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Cleaner Android gratis, qual è il migliore

Author: IlSoftware.it

Applicazioni Android come Clean Master sono ormai divenute inutili e addirittura controproducenti. App che offrono di ottimizzare la memoria sui dispositivi Android o i cosiddetti task killer non vanno mai utilizzati.
Android dispone infatti di tutti gli strumenti per liberare la memoria RAM quando ciò fosse ritenuto davvero necessario: interferire con questo meccanismo utilizzando applicazioni di terze parti significa rendere il sistema più lento e instabile (ne abbiamo parlato negli articoli Ottimizzazione sistema Android: quali i passaggi da porre in campo e Clean Master: utile o inutile?).

Si può semmai accedere alle impostazioni di Android, toccare Sistema, Opzioni sviluppatore (se la voce non fosse presente, selezionare le voci Sistema, Informazioni sul telefono e toccare in rapida successione – per almeno 7 volte – la voce Numero build) quindi scegliere Memoria e, infine, Memoria utilizzata dalle app.
Così facendo si potrà verificare quali app Android occupano stabilmente un elevato quantitativo di memoria RAM (si può scegliere 1 giorno per avere un quadro più preciso). Nel caso in cui si rilevassero anomalie (app Android che occupano importanti quantitativi di memoria RAM per lunghi periodi) si potrà procedere con la disinstallazione delle app che creano problemi.

Se la memoria RAM del dispositivo Android non necessita di ottimizzazione, è importante invece controllare periodicamente in che modo è utilizzata la memoria interna.
Smartphone e tablet più recenti offrono crescenti quantitativi di storage interno, eventualmente espandibili inserendo una scheda micro SD nell’apposito slot, ma capita molto di frequente di ritrovarsi improvvisamente con poco spazio disponibile.Le ultime versioni di Android (a partire dalla release 6.0 Marshmallow) consentono finalmente di configurare una scheda SD come memoria interna: Spostare app su scheda SD, ecco come si fa.
È bene però non trovarsi con l’acqua alla gola facendo attenzione, con regolarità, a come lo spazio viene utilizzato sul proprio dispositivo mobile Android.

Il miglior cleaner Android gratis che permette di liberare spazio e rimuovere file inutili, file superflui e file temporanei è Files di Google.
Scaricabile da Google Play Store, Files ha recentemente cambiato nome ed è notevolmente migliorata rispetto alla primissima versione.
Abbiamo presentato Files di Google nell’articolo File manager Android: Files Go diventa Files by Google, ecco come funziona.

Files di Google è un cleaner Android gratuito perché si occupa di effettuare una scansione completa della memoria interna del dispositivo, verificare le app installate, accertare quali vengono utilizzate di rado, stabilire in che modo è impegnato lo spazio disponibile.

Nella schermata principale di Files di Google c’è tutto ciò che serve: la sezione File indesiderati consente di rimuovere file di log ed elementi temporanei ormai non più utili; File duplicati permette di scovare gli stessi file memorizzati più volte sul dispositivo mobile (occupano quindi inutilmente più spazio); Contenuti multimediali dà modo di controllare uno per uno quei file che di solito impegnano molto spazio. Si tratta di quei contenuti che vengono prodotti o scambiati mediante varie tipologie di applicazioni Android: oltre a WhatsApp e applicazioni similari si troveranno per esempio app per la videosorveglianza, quelle che consentono di modificare contenuti audio e video e così via.

Se si fosse installata l’app Google Foto (vedere Google Foto, app per gestire i propri archivi e crearne il backup), Files di Google indica le foto e i video che sono già stati oggetto di backup sul cloud di Google e che quindi possono essere rimossi senza problemi dal dispositivo mobile.

Poco più sotto Files di Google mostra la lista delle app Android inutilizzate o comunque non adoperate da lungo tempo. Si tratta di una funzionalità molto utile perché in molti sono soliti installate una vasta schiera di applicazioni sui propri dispositivi per poi dimenticarle. Prima di installare nuove app, dare un’occhiata all’articolo App Android pericolose per la sicurezza e la privacy.
Assegnando a Files di Google il permesso di accedere ai “dati di utilizzo” del dispositivo mobile, verrà stilato un elenco completo delle applicazioni Android del tutto inutilizzate o quasi sempre ignorate.

Per ciascuna app inutilizzata, Files di Google riporta il quantitativo di spazio occupato e offre l’opportunità di procedere a una disinstallazione multipla. All’inizio della lista vengono mostrate le app che non si usano da più tempo.

