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I migliori microfoni da tavolo per conferenze, chiamate online e podcast

Author: Wired

I microfoni da tavolo sono diventati sempre più importanti tra le varie tipologie di microfoni esistenti, soprattutto con l’utilizzo maggiore della comunicazione attraverso mezzi digitali come videoconferenze, dirette video e podcast. In tal senso, questo tipo di prodotto ha assunto un ruolo fondamentale nel garantire una chiara e nitida riproduzione dell’audio, consentendo a professionisti, creatori di contenuti e appassionati di comunicare con il massimo livello di qualità.

Se i microfoni da tavolo sono una categoria a parte nel mondo dei microfoni, questa stessa categoria è ulteriormente divisibile in altre sottocategorie a seconda dell’utilizzo che se ne vuole fare. Tra i tanti abbiamo voluto focalizzarci su tre diverse categorie: i microfoni per conferenze, ideali per riunioni e ambienti di lavoro; i microfoni per dirette video e videoconferenze, ottimizzati per una comunicazione chiara durante le call; infine, i microfoni per podcast, progettati per registrare voci con la massima precisione e qualità. Vediamo quali sono le differenze e le caratteristiche di cui tenere conto di queste tre tipologie di microfoni da tavolo, più alcuni modelli da considerare tra i migliori in circolazione.

Microfoni per conferenze

La prima tipologia di microfoni da tavolo è pensata per fornire una chiara riproduzione dell’audio in stanze di grandezza variabile, in modo che tutti i presenti possano sentire nitidamente chi parla. La scelta di uno di questi microfoni dipenderà molto dalla grandezza della stanza e da quanti sono gli speaker che prenderanno parola. Esistono principalmente tre tipi di microfoni per le conferenze e si differenziano dai punti in cui registreranno il suono, questi sono: direzionali, bidirezionali e omnidirezionali. Un microfono direzionale registrerà il suono di fronte a lui, uno bidirezionale davanti e dietro, mentre omnidirezionale a 360 gradi.

In una sala con una o due persone che parlano a un vasto pubblico andranno bene quelli direzionali o bidirezionali, in una sala riunioni in cui tutti i membri discutono sarà consigliabile quello omnidirezionale. Molti di questi microfoni includono poi la tecnologia di cancellazione del rumore, per garantire la nitidezza della voce dello speaker.

Microfoni per riunioni e meeting online

Rispetto alla categoria precedente, questi microfoni non necessitano di una qualità dell’audio così elevata, dato che spesso verranno usati durante call in video in smart working su programmi come Zoom e Google Meet, dove il sonoro non si disperde in una stanza ma arriva direttamente alle cuffie delle altre persone in collegamento. Questo non vuol dire che questa tipologia di microfoni sia da considerare di bassa qualità, anzi esistono molti microfoni da tavolo per riunioni e chiamate con caratteristiche avanzate.

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Panasonic presenta la sua nuova gamma di tv

Author: Wired

Tra gli OLED 4K il più versatile è l’MZ800, perfetto sia per gli appassionati di cinema che per chi utilizza la TV per videogiocare. L’immagine HDR è chiara, luminosa e ricca di dettagli e ogni tipo di sfumatura, sia per i neri più intensi che per i colori più vivaci, merito soprattutto del 4K Color Engine Pro, che lavora su contrasto e nitidezza riproducendo le immagini nel modo più naturale possibile, indipendentemente dal tipo di contenuto. L’audio è un immersivo Dolby Atmos di altissima qualità, con anche un’impostazione predefinita ottimizzata per il gaming, impostazione che si occupa anche di gestire le immagini, riducendo istantaneamente latenza e input lag, così che la risposta ai comandi del giocatore avvenga nella maniera più immediata possibile. A bordo sistema operativo Google Tv, una modalità Filmaker e Dynamic Surround Pro per il suono. Arriverà a giugno nei tagli da 42 e 48 pollici.

MX950 e MX940, i mini led

Panasonic presenta la sua nuova gamma di tv

Simili ma diversi, entrambi sono dei tv led ultra hd ma solo il modello MX950 monta un pannello Quantum Dot, una tipologia di schermo bassato su nanocristalli semiconduttori (o punti quantistici) poco più grandi di una molecola. Per l’MX940 è previsto un pannello 4K Full Array Local Dimming, meno performante ma ugualmente validissimo. Su entrambi troveremo impianto audio Dolby Atmos ma soprattutto l’avanzato processore HCX Pro AI e la modalità Filmmaker, una tecnologia che sfrutta il rilevamento della temperatura del colore dall’ambiente e gestisce in tempo reale sulle immagini riproducendo ogni tipo di contenuto esattamente come è stato pensato da registi e artisti. Anche MX950 e MX940 sono particolarmente portati per il gaming, proprio grazie alla funzionalità Game Mode Extreme che elimina latenza e input lag (proprio come l’MZ800), VRR e AMD Freesync Premium. sempre per il gaming è presente uno speciale menu chiamato Game Control Board completamente configurabile che permette di agire su molti altri settaggi, uno so tutti la possibilità di settare il refresh rate fino a 120Hz. MX950 sarà disponibile nei tagli da 55 e 65 pollici, mentre MX940 da 42 pollici. Arriveranno a ottobre.

