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Dieselgate, ecco il piano A e il piano B dell’UE

Dieselgate, ecco il piano A e il piano B dell’UE

(Rinnovabili.it) – La Commissione europea sta considerando un piano B per evitare che si ripeta un nuovo dieselgate. Lo scandalo emissioni partito dai test truccati di Volkswagen e poi allargatosi anche ad altre case automobilistiche ha portato l’UE a rivedere e rendere più stringenti i suoi regolamenti. Per questo pomeriggio sono attesi i dettagli sui nuovi limiti per i trasporti e la bozza dell’”Effort Sharing regulation”, che stabilirà obiettivi di emissioni per ciascun paese membro in diversi settori. Ma c’è il timore che non basterà.

Il braccio esecutivo dell’UE offrirà agli stati un margine di flessibilità, permettendo di giocare a piacimento con le quote di diversi settori. Dunque non soltanto gli impianti industriali, già compresi nell’Emission Trading System (ETS) europeo, ma anche settori come agricoltura, trasporti e edilizia. Questi ultimi dovranno tagliare complessivamente le loro emissioni del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Agli stati membri sarà lasciata autonomia nel decidere quanto ciascun settore contribuirà agli obiettivi nazionali.

L’altro punto in programma per oggi è il giro di vite sui test per le emissioni dei veicoli. Il commissario europeo ai Trasporti Violeta Bulc ha fatto sapere che saranno messe in campo regole più rigide in grado di avvicinare i test su strada a quelli in laboratorio e quindi sbarrare alcune delle scappatoie esistenti per le aziende. Ma c’è un problema: tutti questi controlli faranno capo ai singoli stati. Un’auto quindi potrà superare il test in Germania e essere venduta in Italia, senza che Roma possa mettere becco sui risultati dei test.

Perciò emergono già da ora dubbi sull’efficacia di questo provvedimento. La soluzione – un piano B di cui si è soltanto accennato, ma che non viene scartato a priori – potrebbe essere la creazione di un organismo centralizzato a livello europeo che si faccia carico delle verifiche sui test effettuati. Un’opzione che non suscita molte simpatie a Bruxelles. Ma Bulc sembra volersi tenere la porta aperta: “Se quello sarà il prezzo da pagare, probabilmente ci penseremo. Spero non sia necessario. Ma se lo sarà, certamente faremo questo ulteriore passo”.

Autore: Rinnovabili

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Per disinvestire dalle fonti fossili ci vogliono banche carbon-free

Un articolo del Guardian rilancia il tema del disinvestimento da carbone, petrolio e gas. Qualche consiglio su come eliminare i propri risparmi dai fondi “sporchi” e riposizionarli su prodotti finanziari più ecosostenibili. E poi c’è il rischio bolla del carbonio che potrebbe colpire l’industria delle fossili.

Disinvestire dalle fonti fossili per reinvestire nelle energie pulite: che cosa comporta, in concreto, una simile strategia? Quali scelte abbiamo davanti?

L’argomento è stato ripreso da un articolo del Guardian, che a sua volta ha citato una guida finanziaria pubblicata di recente da Ethical Consumer, un magazine britannico dedicato al consumo etico e responsabile di prodotti e servizi. Ci sono diverse campagne per il disinvestimento da carbone, gas e petrolio. Peraltro, sono “solo” duecento all’incirca le compagnie che possiedono la fetta maggiore delle riserve mondiali di carbone e idrocarburi.

L’obiettivo delle iniziative fossil-free è coinvolgere innanzitutto gli investitori istituzionali come fondi pensione, università, istituti religiosi, compagnie assicurative, cercando di ridurre il più possibile la loro esposizione finanziaria su azioni e obbligazioni legate all’industria “sporca” (vedi anche QualEnergia.it).

Certo, sulla definizione di un investimento realmente etico e pulito si potrebbe discutere moltissimo, perché allora dovremmo considerare anche, tanto per fare un esempio, certe multinazionali alimentari e indagare sulle loro pratiche di agricoltura e allevamento intensivo, ma questo ci porterebbe un po’ fuori tema.

Per quanto riguarda l’energia, quindi, disinvestire dalle fonti fossili significa credere anche nello scoppio della cosiddetta bolla del carbonio. Le società che più di tutte hanno puntato sulle risorse tradizionali, sostengono i promotori delle campagne fossil-free, sono destinate a implodere, perché si ritroveranno, presto o tardi, con una serie di attività e infrastrutture non più remunerative.

Piattaforme offshore obsolete, pozzi di shale gas esauriti o troppo costosi da mantenere in funzione, centrali termoelettriche sopravanzate dagli impianti eolici e solari: ecco qualche esempio di stranded assets, cioè beni che andrebbero eliminati. Il problema è che per eliminarli in molti casi bisogna sopportare costi elevati per smantellamenti e bonifiche ambientali.

