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Guida al cielo di Agosto 2023

Author: Wired

Agosto è il cuore dell’estate, non solo dal punto di vista calendaristico ma anche dal punto di vista astronomico, in cui il cielo dà il meglio di sé, dal triangolo estivo al cuore della galassia. Le indicazioni che seguono possono essere seguite al meglio sfruttando, per programmare le osservazioni, qualche app-planetario come Stellarium.

Monti Sibillini National Park Milky Way and Galactic Arch Castelluccio di norcia Umbria Italy Europe.

Monti Sibillini National Park, Milky Way and Galactic Arch, Castelluccio di norcia, Umbria, Italy, Europe. (Photo by: Mauro Flamini/REDA&CO/Universal Images Group via Getty Images)REDA&CO/Getty Images

Cercando il nord

Nelle calde notti estive, quasi tutti abbiamo imparato a riconoscere una figura nel cielo: è il Grande Carro, uno degli asterismi più famosi nel cielo. Parte dell’Orsa Maggiore, il Grande Carro è uno strumento utilissimo per trovare, in ogni notte dell’anno, il nord: è sufficiente unire le due stelle del Grande Carro opposte al timone (Merak e Dubhe), e prolungare la loro distanza di circa cinque volte per arrivare nei pressi della Polare. Dall’altra parte del Grande Carro, la costellazione di Boote, il bifolco, spesso rappresentato come un uomo che sguinzaglia due Cani da Caccia verso l’Orsa Maggiore, la costellazione di cui fa parte il Grande Carro. La sua stella più luminosa è anche l’ottava stella più luminosa del cielo, ossia Arturo.

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Scoperto un enigmatico esopianeta ricoperto di nuvole metalliche

Author: Wired

Si chiama LTT9779b ed è l’esopianeta più brillante che abbiamo scoperto fino ad oggi. A raccontarlo è stato un tema di ricerca internazionale che, grazie ai dati raccolti dal telescopio spaziale Cheops dell’Agenzia spaziale europea (Esa), sono riusciti a osservare come l’esopianeta, estremamente caldo, è ricoperto da nuvole metalliche, per lo più di silicato (stessa sostanza di cui è fatta la sabbia e il vetro) mescolato a metalli come il titanio, che si comportano proprio come un gigantesco specchio. Lo studio è stato pubblicato su Astronomy and Astrophysics.

Cosa sappiamo

L’esopianeta, ricordiamo, è stato scoperto nel 2020 dalla missione Tess della Nasa. Sappiamo ad oggi che è distante circa 260 anni luce dalla Terra, ha le dimensioni simili a quelle di Nettuno, impiega circa 19 ore per orbitare intorno alla sua stella e ha temperature estremamente elevate che raggiungono i 2mila gradi. Tuttavia, fin dall’inizio la sua elevata capacità di riflessione, chiamata in termini tecnici albedo, non convinceva gli scienziati. La maggior parte dei pianeti e delle lune, infatti, ha un’albedo bassa perché assorbono, piuttosto che riflettere, la luce. Ad eccezione di mondi ghiacciati come il satellite di Giove Europa, o pianeti nuvolosi come Venere. Quest’ultimo ad esempio è il corpo celeste più luminoso del nostro cielo (Luna a parte), il cui spesso strato di nubi riflette circa il 75% della luce solare (la Terra, in confronto, ne riflette il 30%).

Sebbene riflettesse proprio come uno specchio (ossia l’80% della luce della sua stella), LTT9779b sembrava essere troppo caldo perché si potessero formare nuvole. Dalle ultime analisi svolte dal telescopio spaziale Cheops, i ricercatori hanno potuto osservare che l’atmosfera dell’esopianeta è così satura di metalli e vapori di silicati che si formano goccioline, comprese gocce di pioggia composte da titanio. “Era davvero un enigma, finché non ci siamo resi conto che avremmo dovuto pensare a questa formazione di nuvole allo stesso modo della condensa che si forma in un bagno dopo una doccia calda”, ha spiegato Vivien Parmentier, tra gli autori dello studio. “Per riscaldare il bagno con il vapore, puoi raffreddare l’aria fino a quando il vapore acqueo non si condensa, oppure puoi mantenere l’acqua calda in funzione fino a quando non si formano le nuvole perché l’aria è così satura di vapore che semplicemente non ne può più trattenere. Allo stesso modo, LTT9779 b può formare nubi metalliche nonostante sia così caldo perché l’atmosfera è satura di silicati e vapori metallici”.

