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Ftse Mib prepara l’attacco alle resistenze. Fca e Ferrari scaldano i motori per l’allungo

Author: redazione [email protected] Finanza.com Blog Network Posts

Ftse Mib prepara l’attacco alle resistenze. Fca e Ferrari scaldano i motori per l’allungo | tradingideas

Ftse Mib: riparte sulla scia della candela bianca disegnata ieri e prova a impostare l’attacco alle prime resistenze, a cominciare dall’area 22.900-23.000. Il suo superamento, tutto da verificare, aprirebbe spazio per un allungo verso i 24.000 punti. Solo una violazione 22.400 avrebbe implicazioni ribassiste.

Fca: cerca la fuga verso l’alto dalla fase laterale che ha caratterizzato le ultime sedute. Sarà importante il superamento di 17,43, oltre il quale le quotazioni possono accelerare in direzione di 18 e 18,20.

Ferrari: affida le nuove possibilità rialziste alla tenuta del supporto a 95,10, condizione necessaria per poter ambire a raggiungere le resistenze a 102 e 106.

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How Much Am I Paying You: Investor Confidence | Boom Bust on RT America |


Jane Barratt from Gold Bean says that if you’re an investor, be confidant. She and Bart discuss investing and more in New York City. America may be rolling out steel tariffs but the rest of world may fight back with food tariffs; Fred Kaufman joins Bart to discuss what that could mean. Alex Mihailovich is covering arms sales and Ashlee Banks talks biofuels! That and more on Boom Bust! [1040] Follow us on Twitter:
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Economia

BUYBACK: il 2018 sarà anno boom per i riacquisti a Wall Street

Author: Danilo DT Finanza.com Blog Network Posts

Oggi è il grande giorno in cui la FED, guidata da Jerome Powell, potrebbe alzare i tassi di un quarto di punto.
Un percorso atteso dal mercato e che quindi non dovrebbe essere particolarmente destabilizzante per borse e tassi.
Tutto questo fa parte di una serie di eventi che il mercato si aspetta e che ha già scontato nei prezzi. Cosa simile si può dire delle previsioni sugli utili aziendali, che restano molto “generose” anche se probabilmente realizzabili.
Anche perché, proprio in questo ambito, ci saranno molti “aiutini” che potrebbero influenzare nuovamente il trend della borsa USA: ok, sono finiti i tempi degli stimoli monetari, ora è il tempo degli stimoli fiscali.
Sarò rapido e diretto.
Tra le varie operazioni che possono sostenere un indice azionario ce n’è una che droga il mercato tramite acquisti di azioni proprie. Si tratta dei buyback.

Per la cronaca, si prevede che quest’anno le compagnie dello S&P500 investiranno non meno di 800 miliardi di dollari in operazioni di riacquisto di azioni proprie. Una cifra veramente importante che sosterrà, sul lato della domanda, i prezzi delle società quotate.
Questi buyback verranno finanziati dai sopracitati profitti aziendali, attesi addirittura a +16% rispetto all’anno precedente, oltre che dai risparmi fiscali dovuti appunto alle riforme volute da Trump.
Per darvi un quadro volumetrico della situazione, nel 2017 il buyback si era fermato a 530 miliardi di USD.

Diventa quindi evidente che i buy back saranno un sostegno importante per il mercato azionario. Forse non sarà sufficiente per garantire al 100% una performance positiva, ma di certo sarà un elemento che darà un vantaggio allo SP500 rispetto agli altri indici.
Prendete ad esempio l’indice SP500 buyback index.

“The S&P 500® Buyback Index is designed to measure the performance of the top 100 stocks with the highest buyback ratios in the S&P 500.”

Dire che questa valanga di denaro non influisca sulle quotazione dei titoli è ovviamente sbagliato. Quantomeno possiamo dire che “difenderanno”?

STAY TUNED!

Danilo DT

(Clicca qui per ulteriori dettagli)

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ABBONAMENTO GIORNALIERO VIEW SULL’EURO DOLLARO

Author: Il Respiro del Grafico Finanza.com Blog Network Posts



ABBONAMENTO VIEW SULL’EURO DOLLARO
Dopo quattro anni di pubblicazione gratuita sulla view dell’Euro Dollaro, propongo oggi un abbonamento Mensile per una view giornaliera.

Questa view sarà corredata dagli stessi grafici delle view pubblicate sino ad ora, ma avrà in più una parte formativa sul metodo usato, tutte le volte che la situazione lo prevederà, così come ho sempre fatto nei miei articoli passati.
Avrà inoltre più indicazioni aggiuntive su grafici di lungo periodo su time frame Settimanali e Mensili, quando dovessero essere utili alla comprensione della situazione.

Alla domenica o quando lo prevederà il mercato, sarà comunque pubblicata una versione gratuita ridotta rispetto a quelle pubblicate sino ad ora con il solo grafico del prezzo riportante come sempre le giornate statistiche di inizio e fine cicli.


