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Economia Tecnologia

L’intelligenza artificiale sta diventando un grosso problema per Spotify

Author: Wired

La concorrenza per accaparrarsi gli ascoltatori è feroce. Su Apple Music, Amazon Music e Spotify ci sono più di 100 milioni di canzoni, molte delle quali vengono ascoltate raramente, se non addirittura mai. E con i rapidi progressi dell’intelligenza artificiale generativa, si prevede che sulle piattaforme di streaming arriverà un diluvio di nuove canzoni.

Come per tutto quello che riguarda l’Ai generativa, poi, le cose si muovono in fretta. Il mese scorso, è diventato virale un brano creato dall’intelligenza artificiale e che riproduceva le voci di Drake e The Weeknd, poi eliminato da Spotify. Man mano che la tecnologia diventa più convincente, le imitazioni ingannano un numero crescente di persone. I truffatori avrebbero usato l’Ai anche per generare nuovi brani con la voce di Frank Ocean e venderli ai fan per migliaia di dollari, attirandoli con la promessa di nuove canzoni diffuse tramite leak.

Rischi e opportunità

Ci sono però anche artisti che stanno abbracciando l’intelligenza artificiale. La scorsa settimana Grimes ha annunciato che permetterà di creare musica utilizzando una versione Ai della sua voce in cambio della metà dei diritti d’autore, mentre la cantante Holly Herndon ha realizzato un deepfake della sua voce, che le consente di “cantare” in lingue che non ha imparato.

Universal Music Group, la casa discografica che ha sotto contratto alcuni dei musicisti più importanti al mondo, ha reagito in modo aggressivo contro la possibilità che l’Ai venga addestrata utilizzando il lavoro dei propri artisti, sostenendo che potrebbe trattarsi di un caso di violazione del copyright. Secondo Albert Soler, avvocato e proprietario di una società nel settore musicale e dell’intrattenimento, gli stessi cantanti potrebbero tuttavia iniziare a manipolare le proprie voci con l’intelligenza artificiale, riducendo il lavoro e gli investimenti finanziari necessari per creare nuova musica, sostiene . “L’Ai crea un’opportunità di guadagno che oggi non esiste, senza che l’artista debba fare assolutamente nulla”. La tecnologia potrebbe aiutare gli artisti a guadagnare in settori che spesso li sfruttano, ma rischia anche aggravare il problema dei plagi.

Ad ogni modo, tutti gli artisti dovranno fare i conti con le canzoni e i bot artificiali e con il modo in cui questi erodono la fiducia nell’industria musicale. Con poco tempo e infinite opzioni a disposizione, le persone scelgono di ascoltare le canzoni create dai loro artisti preferiti o quelle più popolari sui servizi di streaming. Ma se gli ascolti sono fraudolenti e i brani non sono davvero realizzati dall’artista di cui viene imitata la voce, l’attenzione verso i veri cantanti è destinata a scemare. Gli ascolti falsi, poi, possono anche distorcere gli algoritmi che determinano la popolarità e raccomandano la musica agli utenti, evidenzia Rigg.

Quando i bot ascoltano musica fatta a sua volta in gran parte da bot, minano un’intera industria creativa. Gli artisti sono stati spinti verso le principali piattaforme di streaming per ottenere misere royalties dal loro lavoro. Ma ora faticano a tenere testa al modo in cui l’intelligenza artificiale generativa sta mettendo in subbuglio l’industria musicale. Il mese scorso, persino l’amministratore delegato di Spotify, Daniel Ek, ha ammesso di non aver mai visto “nulla muoversi con la stessa velocità dello sviluppo dell’Ai“. Se Spotify non riuscirà a mettersi al passo dell’intelligenza artificiale, saranno gli artisti umani a rimanere indietro.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

Author: Wired

La concorrenza per accaparrarsi gli ascoltatori è feroce. Su Apple Music, Amazon Music e Spotify ci sono più di 100 milioni di canzoni, molte delle quali vengono ascoltate raramente, se non addirittura mai. E con i rapidi progressi dell’intelligenza artificiale generativa, si prevede che sulle piattaforme di streaming arriverà un diluvio di nuove canzoni.

Come per tutto quello che riguarda l’Ai generativa, poi, le cose si muovono in fretta. Il mese scorso, è diventato virale un brano creato dall’intelligenza artificiale e che riproduceva le voci di Drake e The Weeknd, poi eliminato da Spotify. Man mano che la tecnologia diventa più convincente, le imitazioni ingannano un numero crescente di persone. I truffatori avrebbero usato l’Ai anche per generare nuovi brani con la voce di Frank Ocean e venderli ai fan per migliaia di dollari, attirandoli con la promessa di nuove canzoni diffuse tramite leak.

Rischi e opportunità

Ci sono però anche artisti che stanno abbracciando l’intelligenza artificiale. La scorsa settimana Grimes ha annunciato che permetterà di creare musica utilizzando una versione Ai della sua voce in cambio della metà dei diritti d’autore, mentre la cantante Holly Herndon ha realizzato un deepfake della sua voce, che le consente di “cantare” in lingue che non ha imparato.

Universal Music Group, la casa discografica che ha sotto contratto alcuni dei musicisti più importanti al mondo, ha reagito in modo aggressivo contro la possibilità che l’Ai venga addestrata utilizzando il lavoro dei propri artisti, sostenendo che potrebbe trattarsi di un caso di violazione del copyright. Secondo Albert Soler, avvocato e proprietario di una società nel settore musicale e dell’intrattenimento, gli stessi cantanti potrebbero tuttavia iniziare a manipolare le proprie voci con l’intelligenza artificiale, riducendo il lavoro e gli investimenti finanziari necessari per creare nuova musica, sostiene . “L’Ai crea un’opportunità di guadagno che oggi non esiste, senza che l’artista debba fare assolutamente nulla”. La tecnologia potrebbe aiutare gli artisti a guadagnare in settori che spesso li sfruttano, ma rischia anche aggravare il problema dei plagi.

Ad ogni modo, tutti gli artisti dovranno fare i conti con le canzoni e i bot artificiali e con il modo in cui questi erodono la fiducia nell’industria musicale. Con poco tempo e infinite opzioni a disposizione, le persone scelgono di ascoltare le canzoni create dai loro artisti preferiti o quelle più popolari sui servizi di streaming. Ma se gli ascolti sono fraudolenti e i brani non sono davvero realizzati dall’artista di cui viene imitata la voce, l’attenzione verso i veri cantanti è destinata a scemare. Gli ascolti falsi, poi, possono anche distorcere gli algoritmi che determinano la popolarità e raccomandano la musica agli utenti, evidenzia Rigg.

Quando i bot ascoltano musica fatta a sua volta in gran parte da bot, minano un’intera industria creativa. Gli artisti sono stati spinti verso le principali piattaforme di streaming per ottenere misere royalties dal loro lavoro. Ma ora faticano a tenere testa al modo in cui l’intelligenza artificiale generativa sta mettendo in subbuglio l’industria musicale. Il mese scorso, persino l’amministratore delegato di Spotify, Daniel Ek, ha ammesso di non aver mai visto “nulla muoversi con la stessa velocità dello sviluppo dell’Ai“. Se Spotify non riuscirà a mettersi al passo dell’intelligenza artificiale, saranno gli artisti umani a rimanere indietro.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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