E cosa non capiamo (ancora)

Essere così brillante, non è l’unica cosa enigmatica di questo esopianeta. I pianeti delle sue dimensioni che hanno un’atmosfera, infatti, non dovrebbero esistere così vicino al loro sole, in quanto lo strato esterno si sarebbe semplicemente bruciato. “È un pianeta che non dovrebbe esistere”, ha spiegato Parmentier. “Ci aspettiamo che pianeti come questo abbiano la loro atmosfera spazzata via dalla loro stella, lasciando dietro di sé roccia nuda”. L’ipotesi, quindi, è che sia aiutato dall’elevata capacità di riflessione causata dalle nuvole metalliche. “Le nuvole riflettono la luce e impediscono al pianeta di surriscaldarsi ed evaporare”, ha concluso il primo autore Sergio Hoyer. “Nel frattempo, essere altamente metallici rende il pianeta e la sua atmosfera pesanti e difficili da spazzare via”.

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Lo spettacolare “sciame stellare” immortalato da Hubble

Author: Wired

L’ammasso globulare noto come Ngc 6544 si trova a 8000 anni luce dalla Terra. L’ultima foto scattata dal telescopio spaziale Hubble ci aiuta a farci un’idea del numero di corpi raggruppati in questo insieme di stelle.

Il nuovo scatto di Hubble – che è stato scelto come foto della settimana dell’Agenzia spaziale europea (Esa) – combina i dati di diversi strumenti del telescopio evidenziando sia le stelle più luminose che quelle più lontane e meno visibili. Il risultato è un’immagine di uno “sciame stellare” ricco di colori e dimensioni diverse.

Ngc 6544 si trova nella costellazione del Sagittario ed è molto vicino alla Nebulosa Laguna. Gli scienziati stimano che l’ammasso globulare abbia circa 12 miliardi di anni e che la sua densità stellare sia particolarmente elevata. Quest’ultimo aspetto, unito alla vicinanza al nostro pianeta, rende il gruppo di stelle uno dei più luminosi visibili dalla Terra. Per la sua scoperta, avvenuta nel 1784, è bastato un telescopio casalingo del diametro di 45 centimetri.

Lo studio degli ammassi globulari è fondamentale per comprendere il processo dell’evoluzione stellare. I dati provenienti da Ngc 6544 e da altri ammassi nella Via Lattea indicano che le migliaia di stelle contenuti in questi raggruppamenti hanno la stessa età “cosmica”, un elemento che ha spinto gli scienziati a ritenere che si siano formate più o meno nello stesso periodo. Dal momento che le stelle in questi raggruppamenti hanno la stessa forma e la stessa età, la comunità scientifica preferisce studiarle come gruppi piuttosto che singolarmente. Gli scienziati inoltre sostengono che gli ammassi globulari potrebbero essere i corpi più antichi delle galassie, dal momento che al loro interno non sono visibili segni della nascita di stelle.

Ngc 6544 e gli altri ammassi simili sembrano essere incompatibili con la vita come la conosciamo. Tra le centinaia di migliaia di stelle che compongono il cluster non sono stati rilevati esopianeti; e anche se ci fossero, la loro composizione non potrebbe essere simile a quella della Terra. Per gli scienziati, è altamente improbabile che all’interno degli ammassi globulari possa esistere un pianeta abitabile, a causa dell’assenza delle risorse necessarie alla loro formazione (come per esempio silicio, ferro e magnesio) e per via delle interazioni gravitazionali tra le stelle.

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Inquinamento, quello luminoso aumenta letteralmente a vista d’occhio

Author: Wired

Kyba e il suo team hanno applicato un modello ai dati del NoirLab, scoprendo che ogni anno la luminosità del cielo è aumentata di circa il 6,5 per cento in Europa, del 10,4 per cento in Nord America e del 7,7 per cento nel resto del mondo, con una media globale del 9,6 per cento. I volontari del Globe at Night hanno anche riferito che le stelle più deboli stanno diventando meno visibili e che in alcuni casi stanno addirittura scomparendo dal cielo. Mentre Kyba conduceva la sua ricerca, alcune persone lo hanno contattato per riportare che non riuscivano più a distinguere le Pleiadi o la famosa striscia di stelle della Via Lattea.

Cambiare è ancora possibile

“All’inizio ero un po’ sbalordita”, racconta Connie Walker, scienziata del NoirLab, direttrice di Globe at Night e coautrice dello studio. I risultati della ricerca superano ampiamente l’aumento del 2 per cento stimato in precedenza dai satelliti meteorologici, che essendo sono completamente ciechi di fronte alla luce blu non hanno colto una parte importante della tendenza, spiega Walker. Negli ultimi dieci anni, molte città sono passate dai lampioni gialli al sodio ad alta pressione a modelli a led, più efficienti dal punto di vista energetico ma anche più blu (gli occhi delle persone ,e quelli di alcuni animali selvatici, sono particolarmente sensibili alla luce blu di notte). Ai satelliti, poi, sfuggono anche le luci che puntano lateralmente, come quelle dei cartelloni pubblicitari. In generale, la luminosità si accumula da fonti come le luci installate sui lati delle abitazioni o delle aziende, oltre che quelle su strade, scale e insegne.