MX800, con Alexa

Panasonic presenta la sua nuova gamma di tv

È il primo tv di Panasonic ( manche il primo dei brand storici delle TV) che integra Alexa e che quindi consente un’interazione davvero semplificata, come qualsiasi cosa che integri l’assistente vocale di Amazon del resto. Ma non è solo Alexa il motivo per cui l’MX800 è di facile interazione, il software interno permette di poter utilizzare Alexa mentre si sta guardando un qualsiasi contenuto senza per questo interrompere la visione. Se ad esempio stiamo guardando un film e vogliamo conoscere le previsioni del tempo chiedendolo ad Alexa, in un secondo dalla richiesta ci comparirà su schermo una barra inferiore con le previsioni del tempo, distogliendoci dalla visione solo il tempo strettamente necessario e soprattutto non interrompendola. Sul telecomando inoltre è presente un tasto programmabile che possiamo impostare a nostro piacimento per svolgere innumerevoli funzioni. Per il resto anche all’MX800 non manca niente, Game Mode, Dolby Atmos, HDR – e HDR10+, Doby Vision, insomma il pacchetto è completo. Anche lui arriverà a ottobre nei tagli da 43, 50, 55, 65 e 85”.

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Ikea, lo speaker impermeabile da 14 euro

Author: Wired

C’è un nuovo gadget tecnologico sul catalogo Ikea ed è già andato a ruba: il nuovo accessorio della linea Vappeby è uno speaker portatile impermeabile a forma quadrata e in tre colorazioni pensato appositamente per l’ascolto sotto la doccia. Si può infatti appendere facilmente a un qualsiasi gancio e non teme l’acqua grazie alla certificazione ip67, per ascoltare musica o podcast mentre ci si rilassa sotto il getto. Certo, la qualità in ascolto non sarà in hi-fi, ma per il prezzo di appena 14 euro non è sorprendente scoprire che già esaurito a poche ore dal debutto.

L’altoparlante impermeabile Vappeby misura 9 x 9 centimetri con uno spessore ridotto ad appena 6 centimetri, mentre il peso si ferma sotto i 200 grammi. Con una copertura in silicone, la batteria interna promette fino a 80 ore di autonomia con una singola carica via usb type-c (né il cavo né il caricatore sono inclusi) se si regola il volume a massimo il 50%. Si collega a smartphone, tablet, computer e qualsiasi altro dispositivo dotato di bluetooth e, volendo può essere anche utilizzato come speaker portatile quando si è in outdoor o in viaggio, inoltre c’è la possibilità di usarne una coppia per creare l’audio stereo.

Lo speaker portatile impermeabile Vappeby

Lo speaker portatile impermeabile Vappeby

È già possibile acquistare lo speaker portatile bluetooth Vappeby sul sito ufficiale Ikea: col suo prezzo di 14 euro entra di diritto nella rosa degli altoparlanti economici più interessanti da prendere in considerazione (qui, gli altri). Le colorazioni disponibili sono rosso, giallo o nero, al momento della stesura di questo articolo sembra ormai esaurito in quasi tutti i punti vendita, ma è ancora possibile trovarlo in poche unità e con spedizione a casa, con nuovi lotti promessi per la fine del mese di marzo.

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Streaming, davvero sta uccidendo la musica

Author: Wired

Dalla diffusione di Spotify (e in realtà ancora prima, anche se in forme diverse) lo scenario musicale è stato trasformato. L’impressione è però che lo streaming, da una parte, abbia senz’altro favorito una fruizione superficiale della musica mainstream, ma, dall’altra e contemporaneamente, abbia fatto esplodere la scoperta di musica di nicchia, sperimentale o underground.

Usa e getta

La contraddizione è solo apparente. Anzi, questa dicotomia è proprio una delle principali caratteristiche di internet, che appiattisce la fruizione culturale (o informativa o d’intrattenimento) per chi usa questo strumento in modalità passiva e pigra, ma allo stesso tempo spalanca gli orizzonti di chi ha tempo, voglia e mezzi per esplorarlo e sfruttarne le potenzialità.

Da un certo punto di vista, tutto è cambiato perché nulla cambiasse. Trenta o anche vent’anni fa già esisteva l’equivalente delle playlist ultracommerciali di Spotify: erano le varie compilation con i tormentoni del momento che uscivano a getto continuo, spesso dominando le classifiche (com’era il caso della compilation del Festivalbar). All’altro estremo dello spettro c’era chi si recava nei negozi di dischi specializzati in determinati generi musicali per andare alla ricerca di cd di autori ai più ignoti e discuterne con altri appassionati (cosa che ovviamente poteva fare quasi solo chi viveva nelle grandi città: il mio punto di ritrovo, per esempio, era Time Out, in via De Amicis a Milano).

