Categorie
Tecnologia

Buchi neri, ecco come avremo immagini sempre più dettagliate

Author: Wired

EHT è una collaborazione internazionale di grandissime proporzioni: coinvolge 300 membri da 60 istituzioni e 20 nazioni diverse. Si tratta di una rete di radiotelescopi sparsi su tutto il globo, di cui fanno parte osservatori del calibro dell’Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array situato nel deserto cileno a 5000 metri di altitudine, il South Pole Telescope nel continente antartico, il James Clerk Maxwell Telescope hawaiiano e molti altri. Lavorando insieme e unendo le informazioni di questa rete di radiotelescopi tramite le più complesse tecniche di interferometria e analisi dati, EHT può lavorare come un radiotelescopio virtuale grande quasi quanto l’intero pianeta. Ed è così che abbiamo ottenuto le prime (e uniche) due immagini della storia di buchi neri: quella di M87* e quella di Sagittarius A*. A rigore, nelle foto non vediamo i buchi neri ma solo la loro ombra all’interno del luminoso disco di accrescimento. Polvere e gas che ruotano rapidamente attorno al buco nero e che, per attrito, producono calore e quindi luce. Quello di EHT è stato uno sforzo titanico ben giustificato dalla difficoltà del compito: i buchi neri hanno masse enormi, ma sono compresse in uno spazio veramente piccolo. Le 4 milioni di masse solari di Sagittarius A* sono schiacciate in uno spazio grande appena quanto il Sistema Solare, nascoste tra le polveri della Galassia a 26mila anni luce di distanza da noi.

Il buco nero della galassia M87 nell'immagine storica pubblicata nel 2019.

Il buco nero della galassia M87 nell’immagine storica pubblicata nel 2019.Handout/Getty Images

Next Generation Event Horizon Telescope

EHT è un progetto in continua evoluzione. Nuovi osservatori si aggiungono di volta in volta alla collaborazione. Quando iniziò le sue osservazioni nel 2017, la rete contava 8 radiotelescopi: oltre a quelli già citati c’erano il Submillimeter Array alle Hawaii, il Large Millimeter Telescope in Messico, l’IRAM 30 Meter telescope nella Sierra Nevada in Spagna, APEX nell’Atacama e l’Arizona Radio Observatory negli Stati Uniti. A questi nel 2018 si sono uniti il groenlandese Greenland Telescope, l’IRAM NOEMA Observatory nelle Alpi francesi e il Kitt Peak in Arizona. L’aggiunta di nuovi osservatori aumenta le potenzialità di osservazione di EHT. Ecco perché anche con il Next Generation Event Horizon Telescope (ngEHT) la collaborazione si estenderà ancora con l’ingresso di ben 10 nuovi osservatori. I ricercatori potranno contare sul know-how ottenuto con EHT e anche su tecnologie nuove e più avanzate rispetto a quelle che c’erano al tempo. L’obiettivo è quello di ottenere immagini in risoluzione ancora più elevata e persino dei video dei buchi neri in movimento, così da ottenere dati che possano verificare alcune previsioni della Relatività per quanto riguarda la dinamica dei buchi neri.

Author: Wired

EHT è una collaborazione internazionale di grandissime proporzioni: coinvolge 300 membri da 60 istituzioni e 20 nazioni diverse. Si tratta di una rete di radiotelescopi sparsi su tutto il globo, di cui fanno parte osservatori del calibro dell’Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array situato nel deserto cileno a 5000 metri di altitudine, il South Pole Telescope nel continente antartico, il James Clerk Maxwell Telescope hawaiiano e molti altri. Lavorando insieme e unendo le informazioni di questa rete di radiotelescopi tramite le più complesse tecniche di interferometria e analisi dati, EHT può lavorare come un radiotelescopio virtuale grande quasi quanto l’intero pianeta. Ed è così che abbiamo ottenuto le prime (e uniche) due immagini della storia di buchi neri: quella di M87* e quella di Sagittarius A*. A rigore, nelle foto non vediamo i buchi neri ma solo la loro ombra all’interno del luminoso disco di accrescimento. Polvere e gas che ruotano rapidamente attorno al buco nero e che, per attrito, producono calore e quindi luce. Quello di EHT è stato uno sforzo titanico ben giustificato dalla difficoltà del compito: i buchi neri hanno masse enormi, ma sono compresse in uno spazio veramente piccolo. Le 4 milioni di masse solari di Sagittarius A* sono schiacciate in uno spazio grande appena quanto il Sistema Solare, nascoste tra le polveri della Galassia a 26mila anni luce di distanza da noi.

Il buco nero della galassia M87 nell'immagine storica pubblicata nel 2019.

Il buco nero della galassia M87 nell’immagine storica pubblicata nel 2019.Handout/Getty Images

Next Generation Event Horizon Telescope

EHT è un progetto in continua evoluzione. Nuovi osservatori si aggiungono di volta in volta alla collaborazione. Quando iniziò le sue osservazioni nel 2017, la rete contava 8 radiotelescopi: oltre a quelli già citati c’erano il Submillimeter Array alle Hawaii, il Large Millimeter Telescope in Messico, l’IRAM 30 Meter telescope nella Sierra Nevada in Spagna, APEX nell’Atacama e l’Arizona Radio Observatory negli Stati Uniti. A questi nel 2018 si sono uniti il groenlandese Greenland Telescope, l’IRAM NOEMA Observatory nelle Alpi francesi e il Kitt Peak in Arizona. L’aggiunta di nuovi osservatori aumenta le potenzialità di osservazione di EHT. Ecco perché anche con il Next Generation Event Horizon Telescope (ngEHT) la collaborazione si estenderà ancora con l’ingresso di ben 10 nuovi osservatori. I ricercatori potranno contare sul know-how ottenuto con EHT e anche su tecnologie nuove e più avanzate rispetto a quelle che c’erano al tempo. L’obiettivo è quello di ottenere immagini in risoluzione ancora più elevata e persino dei video dei buchi neri in movimento, così da ottenere dati che possano verificare alcune previsioni della Relatività per quanto riguarda la dinamica dei buchi neri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.