Ancora più in basso Files di Google riporta l’elenco dei file scaricati sul dispositivo (molti dei quali, spesso, impegnano solo spazio e non sono più di alcuna utilità) oltre a tutti i file di grandi dimensioni. Tra di essi possono esservi anche elementi appartenenti alle precedenti selezioni: ad esempio video registrati e già oggetto di backup su Google Drive o Google One. Eliminando le copie locali dal riquadro Backup delle foto si farà pulizia anche nella sezione File di grandi dimensioni.
Per aggiornare i suggerimenti proposti da Files di Google basta effettuare, in qualunque momento, un’operazione di swiping dall’alto verso il basso nella schermata principale dell’applicazione.
Per rimuovere applicazioni preinstallate suggeriamo la lettura degli articoli Come disinstallare app di sistema su Android senza root e Aggiornamento Android, come effettuarlo quando sembra impossibile.

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Le chiamate di spam in crescita del 300% nel 2018. L'Italia all'undicesimo posto

Author: Le news di Hardware Upgrade

Le cosiddette “spam call”, ovvero le chiamate telefoniche pubblicitarie se non addirittura truffaldine, sono cresciute del 300% nel mondo quest’anno: i dati sono condivisi direttamente da Truecaller, servizio che tramite un’apposita app può identificare le chiamate indesiderate e filtrarle opportunamente.

Il Brasile si pone in cima alla classifica, testimoniando una particolare consistenza del fenomeno: in media gli utenti brasiliani ricevono infatti oltre 37 chiamate di spam in un mese (lo scorso anno erano “solo” 20.7 al mese), ovvero più di una al giorno. Che incubo! Il Brasile ha strappato il primato che lo scorso anno era dell’India, che si trova ora al secondo posto registrando un calo dell’1,5% e con 22,3 chiamate al mese per utente.

E il Belpaese? L’Italia è appena fuori la top-10, all’undicesimo posto e guadagnando due posizioni rispetto allo scorso anno, con una media di 10,8 chiamate al mese. Secondo quanto raccolto da Truecaller a far la parte del leone nelle chiamate pubblicitarie in Italia sono i fornitori di servizi (in particolare televisivi e di energia elettrica) con il 48% di share, e gli operatori telefonici con il 25% di share.

Secondo i dati divulgati da Truecaller, gli utenti che fanno uso del servizio hanno globalmente ricevuto 17,7 miliardi di chiamate pubblicitarie nei mesi da gennaio a ottobre. Una chiamata è classificata come spam se è segnalata dall’algoritmo di truecaller o manualmente dall’utente. E’ bene tenere presente che i dati sono ovviamente limitati alla sola base utenti di Truecaller e ciò potrebbe comunque dare un quadro incompleto della realtà. Ma è un risconto importante che aiuta ad inquadrare le dimensioni del fenomeno.

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Virtualbox, cos'è e come funziona. Le novità della sesta versione

Author: IlSoftware.it

Una macchina virtuale è un ambiente virtuale creato utilizzando un apposito software che emula il comportamento di una macchina fisica (client o server). La creazione della macchina virtuale è possibile destinando temporaneamente ad essa una parte delle risorse hardware della macchina fisica (RAM, CPU, GPU, hard disk/SSD).
Ogni volta che una macchina virtuale (sistema “guest”) viene spenta, tutte le risorse vengono automaticamente liberate e restituite alla macchina ospitante (sistema “host”) fatta eccezione per la totalità o una parte dei dati memorizzati negli hard disk virtuali.
Le informazioni relative al sistema operativo e ai programmi installati installati nella macchina virtuale (così come i dati in essa salvati) vengono memorizzate e conservate sul disco fisso o sull’unità SSD del sistema host di solito in un unico file di grandi dimensioni.

Virtualbox è un programma che ormai non ha bisogno di presentazioni: nato a gennaio 2007 esso è un software open source distribuito (sotto licenza GPL – GNU General Public License – per quanto concerne il pacchetto base) e aggiornato da Oracle che permette di installare ed eseguire più sistemi operativi guest, anche completamente differenti l’uno dall’altro, sulla stessa macchina.
In questo caso non c’entrano dual boot o multi boot: Virtualbox consente di installare un hypervisor sul sistema in uso (sia esso Windows, macOS, Linux o Solaris) che si occupa di orchestrare il funzionamento delle macchine virtuali fungendo da intermediario tra l’hardware del sistema host e i sistemi operativi guest.