Anche se l’inquinamento atmosferico potrebbe in parte spiegare la tendenza in alcune aree, non è possibile che stia aumentando a tal punto, dice Kyba. Inoltre, anche se le valutazioni di un singolo volontario potrebbero variare o presentare alcune imprecisioni, queste vengono annullate dal calcolo della media delle segnalazioni inviate da centinaia di migliaia di volontari. L’inquinamento luminoso, conclude lo scienziato, è il principale responsabile della scomparsa delle stelle.

Cosa si può fare, quindi, per contrastare il problema? L’inquinamento luminoso proviene da numerose fonti, e le decisioni in materia di illuminazione vengono prese da molte persone diversi. A differenza del cambiamento climatico, però, non è difficile invertire la tendenza e i benefici si farebbero sentire immediatamente. Per esempio, utilizzare solo la quantità minima di luce necessaria, installare luci temporizzate non sarebbe complicato né costoso. Si tratta solo di convincere le molte migliaia di persone coinvolte nelle decisioni sull’illuminazione ad adottare scelte migliori.

Il modello Tucson

Walker e altri astronomi temono che un’intera generazione possa non avere più accesso al cielo stellato: “Come astronomo, l’idea di perdere l’ispirazione che porta le persone nel nostro campo è terrificante. Ci sono milioni di persone nelle grandi città che sono fortunate a vedere Venere e Saturno. Hanno solo la luna”, afferma Teznie Pugh, sovrintendente dell’Osservatorio McDonald dell’Università del Texas do Austin e co-presidente del comitato dell’American astronomical society sull’inquinamento luminoso, le interferenze radio e i detriti spaziali. 

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Onde gravitazionali: cos’è Virgo, il rilevatore italiano

Author: Wired

Quando attraversa la Terra, un’onda gravitazionale fa sì che lo spazio si allunghi in una direzione e si comprima nell’altra, per cui anche i due “bracci” del rivelatore crescono e si restringono impercettibilmente. Ciò significa che ogni raggio di luce percorre una distanza leggermente diversa, che si manifesta nello schema della luce laser come un picco di frequenza che viene definito cosmic chirp, letteralmente “cinguettio cosmico”: questo è il segnale delle onde gravitazionali.

Per misurarlo, Virgo si affida ad apparecchiature all’avanguardia. Gli specchi alla fine di ogni tunnel sono fatti di un quarzo sintetico purissimo, che assorbe solo un milione di fotoni sui tre totali che lo colpiscono, ed è così liscio da non avere praticamente alcuna dispersione di luce. Il materiale inoltre è rivestito da un sottile strato riflettente che consente di perdere meno dello 0,0001 percento della luce laser.

Ogni specchio si trova sotto un “superattenuatore” che lo protegge dalle vibrazioni sismiche, costituito da una catena di filtri sismici che agiscono come pendoli, racchiusi in una camera a vuoto all’interno di una torre alta dieci metri. Il sistema è progettato per contrastare i movimenti della Terra, che possono essere nove ordini di grandezza più forti delle onde gravitazionali che Virgo cerca di rilevare. I superattenuatori sono così efficaci che, almeno in direzione orizzontale, gli specchi si comportano come se galleggiassero nello spazio.

Innovazioni e nuove sfide

Un’innovazione più recente è il sistema “squeezing” di Virgo, che combatte gli effetti del principio di indeterminazione di Heisenberg, una strana caratteristica del mondo subatomico che fa sì che certe coppie di proprietà di una particella quantistica non possano essere misurate con precisione nello stesso momento. Per esempio, non è possibile misurare con assoluta accuratezza sia la posizione che la quantità del moto di un fotone: quanto più precisa è la conoscenza della sua posizione, tanto meno lo sarà quella relativa alla sua quantità di moto, e viceversa.

All’interno di Virgo, il principio di indeterminazione si manifesta come rumore quantico, oscurando il segnale delle onde gravitazionali. Ma immettendo della luce in un particolare stato all’interno di un tubo che finisce per sovrapporsi al campo laser principale in corrispondenza del beam splitter, i ricercatori possono dimuire l’incertezza delle proprietà della luce laser, riducendo il rumore quantico e migliorando la sensibilità di Virgo ai segnali delle onde gravitazionali.

Dal 2015,  Virgo e la sua controparte statunitense Ligo hanno registrato quasi cento eventi relativi a onde gravitazionali nel corso di tre osservazioni. Con l’aggiornamento di entrambe le strutture e l’aggiunta di Kagra, il prossimo ciclo di osservazione, che inizierà nel marzo 2023, promette di fare molto di più. I ricercatori sperano di raggiungere una conoscenza più approfondita dei buchi neri e delle stelle di neutroni, con l’allettante prospettiva di ottenere un quadro dell’evoluzione del cosmo attraverso le onde gravitazionali. “Questo è solo l’inizio di un nuovo modo di comprendere l’universo – spiega Losurdo –. Nei prossimi anni accadranno molte cose”.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente nel numero di gennaio/febbraio 2023 del magazine di Wired UK.