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Nasa, ecco le foto di come sarà la vita su Marte

Author: Wired

Si chiama Mars Dune Alpha ed è l’habitat realizzato con una stampante 3D per la Crew Health and Performance Exploration Analog (Chapea) della Nasa. Si tratta della riproduzione dell’ambiente che ospiterà i primi insediamenti umani su Marte, che secondo l’agenzia potrebbero già essere realtà negli anni dal 2030, e si trova al Johnson Space Center della Nasa a Houston, in Texas. A partire a giugno, il Mars Dune Alpha ospiterà per un anno quattro volontari che vivranno in questo luogo per abituarsi alla vita sul Pianeta rosso. Lo scopo di questa simulazione è studiare gli effetti sulla salute fisica e mentale che potrebbero verificarsi trascorrendo parecchio tempo in quel tipo di ambiente, lontani dagli affetti e dalla vita di tutti i giorni e con scarsità di cibo e di altre risorse.

Durante il loro soggiorno nel Mars Dune Alpha, infatti, i quattro volontari, che non saranno astronauti, verranno testati regolarmente sia fisicamente sia psicologicamente. Non solo: verranno anche coinvolti nelle simulazioni di alcune situazioni che si potrebbero verificare una volta arrivati su Marte, come guasti o scarsità di risorse. L’habitat è stato ideato con spazi divisi per la vita di tutti i giorni e per il lavoro. L’impiego della stampante 3D è stato pensato in modo che non venga trasportato su Marte una quantità eccessiva di materiale per cui dovrebbero essere organizzati diversi voli. La casa è di 160 metri quadri e comprenderà 2 bagni, una stanza dedicata per le cure, una vertical farm e spazi dedicati alle attività lavorative e al relax. Oltre a quella che partirà da giugno, Chapea prevede anche altre due esercitazioni della durata di un anno: una nel 2025 e una nel 2026. Ecco alcune foto della Mars Dune Alpha, che ci danno un primo assaggio di come sarà la vita su Marte.

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Luna. come si misura il tempo?

Author: Wired

Nel 2025 gli astronauti torneranno a visitare la Luna, per costruire basi e stazioni spaziali, mettere al lavoro lander e rover robotici ed estrarre risorse. In questa nuova era di attività lunari, avranno bisogno di sincronizzarsi l’uno con l’altro; ad oggi, però, non esiste un sistema orario o un fuso orario concordato, e sulla Luna ovviamente non ci sono né Gps né internet.

Per mettere a punto un sistema per calcolare l’orario su suolo lunare sarà necessario sviluppare nuove tecnologie sul nostro pianeta, che andranno poi impiegate a oltre 284mila chilometri di distanza. Javier Ventura-Traveset, ingegnere dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) è alla guida di questi sforzi con un progetto chiamato Moonlight, che mira a realizzare dei satelliti al servizio degli astronauti ed esploratori robotici. Moonlight e la sua controparte statunitense, Lunar Communications Relay and Navigation Systems, supporteranno il programma Artemis della Nasa. Queste iniziative stanno sollevando domande sulla necessità di adottare un unico fuso orario sulla Luna, e sul suo eventuale funzionamento.

Le missioni Apollo della Nasa non avevano bisogno di tutto questo. All’epoca, gli astronauti hanno visitato la Luna, hanno portato a termine il loro lavoro e sono poi tornati a casa. Tuttavia, i piani delle agenzie spaziali per il ventunesimo secolo prevedono una presenza umana permanente sul nostro satellite, e la possibile convivenza di persone provenienti da Europa, Stati Uniti, Giappone, Cina e Canada allo stesso tempo. “Finora, quando si svolgeva una missione sulla Luna, ci si sincronizzava sempre con un fuso orario sulla Terra. Ma in futuro le missioni si moltiplicheranno e sarà necessario avere un orario di riferimento comune“, spiega Ventura-Traveset. Questo obiettivo comporta delle sfide logistiche e ingegneristiche, a cui se ne aggiungono altre di natura politica e filosofica.

Che ore sono sulla Luna?

