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Rifiuti radioattivi, in Italia emerge un quadro sconfortante

Author: redattore Rinnovabili

Rifiuti radioattivi

Foto di Dirk Rabe da Pixabay

Nucleco e Agenzia delle dogane sono stati convocati dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali

(Rinnovabili.it) – I lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti fanno emergere un quadro preoccupante rispetto ai rifiuti radioattivi e sul fronte degli illeciti ambientali.

Il 15 ottobre, sono stati convocati Alessandro Dodaropresidente della Nucleco Spa, azienda che si occupa della gestione dei rifiuti radioattivi e della bonifica dei siti nucleari – e Maurizio Montemagnodirettore della centrale Antifrode dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Secondo quanto emerge dai video delle audizioni, Dodaro ha riferito che in merito alla gestione dei rifiuti radioattivi si è fatto ricorso, in alcuni casi, a soluzioni temporanee di messa in sicurezza. Ciò dipende principalmente dall’inadeguatezza dell’attuale area di stoccaggio della Nucleco, che non può essere ulteriormente ingrandita, e dall’assenza di un deposito nazionale che permetta una sistemazione definitiva dei rifiuti, i quali sono attualmente sparsi anche in altri depositi temporanei sul territorio nazionale.

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Dodaro ha inoltre sottolineato come la provvisorietà delle attuali soluzioni di stoccaggio determini non solo un danno economico per le aziende come Nucleco, ma soprattutto un danno per la collettività.

Inoltre, durante la sua audizione, Maurizio Montemagno ha dichiarato che, in riferimento alle aree doganali italiane, non sono mai entrati in funzione gli strumenti necessari a rilevare automaticamente la presenza di materiali con alto livello di radioattività nei carichi che entrano attraverso i porti italiani. Tali controlli non competono però all’Agenzia delle dogane, ma ricadono sotto la competenza dei ministeri dell’Interno, dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture. Fino ad ora, ha sottolineato Montemagno, gli unici controlli avvenuti sui carichi che varcano le aree portuali sono avvenuti a campione e sulla base di valutazioni di rischio.

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Di fatto, dalle audizioni della Commissione parlamentare emerge che, ad oggi, non esiste un quadro chiaro sulla sicurezza dei materiali e dei rifiuti radioattivi nel territorio italiano, sia rispetto allo loro messa in sicurezza nei depositi di stoccaggio, sia rispetto ai carichi che giornalmente entrano nel nostro paese.

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Energia

Comunità dell’energia, come recepire le direttive europee?


Author: gmeneghello QualEnergia.it

Un approfondimento per il recepimento nazionale e un’analisi comparata delle leggi regionali.

A valle dell’adozione della direttiva (UE) 2018/20011 sulla promozione e l’uso delle fonti di energia rinnovabile e della direttiva (UE) 2019/9442 che definiscono il ruolo delle comunità dell’energia è utile fissare l’attenzione su alcuni aspetti di particolare interesse ai fini del recepimento nazionale. Vanno rilevati, in particolare, due aspetti: il rapporto tra comunità dell’energia e […]

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Energia

Materiale riciclabile: le nuove frontiere di pizza e birra

Author: redattore Rinnovabili

Materiale riciclabile

Credits: carolineandrade da Pixabay

La Carlsberg presenta BetterBox e annuncia la Green Fiber Bottle, due prodotti in materiale riciclabile al 100%

(Rinnovabili.it) – Pizza e birra sono, da sempre, un connubio perfetto. E da oggi non solo per i nostri palati. La Carlsberg, una delle più importanti società produttrici di birra al mondo, ha presentato recentemente BatterBox, un cartone per la pizza fatto di materiale riciclabile, compostabile al 100% perché realizzato con gli scarti di produzione della birra.

Ogni anno, in Italia, vengono prodotte una media di 6 milioni di pizze, molte delle quali da asporto. I cartoni della pizza, però, non possono essere riciclati nella carta perché, molto spesso, sporchi di cibo. Si tratta, dunque, di un’enorme quantità di rifiuti che non può essere trasformata e re-immessa nel ciclo produttivo. Ma attraverso l’uso del materiale compostabile proveniente dalla produzione della birra, anche il cartone nella pizza può essere inserito nel circuito dell’economia circolare.

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“Gli scarti di produzione della birra sono un’ottima risorsa per produrre i contenitori della pizza: si crea una mescola con agenti aggreganti naturali e si lascia essiccare l’impasto”, spiega Serena Savoca, responsabile del marketing di Carlsberg Italia, all’agenzia di stampa Adnkronos. “Crediamo che dalle materie prime, come il nostro lievito e orzo, si possa arrivare a realizzare innovazioni incredibili, sempre seguendo la filosofia del continuo miglioramento portata avanti dal nostro fondatore. La missione di Carlsberg è sempre stata quella di impegnarsi e lavorare per un oggi e un domani migliore”.

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Infatti, l’azienda ha annunciato di stare lavorando a un altro prodotto: la bottiglia fatta di carta. Si tratta di bottiglie composte da materiale riciclabile perché realizzate in fibre di legno, circondate da un sottile strato di bioplastica che permette di evitare la fuoriuscita del liquido dal contenitore. Per creare questo prodotto, chiamato Green Fiber Bottle, dal 2015 Carlsberg ha lavorato in stretta collaborazione con EcoXpac, azienda di packaging, la società di confezionamento BillerudKorsnäs e con i ricercatori dell’Università della Danimarca, supportati da Innovation Fund Denmark.

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Diritti umani e rischi sociali, anche le rinnovabili hanno un “lato oscuro”


Author: Luca Re QualEnergia.it

Un’analisi di Verisk Maplecroft sui principali impatti negativi associati all’espansione massiccia delle energie pulite su scala globale.

La rivoluzione delle energie rinnovabili ha un suo “lato oscuro” fatto di violazioni dei diritti umani?

Almeno in parte sì, è la risposta di Verisk Maplecroft – società di consulenza strategica globale con sede in Gran Bretagna – che ha esaminato i principali rischi sociali correlati allo sviluppo delle tecnologie pulite in tutto il mondo, nel rapporto Human Rights Outlook 2019 (scaricabile qui con registrazione gratuita).

Tra i problemi più noti per le rinnovabili, sotto il profilo etico, c’è lo sfruttamento del lavoro minorile nelle miniere di cobalto in Congo, il paese africano che fornisce la quantità maggiore del prezioso metallo utilizzato per fabbricare le batterie al litio per le auto elettriche e gli impianti di accumulo energetico (vedi foto in alto, credit: The Carter Center/ G. Dubourthoumieu).

Ma questa è solo la punta di un iceberg un po’ più vasto, che tende a rimanere fuori dai radar delle valutazioni sulla reale sostenibilità sociale (oltre che ambientale) dell’industria “verde”.

Nello studio ci sono diversi esempi.

Spesso, infatti, c’è una notevole discrepanza tra le politiche sui diritti umani delle aziende e la realtà sul campo; inoltre, molte società che investono in rinnovabili non hanno ancora implementato una strategia con cui affrontare la responsabilità etico-sociale delle loro attività su scala globale, come evidenzia anche un recente documento del Business & Human Rights Resource Centre (BHRRC).

In Cina, secondo Verisk Maplecroft, l’esposizione dei lavoratori a elementi chimici pericolosi, come il cadmio, negli stabilimenti di pannelli fotovoltaici, desta particolare preoccupazione, data l’applicazione debole e inconsistente degli standard sulla sicurezza e la salute dei lavoratori (OHS: occupational health and safety) nel settore manifatturiero cinese.

Come si evince dal grafico sotto, in diversi paesi asiatici le violazioni per la sicurezza e la salute di chi lavora nelle fabbriche di moduli fotovoltaici sono particolarmente elevate, secondo l’indice di rischio elaborato da Verisk Maplecroft.

Sempre in tema di fotovoltaico, ci sono varie incognite sulla catena di fornitura del quarzo – soprattutto quello di elevata purezza – la materia prima impiegata per produrre il silicio; anche in questo caso, i timori si concentrano sulle scarse condizioni di lavoro nelle miniere di certi paesi (si citano la Mauritania e l’Arabia Saudita) oltre che sulla pericolosità dei siti minerari a causa delle malattie respiratorie che si possono contrarre senza adeguate protezioni (la silicosi in particolare).

Un altro settore esposto alle violazioni dei diritti umani sul lavoro è quello dei biocarburanti.

Di solito, parlando di combustibili prodotti da biomasse vegetali, si enfatizzano i problemi legati all’eccessivo disboscamento, alla perdita di biodiversità, alla distruzione degli ecosistemi per cedere il posto alle piantagioni estensive di canna da zucchero, soia, palma da olio e mais.

Tuttavia, i dati di Verisk Maplecroft – vedi il grafico seguente – evidenziano rischi “elevati” o “estremi” per le persone addette alla coltivazione di diverse piante destinate alla produzione di biocombustibili in Malesia, India, Indonesia, Tailandia, Brasile, oltre che negli Stati Uniti e in Cina.

Il punteggio sui diritti dei lavoratori (Labour rights score), definito dagli analisti per i vari paesi e le diverse colture energetiche, comprende molteplici indicatori, tra cui: utilizzo di migranti per la manodopera (tanto da parlare, in alcuni casi, di “moderna schiavitù”) soprattutto in Malesia, Indonesia e India, sfruttamento di lavoro minorile, entità dei salari, lavoro forzato per un numero eccessivo di ore, discriminazioni.

Nemmeno la costruzione di grandi parchi eolici è esente da complicazioni, che possono riguardare in particolar modo la violazione dei diritti delle popolazioni indigene (proprietà delle terre in primo luogo).

Cina, India, Brasile, Turchia, Messico, Corea del Sud, Stati Uniti, sono tra i paesi in cui tali diritti sono più vulnerabili ai rischi associati all’espansione massiccia dell’eolico (vedi il prossimo grafico).

Finora gli impatti più negativi, termina l’analisi di Verisk Maplecroft, si sono avuti in Messico nello stato di Oaxaca, dove ci sono progetti per una trentina di mega parchi eolici, molti dei quali hanno incontrato una ferma opposizione da parte delle comunità locali per diversi motivi: mancata consultazione, violazione dei diritti sulle proprietà, trasferimenti forzati, minacce perpetrate dalle forze dell’ordine.

Tanto che alcuni progetti sono finiti nelle aule dei tribunali, causando ritardi e perdite finanziarie agli investitori, aumentando molto il rischio-paese del Messico per questo settore delle rinnovabili.

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Debito sostenibile, raggiunto i mille miliardi di dollari

Author: redattore2 Rinnovabili

debito sostenibile

Debito sostenibile: finanza, ente benefico? No, è convenienza per gli investitori

(Rinnovabili.it). -Lo sviluppo tecnologico e la maggior sensibilità verso le tematiche ambientali e sociali premiano l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità nei piani industriali. Stando ai dati recentemente diffusi da Bloomberg NEF (BNEF), per la prima volta l’emissione totale di debito sostenibile ha superato infatti la quota di mille miliardi di dollari. Una “pietra miliare”, come annunciato ieri in occasione del Sustainable Bonds Forum ospitato dall’International Finance Corporation (IFC) a Washington. 

Attenzione però: come ricordato dal direttore Amministrazione, Finanza e Controllo di Enel Italia Alberto de Paoli, ciò non significa “che il mondo finanziario abbia improvvisamente scoperto una vena da ente benefico”, poiché “l’obiettivo primario della finanza è e resta quello della ricerca del profitto”.
Sta di fatto che, tradottasi in valore economico-finanziario, la sostenibilità è ormai entrata nel perimetro di interesse della finanza: “Il raggiungimento del traguardo del trilione di dollari rappresenta un momento chiave per il mercato del debito sostenibile: se questo mercato non fosse già sul radar dei principali investitori globali, lo sarà da adesso”, ha detto Angus McCrone di BNEF. “Questo è solo l’inizio: ci sono voluti dodici anni per raggiungere il primo trilione di dollari di capitale, ma ci vorrà molto meno tempo per raggiungere il secondo”.

Le “obbligazioni verdi”, che hanno debuttato sul mercato del debito sostenibile nel 2007, rimangono l’opzione di finanziamento più popolare per volume di dollari: l’emissione di questo tipo di obbligazioni ammonta ad oggi a 788 miliardi di dollari, pari a circa il 77% del mercato del debito sostenibile.

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La prima società a emettere un’obbligazione legata alla sostenibilità – lo ricordiamo – è stata Enel SpA, con una garanzia di 1,5 miliardi di dollari venduta a settembre 2019. Il gigante italiano si è anche impegnata a incrementare il tasso di interesse che l’obbligazione paga qualora non si raggiungessero gli obiettivi di generazione di energia rinnovabile.

“Il modello legato alla sostenibilità è uno sviluppo cruciale per il mercato del debito sostenibile“, ha dichiarato Mallory Rutigliano, analista finanziario presso BNEF. “Le obbligazioni e i prestiti sono considerati sostenibili non a causa dell’utilizzo dei proventi, ma a causa del modo in cui il mutuatario si impegna a migliorare la sostenibilità. Con il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e una crescita inclusiva nell’agenda di molte grandi aziende, il concetto sta guadagnando terreno”. 

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