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In Killers of the Flower Moon, De Niro è il Padrino, anzi, il re

Author: Wired

In Killers of the Flower Moon De Niro è il Padrino anzi il re

Melinda Sue Gordon

Finisce in mezzo al machiavellico piano il povero Ernest Burkhart, reduce dalla prima guerra mondiale con tanta voglia di metter su famiglia e iniziare una nuova vita. Lo farà, innamorandosi di Mollie (una Lily Gladstone da Oscar) e credendo di far parte di una famiglia, senza mai accorgersi pienamente di essere soltanto una marionetta nelle mani del grande burattinaio, lo “zio” Hale, determinato ad attuare il suo piano diabolico (di sterminio, diciamolo pure) ad ogni costo, nel nome del dio denaro (o petrolio).

Basandosi sull’omonimo libro-inchiesta del 2017, scritto dal giornalista americano David Grann, Scorsese si concede il lusso di firmare un film-denuncia sull’avidità, la corruzione, il razzismo e la malvagità del popolo americano a discapito dei nativi senza mai rinunciare neanche un istante allo spettacolo puro, al respiro grande, estetizzante, evocativo e pieno di passione degno del suo migliore cinema.

Un crime epico, poetico e violento al tempo stesso, con un cast grandioso (Jesse Plemons e Brandan Fraser sono titanici in due ruoli “minori”) in cui come al solito spicca Leonardo Di Caprio. L’attore, che non ha mai sbagliato un ruolo in vita sua e deve molto alla cinematografia di Scorsese, qui firma l’ennesima performance memorabile, nei panni tutt’altro che eroici dell’americano un po’ tonto un po’ arrivista, complice suo malgrado di un destino sanguinario molto più grande di lui.

Author: Wired

In Killers of the Flower Moon De Niro è il Padrino anzi il re

Melinda Sue Gordon

Finisce in mezzo al machiavellico piano il povero Ernest Burkhart, reduce dalla prima guerra mondiale con tanta voglia di metter su famiglia e iniziare una nuova vita. Lo farà, innamorandosi di Mollie (una Lily Gladstone da Oscar) e credendo di far parte di una famiglia, senza mai accorgersi pienamente di essere soltanto una marionetta nelle mani del grande burattinaio, lo “zio” Hale, determinato ad attuare il suo piano diabolico (di sterminio, diciamolo pure) ad ogni costo, nel nome del dio denaro (o petrolio).

Basandosi sull’omonimo libro-inchiesta del 2017, scritto dal giornalista americano David Grann, Scorsese si concede il lusso di firmare un film-denuncia sull’avidità, la corruzione, il razzismo e la malvagità del popolo americano a discapito dei nativi senza mai rinunciare neanche un istante allo spettacolo puro, al respiro grande, estetizzante, evocativo e pieno di passione degno del suo migliore cinema.

Un crime epico, poetico e violento al tempo stesso, con un cast grandioso (Jesse Plemons e Brandan Fraser sono titanici in due ruoli “minori”) in cui come al solito spicca Leonardo Di Caprio. L’attore, che non ha mai sbagliato un ruolo in vita sua e deve molto alla cinematografia di Scorsese, qui firma l’ennesima performance memorabile, nei panni tutt’altro che eroici dell’americano un po’ tonto un po’ arrivista, complice suo malgrado di un destino sanguinario molto più grande di lui.

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