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Tutte le feste e i ponti nel 2023

Author: MondoLavoro

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Lavoro

Proroga smart working fino al 31 marzo 2022, ecco chi può usufruirne

Author: MondoLavoro

Nei giorni scorsi la Commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento alla manovra 2023 che prolunga lo smart working, modificando al tempo stesso le sue modalità di applicazione. Fino al 31 dicembre rimane in vigore la procedura prevista nel decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali licenziato il 22 agosto 2022.

Le modifiche allo smart working nella manovra 2023

La nuova Legge di Bilancio prevede un proseguimento dello smart working semplificato fino al 31 marzo 2023 per i lavoratori fragili, ossia coloro che sono quelli “affetti da gravi patologie croniche con scarso compenso clinico” facendo riferimento al Decreto del Ministero della Salute pubblicato il 4 febbraio 2022.

Tuttavia, la misura non è stata riproposta per i genitori di figli under 14, che si troveranno con il nuovo anno a dover contrattare singolarmente con i propri datori di lavoro per mantenere questa modalità. La conciliazione tra occupazione e gestione familiare è uno dei fattori che pressano maggiormente i giovani genitori.

In particolare, la difficoltà a bilanciare la cura dei figli e gli orari lavorativi è una della principali cause di dimissioni volontarie delle donne, su cui ancora culturalmente grava il maggior carico del lavoro domestico. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha pubblicato un rapporto sulle dimissioni nel 2020: prendendo in considerazione i lavoratori che sono anche genitori di bambini nella fascia d’età 0-3 anni che si sono dimessi volontariamente, ossia 42.377 persone, il 77,4% si riferisce alle madri e solo il 22,6% ai padri (30.911 a fronte di 9.110 rapporti di lavoro terminati volontariamente). 

Inoltre, sempre l’anno 2020, guardando alle donne tra i 25 e i 49 anni, solo il 53,9% delle madri con almeno un figlio in età prescolare ha un impiego a fronte del 73,9% delle donne senza figli.

Lo smart working certamente non è la panacea a tutti i mali (non si può applicare a tutte le professioni e non tutte le aziende permettono un’applicazione dell’orario di lavoro flessibile, preferendo il telelavoro), eppure per molte famiglie ha permesso in questi ultimi due anni di contenere i costi di asilo nido e babysitter, specie per quelle che non possono contare sul sostegno dei nonni per la cura dei bambini. 

Inoltre, limitare costi e tempi di trasferimento da e verso il posto di lavoro è una possibilità apprezzata da molti, sia sul fronte economico che nella gestione della vita. Essere già a casa nel momento in cui si termina di lavorare permette di avere più tempo da dedicare alla casa, alla famiglia, ai propri passatempi…  

Diverse grandi aziende stanno testando diverse modalità di orario breve (es. 4 giorni di lavoro per lo stesso stipendio) o di lavoro ibrido, cercando delle soluzioni che siano anche più rispettose della salute mentale dei dipendenti. Tuttavia, il mercato del lavoro italiano sembra in generale restio a cambiamenti: malgrado le trasformazioni obbligate dalla pandemia, l’obiettivo generale sembra tornare allo status quo precedente al Coronavirus, anziché utilizzare l’esperienza degli ultimi due anni per ottimizzare i processi e migliorare le condizioni di lavoro nelle imprese.

I punti critici della proroga smart working

Gli esperti sono scettici riguardo alla restrizione dello smart working, osservando non solo come siano penalizzati i genitori, ma anche i caregiver, considerando che molte persone fragili, anche se lavoratrici, hanno bisogno di assistenza. 

Inoltre, preoccupa la limitazione temporale: cosa accadrà tra tre mesi? La preoccupazione è condivisa sia dai lavoratori che dalle aziende, per la difficoltà a fare piani più lunghi nel tempo. 

Nel frattempo, si lavora per ulteriore proroga almeno fino al 30 giugno e per estendere le misure anche a favore dei lavoratori fragili che non possono svolgere le proprie mansioni in modalità agile.

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Lavoro

L’evoluzione dell’e-commerce prima, durante e dopo il Covid

Author: MondoLavoro

Fare acquisti online è diventato un gesto banale e quotidiano quasi per tutti, ormai, ma fino a pochi anni fa era considerato un gesto da “smanettoni”. In parte questo cambio di abitudini è dovuto al radicamento di Amazon in una posizione sempre più forte (grazie anche a servizi come Prime, che hanno abituato le persone a comprare gli oggetti più disparati e a riceverli a casa in poche ore), ma se ci fermiamo a pensare a quanto abbiamo influito la pandemia sulle scelte di consumo dei cittadini italiani potremmo restare sbalorditi.

