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Energia

BEI, perché il nuovo piano per abbandonare le fossili si fa attendere?

Author: stefania Rinnovabili

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Quartier generale della Banca Europea per gli investimenti – Copyright: BEI

Focus su energia pulita e stoccaggio nella nuova politica dei prestiti energetici della BEI

(Rinnovabili.it) – Massimizzare il sostegno alle energie rinnovabili togliendo risorse ai combustibili fossili, per aiutare l’Europa a raggiungere i propri obiettivi climatici. Questo l’indirizzo che la BEI, la Banca Europe per gli investimenti, vorrebbe imprimere alla sua nuova politica di prestiti energetici. Il condizionale è d’obbligo perché rendere i buoni propositi realtà è una strada piena di tornanti. Nel concreto c’è bisogno dell’adozione ufficiale da parte del Consiglio d’amministrazione della Banca, che è composto dai delegati di ogni Stato membro e uno della Commissione europea. Riuscire tuttavia a far convergere gli interessi delle diverse nazioni europee, soprattutto di quelle più dipendenti dalle fonti fossili, non si presenta come un’impresa facile.

I cambiamenti di policy sono normalmente adottati attraverso il consenso della maggioranza dei delegati nazionali ma in questo caso, rivela Euractiv, la votazione potrebbe dare più peso alle posizioni dei Paesi in base alle azioni detenute (le risorse della BEI sono costituite, in primo luogo, dal capitale sottoscritto dagli Stati membri). In questo caso Germania, Francia, Italia e Regno Unito avrebbero una posizione di vantaggio.

La Commissione europea, sebbene non abbia diritto al voto, detiene un ruolo significativo nel processo: se il consigliere dell’UE non fosse d’accordo con la decisione finale, gli altri azionisti sarebbero costretti a trovare obbligatoriamente l’unanimità.

Sul tavolo, per ora, c’è una bozza di progetto di 46 pagine (testo in inglese), risultato di diversi mesi di lavoro e di un lungo processo di raccolta di pareri “da centinaia di parti interessate in tutta Europa”.

“Le proposte principali sono chiare – ha dichiarato il vice presidente della BEI, Andrew McDowell lo scorso luglio – vogliamo aumentare il nostro sostegno alla transizione energetica in Europa, alla decarbonizzazione dell’economia comunitaria. Vogliamo sostenere un maggior numero di progetti su efficienza energetica e risparmio energetico e aiutare a decarbonizzare ulteriormente l’approvvigionamento energetico, attraverso un maggiore supporto alle rinnovabili. Vogliamo sostenere l’innovazione e le nuove tecnologie che saranno necessarie in futuro per soddisfare gli ambiziosi impegni climatici ed energetici. E dobbiamo sostenere maggiormente le infrastrutture energetiche del futuro, in particolare l’elettrificazione dell’economia europea”.

La sua adozione trasformerebbe la BEI nella prima “Banca climatica dell’UE” di cui molti, tra cui il capo della nuova Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno recentemente parlato. L’Istituto smetterebbe di accettare nuove richieste di prestito per progetti direttamente associati ai combustibili fossili e entro la fine del 2020 interromperebbe del tutto il finanziamento. Tuttavia la bozza contempla alcune importi eccezioni su cui si prevede lo scontro fra i diversi Stati Membri: la produzione di biocarburanti e le centrali termiche a gas ad alta efficienza.

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Energia

Bando per contratto di prestazione energetica a Prata di Principato (AV)


Author: Leonardo Berlen QualEnergia.it

Manifestazione di interesse per la sottoscrizione di un Contratto di Prestazione Energetica e individuazione di soggetto promotore, per l’accesso alle Pubbliche Amministrazioni agli incentivi erogati dal GSE (Conto Termico 2.0) per la realizzazione degli interventi previsti nel Comune di Prata Principato Ultra (AV). Importo: n.d. Scadenza: 24 settembre 2019 Bando (zip)

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Energia

WWF: “La tutela delle aree marine protette non è un hobby. L’Ue deve fare di più”

Author: redattore Rinnovabili

aree marine protette WWF

La spiaggia di Cala Sabina, nel Parco nazionale dell’Asinara, in Sardegna. Foto credit: Michela Simoncini / flickr

I 23 Paesi costieri dell’Ue hanno registrato come aree marine protette il 12,4% dei mari, ma in molti casi si tratta di zone tutelate solo su carta

(Rinnovabili.it) – I 23 Stati costieri dell’Unione europea non stanno facendo abbastanza per garantire la salvaguardia e la tutela delle aree marine protette (MPA): questo uno dei punti chiave che emergono dal report redatto dal WWF in collaborazione con Sky Ocean Rescue.

