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A Gaza non c’è più acqua

Author: Wired

A questa aggressione ne sono seguite altre, poi scontri nelle città abitate sia dai palestinesi che dagli israeliani, diversi palestinesi sono rimasti uccisi o sono stati incarcerati e dopo settimane di violenze Hamas ha lanciato alcuni razzi contro Israele, tutti abbattuti dallo scudo missilistico Iron Dome. A questo inutile attacco, Israele ha risposto con bombardamenti a tappeto, che non hanno risparmiato nemmeno gli edifici in cui si trovavano le sedi di Associated Press e Al Jazeera.

Due anni dopo, di acqua a Gaza non ce n’è quasi più. Il primo ministro scozzese, Humza Yousaf, ha dichiarato alla Bbc che i suoi familiari intrappolati nella striscia stavano dividendo sei bottiglie d’acqua tra 100 persone, secondo il Guardian i residenti sono così idratati da urinare appena una volta ogni uno o due giorni e Reuters riporta che molti stanno bevendo acqua salata. Una crisi umanitaria che non tocca la Tel Aviv del leader Benjamin Netanyahu, ormai persa nel militarismo più estremo, tanto da sospendere i visti ai funzionari delle Nazioni Unite, perché il segretario generale Antonio Guterres gli ha ricordato di rispettare i diritti umani.

La desalinizzazione

Negli anni, le ripetute devastazioni causate dai bombardamenti israeliani e dagli embarghi sui materiali necessari per la ricostruzione, hanno lasciato Gaza con una rete idrica di tubature a malapena funzionante. Per questo, gran parte della popolazione si affida da tempo a circa un centinaio di impianti di desalinizzazione dell’acqua, gestiti da privati, spesso mal funzionanti e impossibili da riparare, sempre a causa dei divieti imposti da Israele sull’importazione di certi componenti all’interno della Striscia.

Ora, a seguito delle ultime settimane di bombardamenti e di chiusura totale della Striscia, anche questa rete idrica di emergenza è stata completamente distrutta. I principali impianti di desalinizzazione pubblici di Gaza sono fuori uso, così come tutte le stazioni di pompaggio della rete idrica, gli impianti di trattamento delle acque reflue sono fuori servizio e si rischia che queste vadano a contaminare le falde acquifere potabili, infine, gli impianti di desalinizzazione privati non possono funzionare senza il carburante che aziona i generatori elettrici a cui sono collegati, ma Israele ha promesso che non farà entrare una goccia di benzina a Gaza fino alla fine dello scontro.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la mancanza di acqua nella Striscia sta precipitando in una crisi umanitaria che va oltre la sete e rischia di diventare una crisi sanitaria. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari ha dichiarato nel fine settimana di aver “rilevato casi di varicella, scabbia e diarrea, attribuibili alle scarse condizioni igienico-sanitarie e al consumo di acqua proveniente da fonti non sicure. L’incidenza di queste malattie è destinata ad aumentare, a meno che le strutture idriche e igienico sanitarie non ricevano elettricità o carburante per riprendere le operazioni”.

Author: Wired

A questa aggressione ne sono seguite altre, poi scontri nelle città abitate sia dai palestinesi che dagli israeliani, diversi palestinesi sono rimasti uccisi o sono stati incarcerati e dopo settimane di violenze Hamas ha lanciato alcuni razzi contro Israele, tutti abbattuti dallo scudo missilistico Iron Dome. A questo inutile attacco, Israele ha risposto con bombardamenti a tappeto, che non hanno risparmiato nemmeno gli edifici in cui si trovavano le sedi di Associated Press e Al Jazeera.

Due anni dopo, di acqua a Gaza non ce n’è quasi più. Il primo ministro scozzese, Humza Yousaf, ha dichiarato alla Bbc che i suoi familiari intrappolati nella striscia stavano dividendo sei bottiglie d’acqua tra 100 persone, secondo il Guardian i residenti sono così idratati da urinare appena una volta ogni uno o due giorni e Reuters riporta che molti stanno bevendo acqua salata. Una crisi umanitaria che non tocca la Tel Aviv del leader Benjamin Netanyahu, ormai persa nel militarismo più estremo, tanto da sospendere i visti ai funzionari delle Nazioni Unite, perché il segretario generale Antonio Guterres gli ha ricordato di rispettare i diritti umani.

La desalinizzazione

Negli anni, le ripetute devastazioni causate dai bombardamenti israeliani e dagli embarghi sui materiali necessari per la ricostruzione, hanno lasciato Gaza con una rete idrica di tubature a malapena funzionante. Per questo, gran parte della popolazione si affida da tempo a circa un centinaio di impianti di desalinizzazione dell’acqua, gestiti da privati, spesso mal funzionanti e impossibili da riparare, sempre a causa dei divieti imposti da Israele sull’importazione di certi componenti all’interno della Striscia.

Ora, a seguito delle ultime settimane di bombardamenti e di chiusura totale della Striscia, anche questa rete idrica di emergenza è stata completamente distrutta. I principali impianti di desalinizzazione pubblici di Gaza sono fuori uso, così come tutte le stazioni di pompaggio della rete idrica, gli impianti di trattamento delle acque reflue sono fuori servizio e si rischia che queste vadano a contaminare le falde acquifere potabili, infine, gli impianti di desalinizzazione privati non possono funzionare senza il carburante che aziona i generatori elettrici a cui sono collegati, ma Israele ha promesso che non farà entrare una goccia di benzina a Gaza fino alla fine dello scontro.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la mancanza di acqua nella Striscia sta precipitando in una crisi umanitaria che va oltre la sete e rischia di diventare una crisi sanitaria. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari ha dichiarato nel fine settimana di aver “rilevato casi di varicella, scabbia e diarrea, attribuibili alle scarse condizioni igienico-sanitarie e al consumo di acqua proveniente da fonti non sicure. L’incidenza di queste malattie è destinata ad aumentare, a meno che le strutture idriche e igienico sanitarie non ricevano elettricità o carburante per riprendere le operazioni”.

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