Allora è meglio prevenire il rischio bolla e scommettere su altri settori dell’economia verde? Può darsi, anche se non bisogna mai scordare la regola principale che è la diversificazione degli investimenti, sia per settori industriali sia per aree geografiche. Tra i personaggi più noti che perorano la causa delle rinnovabili contro il cambiamento climatico c’è Leonardo DiCaprio; anche senza possedere le sue fortune economiche, il piccolo risparmiatore può ugualmente seguire il suo esempio.

Torniamo all’articolo del Guardian e alla guida di Ethical Consumer. Il primo passo da compiere, si legge sulla stampa inglese, è aprire il conto corrente bancario presso un istituto che non sia impegnato a finanziare l’industria fossile.

Da evitare, insomma, banche come Lloyds, Barclays e HSBC che, a livello globale, prestano miliardi di sterline alle compagnie che estraggono carbone e idrocarburi in tutto il pianeta. Piuttosto, occorre rivolgersi a realtà come Co-operative Bank, Charity Bank e Triodos Bank, evidenzia il quotidiano online inglese.

Ci sono altri modi per supportare la green economy. Ad esempio, nell’accendere un mutuo si può chiedere supporto a una società che privilegia le operazioni immobiliari ecosostenibili (l’esempio citato in UK dal Guardian è Ecology Building Society, oltre a una serie di società di dimensioni più locali). Oppure, si può investire in qualche progetto promosso da cooperative energetiche per realizzare impianti eolici e fotovoltaici; un esempio italiano è retenergie.

Un sito web molto interessante, infine, è Green America: spiega bene tutte le azioni da intraprendere per togliere i propri risparmi dalle fonti fossili e destinarli a prodotti finanziari specializzati nelle tecnologie pulite, con tanto di link alle liste delle compagnie più inquinanti del pianeta e ai principali fondi d’investimento “puliti”.

Cercheremo di approfondire la questione da un’ottica prettamente italiana.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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Il fotovoltaico 3D è pronto per lo spazio

Il fotovoltaico 3D è pronto per lo spazio

(Rinnovabili.it) – “Se può sopravvivere nello spazio, il più difficile degli ambienti dal punto di vista degli sbalzi di temperature, delle radiazioni ionizzanti e dinumerosi altri fattori, allora possiamo essere sicuri che funzionerà bene anche sulla Terra”. Così, Jud Ready, un ingegnere del Georgia Tech Research Institute (GTRI), presenta gli ultimi progressi tecnologici raggiunti con il fotovoltaico in CZTS.

La sigla sta per solfuro di rame, zinco e stagno, un sandwich sottilissimo di semiconduttori connessi fra loro all’interno della cella solare. Economica da produrre e facile da smaltire, questa tipologia di fotovoltaico a film sottile fa tuttavia fatica a raggiungere la competitività con il più tradizionale silicio. Ad oggi l’efficienza più alta ottenuta con una cella di 2 cm2 d’ampiezza è di solo 7,6%.

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Migliorarne le prestazioni è divenuto però il pallino di Ready e del suo team di ricercatori che, nei laboratori del GTRI, hanno creato il primo assorbitore luminoso in 3D per il fotovoltaico CZTS. La trappola tridimensionale, costruita dagli ingegneri, è composta da minuscole torri di nanotubi e un materiale fotoassorbente che cattura la luce del sole da tutte le angolazioni.

La nuova struttura sarà testata a gravità zero a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Un modulo sperimentale contenente diciotto celle di prova è stato lanciato verso l’ISS il 18 luglio, e sarà installato sulla parte esterna della stazione con l’intenzione di studiare le prestazioni del pannello e la sua capacità di sopportare il rigido ambiente spaziale. La capacità del fotovoltaico 3D potrebbe rivelarsi particolarmente importante sulla Stazione Spaziale Internazionale, esposta ogni giorno a 15-16 albe e tramonti durante la sua orbita attorno alla Terra. Le nano torri possono, infatti, sfruttare i raggi del sole per periodi più lunghi rispetto ai convenzionali design piatti che funzionano in maniera più efficiente, invece, solo quando il sole è allo zenit. Inoltre i materiali mostrano una buona resistenza alle radiazioni ionizzanti.