L’e-commerce prima del Covid

Sebbene dal 2015 al 2019 l’e-commerce in Italia sia quasi raddoppiato, la sua incidenza lasciava perplessi gli addetti ai lavori, perché valeva nel 2019 poco più del 7% del sell-out totale. Nel 2019 in Italia ha generato il 65% della crescita retail complessiva.

L’e-commerce è diventato decisivo nello sviluppo di nuovi modelli relazionali con i consumatori fortemente innovativi. Inoltre il successo dell’e-commerce e la nascita di nuove modalità di acquisto e di interazione hanno cambiato il significato originario del negozio fisico, che non è più l’unica possibilità di accesso fisico al prodotto. In questo processo di trasformazione, i retailer tradizionali hanno attribuito al negozio nuove funzionalità, prevalentemente in ottica relazionale, demandando la fase transazionale all’e-commerce.

L’e-commerce durante il Covid

Le conseguenze della pandemia e del primo lockdown hanno avuto un impatto su moltissime abitudini quotidiane, così come sulle scelte di consumo. Chiusi in casa e con una buona parte dei negozi chiusi in quanto venditori di beni considerati dai decreti quali “non necessari”, moltissimi italiani sono stati obbligati a cercare quei beni in rete. 

Questo ha portato ad una crescita delle vendite di prodotti di largo consumo online passando da un 81,0% a un +162,1% (dato rilevato da Nielsen).

Solo nel 2020 si sono infatti registrati oltre 2 milioni di nuovi consumatori online nel nostro paese, di cui 1,3 milioni sono arrivati alle piattaforme di acquisto digitale proprio durante l’emergenza sanitaria del Covid-19 (dati di Osservatorio eCommerce B2C).

Nei giorni di lockdown, sono aumentate sensibilmente le vendite di prodotti per gli animali (+154%), quelle di cibi freschi e confezionati (+130%), e i prodotti per la cura della casa (+126%) e della persona (+93%). 

Per la prima volta il settore grocery si è avvicinato notevolmente all’e-commerce. La soluzione più immediata è stata l’utilizzo di soggetti terzi già presenti online. Sono diversi i ristoranti che hanno digitalizzato la propria offerta di piatti pronti attraverso piattaforme di food delivery e tanti i supermercati che hanno attivato l’e-commerce mediante alleanze con piattaforme che già da tempo abilitano la spesa online di alcune strutture della grande distribuzione.

Le vendite online in Italia per il 2020 hanno rappresentato un fatturato complessivo di 30,6 miliardi di euro, con il 76,5% rappresentato da acquisti di prodotti e il restante 23,5% investito in servizi. Sono anche cambiate le modalità di acquisto: mentre fino al 2019 si acquistava principalmente da computer, durante l’anno pandemico il 51% delle transazioni su e-commerce è avvenuto via smartphone (con un aumento del 42% rispetto all’anno precedente).

Le categorie merceologiche più e meno vendute

Chi ha fatto faville…

Secondo i dati di Amazon nel 2020 le categorie che sono cresciute maggiormente in termini di vendita sono state le mascherine chirurgiche, che crescono del +12.559%, la spesa online – che è il driver dell’e-commerce – +5436%, e i prodotti per fare palestra in casa + 1053%.

Le prime 10 categorie di prodotti più venduti tramite l’e-commerce durante il coronavirus sono state:

  • guanti monouso (+670%)
  • macchine per il pane (+652%)
  • prodotti per tosse e raffreddore (+535%)
  • zuppe (+397%)
  • cereali secchi e riso (+386%)
  • cibo in scatola (+377%)
  • coppe di frutta confezionate (+326%)
  • attrezzatura per l’allenamento con pesi (+307%)
  • latte e panna (279%)
  • prodotti per lavare i piatti (275%)

… e chi è rimasto indietro

Non c’è da stupirsi se durante il 2020 hanno registrato perdite tutti quei produttori di beni che normalmente si usano per uscire, quali borse da lavoro (-48%) e i prodotti usati per gli spostamenti, borse da viaggio, valigie. In ogni caso, come si vede, le categorie in decrescita sono poche e decrescono in maniera tutto sommato contenuta.

Le prime 10 categorie di prodotti meno venduti tramite l’e-commerce durante il coronavirus sono:

  • valigeria (-77%)
  • ventiquattrore (-77%)
  • macchine fotografiche (-64%)
  • costumi da bagno per uomo (-64%)
  • abiti da sposa (-63%)
  • abbigliamento formale da uomo (-62%)
  • costumi da bagno per donna (-59%)
  • maglia per sport acquatici (-59%)
  • scarpe da atletica per uomo (-59%)
  • borse da palestra (-57%)

I rischi degli acquisti online 

Questo boom appena descritto ha ovviamente dei lati negativi, non solo sulle forme tradizionali di commercio, ma anche nell’aumento di frodi, truffe e attacchi informatici.  

I criminali informatici hanno approfittato del grande numero di informazioni veicolate verso i siti web durante il lockdown, poiché sempre più utenti rimangono online per tanto tempo condividendo dati sensibili per hacker.

L’FBI (Internet Crime Report) ha riportato che l’Italia è uno dei paesi occidentali più colpiti dalle frodi, con oltre 21.800 casi rilevati nel 2020. Il danno stimato complessivo sfiora i 125 milioni di Euro. Una situazione che continua a crescere, secondo il report della Polizia Postale 2021 che ha segnalato un aumento del 27% dei tentativi di raggiro online rispetto all’anno precedente.

Quali sono le frodi più diffuse? La richiesta di dati sensibili, il dirottamento di pagamento su siti attaccati, ma anche le classiche offerte “incredibili” su beni di lusso e di status. 

Un esempio sono i messaggi e le email di hacker che si spacciano per corrieri e che richiedono dati sensibili o un piccolo pagamento per sbloccare una consegna: sono molte le persone che sono cadute in questa truffa, specie se non sono abituate agli acquisti in rete.

E dopo il Covid quale sarà il futuro dell’e-commerce?

È evidente che le abitudini di consumo sono cambiate e non c’è intenzione o volontà di tornare indietro. Malgrado la congiuntura economica negativa, tra guerra e inflazione, l’Osservatorio eCommerce B2c ha registrato che l’e-commerce continua a crescere per chi vende prodotti (+8% rispetto al 2021, con 33,2 miliardi di euro), mentre si assiste a un vero boom degli acquisti di servizi online (+59% – 14,9 miliardi di euro). 

L’incremento dei costi di energia e materie prime e l’impatto della diminuzione dell’export verso paesi come la Russia si fanno sentire sul mercato italiano, e questo vale anche per le vendite digitali. 

Inoltre, rispetto al 2020 dove sembrava una netta guerra tra le modalità di vendita tradizionali e gli e-commerce, sta emergendo che i consumatori prediligono i modelli retail che sappiano coniugare i punti di forza di tutte le modalità di acquisto, cercando di prendere i vantaggi di entrambe le modalità. Per esempio, la possibilità di verificare la presenza dei prodotti in negozio prima di recarvisi e, in alternativa, di poter ordinare online quanto non disponibile a scaffale, formule di “click&collect” (pagando magari in contanti al momento del ritiro). D’altro canto sono sempre più le società digitali che sperimentano popup store o altri progetti alternativi in luoghi nodali delle grandi città per raggiungere più persone. 

Fondamentale rimane la logistica, che dovrà adeguarsi al nuovo commercio di prossimità, imparando a gestire in modo più dinamico la disponibilità dei prodotti distribuiti su tutto il territorio e non solo sui magazzini centrali.

L’altro punto su cui sempre più consumatori si stanno interrogando è la sostenibilità degli acquisti online. La presenza online è fortemente raccomandata per le attività commerciali, che possono scegliere se appoggiarsi a grandi piattaforme come Amazon o eBay oppure crearsi il proprio e-commerce indipendente. 

Per chi decide di avere la propria piattaforma di vendita indipendente, è stata stilata una lista di  5 consigli per migliorare l’esperienza cliente nel post vendita.

  1. Aggregare su un unico pannello le informazioni sulle spedizioni in corso (il cosiddetto tracking) di tutti i corrieri utilizzati, per non farsi sfuggire segnalazioni dei clienti o problemi incontrati dallo spedizioniere.
  2. Anticipare le richieste dei destinatari di spedizioni con criticità, andandole a filtrare e gestendole in modo organico, in modo da non impazzire tra molteplici canali e soddisfare il cliente, prima che subentri la frustrazione o – peggio – la lamentela e l’eventuale recensione negativa.
  3. Mantenere le promesse quando ci si interfaccia col cliente: è sempre preferibile fornire tempi un po’ più larghi, per sorprendere l’utente, quando si è trovata la soluzione al problema specifico.
  4. Automatizzare l’invio delle informazioni ai destinatari,tramite email o SMS: in questo modo, il cliente si sente seguito dall’e-commerce fino alla consegna al domicilio e soprattutto riceve aggiornamenti precisi senza dover chiamare e mandare messaggi.
  5. Personalizzare i messaggi sulla consegna: consultando una tracking page brandizzata con logo, colori e stile aziendale non subirà una “frattura” nell’esperienza con lo shop, come se la consegna fosse “solo questione del corriere”.

L’e-commerce è sempre stata una grande sfida fin da prima del lockdown. Ora e in futuro diventerà un requisito fondamentale per il successo di tutte quelle aziende che vogliono restare al passo con i tempi: non è un caso se sono diverse le figure professionali legate all’ecommerce sempre più ricercate. Scopri quali sono!

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Mulettista di magazzino

Author: Monster Job

Al Centro S.p.A., agenzia per il lavoro, ricerca per azienda cliente: MULETTISTA / CARRELLISTA DI MAGAZZINO

Il candidato ideale ha maturato una precedente esperienza nel ruolo ed è in possesso del patentino del muletto.

Luogo di lavoro: Casalbuttano ed Uniti (Cremona).

Orario di lavoro: A giornata o due turni, dal lunedì al venerdì.

Il presente annuncio è pubblicato da Al Centro Spa – Agenzia per il Lavoro Aut. Prot. 0000079 del 16-06-2022 ai sensi della L.903/ 77, del D.Lgs. 198/ 2006, del D.Lgs. 215/ 2003, del D.Lgs. 216/ 2003 e nel rispetto del D.Lgs. 276/ 2003 art.9. I candidati sono invitati a leggere l’informativa sulla privacy (Reg. UE 2016/ 679) presente sul sito di Al Centro spa.  

 

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Le professioni dell’e-commerce

Author: MondoLavoro

Gestire un e-commerce non è banale come si può pensare. Ci sono molti aspetti da curare prima di lanciare online il portale e nella manutenzione ordinaria, come la gestione del magazzino e delle spedizioni, la cura dei dati del clienti e così via. Ecco le professioni dell’e-commerce più ricercate:

E-commerce manager

Uno dei profili più ricercati nell’ambito delle vendite online è l’e-commerce manager, il “gestore” del punto vendita digitale. Le mansioni di questo ruolo prevedono la pianificazione delle strategie di vendita e marketing digitali, il coordinamento degli altri ruoli professionali impegnati sull’e-commerce e la supervisione delle operazioni di vendita e della corretta attuazione delle politiche aziendali.

L’e-commerce manager si occupa dello sviluppo del negozio online. Il suo scopo è aumentare la competitività del portale massimizzando i ricavi e lavorando con il team per offrire la migliore esperienza di navigazione, e di conseguenza di acquisto, agli utenti della piattaforma. Entrando nel dettaglio, si occupa di:

  • Monitorare l’andamento delle vendite e coordinare il team dedicato all’e-commerce;
  • Selezionare o indicare prodotti innovativi coerenti con le scelte dei clienti e curare la politica dei prezzi;
  • Gestire i canali di vendita; 
  • Incrementare le vendite;
  • Migliorare la customer experience sulla base dei dati raccolti anche grazie a strumenti di web analytics;
  • Predisporre i vari processi di pagamento e servizi post-vendita, verificandone il corretto funzionamento;
  • Intrattenere rapporti con i fornitori e pianificare la logistica;
  • Verificare la disponibilità di magazzino e gestire i riordini.
  • Controllare i commenti e le recensioni ricevuti dai clienti

Programmatore e-commerce

Il web developer orientato all’e-commerce è fondamentale per avere un portale funzionante. Si tratta di un tecnico informatico che gestisce la struttura del sito web, creando i modelli delle schede prodotto e delle categorie, assicurandosi che i percorsi per arrivare alla conclusione dell’acquisto funzionino e inserendo banner e altri strumenti promozionali (es. codici sconto temporanei). 

