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[GALLERIA] Huayra Roadster by Luca Crotti Photography

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Autore: Tom’s Hardware

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In rilascio la patch di Marzo per Sony Xperia X, X Performance, X Compact e XZ

Gli sviluppatori di Sony hanno nelle scorse ore avviato il roll out della patch di sicurezza relativa al mese di Marzo. Non si tratta del primo produttore in assoluto a rilasciarla ma nemmeno dell’ultimo, dal momento che alla lista ne mancano ancora tanti. Gli smartphone coinvolti nell’aggiornamento sono il Sony Xperia X, X Performance, X Compact e XZ.

Informazioni tecniche sulla patch per i Sony Xperia X, X Performance, X Compact e XZ

Dal punto di vista tecnico, l’aggiornamento OTA in fase di rilascio porta la versione firmware alla numero 39.2.A.0.442 per il Sony Xperia X Performance ed il Sony Xperia XZ ed al numero 34.2.A.0.333 per tutti gli altri modelli.

Dalle prime segnalazioni sembrerebbe che l’aggiornamento non apporti altro che la patch di Marzo. Molto probabilmente però saranno presenti i soliti bug fix per migliorare l’ottimizzazione e la fluidità di tutto il sistema.

Il roll out dovrebbe essere completato velocemente

Dal momento che il numero di unità da aggiornare non è molto elevato, crediamo che il roll out possa raggiungere tutti i modelli nel giro di poche ore. Vi ricordiamo che per controllare manualmente la disponibilità di un aggiornamento, vi basta recarvi nelle impostazioni generali.

In attesa di avere delle informazioni per quanto riguarda la patch di Marzo per tutto il resto della line up di Sony, vi vogliamo anche ricordare che il nuovo Sony Xperia XA1, presentato durante il Mobile World Congress 2017 di Barcellona, è già in fase di pre-ordine nel Vecchio Continente ad un prezzo alquanto basso per gli standard a cui ci ha abituato Sony.

VIA  VIA

Autore: Android Blog Italia

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iPhone 6S explodes before CCTV cameras


Tame Apple Press says there is nothing to worry about

The Tame Apple Press is playing down CCTV footage of an iPhone 6 Plus exploding.

Australian Simon Owen shared CCTV footage on social media after the “battery failed and exploded”.

The footage shows the customer pressing his thumbs down on the iPhone, which already has a cracked screen, before smoke fills the shop.

“A customer came into the store with screen damaged iPhone 6+ for repair. [They] wanted to repair a broken screen and complained of the Apple brand battery not holding charge,” a spokesperson for the store said.

He had just got around to removing the customer’s Otterbox [smartphone case] and was preparing to book the phone in.

“Then, the customer picked up [the] phone and applied a regular amount of pressure to the screen, the same as any normal person would do every day during regular use.

“The battery failed and exploded. The initial force of the explosion caused the screen to come off the phone.

According to the Sydney Morning Herald it was a total coincidence that it happened when he was talking to the repairer and that it was filmed so that it could not be denied by the Tame Apple Press.

On the plus side the customer bought Owen a crate of beer after the incident which helped calm his nerves considerably.

While Apple is saying nothing about the incident the Tame Apple Press insists that there is nothing to worry about because the screen was already cracked and it is clear that the Apple fanboy did not care for his phone. For a start he had not taken it into a genius bar to be fixed.

One newspaper even implied that it was a fake because the serial number also appears to have been scratched off. There are also no reports of the owner of the phone reporting the issue to Apple.

We wonder how they knew that. Did some reporter ring the press office and listen to an Apple Press Officer saying they had no reports of an iPhone 6S exploding and the hack accepted that as true?

The video does not look faked to us.

Autore: Fudzilla.com – Home

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Qualcomm: Snapdragon è sinonimo di piattaforma non di processore

Qualcomm si accinge a un cambio di nomenclatura che riguarderà la famiglia Snapdragon. Non si parli più di processori ma di “piattaforma”. L’azienda californiana presenta anche il nuovo marchio Qualcomm Mobile che racchiuderà i processori “non-premium”.

Qualcomm si accinge a una vera e propria rivoluzione per ciò che riguarda la “nomenclatura” dei suoi processori per dispositivi mobili.

L’azienda californiana ha annunciato il primo “aggiornamento” relativo alla famiglia Snapdragon spiegando che d’ora in avanti ci si riferirà a questi prodotti non più come “processori” ma come “piattaforma”.
I vertici di Qualcomm spiegano che gli Snapdragon sono molto più che una semplice CPU: si tratta di prodotti che integrano componenti hardware, software e servizi; impossibili da racchiudere nella definizione di processore.

