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Ora puoi pubblicare storie su Google Earth

Author: Diego Barbera Wired

Uno strumento prezioso per le scuole, ma anche per chi vuole raccontare in modo più approfondito un viaggio recente

Google Earth storie
(Foto: Google)

Raccontare un recente viaggio avventuroso con una cartina davanti ha tutto un’altra efficacia, perché – ovviamente – aggiunge enfasi alla narrazione. E che dire di una lezione di storia oppure di geografia, supportate da una bella mappa per avere riferimenti immediati e più facilmente comprensibili? Per rendere possibili questi due esempi – e per dare ampio sfogo alla creatività e alla fantasia dei propri utenti – Google Earth ha introdotto una nuova funzionalità – creation tools – che permette a tutti di sfruttare la ricca rappresentazione tridimensionale in digitale del nostro pianeta.

Per ora disponibile soltanto per la versione web e non ancora su app Android o iOs, la funzione delle storie si presenta come uno strumento flessibile grazie alla possibilità di posizionare pin e marker, disegnare linee e forme, scrivere testo ma anche aggiungere propri contenuti multimediali come foto e video come vere e proprie diapositive.

Si potrà scegliere tra la visualizzazione classica tridimensionale a volo d’uccello oppure quella a livello stradale grazie all’immenso database di foto di Google Street View. Tutto è a disposizione in modo gratuito dal sito ufficiale per dare libero sfogo alla propria voglia di raccontare.

Non solo: basta un clic sull’apposita icona per poggiarsi alla propria utenza di Google Drive e condividere il progetto con amici, colleghi o parenti in modo molto semplice. Le storie possono essere aperte anche da smartphone Android o iPhone, ma per il momento non si potranno modificare da mobile.

Terminato il lavoro, basta selezionare il comando Present per lanciare la presentazione e iniziare il racconto. Google ha pensato a questa funzionalità per utenti privati oltre che per scopi didattici, seguendo la filosofia dietro al progetto Voyager che ha debuttato assieme al nuovo design del servizio e che proponeva approfondimenti su luoghi e fatti storici fruibili da Google Earth e a firma di famosi storyteller.

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La risposta di Twitter alla “furbata” dei Tory su Twitter

Author: Alessio Foderi Wired

Durante il dibattito televisivo fra Boris Johnson e Jeremy Corbyn, i conservatori hanno cambiato nome al loro account fingendosi un’organizzazione di fact-checking. La reazione del social network non è tardata ad arrivare

(foto: Jonathan Hordle/Getty Images)

In vista delle elezioni nel Regno Unito del prossimo 12 dicembre, la rete Itv ha ospitato in diretta televisiva il primo dibattito tra l’attuale primo ministro britannico Boris Johnson e il leader dei laburisti Jeremy Corbyn. Mentre i due hanno discusso animatamente su come archiviare la Brexit entro il 31 gennaio 2020 e sul futuro del National Health Service (il servizio sanitario britannico), l’account ufficiale del Partito conservatore di Johnson ha cambiato nome diventando brevemente “factcheckUK” e pubblicando post come se si trattasse di una pagina di fact-checking indipendente. Il comportamento era ovviamente teso a ingannare gli utenti, e quindi a poche ore di distanza è arrivata una dura replica del social network, che ha minacciato “una decisa azione correttiva se simili espedienti si ripeteranno”.

La verità è importante

I Tory sono accusati di aver tentato di assumere deliberatamente un’identità terza, prendendo per i fondelli il pubblico britannico durante la diretta del dibattito. L’account coinvolto è quello del quartier generale della campagna della formazione di destra, si chiama CchqPress (Conservative Campaign Headquarter) ed è seguito da 76mila persone. Oltre al nome, durante l’intervista televisiva, ha cambiato anche il logo e ha iniziato a fare le pulci – o meglio, a far finta di farle – alle dichiarazioni di Corbyn, già non troppo popolare – almeno secondo i sondaggi – nel Regno Unito. L’operazione, si diceva, è stata messa in atto durante il dibattito, e dal pubblico si sono udite risate quando, a una domanda della giornalista che mediava il faccia a faccia, Johnson ha dichiarato che la verità è una componente di importanza fondamentale nelle elezioni. Condivisibile, non fosse che in quello stesso momento il suo staff twittava sotto falso nome.