Secondo l’associazione ambientalista, solo l’1,8% dei mari europei (il Mar Baltico, l’Oceano Atlantico del Nord Est e il Mar Mediterraneo) sarebbero tutelati da aree marine protette regolamentate da appositi piani di management.

Sulla carta, i 23 Paesi costieri dell’Unione europea hanno designato, complessivamente, il 12,4% dei propri mari come aree marine protette. Secondo l’associazione ambientalista, tuttavia, 19 Paesi Ue starebbero facendo troppo poco per regolamentare le aree marine protette; 11 nazioni, addirittura, non avrebbero sviluppato alcun piano di gestione delle proprie MPA rendendo questi “santuari marini” dei semplici “Paper Park”, un’espressione inglese utilizzata per definire aree protette che esistono nelle mappe e nelle legislazione ma che offrono poca o nessuna protezione reale.

aree marine protette Ue

L’Ue si è impegnata a garantire tutela e protezione per almeno il 10% dei propri mari entro il 2020 (con la Convenzione sulla diversità biologica di Aichi e con il Goal 14 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU).

Il report del WWF sottolinea la necessità di spostare il raggiungimento dell’obiettivo dal mero piano delle formalità a quello delle azioni concrete: “Ottenere una reale protezione delle aree marine europee richiede molto più impegno che il semplice segnarle su una mappa – ha spiegato Janica Borg, coordinatrice delle politiche per la protezione marina e la pianificazione dell’ambiente presso l’Ufficio delle politiche europee del WWF e autrice principale del rapporto – Gli MPA devono avere piani di gestione completi che affrontino tutte le pressioni cumulative umane che incidono sulla biodiversità. Senza un’azione urgente per attuare piani efficaci per la conservazione o il ripristino della natura, con adeguate restrizioni contro le attività estrattive, quasi tutte le MPA dell’UE non potranno incrementare la resilienza dei nostri oceani nell’emergenza climatica”.

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Il report del WWF mette sotto indagine anche l‘eccessiva frammentarietà delle aree marine protette e invita gli Stati europei a stringere collaborazioni internazionali per migliorare la tutela ambientale: “Una rete MPA ben progettata ed ecologicamente coerente può proteggere la biodiversità oltre i confini dell’MPA, migliorando la resilienza dell’intero mare regionale – ha spiegato Janica Borg – Tuttavia, ciò può avvenire solo quando gli MPA sono collocati dove sono ecologicamente significativi, non dove sono meno impattanti in termini di sviluppo per i settori marittimi. Una buona progettazione delle reti MPA fornisce una protezione su larga scala e a lungo termine per i nostri ecosistemi, che è fondamentale se vogliamo garantire un’economia blu sostenibile nell’Ue”.

Anche un report della Commissione europea del 2016 spingeva sullo stesso punto, sottolineando come oltre la metà delle aree marine protette non superasse i 30 km quadrati di estensione.

“Tradizionalmente, la protezione marina è stata vista come un’attività marginale – ha concluso Janica Borg – È facile occuparsi in primo luogo delle attività di pesca e i trasporti via mare e solo alla fine cominciare a guardare alla porzione che rimane per tutelare la natura. Tuttavia, questa è la maniera sbagliata di farlo. La protezione marina non è un hobby… È qualcosa che facciamo perché è assolutamente indispensabile per avere un qualsiasi tipo di economia sostenibile in futuro”.

