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Con La chimera Alice Rohrwacher racconta il confine sottile che ci separa dall’aldilà

Author: Wired

La chimera è un film nel più puro stile Rohrwacher. Da tempo, la regista ha trovato la sua voce, unica, e il suo stile. Una sorta di realismo magico, in cui si mescolano il mistero, la meraviglia, l’amore per la terra, la cultura contadina di una volta. Anche se, avverte, Rohrwacher, “io non mi sento nostalgica. Nel senso che non desidero un ritorno al passato. Anzi, sono radicata nel presente e curiosa del futuro. Per questo, anche se potrebbe sembrare una storia seria, romantica, un po’ genere Cime tempestose, il mio sguardo nel film è ironico”.

Nel cast, c’è anche una bravissima Isabella Rossellini nel ruolo di Flora, la madre di Beniamina, un’aristocratica che vive nella sua enorme, cadente dimora e che crede senza se e senza ma all’esistenza della porta dell’aldilà: “L’hai trovata?”, chiede ad Arthur. “Con Alice siamo amiche”, ha raccontato l’attrice, “siamo entrate in contatto tramite Alba, sua sorella, con la quale avevo lavorato nel film La solitudine dei numeri primi. Ho visto tutti i film di Alice e sono rimasta incantata dal suo talento. Il set è stata un’esperienza bellissima. C’era aria di famiglia, di casa, credo che gli spettatori percepiscano il fatto che Alice e Alba sono nate e cresciute in quella zona. Si sente che la cultura contadina fa parte delle loro radici, che sono cresciute con un padre apicoltore”.

In effetti, Rohrwacher anche in questo film è tornata alle sue radici. Gli stessi tombaroli fanno parte dei suoi ricordi da ragazza.

I maledetti tombaroli, come li chiamavano da quelle parti. Quando ascoltavo i racconti delle loro avventure, gli scavi, i furti di tesori e reperti antichi, non pensavo tanto al lato criminale. A farmi impressione non era il fatto che andassero contro la legge dei vivi, quanto il loro coraggio nello sfidare quella dei morti. Una cosa che mi turbava”, dice. “In questo film ho voluto parlare del rapporto interrotto fra uomo, natura, mistero. Per Arthur è diverso, ma gli altri tombaroli che vediamo sono uomini che hanno spezzato i legami con il passato. Profanano ciò che è rimasto di un mondo – per quello che possiamo capire della cultura etrusca – in cui uomini, animali e natura facevano parte di un unico sistema. Vivono un presente in cui, spezzati quei legami e assunto il ruolo di protagonisti, si è soli”.

Author: Wired

La chimera è un film nel più puro stile Rohrwacher. Da tempo, la regista ha trovato la sua voce, unica, e il suo stile. Una sorta di realismo magico, in cui si mescolano il mistero, la meraviglia, l’amore per la terra, la cultura contadina di una volta. Anche se, avverte, Rohrwacher, “io non mi sento nostalgica. Nel senso che non desidero un ritorno al passato. Anzi, sono radicata nel presente e curiosa del futuro. Per questo, anche se potrebbe sembrare una storia seria, romantica, un po’ genere Cime tempestose, il mio sguardo nel film è ironico”.

Nel cast, c’è anche una bravissima Isabella Rossellini nel ruolo di Flora, la madre di Beniamina, un’aristocratica che vive nella sua enorme, cadente dimora e che crede senza se e senza ma all’esistenza della porta dell’aldilà: “L’hai trovata?”, chiede ad Arthur. “Con Alice siamo amiche”, ha raccontato l’attrice, “siamo entrate in contatto tramite Alba, sua sorella, con la quale avevo lavorato nel film La solitudine dei numeri primi. Ho visto tutti i film di Alice e sono rimasta incantata dal suo talento. Il set è stata un’esperienza bellissima. C’era aria di famiglia, di casa, credo che gli spettatori percepiscano il fatto che Alice e Alba sono nate e cresciute in quella zona. Si sente che la cultura contadina fa parte delle loro radici, che sono cresciute con un padre apicoltore”.

In effetti, Rohrwacher anche in questo film è tornata alle sue radici. Gli stessi tombaroli fanno parte dei suoi ricordi da ragazza.

I maledetti tombaroli, come li chiamavano da quelle parti. Quando ascoltavo i racconti delle loro avventure, gli scavi, i furti di tesori e reperti antichi, non pensavo tanto al lato criminale. A farmi impressione non era il fatto che andassero contro la legge dei vivi, quanto il loro coraggio nello sfidare quella dei morti. Una cosa che mi turbava”, dice. “In questo film ho voluto parlare del rapporto interrotto fra uomo, natura, mistero. Per Arthur è diverso, ma gli altri tombaroli che vediamo sono uomini che hanno spezzato i legami con il passato. Profanano ciò che è rimasto di un mondo – per quello che possiamo capire della cultura etrusca – in cui uomini, animali e natura facevano parte di un unico sistema. Vivono un presente in cui, spezzati quei legami e assunto il ruolo di protagonisti, si è soli”.

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