La reazione di Twitter – tramite le parole di un portavoce – è stata dura: “Le nostre regole in tutto il mondo ci vietano comportamenti che possono fuorviare le persone, anche quando messe in atto da account verificati”. L’avvertimento poi è stato senza giri di parole: “Qualsiasi altro tentativo di indurre in errore le persone modificando le informazioni già verificate sul profilo, come accaduto durante il dibattito elettorale nel Regno Unito, comporterà un’azione correttiva”. L’attenzione del social network, che di recente ha rimosso la pubblicità politica a pagamento, è quindi volta a un contraddittorio più trasparente possibile e senza alcun inganno.

La tattica, come riporta il Guardian, è stata immediatamente scovata e criticata dal sito divulgativo indipendente Full Fact che ha scritto – sempre su Twitter, e in tempo reale – che si trattava di un comportamento del tutto inappropriato dei conservatori, invitando gli utenti a fare attenzione: “non confondete l’account ‘FactcheckUK’ con altri servizi di fact checkin indipendente come Full Fact, FactCheck, FactChekNI”. Will Moy, a capo di Full Fact, ha anche detto che il social network avrebbe dovuto agire con più tempismo ripristinando il vero nome dell’account.

Fra le fila dei conservativi il fallimento dell’operazione non è stato digerito facilmente. C’è stato anche chi ha precisato che era messo in chiaro che fossero i Tory a gestire la pagina, in quanto nella bio dell’account compariva la dicitura “Fact checking Labour from Cchq . Il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, poi, in un’intervista alla Bbc radio ha minimizzato: “Alle persone non frega nulla dei social network” , ha chiosato.

Palla al centro

Tuttavia nel dibattito, nonostante l’accaduto, nessuno è uscito pienamente vincitore o sconfitto. Se ognuno ha mostrato dei punti deboli all’inizio – per Corbyn più la Brexit, per Johnson più la sanità – in una terza parte i due si sono confrontati su disuguaglianze sociali, economia e povertà. E, di fatto, la partita è finita in parità anche secondo YouGov, che attribuiva ieri sera un 51% di preferenze alla performance del primo ministro Tory e un 49% a quella del numero uno del Labour. Una parità a tutti gli effetti, se si considera il margine di errore statistico. Il dibattito è stato seguito da 6,7 milioni di spettatori.

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Qualche consiglio per i runner da una stella della maratona

Author: Redazione Wired

Hai sempre invidiato i campioni sulla lunga distanza, ma non ti sei mai messo alla prova con una corsa? Ecco le dritte di Des Linden, vincitrice nel 2018 della maratona di Boston

Quella olimpica è la più affascinante, ma sono tante le maratone amate dagli appassionati di corsa: il pensiero va subito a quelle storiche di New York e Boston, ma ci sono anche tante competizioni nella nostra cara vecchia Italia, come ad esempio Run Rome The Marathon (non deve essere male tagliare il traguardo ai Fori Imperiali, con la pioggia a rendere tutto più epico).

In questo video, l’atleta statunitense Desiree Nicole Linden – vincitrice della maratona femminile di Boston nel 2018 – risponde alle domande degli appassionati di corsa sulla lunga (e mezza) distanza. Sono tutti buoni consigli anche per i runner che partecipano alle gare per diletto, senza grandi aspettative di fama e vittorie.

Praticare corsa sulle lunghe distanze richiede routine ben calibrate, anzitutto, spiega Linden, a cui un utente chiede come si idrata durante i lunghi allenamenti. Risposta: l’atleta ha un assistente lungo il percorso ma consiglia, altrimeti, di svegliarsi presto, fare una ricognizione del luogo e lasciare nei giusti punti delle bottigliette: dimenticarsi di bere non è una buona idea.

Non mancano le curiosità più specifiche: quante paia di scarpe sono necessarie tra allenamenti e gara? Tra le quattro e le sei, ma con una certa varietà: in gara la sportiva utilizza delle racing flat sempre nuove, ma nel training spazio a modelli un po’ più leggeri delle cushion trainers.