Più che causare la scomparsa di qualcosa (che non siano i negozi di dischi), ciò che si avverte è come lo streaming abbia ricreato una divisione che esisteva già prima. Tutto bene, quindi? Non proprio, perché come già avvenuto in altri ambiti, il mondo digitale tende a esasperare le polarizzazioni, massificando l’ascolto in maniera estrema da una parte e spalancando orizzonti inesplorati dall’altra, ma lasciando un grande vuoto in mezzo; quello che prima era popolato dalla maggior parte della popolazione. 

Un’altra fondamentale criticità dello streaming non è legata all’esperienza musicale, ma alla mancanza di possesso effettivo della musica, che di fatto ci limitiamo solo a prendere in prestito di volta in volta. In questo modo, rimaniamo soggetti a qualsivoglia arbitraria scelta di Spotify, Apple Music e le altre. È il caso per esempio della rimozione di una canzone di Patty Smith in nome del “politicamente corretto” o degli album che improvvisamente scompaiono: qualcosa che ovviamente non sarebbe mai stato possibile ai tempi del supporto fisico (e nemmeno del download di mp3).

È una questione cruciale che andrebbe affrontata in sede separata. Per il resto è difficile essere nostalgici dell’epoca del cd, in cui si era costretti a spendere 20/30 euro a scatola quasi chiusa per poi, a volte, autocostringersi ad ascoltare un disco per aggirare la sgradevole sensazione di aver buttato via i soldi. Anche quello era sicuramente un disincentivo alla sperimentazione.

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Urbanista Phoenix, i primi auricolari bluetooth a ricarica solare

Author: Wired

Dopodiché al solito la confezione include tre taglie di gommini in silicone per consentire l’adattamento a ogni tipo di orecchio. Il confort è buono, così come la stabilità dato che il posizionamento avviene nella conca auricolare. In sintesi indossati per molto ore non danno noia e anche nell’attività sportiva, grazie alla resistenza ai liquidi (IPX4), non ci sono problemi.

L’interazione avviene tramite tocchi, come su altri modelli. In tal senso come al solito si possono gestire tracce audio e chiamate, nonché attivare/disattivare la cancellazione del rumore e trasparenza, oppure richiamare l’assistente vocale. L’App Urbanista (Android e iOS) consente di personalizzare la pressione lunga abilitando a piacere la modalità di cancellazione rumore, l’assistente vocale oppure l’incremento (sull’auricolare destro) o la riduzione volume (sull’auricolare sinistro). Si possono abilitare lo spegnimento automatico dopo 30 minuti di inattività e anche la pausa automatica nel caso si sfilino gli auricolari.

Musicalmente ti portano dove vuoi

La qualità audio dei Phoenix è senza dubbio adeguata per la riproduzione di ogni genere – supporta i codec Sbc e Aac – però l’esperienza è caratterizzata da qualche debolezza. È infatti un classico prodotto di fascia media, dove si ha la netta percezione delle differenze rispetto ai modelli entry-level e i top di gamma. Prima di tutto il livello di dettagli è prevedibilmente lontano dalle linee top di Bose, Apple o B&O, ma in realtà prendono la paga anche dai Jabra Elite 7 Pro e Sony LinkBuds S. Non è che suonino male, ma semplicemente tendono a enfatizzare le frequenze medie della voce. Tradotto: ascoltando Ms. Jackson degli OutKast la voce è sempre molto in primo piano, le frequenze basse ci sono ma non troppo profonde, mentre le tastiere rimangono eteree senza incidere; la ricostruzione tridimensionale è debole. Con un classico come Make You Feel My Love di Bob Dylan manca un po’ di calore e coinvolgimento; pianoforte e basso non risultano naturali. Però c’è sano brio ed energia con un pezzo come Feel It Still dei Portugal. The Man. Si potrebbe affermare che la cifra stilistica di questo modello è nell’esigenza di offrire un’esperienza quotidiana non-affaticante: riprodurre la musica adeguatamente senza esagerare nella ricerca di picchi. 

Per altro è molto piacevole la resa nelle chiamate telefoniche. Mentre il sistema di cancellazione del rumore è solo accettabile: di fatto attenuta un po’ i rumori circostanti e la funzione trasparenza appare sufficiente.

Autonomia e altri dettagli

I nuovi Urbanista assicurano nominalmente circa 8 ore di autonomia degli auricolari, che grazie alla custodia possono arrivare a 30. Con la cancellazione attiva del rumore ovviamente i tempi si riducono, ma comunque in linea con i prodotti concorrenti. Da rilevare anche che la ricarica completa via cavo è piuttosto veloce, quindi senza dubbio la componente energetica è un pregio. Come abbiamo già anticipato per la ricarica solare si parla di qualche punto percentuale ogni ora, praticamente qualche milliampere l’ora (mA). Attenzione però: una lampada da scrivania a led non offre un’intensità adeguata, e in una classica giornata nuvolosa e autunnale la ricarica è debole.