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Mercoledì 16 maggio 2018, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, l’Istat ha illustrato il ‘Rapporto annuale 2018 – La situazione del Paese’.
Il Rapporto annuale offre tradizionalmente una riflessione documentata sulle trasformazioni in Italia, con lo scopo di delineare prospettive per il futuro e possibilità di crescita.
La ventiseiesima edizione sviluppa questa analisi attraverso il tema delle reti, rispondendo a quesiti di ricerca che riguardano le reti economiche e sociali, in particolare reti d’imprese, reti sul mercato del lavoro, reti di parentela e di amicizia, aiuti dati e ricevuti tra reti sociali, reti in ambito migratorio. L’ampiezza dell’argomento consente di arricchire di contenuti le analisi, descrivendo i fenomeni da una pluralità di punti di vista e adottando modalità d’interpretazioni diverse e complementari.
Dal 2015 il nostro Paese è entrato in una fase di declino demografico. Al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni di residenti, con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% (5,6 milioni). La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo, di quasi 100 mila persone rispetto all’anno precedente.
La stima della popolazione straniera al 1° gennaio 2018 mostra un incremento di 18 mila persone rispetto all’anno precedente, come saldo tra ingressi, uscite e acquisizioni di cittadinanza. È dal 2016 che la variazione della popolazione straniera sull’anno precedente presenta valori modesti, soprattutto se comparati con quelli degli anni Duemila.
Si accentua l’invecchiamento della popolazione, nonostante la presenza degli stranieri caratterizzati da una struttura per età più giovane di quella italiana e con una fecondità più elevata. L’Italia è il secondo paese più vecchio al mondo, con una stima di 168,7 anziani ogni 100 giovani al 1° gennaio 2018. Il primo è il Giappone.
Per il nono anno consecutivo le nascite registrano una diminuzione: nel 2017 ne sono state stimate 464 mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico.
Nel 2017 si stima che i nati con almeno un genitore straniero siano intorno ai 100 mila (21,1% del totale dei nati). Dal 2012 il contributo in termini di nascite della popolazione straniera residente è in calo. A diminuire sono in particolare i nati da genitori entrambi stranieri, con una stima pari a 66 mila nel 2017 (14,2% sul totale delle nascite).
Pur mantenendosi su livelli decisamente più elevati di quelli delle cittadine italiane (1,95 rispetto a 1,27 secondo le stime nel 2017), diminuisce il numero medio di figli delle cittadine straniere, come conseguenza delle dinamiche migratorie e della loro struttura per età che si presenta ‘invecchiata’ rispetto al passato.
Si diventa genitori sempre più tardi. Considerando le donne, l’età media alla nascita del primo figlio è di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980 (quando era di 26 anni).
I nati in Italia da genitori stranieri costituiscono la cosiddetta seconda generazione in senso stretto. Considerando solo la popolazione minorenne, si stima che nel 2016 nel nostro Paese ci siano circa 700 mila ragazzi stranieri residenti nati da genitori entrambi stranieri.
Cresce il numero di ragazzi che acquisiscono la cittadinanza italiana per trasmissione del diritto dai genitori. Al 1° gennaio 2017 si contano circa 218 mila minori che hanno acquisito la cittadinanza italiana tra il 2011 e il 2016 (quasi il 30% del totale delle acquisizioni), di cui 169 mila nati in Italia.
Il saldo migratorio, positivo da oltre vent’anni, si contrae ma è in lieve ripresa negli ultimi due anni (stimato in 184 mila unità nel 2017): le immigrazioni dall’estero si sono ridotte da 527 mila iscritti in anagrafe nel 2007 a 337 mila stimati nel 2017. Le emigrazioni per l’estero invece sono triplicate, passando da 51 mila a 153 mila.
Nel 2016, delle 301 mila iscrizioni anagrafiche dall’estero circa l’87% riguarda cittadini stranieri. Nove paesi di provenienza (Romania, Brasile, Nigeria, Marocco, Pakistan, Cina, Albania, Bangladesh e India), nel complesso, coprono quasi la metà delle immigrazioni complessive.
Questi fenomeni demografici nel lungo periodo, se non sorretti da accorte politiche sociali potrebbero creare problemi sulla sostenibilità e sull’adeguatezza delle pensioni. Il sistema contributivo di calcolo delle rendite, che fortunatamente al momento non viene messo in discussione da nessuno, garantisce quel minimo di certezza perché nozionisticamente si basa sulla neutralità attuariale, cioè l’equivalenza fra montante contributivo accumulato e pensione corrisposta per un determinato numero di anni, che però tendenzialmente tendono ad aumentare. Quando si metteranno sul tappeto ipotesi di ennesime riforme pensionistiche, lo scenario delineato dall’Istat non potrà essere ignorato, al netto di qualsiasi altra considerazione.
c.l.
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