Autore: Rinnovabili

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Agroenergie: i nuovi chiarimenti delle Entrate

Agroenergie: i nuovi chiarimenti delle Entrate

(Rinnovabili.it) – L’Agenzia delle Entrate torna sulla questione del reddito agrario in ambito delle energie rinnovabili. E lo fa con la risoluzione n. 54 con cui fornisce alcuni chiarimenti in merito all’applicazione della legge finanziaria per il 2006 in riferimento al trattamento fiscale della energia prodotta e venduta in ambito agricolo. La legge stabilisce che la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, fino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, fino a 260.000 kWh anno, costituiscano attività connesse e si considerino produttive di reddito agrario. Per la produzione di energia, oltre questi tetti si applica una nuova tassazione forfettaria.

Per le agroenergie invece, l’agenzia delle entrate chiarisce che la tassazione su base catastale trova applicazione entro il sopracitato limite a patto che sia rispettato il requisito della prevalenza.

“Infatti, sebbene il comma 423 richiami letteralmente, così come accadeva anche nelle versioni antecedenti della norma in esame, il concetto di “prevalenza” con esclusivo riferimento alla produzione e alla cessione di “carburanti e di prodotti chimici di origine agroforestale”, il documento di prassi sopra richiamato ha chiarito che il predetto requisito deve sussistere anche per la produzione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili in ragione dell’assimilazione operata dal legislatore di tale produzione alle attività agricole connesse di cui all’articolo 2135, terzo comma, del codice civile“.

Il requisito della prevalenza risulta soddisfatto quando, in termini quantitativi, i prodotti utilizzati nello svolgimento delle attività connesse ed ottenuti direttamente dall’attività agricola svolta nel fondo siano prevalenti, ossia superiori rispetto a quelli acquistati presso terzi.

“In particolare, laddove il confronto quantitativo non sia possibile perché i beni sono di natura diversa, deve farsi riferimento al valore degli stessi, rapportando il valore normale dei prodotti agricoli ottenuti dall’attività agricola svolta nel fondo e il costo dei prodotti acquistati da terzi. Il requisito della prevalenza si considera in tal caso soddisfatto quando il valore dei prodotti propri sia superiore al costo sostenuto per acquistare prodotti di terzi”.

“Laddove non sia possibile effettuare il confronto, in quanto i prodotti non sono suscettibili di valutazione (come ad esempio nel caso dei residui zootecnici), la prevalenza può essere riscontrata effettuando una comparazione “a valle” del processo produttivo dell’impresa, tra l’energia derivante da prodotti propri e quella derivante da prodotti acquistati da terzi”.

Autore: Rinnovabili

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Contatori 2.0: quello che ci aspetta a settembre, in attesa della versione 2.1

Milioni di famiglie e aziende dovranno sostituire il contatore elettronico di prima generazione con il nuovo contatore 2.0, in linea con l’evoluzione tecnologica per la misurazione e la telegestione. I suoi vantaggi e alcuni aspetti ancora non chiari, a cominciare dai costi e dalla versione 2.1.

Al ritorno dalle vacanze estive milioni di famiglie e aziende italiane saranno alle prese con l’installazione del nuovo contatore 2.0, che sostituirà quello elettronico di prima generazione, presente nelle nostre case dal 2001.

Si tratta di un contatore smart, in linea con l’evoluzione tecnologica nel campo della misurazione e della telegestione, che garantirà una gestione diretta dei propri consumi, nel segno di una maggiore efficienza energetica: ogni consumatore potrà visualizzare sul display i dati dettagliati al quarto d’ora dei propri consumi di energia e della potenza rilevata, così da diventare sempre più consapevole dei propri comportamenti e della propria impronta energetica (energy footprint).

Sono tanti i benefici che ci si aspetta dai nuovi contatori: elimineranno le code di fatturazione calcolate su misure stimate, permetteranno volture e cambi di fornitura più veloci ed efficienti, supereranno il sistema delle fasce predefinite, dando la possibilità al venditore di formulare nuove offerte con fasce orarie flessibili o soluzioni prepagate.

Il nuovo contatore è stato presentato di recente da e-distribuzione (ex Enel Distribuzione) come uno degli elementi di punta della strategia Open Power dell’azienda, verso un concetto di energia aperta, accessibile, sostenibile e tecnologicamente all’avanguardia.

Ma su alcuni punti c’è ancora molto da chiarire: ad esempio sulla cosiddetta versione 2.1 del contatore, che dovrebbe essere ancora più smart, essendo integrata con tecnologie wireless (nuova radiomobile dedicata) o wired (fibra ottica).

Questi canali di comunicazione oggi non sono ancora maturi per la specifica applicazione dei contatori 2G o non sono diffusi sull’intero territorio nazionale.