Che cos’è il tempo sulla Luna? Quasi tutti concordano sulla definizione di secondo, l’unità di misura di base del tempo (se siete curiosi, un secondo corrisponde a 9.192.631.770 periodi di radiazione emessi da un atomo di cesio). Questo concetto però non è molto utile nella vita di tutti i giorni. Le persone hanno bisogno di periodi di tempo più ampi per svolgere attività come regolare un orologio, far funzionare un computer, sapere quando andare al lavoro o capire quanto tempo ci vuole per andare dal punto A al punto B. Sulla Terra, adottiamo la giornata di ventiquattro ore, basandoci sulla rotazione del pianeta e sulla successione di luce e buio, sui quali i nostri ritmi circadiani sono sintonizzati.

Il nostro satellite naturale, invece, ruota molto più lentamente, impiegando 29,5 giorni terrestri per un giro completo. Ciò significa che una parte della Luna rimane illuminata o lontana dal Sole per lunghi periodi. Sulla Terra non ci accorgiamo del movimento lunare perché il satellite è in rotazione sincrona con il nostro pianeta. Scienziati come Ventura-Traveset dovranno definire il significato di tempo in un luogo in cui molti degli indicatori che usiamo sulla Terra – alba, tramonto, ora di punta, prima serata – non sono applicabili. L’ingegnere non ha ancora determinato se le agenzie spaziali adotteranno uno o più fuso orari. Data la lentezza della rotazione lunare, Ventura-Traveset ritiene che sarebbe ragionevole adottarne un numero minore rispetto ai ventiquattro sulla Terra. Dal suo punto di vista, un solo fuso sarebbe più pratico e naturale: in questo modo riprodurremmo il Tempo coordinato universale, in modo che gli astronauti possano seguire un ciclo di ventiquattro ore come fanno sulla Stazione Spaziale Internazionale. In questo caso, ovviamente, un giorno non sarbebbe sincronizzato con i periodi di luce e buio della Luna.

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Virgin Orbit ha dichiarato bancarotta

Author: Wired

Virgin Orbit ha dichiarato bancarotta, mettendo fine al sogno spaziale del fondatore Richard Branson. La società californiana di attività spaziale ha presentato istanza di fallimento una settimana dopo aver licenziato circa l’85% dei suoi 750 dipendenti, per non essere riuscita a raccogliere nuovi finanziamenti.

Fondata nel 2017 da una divisione di Virgin Galactic, altra società di Branson che si occupa di turismo suborbitale, aveva provato a rivoluzionare il settore dei lanci spaziali tramite un sistema di lancio aereo e non dal suolo. Tuttavia, su sei missioni avviate dal 2020 solo quattro hanno avuto successo e dopo l’ultimo fallimento, avvenuto a gennaio 2023, l’azienda ha perso la fiducia degli investitori.

Un colpo che ha portato il valore di mercato di Virgin Orbit a 65 milioni di dollari, dopo aver raggiunto un picco di oltre 3 miliardi meno di due anni fa. Per questo i suoi principali azionisti, il Virgin Group di Branson che possiede il 75% della società e il fondo Abu Dhabi Mubadala degli Emirati arabi uniti, hanno deciso di mettere fine al progetto.

Virgin Investment, altra unità del gruppo Branson, fornirà 31,6 milioni di dollari di nuovi fondi a Virgin Orbit per sostenere le spese mentre si cerca un nuovo acquirente. Un impresa che non sembra affatto facile e comincia in salita, come riporta Reuters, dopo il fallimento delle trattative con Matthew Brown, a capo del fondo di investimento texano Emergent.

La società deve anche saldare alcuni crediti milionari con Arqit Quantum, un’azienda di cybersicurezza del Regno Unito con cui Virgin Orbit aveva stretto una collaborazione per il lancio di alcuni satelliti, a cui oggi deve quasi 10 milioni di dollari. E con la Us space force, l’ufficio spaziale delle forze armate statunitensi che aveva fornito 6,8 milioni di dollari a Virgin per lanci futuri.