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Zerocalcare torna con Questo mondo non mi renderà cattivo: “Sono terrorizzato”

Author: Wired

In mezzo a tanti messaggi che molti definirebbero divisivi (“Se non comunico sembra che mi stia sottraendo a una responsabilità, ma poi alla fine se non nelle mie opere non posso mai controllare il modo in cui le cose che dico verranno riportate“), c’è però anche il più brillante e ironico Zerocalcare delle citazioni pop e dei numerosissimi riferimenti affastellati tutti assieme in pochissime scene, alcuni opportunamente nascosti per puri intenditori nerd. Non si può fare a meno di notare che i collegamenti con le serie Netflix, da Bridgerton a Stranger Things, sono più numerosi di un tempo: “Il fatto buono di essere uscito con una serie Netflix in effetti è che posso utilizzare i personaggi e nessuno mi rompe il c*zzo”, dice ridendo: “Quindi mi aiuta molto. E poi sì, sono tante cose che ho guardato negli ultimi anni“.

Il successo di Strappare lungo i bordi qui ha le sue conseguenze, in ogni caso, a volte in modo sorprendente: “Ma l’unica cosa che mi ha reso felice – non me ne frega niente dei premi, di tutte quelle cose là – è aver avuto l’approvazione dei ‘coatti’, di quelli che nel quartiere che vedevo come duri e a cui è piaciuta qusta cosa: e io pensavo, ma com’è possibile che ti piaccia una roba che parla esattamente delle persone che tu bullizzavi?”, confida lui: “In fondo è stata una riflessione che mi ha aiutato anche col personaggio di Cesare, nel senso che anche persone che a me sembravano granitiche ed efferate avevano in sé una serie di fragilità che io non mi sarei mai immaginato”.

In generale dunque la formula che tanto ha funzionato in origine è stata confermata: battute salaci (compresi i numerosi “Stocazzo“), l’Armadillo di Valerio Mastandrea con il suo solito sarcasmo illuminante (e altre guest star che non si possono rivelare perché molto sorprendenti), una struttura narrativa che rimanda sapientemente le rivelazioni e l’equilibrato mix di frecciate sociali e cazzeggio disimpegnato, senza dimenticare la riflessione esistenziale e generazionale più ampia. Viene da immaginare con facilità l’arrivo di una terza serie: “Se ho voglia di farne un’altra? Guarda, in questo momento mi sento davvero abbastanza all’inferno, vorrei fare un bilancio tra due settimane e poi capirò cosa fare”.

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Dalle sorprese dell’ovetto Kinder a Zerocalcare: storia dell’azienda che ci fa collezionare i nostri beniamini

Author: Wired

Le sorpresine dell’ovetto Kinder, le famiglie del Sorriso e Carletto dei sofficini Findus, i collezionabili di Harry Potter della Gazzetta dello Sport e persino le action figure di Zerocalcare. L’impronta lasciata nella nostra memoria da tanti giocattoli, gadget e pezzi da collezione si deve al contributo della Pea di San Mauro Torinese. “L’azienda è nata nel 1983 con il nome di Produzioni Editoriali Aprile; abbiamo iniziato infatti con l’editoria scolastica per bambini. Poi però abbiamo virato verso il comparto promozionale grazie alla collaborazione con Unilever“, spiega a Wired l’ad Gianluca Aprile di Cimia.

La “stanza dei giochi” dell’azienda è un viaggio nel tempo: sui ripiani ci sono tutti i pupazzetti, cartotecnica e gadget iconici dei marchi Coccolino, Mulino Bianco, Findus, Algida, Mr Day. Senza contare le collezioni di personaggi dei Kinder Sorpresa e quelle vendute in edicola. Quasi tutto è stato pensato e realizzato da questa piccola grande azienda dell’hinterland torinese da circa 40 milioni di euro di fatturato – per altro generati con prodotti che mediamente costano pochi centesimi.

Molti magari lo ricordano ancora, ma la svolta c’è stata a metà anni ’80 con il fustino Biopresto. Cercavano un prodotto da abbinare di alto valore percepito. Suggerimmo un set di pennarelli, perché San Mauro era il polo produttivo di riferimento: oltre 30 aziende fra cui la storica Carioca. Fu un successo perché per le famiglie quel regalo alleggeriva un po’ la spesa per la scuola“, prosegue Aprile.

Gruppo Pea uffici

Uffici Pea

Dalla scolastica alle produzioni cinesi

I fondatori di Pea, Ruggero e Valerio Aprile, tra gli anni ’60 e ’70 vestono i panni di editore, prima di arte e poi di scolastica. Intuiscono per primi la rivoluzione giovanile in atto e ne colgono il desiderio di espressione, anche solo con quaderni che richiamano i miti cinematografici del tempo. Conquistata la vetrina della libreria Rizzoli di New York, anche solo per una stagione, la svolta si concretizza a metà degli anni ’80 quando i prodotti editoriali e successivamente aziende specializzate in beni di largo consumo manifestano l’esigenza di spingere le vendite con gadget, giocattoli o altro.

Pea inizia appunto con i pennarelli, ma poi spinge l’acceleratore sulle sorpresine. “Ogni settimana il team veniva chiamato a produrre un certo numero di idee creative da inserire nelle scatoline del Mulino Bianco e di altre linee. Sono nate così le prime collezioni che hanno segnato l’infanzia di milioni di persone. Già, perché questi erano e sono i volumi di produzione – ricorda Aprile -. Poi non bisogna dimenticare che ogni singolo pezzo veniva ancora dipinto a mano. A Settimo per chi si occupava di stampi plastici per l’indotto automotive eravamo diventanti quasi un mito: domandavamo centinaia di migliaia di pezzi per singolo ordine“.