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Eni, il ricorso per la crisi del clima

Author: Wired

Per la prima volta in Italia è stata intentata una causa civile contro una società di diritto privato, Eni, per motivi legati alla crisi del clima. Il 9 maggio Greenpeace Italia, ReCommon e dodici cittadini hanno infatti notificato al colosso energetico un atto di citazione rivolto all’azienda stessa, nonché al ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) e a Cassa depositi e prestiti, che ne sono azioniste.

Gli attori lamentano “danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole”. In particolare, le due associazioni ambientaliste e i cittadini coinvolti, tutti provenienti da aree “già colpite – si legge in una notadagli impatti dei cambiamenti climatici, come l’erosione costiera dovuta all’innalzamento del livello del mare, la siccità, la fusione dei ghiacciai”, chiederanno al tribunale di Roma l’accertamento del danno e delle violazioni dei loro diritti alla vita, alla salute a una vita familiare indisturbata.

Allo stesso tempo, l’azione legale è finalizzata a obbligare Eni a modificare la propria strategia industriale, riducendo le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, per limitare secondo quanto stabilito dall’accordo di Parigi il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi. La richiesta degli attori al Mef è invece quella di “adottare una politica climatica che guidi la sua partecipazione nella società in linea” con lo stesso accordo.

Per le associazioni e i cittadini coinvolti, la strategia che Eni sta mettendo in campo per la decarbonizzazione viola “palesemente” gli impegni presi in sede internazionale dal governo e dalla società stessa. Essi ritengono inoltre “inaccettabile” che il colosso dell’energia investa nell’espansione del proprio business fossile “a fronte di extra profitti record realizzati nel 2022”, creando secondo loro un danno al clima e alle comunità localiche in tutto il mondo subiscono gli impatti del riscaldamento globale”. Secondo gli attori, peraltro, la conferma al vertice della società di Claudio Descalzi voluta dal governo Meloni renderebbe quest’ultimo “complice di scelte che aggravano la crisi climatica.

La campagna legata all’azione legale, denominata dalle associazioni ambientaliste “#LaGiustaCausa”, si inserisce nel filone delle cosiddette climate litigation, azioni che riguardano il clima, più che raddoppiate dal 2015 a oggi. Nella nota è citata per esempio quella promossa da Friends of the Earth Netherlands (Milieudefensie), Greenpeace Netherlands, altre organizzazioni e 17.379 singoli co-ricorrenti, che nel maggio del 2021 ha portato un tribunale olandese a stabilire che Shell avrebbe danneggiato il clima globale e a imporre alla società britannica di ridurre le proprie emissioni di carbonio. Contro la sentenza Shell è ricorsa in appello.

Author: Wired

Per la prima volta in Italia è stata intentata una causa civile contro una società di diritto privato, Eni, per motivi legati alla crisi del clima. Il 9 maggio Greenpeace Italia, ReCommon e dodici cittadini hanno infatti notificato al colosso energetico un atto di citazione rivolto all’azienda stessa, nonché al ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) e a Cassa depositi e prestiti, che ne sono azioniste.

Gli attori lamentano “danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole”. In particolare, le due associazioni ambientaliste e i cittadini coinvolti, tutti provenienti da aree “già colpite – si legge in una notadagli impatti dei cambiamenti climatici, come l’erosione costiera dovuta all’innalzamento del livello del mare, la siccità, la fusione dei ghiacciai”, chiederanno al tribunale di Roma l’accertamento del danno e delle violazioni dei loro diritti alla vita, alla salute a una vita familiare indisturbata.

Allo stesso tempo, l’azione legale è finalizzata a obbligare Eni a modificare la propria strategia industriale, riducendo le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, per limitare secondo quanto stabilito dall’accordo di Parigi il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi. La richiesta degli attori al Mef è invece quella di “adottare una politica climatica che guidi la sua partecipazione nella società in linea” con lo stesso accordo.

Per le associazioni e i cittadini coinvolti, la strategia che Eni sta mettendo in campo per la decarbonizzazione viola “palesemente” gli impegni presi in sede internazionale dal governo e dalla società stessa. Essi ritengono inoltre “inaccettabile” che il colosso dell’energia investa nell’espansione del proprio business fossile “a fronte di extra profitti record realizzati nel 2022”, creando secondo loro un danno al clima e alle comunità localiche in tutto il mondo subiscono gli impatti del riscaldamento globale”. Secondo gli attori, peraltro, la conferma al vertice della società di Claudio Descalzi voluta dal governo Meloni renderebbe quest’ultimo “complice di scelte che aggravano la crisi climatica.

La campagna legata all’azione legale, denominata dalle associazioni ambientaliste “#LaGiustaCausa”, si inserisce nel filone delle cosiddette climate litigation, azioni che riguardano il clima, più che raddoppiate dal 2015 a oggi. Nella nota è citata per esempio quella promossa da Friends of the Earth Netherlands (Milieudefensie), Greenpeace Netherlands, altre organizzazioni e 17.379 singoli co-ricorrenti, che nel maggio del 2021 ha portato un tribunale olandese a stabilire che Shell avrebbe danneggiato il clima globale e a imporre alla società britannica di ridurre le proprie emissioni di carbonio. Contro la sentenza Shell è ricorsa in appello.

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