L’abbonamento è di 48 euro/mese + IVA, pagabile anche Trimestralmente.


Chi fosse interessato può contattarmi o scrivermi all’email riportata sotto. 
Ing. Francesco Filippi 349 466 18 24
[email protected]



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Il grande bluff della ripresa, dati alla mano

Author: Daniela Corda Rete MMT

È ormai prassi consolidata, specialmente in occasione di elezioni politiche: chi governa tenta di convincere gli elettori che si ha il polso della situazione economica e che si è fatto il possibile per migliorare l’economia del Paese. Spesso vengono presentati anche dati per testimoniare che la disoccupazione cala e aumentano le assunzioni, calano i fallimenti delle imprese e si stima un aumento del PIL. La crisi economica sarebbe solo un brutto ricordo del passato.

Dobbiamo credere ai servizi, più o meno surreali, sulla fantomatica ripresa economica?

Un dato su tutti: il tasso di disoccupazione totale (dati ISTAT), sceso al 10,8% nel mese di dicembre (riducendosi dello 0,3% rispetto all’11% dei mesi precedenti), a gennaio è ritornato al tasso strutturale dell’11,1%.

Si tratterebbe di una ripresa alquanto insolita, in cui il tasso di disoccupazione resta pressoché invariato rispetto al periodo della crisi.

Sia il tasso di disoccupazione totale sia quello giovanile sono ben lontani dal tasso del 2007-2008 pre-crisi finanziaria, quando erano rispettivamente al 6% e al 20%.

Sempre secondo l’Istat, nel 2017 sono aumentati sopratutto i dipendenti a tempo determinato (+57 mila, circa il 2% in più nel 2017, e il 2,2% a gennaio 2018) e sono diminuiti quelli a tempo indeterminato (-25 mila, -0,2% nel 2017), e quelli autonomi (-20 mila, -0,4% nel 2017, -1,9% nel 2018). Fa sempre bene ricordare che i calcoli Istat considerano “occupato” chi abbia lavorato almeno un’ora nella settimana di rilevazione statistica.

Ma il dato, non rilevato ma importante per capire il quadro di riferimento, è quello relativo agli Italiani che emigrano all’estero. Secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2017, elaborato dal Centro Studi e Ricerche Idos, oggi gli emigrati italiani sono tanti quanti quelli dell’immediato dopoguerra: oltre 250˙000 l’anno (114˙000 solo nel 2016).

Altro dato su cui riflettere è relativo alle imprese che chiudono i battenti.

Secondo il Cerved, nel complesso, tra gennaio e marzo hanno lasciato il mercato 19 mila imprese, il 5,1% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016 (ma ne sono nate quasi 357˙000 in meno, cioè -1,8% rispetto al 2016) e sono diminuiti i fallimenti. Ma è importante sapere che però i tribunali hanno avviato 1˙069 procedure concorsuali diverse da fallimento e concordato preventivo, un dato in forte aumento rispetto al 2016 (+16,7%). Aumentano i casi di liquidazione coatta amministrativa (+45,7%); si tratta di una procedura simile a quella fallimentare, diretta ad estinguere l’impresa dopo aver soddisfatto i creditori. A differenza della liquidazione volontaria, però, viene tutelato l’interesse pubblico ed è una procedura disposta dall’autorità amministrativa (anziché dal tribunale, come avviene per la procedura fallimentare).

Secondo l’Osservatorio sui fallimenti del mese di febbraio, i dati di dettaglio indicano che nel 2017 il numero di liquidazioni coatte amministrative di cooperative è impennato, con particolare riferimento alle imprese che operano nei campi della logistica (+64,2%), dei servizi non finanziari (63,1%), dei servizi di assistenza e delle attività di pulizia. Anche gli altri settori dell’economia hanno fatto registrare un aumento di queste procedure, ma a tassi più contenuti (+20,4% l’industria e +18,9% le costruzioni).

Complessivamente, da un punto di vista geografico l’aumento è stato più pronunciato al Centro-Sud.

È importante inoltre sottolineare come il Dlgs 169/2007 (entrato in vigore nel 2008) abbia modificato i requisiti di ammissione alla procedura fallimentare. Nello specifico, secondo l’art.1 della legge fallimentare, l’imprenditore deve avere un ammontare di debiti non superiore a 500˙000€ (mentre prima ne erano sufficienti 200˙000). Quindi sono esclusi dal calcolo dei fallimenti le piccole/medie imprese con debiti inferiori a mezzo milione di euro.

Nel 2018 i fallimenti, da un punto di vista formale, si ridurranno ulteriormente grazie alla nuova Riforma fallimentare pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30/10/17, con cui si abbandona l’espressione fallimento per dare spazio alla liquidazione giudiziale e sarà possibile avviare un concordato che dovrebbe portare alla liberazione dai debiti entro tre anni dall’apertura della procedura. L’imprenditore avrà inoltre la possibilità di avviare una nuova attività. Verrà poi istituito presso le Camere di Commercio un “servizio di composizione assistita della crisi” con il compito di dare l’allerta in una fase preventiva, cercando dunque di prevenire la crisi.