Mentre si sta ad esempio utilizzando Windows 10, per esempio, è possibile installare una precedente versione del sistema operativo Microsoft o addirittura una qualsiasi distribuzione Linux. Il sistema operativo guest lavorerà “in finestra” e si potrà passare da Windows a Linux come si passa dal browser a Word o a qualunque altra applicazione in esecuzione.
I principali vantaggi derivanti dall’uso di Windows è che è possibile installare ed eseguire contemporaneamente più sistemi operativi diversi (utile qualora si avesse la necessità di conservare applicazioni legacy); inoltre si possono installare e provare applicazioni senza intaccare in alcun modo la configurazione del sistema ospitante (“host”).
Nell’articolo Come usare Virtualbox e perché, cui vi invitiamo a fare riferimento, abbiamo presentato gli altri benefici di Virtualbox e spiegato come il programma può essere di grande aiuto in molteplici situazioni.
In calce allo stesso articolo abbiamo presentato una serie di guide pratiche per l’utilizzo di Virtualbox e la personalizzazione del suo comportamento.

Prima di installare e usare Virtualbox è bene controllare di aver attivato a livello BIOS/UEFI le estensioni per la virtualizzazione: solo così le macchine virtuali potranno lavorare con le massime prestazioni: Come attivare la virtualizzazione in Windows.

Virtualbox giunge alla sesta versione: ecco le principali novità

Il 18 dicembre 2018 gli sviluppatori Oracle hanno rilasciato Virtualbox 6.0.0, prima versione del software per la virtualizzazione che supporta esclusivamente le versioni a 64 bit dei sistemi operativi.
Chi avesse la necessità di eseguire Virtualbox su sistemi a 32 bit può continuare a installare la release 5.2 del programma che continuerà ad essere supportata fino al 2020.

Balza subito all’occhio come le dimensioni del file d’installazione di Virtualbox 6.0.0 siano raddoppiate rispetto alla precedente versione; nonostante questo, il sistema di gestione delle macchine virtuali occupa sostanzialmente lo stesso quantitativo di memoria RAM.

La nuova versione di Virtualbox può essere installata, come sempre, al di sopra delle precedenti release che verranno automaticamente aggiornate conservandone sia le impostazioni che le macchine virtuali configurate.

Come conferma il changelog, Virtualbox 6.0.0 utilizza innanzi tutto un’interfaccia utente completamente rivista e aggiornata così da risultare di più immediato e semplice utilizzo, facilitando anche la procedura guidata per la creazione delle macchine virtuali (al debutto la nuova Modalità esperta).

La nuova versione di Virtualbox migliora il supporto HiDPI ed effettua in maniera migliore lo scaling della risoluzione video; abbraccia completamente il supporto 3D per i sistemi operativi Windows guest oltre all’emulazione VMSVGA 3D su Linux e Solaris installati all’interno di macchine virtuali; aggiunto anche il supporto per le configurazioni che prevedono l’utilizzo di speaker surround.

Virtualbox 6.0.0 introduce anche un nuovo file manager affinché l’utente possa controllare più efficacemente le operazioni di copia tra sistemi host e guest oltre che agire in modo più semplice sul file system.

L’utilità vboximg-mount è stata aggiunta nella versione di Virtualbox installabile sui sistemi macOS: essa permette di montare e accedere al contenuto delle macchine virtuali dal sistema host.

Infine, gli sviluppatori hanno inserito il supporto di Microsoft Hyper-V come fallback sugli host Windows (in questo modo è possibile evitare l’impossibilità di eseguire alcune macchine virtuali) e previsto la possibilità di esportare le macchine virtuali verso la Oracle Cloud Infrastructure.

Per approfondire, suggeriamo anche la lettura dell’articolo Macchina virtuale, cos’è e come velocizzarla.

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Sony A7 III e A7R III: il firmware 2.10 risolve il bug del 2.0

Author: Le news di Hardware Upgrade

Poco più di una settimana fa era stato rilasciato un avviso da parte della società nipponica circa una problematica che affliggeva il firmware 2.0 su Sony A7 III e Sony A7R III. Ora, il produttore ha annunciato il rilascio della versione aggiornata che corregge il bug mettendo al sicuro i dati degli utenti che utilizzano i due modelli di fotocamera.

Sony A7R III

Con il firmware 2.10 disponibile sul sito del produttore per Sony A7 III e Sony A7R III è quindi possibile mettersi al riparo dalla perdita di parte degli scatti catturati in RAW. La problematica era presente quando si utilizzavano schede SD già impiegate per altri scatti selezionando il formato RAW.

Questo, in alcuni rari casi, poteva portare al blocco delle fotocamere Sony A7 III e Sony A7R III durante la scrittura con conseguente perdita della fotografia appena scattata. Le immagini salvate sulla SD non subivano alterazioni (possibile la corruzione del database delle immagini, comunque recuperabile).

Ora grazie al firmware 2.10 non si presenterà più questo problema ed è caldamente consigliato l’aggiornamento a tutti i possessori. Altra modifica è il miglior supporto per schede SD di terze parti che non venivano riconosciute in precedenza. I link per il download sono i seguenti: