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Come si evolverà l’influenza nelle prossime settimane

Author: Wired

L’influenza quest’anno ha picchiato duro. Ce lo siamo sentiti ripetere più volte nel corso di questa stagione influenzale, arrivata ormai al giro di boa. Sì, perché a leggere i dati della sorveglianza delle sindromi simil-influenzali diffusi da RespiVirNet, il monitoraggio gestito dall’Istituto superiore di sanità, abbiamo ormai raggiunto il famigerato picco e i casi si apprestano a diminuire. Non a scomparire. E anche se dunque la stagione è tutt’altro che conclusa, è possibile cominciare a fare i primi (cauti) bilanci.

Una stagione influenzale con un andamento “normale”

Ad aiutarci è ​Fabio Midulla, past president SIMRI (Società Italiana Malattie Respiratorie infantili), ordinario di Pediatria alla Sapienza e Responsabile del Pronto Soccorso dell’Umberto I e con cui abbiamo commentato gli ultimi dati che arrivano dal sistema di sorveglianza. La prima informazione che emerge è che la stagione influenzale si stia normalizzando, rispetto agli anni passati, nota Midulla. Non tanto in termini di incidenza – che effettivamente quest’anno è stata più elevata rispetto agli anni passati – quanto piuttosto nell’andamento dei casi osservati: “Gli scorsi anni abbiamo osservato per così dire dei picchi anticipati, collegati alle riaperture dopo il lockdown, con aumento di incidenza in autunno”. Cui ha contribuito, verosimilmente, anche il sovrapponibile comportamento osservato per il virus respiratorio sinciziale, aveva spiegato nei giorni scorsi Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip).

L’andamento dell’attuale stagione, in questioni termini, è più normale rispetto agli anni passati anche se spicca nei dati di RespiVirNet un notevole aumento dei casi, raggiungendo nell’ultima settimana del 2023, valori ​mai raggiunti nelle passate stagioni, spiegavano dall’Istituto superiore di sanità. Sono stati toccati e superati 18 casi per mille assistiti a settimana, per poi cominciare a scendere con l’inizio del nuovo anno, soprattutto per quanto riguarda i casi di influenza, i più comuni, mentre sono rimasti sostanzialmente invariati i casi di Sars-CoV2 e RSV notificati (in totale i casi di sindromi simil-influenzali sono 16,5 per mille assistiti secondo gli ultimi aggiornamenti). Passato il picco l’andamento si mantiene sostenuto, anche se è stato lo stesso Iss a intervenire per chiarire come intenso non significhi anomalo.

Quali virus colpiscono chi

D’altronde anche a livello aneddotico magari abbiamo tutti fatto esperienza di quando comune fosse avere amici o parenti malati durante le festività natalizie. Molti alle prese con Covid: “Abbiamo ormai a che fare con un nuovo virus respiratorio sempre presente nei monitoraggi, Sars-CoV2, che si aggiunge a tutti gli altri conosciuti da tempo – dai rhinovirus, ai coronavirus già noti, agli adenovirus, ai virus dell’influenza o al metapneumovirus – pari a circa il 20% dei virus rivelati nelle ultime settimane, va avanti Midulla. Di fatto l’arrivo del Covid ha aggravato – soprattutto a partire dagli adulti con più di 45 anni – il numero di persone infettate da virus respiratori, va avanti Midulla. Nei bambini, infatti, continuano a essere largamente dominante, soprattutto in termini di complicazioni (come bronchioliti che danno insufficienza respiratoria) il virus respiratorio sinciziale, soprattutto tra i piccoli con meno di due anni, e l’influenza. Nei giovani adulti l’influenza è il virus respiratorio predominante.

Alla domanda se abbia oggi ancora senso vaccinarsi Midulla risponde senza esitazione: sì, perché aver superato il picco non significa che la stagione sia finita, e rinnova l’invito a vaccinarsi sia contro l’influenza che contro il coronavirus nelle categorie per cui sono raccomandate (in generale, bambini sotto i sei anni e fragili). Raccomandazione che arriva di nuovo anche dalle istituzioni: “Sia i dati epidemiologici che microbiologici sembrano indicare che stiamo superando il picco, anche se è fortemente probabile una circolazione sostenuta anche nelle prossime settimane, facilitata dalla riapertura delle scuole – ha spiegato Anna Teresa Palamara, a capo del dipartimento Malattie Infettive dell’Iss – Continuiamo a raccomandare pertanto le vaccinazioni per le persone più a rischio, ancora utili in vista della ‘coda’ della stagione che durerà ancora diverse settimane, e una sana prudenza nei comportamenti. Resta valida la raccomandazione di non assumere antibiotici, inutili in caso di infezioni virali, se non su indicazione del proprio medico, e di recarsi al pronto soccorso solo se strettamente necessario”.

E le coinfezioni?

I diversi virus hanno prevalenze diverse nelle differenti fasce di popolazione, è possibile la presenza contemporanea di più virus nella stessa persona? Con quali effetti? In particolare, come interpretare la co-presenza di infezione da coronavirus e influenza, la cosiddetta Flurona? Secondo Midulla non si tratta di un fenomeno in grado di incidere significativamente sulla gravità dei sintomi, o meglio, non è ancora appieno noto il significato clinico, confida: “Capita, soprattutto grazie alle moderne tecniche di biologia molecolare, di identificare, porzioni di virus differenti. Su quale sia il reale significato clinico di queste co-infezioni si discute ancora: alcuni lavori suggeriscono che i sintomi siano più gravi, altri che possano essere addirittura più lievi o nella norma. Senza considerare che, anche in caso di coinfezioni, alcuni virus hanno verosimilmente un peso maggiore di altri, come potrebbe accadere in presenza di rhinovirus o RSV”.

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Le malattie che stanno colpendo i gatti in Europa

Author: Wired

Il 16 luglio l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha segnalato l’esistenza di un focolaio di infezioni da influenza aviaria nei gatti in Polonia, causate nello specifico dal ceppo virale A(H5N1). Contemporaneamente sta emergendo un’epidemia di casi di peritonite infettiva felina, causata invece da un coronavirus felino e che starebbe determinando la morte di migliaia di gatti, in questo caso a Cipro. Le due condizioni, lo sottolineiamo, sono generate da due agenti virali distinti. Vediamo quali sono le indicazioni da parte delle autorità sanitarie.

I due casi:

  1. Aviaria nei gatti
  2. Peritonite infettiva felina

Aviaria nei gatti

“Infezioni sporadiche di gatti con il virus A(H5N1) sono state riportate in passato, ma questo è il primo report di un elevato numero di gatti infetti in un’ampia area geografica all’interno di un Paese”, segnala Oms. Lo scorso 27 giugno, spiegano ancora gli esperti, il National Focal Point della Polonia aveva segnalato insoliti decessi di gatti nel Paese, a cui sono seguite specifiche analisi e indagini. All’11 luglio erano stati analizzati 47 campioni, di cui 46 provenienti da gatti e uno da un caracal (felino africano) tenuto in cattività: di questi, 29 (cioè il 62%) sono risultati positivi al virus dell’influenza A(H5N1).

Visto il numero di epidemie riportate in tutto il mondo negli allevamenti di pollame e nelle popolazioni di volatili selvatici dalla fine del 2021 a oggi, è possibile che l’infezione nei gatti sia stata causata dal contatto diretto o indiretto con uccelli infetti o con le loro carcasse. Ma le indagini sono ancora in corso e l’esatta fonte che ha causato il focolaio di infezioni feline non è ancora nota.

Per quanto riguarda il rischio di infezioni negli esseri umani in Polonia, al momento Oms lo ha valutato come basso per la popolazione generale. Da basso a moderato sarebbe invece il rischio per i proprietari di gatti o per coloro che sono esposti al contatto con gatti infetti a livello professionale, come i veterinari. Al 12 di luglio, nessuna delle persone che avevano avuto contatti con gatti infetti ha riportato sintomi tipici della malattia, “e il periodo di sorveglianza per tutti i contatti è terminato”, prosegue il report.

Peritonite infettiva felina

Per quanto riguarda invece la peritonite infettiva felina (Fip), si tratta di una malattia comunemente diffusa fra i gatti e dovuta al cosiddetto coronavirus felino (FCoV), diverso dal coronavirus responsabile del Covid-19. La malattia si sviluppa solitamente in una bassa percentuale dei gatti che entrano in contatto con il virus e causa il malfunzionamento degli organi addominali, oltre che sintomi a carico del sistema nervoso centrale. Come riporta il Guardian, report recenti segnalano addirittura migliaia di decessi di gatti a Cipro dovuti a questa infezione.

Già agli inizi di giugno, un articolo pubblicato su Veterinary Record segnalava un preoccupante aumento dei casi di Fip nel Paese rispetto agli anni precedenti. La Federation of European Companion Animal Veterinary Associations parla in particolare di un aumento di oltre 20 volte nel numero di casi confermati da Pcr su campioni di fluidi prelevati da felini che presentano i sintomi tipici della malattia, come febbre, perdita di peso, difficoltà respiratorie o di deambulazione.

Mentre vengono condotte le indagini per capire se si tratti o meno di un nuovo ceppo di FCoV, al fine di evitare la sua diffusione in altri Paesi gli esperti suggeriscono che tutti i gatti vengano sottoposti a test sierologici prima di essere trasportati fuori da Cipro.