Ma non è tutto: infatti, secondo uno studio del CGIA di Mestre, negli ultimi 8 anni hanno chiuso i battenti circa 160˙000 piccole imprese, tra botteghe artigiane e piccoli negozi, in favore della grande distribuzione. Si stimano si siano persi circa 400˙000 posti di lavoro.

Tra giugno 2016 e giugno 2017 le imprese attive nell’artigianato e nel commercio al dettaglio sono scese di oltre 25˙000 unità (circa dell’1,2%).

Il calo dei consumi, le tasse, la burocrazia, la mancanza di credito e l’impennata del costo degli affitti – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi CGIA di Mestre, Paolo Zabeo – sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli imprenditori ad abbassare definitivamente la saracinesca della propria bottega. Se, inoltre, teniamo conto che negli ultimi 15 anni le politiche commerciali della grande distribuzione si sono fatte sempre più mirate ed aggressive, per molti artigiani e piccoli negozianti non c’è stata via di scampo. L’unica soluzione è stata quella di gettare definitivamente la spugna

Il Pil nel 2017 è salito dell’1,5% (al di sotto della media europea, al 2,2%). L’ incremento è dovuto essenzialmente all’aumento delle esportazioni, resa possibile grazie alla compressione dei salari che ha reso i prodotti italiani più competitivi.

I salari nominali sono aumentati ma, al netto del tasso d’inflazione, quelli reali no: in termini reali i salari sono stati ridotti. Scrive IlSole24Ore:

“Nel 2017 infatti, per l’intera economia, i salari nominali sono cresciuti in media dello 0,2% ‘cui corrisponde una contrazione in termini reali di circa l’1%‘, scrivono gli studiosi. La domanda di lavoro delle imprese è stata vivace, e per la prima volta dopo tre anni di stagnazione la produttività del lavoro ha mostrato un modesto incremento. Ma questo incremento ha avuto un costo. ‘Dato il recupero della produttività e tenendo conto della stagnazione del costo del lavoro, la crescita del costo unitario del lavoro è risultata di segno negativo (-0,3 per cento per l’intera economia, anche questo un minimo storico). La (scarsa) inflazione dell’anno è quindi andata interamente a beneficio dei margini delle imprese’. Mentre i lavoratori hanno avuto meno reddito (e risparmio).

Che tipo di ripresa è una ripresa che lascia la disoccupazione stabile, peggiora la qualità del lavoro e tiene fermi i salari? Altri dati.

Gli italiani rinunciano alle cure

La progressiva privatizzazione della sanità pubblica ha di fatto eroso il diritto delle persone a curarsi. Secondo il VII Rapporto RBM – Censis sulla Sanità Pubblica, Privata e Intermediata in Italia, più di 12 milioni di Italiani rinunciano alle cure mediche per motivi economici (oltre 1 milione in più rispetto all’anno precedente).

Con il decreto “Rideterminazione del livello del fabbisogno sanitario nazionale” del giugno 2017, il Governo ha siglato il taglio ai finanziamenti al SSN per 423 milioni di euro nel 2017 e di 604 milioni per il 2018. Tagli che si traducono in blocchi di assunzioni per sopperire al turnover del personale ospedaliero, meno posti letto, maggiori tempi di attesa per le prestazioni sanitarie e maggiori costi che devono sostenere i cittadini.

Secondo la Relazione sulla gestione Finanziaria delle Regioni, esercizio 2015 della Corte dei Conti, presentata a luglio 2017, nel periodo 2015-2018 l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato una riduzione cumulativa del finanziamento del SSN di 10,51 miliardi di euro rispetto ai livelli programmati.

Record storico della povertà

L’Italia è il Paese europeo in cui vivono più poveri, in aumento di anno in anno.

Nel 2016 la quota delle persone residenti in Italia a rischio di povertà o esclusione sociale è stata stimata nel 30%, in peggioramento rispetto al dato del 28,7% dell’anno precedente.

Aumenta la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (12,8% da 11,7%).

In aumento anche la povertà minorile, come denuncia Save the Children: 1 milione e 292 mila il numero di bambini che vivono in povertà assoluta, 1 su 8, il 14% in più rispetto allo scorso anno; i bambini in povertà relativa sono passati dal 20% nel 2015 al 22% nel 2016.

La realtà che abbiamo di fronte è questa, e smentisce la narrazione della ripresa. Non poteva essere un quadro diverso, dopo anni di politiche di austerità. I dati inchiodano chi ha sostenuto queste scelte politiche. Speriamo che questi dati siano da monito per i nuovi parlamentari, in modo da evitare che cadano col sedere per terra per essersi improvvisati in piroette acrobatiche malriuscite.