Linden consiglia di mangiare cibo insipido prima delle gare e di non limitarsi a fare grandi dormite per smaltire la stanchezza dopo una corsa: due settimane senza correre sono necessarie, anche per archiviare mentalmente lo sforzo fatto.

C’è speranza per tutti, in ogni caso: correre sulle lunghe distanze non è un dono di natura in assoluto: anche i top runner devono allenarsi e lavorare per raggiungere l’obiettivo.

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Come funziona la cittadinanza onoraria?

Author: Alessio Foderi Wired

Il caso che ha coinvolto Ezio Greggio e Liliana Segre a Biella è uno spunto per parlare del riconoscimento civico più popolare in Italia (che è anche il meno regolamentato)

(foto: LaPresse/Mourad Balti Touati)

La città di Biella è pronta a conferire la cittadinanza onoraria a Ezio Greggio”. Così si legge sul sito del comune del capoluogo piemontese, ma il noto conduttore televisivo – originario della zona – ha annunciato, a sorpresa, di rifiutarla. La decisione è divenuta nelle ultime ore un vero e proprio caso, soprattutto per le ragioni dietro il rifiuto. La scorsa settimana, infatti, la stessa giunta comunale a trazione leghista aveva bocciato la proposta di conferire la stessa onorificenza alla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto. “Per rispetto nei suoi confronti e di ciò che rappresenta dico no” ha spiegato il volto di Striscia la Notizia dopo l’annuncio da parte del comune piemontese.

Che cos’è la cittadinanza onoraria ?

Si tratta di un riconoscimento che può essere concesso da un ente locale, come il comune, o uno stato, a una persona che si è distinta particolarmente per il suo impegno sociale, il suo lavoro o in campi particolari del sapere. Solitamente l’individuo in questione è legato al territorio che conferisce l’onorificenza, ma non è necessariamente una regola. In base all’art. 114 della Costituzione si prevede infatti l’autonomia degli enti locali e, quindi, la possibilità che ogni comune stabilisca nei propri statuti e regolamenti quando e come concedere la cittadinanza onoraria. Anche il Testo unico degli enti locali lascia ampio argine normativo sulla questione. Per questo ogni comune può decidere in base al proprio regolamento interno, ovvero un atto amministrativo generale a contenuto amministrativi. Il riconoscimento avviene ufficialmente tramite una delibera della giunta comunale approvata a larghissima maggioranza o all’unanimità e può essere concesso anche a cittadini non residenti in Italia o dopo la morte dell’insignito.

La vicenda di Biella, nel dettaglio

Giovedì scorso c’è stata la mozione di due liste civiche di Biella di conferire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, definita “testimone della tragedia dell’Olocausto e interprete dei valori di giustizia e di pace tra gli esseri umani”: accolta in modo favorevole da Movimento 5 stelle e Forza Italia, era stata infine bocciata da Lega e Fratelli d’Italia che l’avevano definita “strumentale”. Il sindaco Claudio Corradino aveva respinto una proposta arrivata dalle opposizioni, sostenendo che la senatrice Segre non avesse “fatto nulla per Biella e per il biellese”. Pur non avendo Segre effettivamente un legame diretto col territorio – una condizione, come detto, non vincolante – varie iniziative sono state promosse in diversi comuni italiani per esprimere solidarietà alla senatrice per le minacce ricevute, per le quali è da poco stata messa sotto scorta. Prima di questo anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando le ha conferito il riconoscimento lo scorso giugno, come anche il comune di Vasto in Abruzzo e quello di Varese lo scorso 4 novembre. Sulla stessa linea Genova e Bologna.

Dopo questa bocciatura, la giunta comunale ha proposto un altro candidato a ricevere la cittadinanza onoraria: proprio Ezio Greggio. “La decisione assunta dalla giunta di Biella è dettata da molteplici motivazioni legate alla carriera di Greggio, al suo impegno rivolto al sociale e al forte legame mantenuto con le sue origini, la città natale Cossato e appunto il capoluogo Biella” si legge sul sito del comune, che specifica anche: “Si conferisce a Ezio Greggio il titolo di Cittadino Onorario per la popolarità televisiva come conduttore, giornalista, attore e regista; per il suo costante impegno attraverso l’associazione “Ezio Greggio per i bambini prematuri”; per aver contribuito a diffondere in Italia e nel mondo il nome di Biella”.