Per questo bisognerà aspettare ancora, ma l’Autorità per l’Energia, nella sua delibera 87/2016, ha precisato che è opportuno “delineare fin da ora, in modo tecnologicamente neutrale, la possibilità di una versione successiva del misuratore 2G, dotata di un canale aggiuntivo di comunicazione utilizzabile sia per la trasmissione delle misure a dispositivi del cliente, per affrontare le incertezze gravanti sulla effettiva resilienza del canale di comunicazione PLC (banda C del Cenelec) alle interferenze qualora tale tecnologia sia quella utilizzata, sia per la comunicazione fra misuratore e sistema centrale dell’impresa distributrice”.

È opportuno “prevedere che anche i livelli di performance attesi possano essere rivisti qualora il canale aggiuntivo di comunicazione della versione 2.1 sia effettivamente realizzato” e “a fini di certezza per le imprese distributrici, è opportuno prevedere che venga effettuata una verifica dello sviluppo delle suddette tecnologie di comunicazione, in termini di disponibilità, affidabilità, costo e concorrenzialità, allo scopo di valutare l’eventuale necessità di aggiornamento delle specifiche funzionali abilitanti la versione 2.1”.

Dunque, per la versione 2.1 del nuovo contatore si brancola ancora nel buio. Mentre sulla versione 2.0 alcune associazioni dei consumatori hanno già sollevato diverse criticità: in primis il costo dell’installazione che ancora non è stato quantificato e non è ancora chiaro se sarà a carico dell’utente.

La stessa Autorità rinvia “ad una successiva consultazione la definizione di meccanismi incentivanti di riconoscimento dei costi connessi alla sostituzione, con l’obiettivo di garantire una tempestiva diffusione dei benefici dei nuovi misuratori al consumatore non appena ne inizierà l’installazione”.

L’Autorità ha comunque assicurato che in ogni caso non ci saranno “costi connessi all’eventuale anticipata dismissione di misuratori 1G se effettuata volontariamente dal distributore”.

Inoltre non si è ancora capito se al momento della sostituzione verrà rilasciato un certificato di conformità dell’apparecchio, o se ci sarà un verbale di avvenuta sostituzione, disponibile solo online. A tal proposito non si può non mettere in conto che una buona fetta della popolazione italiana soffre ancora del digital divide. Abbiamo approfondito alcune di queste questioni con il responsabile del settore energia di Federconsumatori, Alessandro Notargiovanni.

Notargiovanni, i contatori 2.0 sono davvero uno strumento innovativo, che permetterà di ridurre i consumi energetici, o sono una novità già fallita in partenza?

“Sono convinto che già gli attuali contatori elettronici hanno rappresentato un passo in avanti importante rispetto ai precedenti poiché hanno permesso di leggere in remoto i consumi. Già oggi da casa io riesco ad avere un‘idea abbastanza precisa dei miei consumi energetici anche per fasce orarie. I nuovi contatori hanno ulteriori importanti proprietà e permettono la lettura ogni quarto d’ora. Questo darà la possibilità ad ogni utente di regolare la propria domanda di energia e spostarla magari nei momenti della giornata in cui la paga di meno. Ad esempio, d’estate sappiamo che la curva giornaliera dei consumi subisce un picco intorno alle 12 e verso le 18.30, ma qual è la curva di ogni singolo consumatore?

Dunque più conoscenza sui propri consumi di energia elettrica.

Credo infatti che aumentando la consapevolezza degli utenti si stimolano efficienza e risparmio energetico che sono importantissimi per abbattere le emissioni di gas serra e per ridurre la spesa di ogni famiglia. Non ritengo, come dicono alcuni, che sia un’innovazione già fallita in partenza perché la storia dei contatori dipende da chi li legge: è chiaro che se continuano ad esserci società che non leggono i dati reali oppure, ed è successo, aziende che montano i contatori senza avere la piattaforma giusta per leggerli, non avremo grandi benefici. Purtroppo i comportamenti scorretti delle aziende possono diminuire, ma non si possono eliminare. Faccio un discorso teorico: nel momento in cui funzioneranno correttamente, saranno sicuramente uno strumento utile a semplificare la nostra vita. Voglio precisare che la maggior parte dei reclami che arriva alle associazioni dei consumatori deriva proprio dalle mancate letture da parte degli utenti.

In bolletta ci sarà ancora bisogno delle voce di remunerazione per il servizio di lettura?

Non solo pagheremo la lettura, ma anche il costo dell’installazione del contatore. Ancora non sappiamo in che modo questo investimento verrà trasferito a carico dei consumatori. Ma visto che tante volte in Italia si sono fatti investimenti che non servono a nulla, noi abbiamo proposto di non finanziare l’opera in sé, ma il servizio che essa offre attraverso un metodo di calcolo costo-beneficio. In questo caso il beneficio sarà rappresentato dall’utilità del contatore nella vita del consumatore: la semplifica? Produce risparmi?”

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari