politica di gestione dell’App Store viola il Digital Markets Act della Ue, perché impedisce agli sviluppatori di app di indirizzare liberamente gli utenti verso possibili canali alternativi di acquisto – dove poter usufruire, magari, di offerte e promozioni -. “La nostra posizione preliminare è che Apple non consente completamente all’utente di decidere dove andare. Ciò sarebbe fondamentale per garantire fondamentale che gli sviluppatori di app siano meno dipendenti dagli app store dei gatekeeper e che i consumatori siano a conoscenza delle offerte migliori”, chiosa a tal proposito Margrethe Vestager, responsabile della politica di concorrenza in Europa.

Subito è arrivata la risposta contrariata del portavoce della compagnia Peter Ajemian: “Negli ultimi mesi, Apple ha apportato una serie di modifiche per conformarsi al DMA in risposta ai feedback degli sviluppatori e della Commissione europea. Tutti gli sviluppatori che operano nell’Unione Europea sull’App Store hanno l’opportunità di utilizzare le funzionalità che abbiamo introdotto, tra cui quella di indirizzare gli utenti delle app al web per completare gli acquisti a una tariffa molto competitiva”. Eppure la Commissione Europea sembra più che convinta che le cose non stiano affatto così, tanto che Apple è la prima tra le aziende indagate ad essere accusata in via preliminare di aver violato le nuove normative europee.

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Ora la compagnia ha tempo fino al 2025 per rispondere alla valutazione preliminare della Commissione Europea, prima che questa prenda la sua decisione finale. Ma se questa dovesse essere confermata, Apple potrebbe essere multata fino al 10% del suo fatturato globale annuo, che corrisponderebbe all’incirca a 38 miliardi di dollari sulla base dei dati dello scorso anno. Ma non è tutto. A rendere la situazione della società di Tim Cook ancora più preoccupante è l’apertura di una nuova indagine suoi requisiti contrattuali per gli sviluppatori di app e gli app store di terze parti.

A preoccupare la Commissione è, in particolare, la nuova “Core Technology Fee”, una sorta di tassa che la compagnia richiede a chi mette a disposione nell’App Store un’applicazione scaricata oltre un milione di volte: per ogni installazione che supera il milione, Apple richiede agli sviluppatori un contributo di 50 centesimi. Una politica assolutamente contraria alle normative del DMA. “La comunità degli sviluppatori e i consumatori sono desiderosi di offrire alternative all’App Store – ha dichiarato la Vestager annunciando la nuova procedura -. Indagheremo per garantire che Apple non comprometta questi sforzi”.

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