Qualcomm: Snapdragon è sinonimo di piattaforma non di processore

Oltre al SoC (System-on-a-Chip) in sé – contenente CPU, GPU, DSP e modem – gli Snapdragon supportano tecnologie RF senza le quali il dispositivo mobile non sarebbe in grado di elaborare segnali, effettuare una chiamata o permettere la navigazione sul web; la ricarica rapida Qualcomm Quick Charge (vedere Ricaricare più velocemente la batteria dello smartphone); il DAC (convertitore digitale-analogico) audio Qualcomm Aqstic; le specifiche Wi-Fi 802.11ac e 802.11ad, i controller touch e la tecnologia per il riconoscimento delle impronte digitali.L’obiettivo di Qualcomm è evidentemente quello di ampliare la sua offerta oltre i singoli chip e specificare meglio tutte le funzionalità e i servizi disponibili per i produttori di dispositivi.
Anche perché le tecnologie che vengono proposte non sono più al servizio dei soli smartphone ma possono essere utilizzate anche nel mondo IoT (Internet delle Cose), nel settore automotive e su cosiddetti “mobile PC” (Qualcomm svela i piani futuri: Snapdragon 835 sui PC Windows 10).
D’ora in avanti, inoltre, solo le piattaforme premium manterranno il brand Snapdragon, mentre i processori delle piattaforme della serie 200 rientreranno sotto il nuovo marchio Qualcomm Mobile.

Autore: IlSoftware.it

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Ecco come gli hacker russi sono entrati in centinaia di milioni di account Yahoo

Spie russe e alcuni team di hacker avrebbero collaborato per irrompere nelle centinaia di milioni di account Yahoo violati negli scorsi anni. A dirlo è il Dipartimento di Giustizia statunitense all’interno di un annuncio di mercoledì scorso. La violazione di cui si parla è quella annunciata negli scorsi mesi riguardante oltre 500 milioni di account degli utenti che avevano riposto la propria fiducia nel colosso americano. Una delle più grandi violazioni di tutti i tempi.

Sul documento si legge che i team di hacker sono riusciti ad entrare in possesso di una directory privata contenente i nomi utente degli account Yahoo, le password cifrate, ed altre informazioni. In seguito hanno utilizzato i dati raccolti per ingannare i sistemi del servizio in modo che considerassero come già collegato il browser web e con il log-in già effettuato. Una tecnica sicuramente molto efficiente che non rendeva necessaria la decifratura di alcuna password.

Il trucco prevedeva la presa di mira di account specifici creando credenziali false per prenderne il possesso senza ottenere in alcun modo quelle reali, una pratica che è abbastanza routinaria nel mondo dell’hacking, ma che nel caso di Yahoo è risultata sufficiente per scardinare le difese del servizio. L’atto di accusa del Dipartimento della Difesa americano fa riferimento ad un’indagine condotta dalla FBI, che sostiene che alla base di tutto c’è il furto del database di utenti del servizio.

Un’operazione portata a compimento dal noto hacker Alexsey Alexseyevich Belan, che avrebbe ottenuto l’accesso e quindi rubato “almeno una porzione” del database. Il file è da intendersi come una sorta di Pagine Gialle del servizio online: al suo interno infatti troviamo nomi utente, password cifrate e una serie di informazioni sensibili appartenenti agli utenti del servizio. È un file segreto e assolutamente delicato, e non nasce per essere accessibile al pubblico.

La parte più delicata del database, nella fattispecie, era quella relativa alle “informazioni richieste per creare manualmente i cookie di autenticazione per i web browser”, recita il documento. Quando si visita un sito web sul computer viene registrato un file, chiamato cookie, che contiene alcune informazioni sullo stesso utente, se è già stato effettuato il log-in e se sì con quale account. Quando si torna sul sito, il servizio controlla la presenza del cookie e verifica se è scaduto.

Molti siti possono accettare accessi automatizzati attraverso il cookie per un periodo che può durare anche 30 giorni, e solo dopo questo periodo di tempo il cookie può essere considerato scaduto e bisognerà compiere nuovamente l’accesso. In molti casi, se il cookie non è scaduto, l’accesso è garantito senza la richiesta di alcuna credenziale perché, di norma, il servizio e il computer possono stabilire se si sta utilizzando lo stesso computer e lo stesso browser.

Il cookie induce a far credere al servizio che l’utente ha ancora l’accesso disponibile. Spiegato in breve nel caso di Yahoo gli hacker hanno trovato la ricetta per forgiare i cookie del servizio grazie ai dati raccolti nel database trafugato. In questo modo potevano creare sostanzialmente qualsiasi tipo di cookie di cui avessero bisogno falsificando le informazioni di accesso per ogni singolo account. Per violarne uno di quelli presenti nel database, quindi, non era neanche necessaria la password.

Utilizzando questo metodo li hacker hanno ottenuto l’accesso di almeno 6.500 account estremamente mirati, inclusi quelli di giornalisti e politici russi, oltre ad aver utilizzato oltre 30 milioni di account per diffondere campagne di spam in modo da generare proventi dall’atto criminoso. 

Autore: Le news di Hardware Upgrade