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Servizio pubblico di illuminazione a Livorno


Author: Leonardo Berlen QualEnergia.it

Avviso per affidamento di gestione del servizio pubblico di illuminazione elettrica (lampade votive delle tombe nei cimiteri comunali) e la riscossione della tariffa del servizio pubblico a domanda individuale, derivante dai canoni di abbonamento annuali. Il servizio comprende l’esercizio e la manutenzione dell’impianto elettrico votivo esistente, della realizzazione degli impianti di illuminazione votiva delle tombe […]

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Energia

Il 42% degli statunitensi crede che le auto elettriche funzionino a benzina

Author: redattore Rinnovabili

auto elettriche stati uniti

Foto credit: Jeonomias / Pixabay

Performance, capacità di traino, resistenza alle basse temperature sono alcune delle caratteristiche delle auto elettriche poco note al grande pubblico

(Rinnovabili.it) – Il 42% degli statunitensi pensa che per far camminare le auto elettriche serva comunque mettere benzina nel serbatoio: la curiosa (e fin troppo diffusa) idea che gli yankee hanno dei full electric vehicles è stata rilevata da un’indagine di mercato svolta dalla casa produttrice a stelle e strisce Ford, in vista della presentazione della nuova linea di e-car al Salone dell’auto di Francoforte.

A riportare la notizia è stato il Direttore generale del comparto elettrificazione di Ford, Ted Cannis, in un lungo editoriale sulla rivista online Medium dal titolo emblematico “L’istruzione è un pezzo critico mancante nel puzzle Veicoli elettrici”.

Cannis ammette che persino la sua famiglia, all’inizio del suo lavoro in Ford, gli domandò se le auto elettriche necessitino in qualche maniera di fare rifornimento anche di benzina, tuttavia la percentuale (42%) risultante dall’indagine negli Stati Uniti colpisce e rende chiaro il velo di disinformazione che circonda il mondo delle e-car.

“La verità è che quando si guida un veicolo elettrico, potrebbe non essere necessario fermarsi di nuovo in una stazione di servizio (tranne se si desidera una bistecca di manzo) – scrive Ted Cannis – Per la maggior parte dei proprietari di e-car, la ricarica viene effettuata comodamente da casa. Molti non hanno mai fatto visita a una stazione di ricarica pubblica. Alcuni sondaggi condotti sui proprietari di veicoli elettrici statunitensi mostrano che l’80% delle ricariche avviene a casa, seguite da quelle sul posto di lavoro”.

L’articolo passa in rassegna altri luoghi comuni sulle e-car: secondo il sondaggio Ford, quasi l’80% degli americani non sceglierebbe un veicolo elettrico per guidare in condizioni meteorologiche estreme. Per confutare questa tesi, Cannis cita il record di vendite della Norvegia, una delle nazioni europee con il clima più rigido, dove lo scorso anno sono state vendute circa 35 mila nuove auto elettriche e spiega come le case automobilistiche stiano elaborando software capaci di gestire potenza e durata delle batterie per assicurare lunghe percorrenze anche su strade innevate.

Stesso discorso per le performance: quasi la totalità degli statunitensi e degli europei intervistati (oltre il 90%) non crederebbero che le auto elettriche possiedano un’accelerazione simile a quelle a benzina. Un dato già sfatato nel 2017 dall’allora esordiente Tesla Model S capace di battere in accelerazione (sul quarto di miglio) due supercar come la Porsche 911 e la McLaren 570GT.

Il sondaggio, condotto anche sul mercato europeo e cinese, segnala anche come oltre i due terzi degli americani (67%) e degli europei (68%) non credano che i veicoli elettrici siano abbastanza capaci in termini di rimorchio e trasporto. Un altro mito sfatato da un recente test del prototipo Ford F-150 in cui il pick up elettrico è riuscito a trainare un vagone merci del peso di 453 tonnellate.

“Come capo dell’elettrificazione per Ford, le domande che mi vengono poste da familiari, amici e colleghi sui veicoli elettrici seguono questa tendenza: ‘I veicoli elettrici sono veloci?’, ‘Funzionano in inverno?’, ‘Posso davvero evitare le visite alla stazione di servizio?’, ‘Sono abbastanza performanti da aiutarmi nel mio lavoro?’– scrive Cannis – La risposta tutte queste domande è sì. Rimane tuttavia un divario tra ciò che un veicolo elettrico può fare e ciò che i clienti credono possa fare”.

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