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Revolut, la fintech “dei viaggiatori” lancia la sfida alle banche

Author: Daniele Lettig Wired

Nata dalla frustrazione per le spese di cambio valute all’estero, l’azienda del russo Nikolay Storonsky oggi è un unicorno da sette milioni di clienti, e vuole diventare un player globale

L’applicazione che vuole rivoluzionare il modello di business delle banche tradizionali è nata da un’esigenza concreta: smettere di pagare esose commissioni sui prelievi di denaro all’estero. Un’esperienza provata molto spesso dal suo fondatore, il russo-londinese Nikolay Storonsky, figlio di un alto dirigente del colosso Gazprom, studi in Fisica e un brillante curriculum da banchiere d’affari a Lehman Brothers e Credit Suisse. Lasciato nel 2013 l’istituto svizzero, dopo un anno e mezzo di lavoro e sperimentazione assieme al socio Vlad Yatsenko, ex sistemista di Deutsche Bank, nel 2015 Storonsky ha lanciato sul mercato Revolut.

Un unicorno molto ambizioso

In soli quattro anni l’azienda ha raccolto circa 336 milioni di dollari di finanziamenti (circa 303,5 milioni di euro) da fondi di venture capital, raggiungendo già l’anno scorso lo status di unicorno con oltre un miliardo di dollari di valutazione. E se il 2018 si è chiuso con ricavi per 68 milioni di euro e un passivo di 38,4 milioni – dovuto, dice l’azienda, agli investimenti nello sviluppo di prodotti e servizi – la previsione per quest’anno è di triplicare i ricavi e aumentare del 40-50 per cento il margine operativo.

Intanto, i clienti crescono al ritmo di 16 mila al giorno – oggi sono sette milioni in tutto il mondo – e l’azienda ha aperto sedi in 18 paesi, tra cui quella di Milano che fa da capofila a tutta l’area del Sud Europa.

A Revolut l’ambizione non manca, come conferma a Wired il suo fondatore, passato dal capoluogo lombardo in occasione del recente Salone dei pagamenti. “Vogliamo diventare una vera banca globale, cioè operare praticamente in tutti i paesi fornendo ai clienti una gamma molto estesa di servizi finanziari”, scandisce con decisione Storonsky, in un inglese fatto di frasi secche e concise e pronunciato con un accento che tradisce le sue origini.

Nikolay Storonsky di Revolut
Nikolay Storonsky di Revolut

Zero commissioni

I due obiettivi delineati da Storonsky viaggiano in parallelo. Sul piano territoriale, il prossimo importante passo è dietro l’angolo: “Per la fine di novembre – dice infatti l’ad – abbiamo in programma di iniziare a operare negli Stati Uniti”, dove l’azienda ha firmato un accordo con Mastercard per l’emissione delle sue carte di debito (che si aggiunge a quello, con carattere globale, siglato con Visa pochi mesi fa).

Per quanto riguarda i servizi, invece, il profilo Revolut standard garantisce un’offerta davvero completa: bonifici gratuiti (l’account dispone infatti di un proprio Iban), prelievi Atm gratuiti anche all’estero, pagamenti con carta prepagata virtuale e fisica ad emissione gratuita, condivisione e scambio di denaro con altri utenti del servizio.

Il tutto senza dover pagare alcun canone mensile o annuale, previsto invece per gli altri due piani, il Premium e il Metal, che offrono dei servizi aggiuntivi: ad esempio, plafond più alti per spese e prelievi, assicurazione medica internazionale, possibilità di fare trading sulle criptovalute. Per aprire un profilo “ci vogliono veramente tre minuti”, spiega Storonsky: basta registrarsi sull’app – dalla cui dashboard poi sarà possibile gestire tutti i servizi –, inserire i dati di un documento di identità per la verifica della persona fisica, e procedere alla prima ricarica con un bonifico o una carta di credito, sempre senza commissioni.

Un’idea nata viaggiando

Ho lavorato per otto anni in banche d’affari, ma sempre con la voglia di creare una mia compagnia”, racconta Storonsky, prima di spiegare come è nata l’idea alla base di Revolut: “È maturata dalla mia esperienza di viaggiatore: ogni volta che andavo all’estero i cambi erano sempre costosi a causa delle spese per le commissioni, dal 3 al 6 per cento per ogni transazione. Ho provato molti prodotti finanziari di diverse aziende, ma nessuno mi soddisfaceva. Così ho deciso di entrare direttamente in questo business”. E di creare un’azienda il cui modello di business è quello di offrire un prodotto gratuito e di qualità a un gran numero di clienti, ricavando i suoi introiti dal ‘cross-selling’ di altri servizi.

L’ultimo arrivato, poco più di un mese fa, è il trading azionario, gestibile direttamente dal conto Revolut: tre operazioni gratuite al mese per il profilo standard (poi si paga 1 euro di commissione), otto per quello Premium, illimitate per il Metal.

Anche in questo campo – dice ancora Storonsky – abbiamo voluto creare un prodotto ‘commisson free’ e alla portata di tutti, e i risultati finora sono molto buoni, con il 10 per cento di conversioni sia per gli utenti Metal che per quelli Standard”. Ma chi è, secondo il suo ad, il cliente-tipo di Revolut? “Persone che viaggiano spesso, cittadini del mondo, che spesso vivono o lavorano in un paese diverso da quello in cui sono nati: sono stati loro i nostri primi clienti, che poi hanno sponsorizzato a famiglia e amici i nostri prodotti”.

Get the things done

Nel percorso di crescita di Revolut non è mancata qualche piccola macchia: in particolare, un reportage di Wired Usa che all’inizio del 2019 descriveva l’azienda come un ambiente di lavoro ‘tossico’ e con un alto turnover di personale.Sono cose del passato”, dice oggi Storonsky: “Bisogna capire che la cultura aziendale di una società con 20 dipendenti è diversa da quella di una che ne ha 200 o mille”.

Quando eravamo una startup – ammette il manager – ci conoscevamo tutti, non c’erano responsabili delle risorse umane e ci è capitato di trattare qualcuno in un modo non del tutto professionale. Ma ora le cose sono cambiate, abbiamo oltre 1.500 dipendenti – una novantina solo nel dipartimento risorse umane – e siamo un’azienda del tutto diversa, anche se abbiamo sempre gli stessi obiettivi: lavorare duro ed essere smart e mentalmente aperti ‘to get the things done’, per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo grazie al lavoro di squadra”.

(Foto: Revolut)

Italia strategica

La scelta dell’Italia come base per il Sud Europa, spiega invece l’ad di Revolut, si deve al fatto che “è un mercato grande, da quasi 60 milioni di persone, dove le banche tradizionali non hanno ancora investito molto su prodotti come quelli che offriamo noi, e quindi c’è molta meno competizione”.

Anche per questo, Revolut vuole assumere un ruolo centrale nella transizione verso i pagamenti digitali: secondo Storonsky, “più è facile per le persone aprire un conto e gestire una carta di credito, più aumenta il numero di chi usa questi mezzi: è un circolo virtuoso. Però occorre anche rendere più conveniente ai commercianti accettare i pagamenti digitali, abbassando il costo delle transazioni”.

Nel nostro paese, l’azienda sta trattando per stringere un accordo “con una piattaforma che ci aiuti in alcuni campi dove non abbiamo ancora una nostra infrastruttura, ma non posso aggiungere altro”, spiega Storonsky. “Ovunque andiamo cerchiamo di siglare delle partnership: anche se in questo settore siamo tutti amici – aggiunge con una risata – il mercato è grande, quindi per noi è meglio stringere accordi con alcuni players e competere con altri”.

E ovviamente – quando debutterà – anche con la criptovaluta di Facebook, Libra, su cui Storonsky ha le idee chiare: “Per ora sembra che i governi e i regolatori del settore siano contrari e la ostacolano perché credono che non sia abbastanza sicura. Forse hanno ragione, però io credo che sul lungo periodo sia una grande idea e una grande opportunità”.

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