Fondamentale è la conoscenza dei principali linguaggi web:

  • HTML5
  • CSS3
  • PHP
  • Javascript

Inoltre è richiesto conoscere le principali piattaforme su cui si appoggiano gli store digitali, quali WordPress e Woocommerce oppure Shopify.

Web marketing manager

Il web marketing manager coordina e pianifica le attività di digital marketing attraverso vari canali (SEO, SEM, affiliate marketing, google ADV, social, ecc) e coordinando i diversi specialisti che se ne occupano. 

Suo compito è analizzare il mercato di riferimento e i diversi concorrenti già posizioni per pianificare e ottimizzare le strategie di vendita, facendo sempre riferimento al target dell’azienda e alle aspettative ed esigenze dei consumatori. Inoltre deve monitorare i risultati ottenuti mettendoli in relazione all’investimento iniziale. Questo avviene utilizzando i report delle vendite e delle varie campagne attivate.

Web content editor

L’e-commerce indipendente non può limitarsi alla singola vetrina di prodotti o servizi, ma deve servirsi delle tecniche di narrazione e di comunicazione digitale per raccontare l’azienda, i valori che incarna e la qualità e i vantaggi dei suoi prodotti e servizi. Ecco che entra quindi in scena il web content editor, che progetta i contenuti testuali originali e li inserisce nelle varie pagine del portale per comunicare al meglio lo spirito aziendale.

SEO Specialist

La produzione dei contenuti testuali però non può non tenere conto dei criteri con cui le pagine web vengono posizionate sui principali motori di ricerca: è questo posizionamento che determina la possibilità di raggiungere in maniera organica (ossia, senza ADS) quante più persone possibili. 

Pensaci: quante pagine di risultati scorri sul tuo motore di ricerca, mediamente? Probabilmente non arrivi neanche in fondo alla prima. Ecco perché l’ottimizzazione dei contenuti dell’e-commerce è fondamentale per cercare di avere quante più schede o prodotti in prima pagina su quante più chiavi di ricerca possibili. 

Questo è il lavoro del consulente SEO, che lavora in tandem con il web content editor, chiedendo anche a quest’ultimo di creare dei contenuti appositamente per andare a coprire delle chiavi di ricerca interessanti. Il suo compito è ottimizzare le pagine web già presenti sull’e-commerce, le schede prodotto, analizzare le parole chiave più interessanti per il portale e per i suoi competitor utilizzando anche dei software specifici. 

È una delle figure attualmente più ricercate: per offrire questo tipo di consulenza è necessario possedere competenze specifiche in ambito SEO, linguaggio HTML, content marketing e nell’utilizzo dei principali software web analytics.

SEM Specialist

Da non confondere con l’esperto SEO, il SEM specialist si occupa delle campagne pubblicitarie, ad esempio su Google ADS. Si occupa di identificare i target e creare le campagne creando gli annunci e ottimizzando le destinazioni al fine di aumentare le conversioni. Crea anche report sia delle proprie campagne che dei competitor e lavora a stretto contatto con il SEO specialist.

Email marketing manager

L’email marketing è un tassello fondamentale per fidelizzare i clienti e per la customer care. Lo specialista in questo caso si occupa di analizzare i comportamenti dei clienti e definire dei piani per acquisire clienti e portarli a effettuare più di un acquisto. 

Crea una rete di email automatizzate, grazie a software come Mailchimp o SendInBlue, allo scopo di promuovere il brand. Inoltre gestisce i database di contatti associati agli acquisti effettuati, che analizza per creare campagne, promozioni temporanee e newsletter organizzando diversi flussi di mail. 

Importante anche conoscere le normative per le leggi sul trattamento dati, come la GDPR europea, in modo da tutelare l’azienda e la privacy dei clienti.

Può sembrare dall’esterno un lavoro banale, eppure questo ruolo richiede diverse competenze quali: 

  • Conoscenza delle logiche CRM;
  • Linguaggio HTML;
  • Analisi dei target e dei bisogni dei clienti.
  • Tracciamento dei dati.

Social media manager

Oggi non si può fare a meno dei social network: le principali piattaforme permettono di creare delle vetrine con cui presentare i prodotti ai potenziali clienti, e creare contenuti che raccontino il brand e le sue proposte. Inoltre è possibile creare inserzioni che portino le persone all’e-commerce. Quindi, un social media manager è fondamentale. 

Affiliate marketing manager 

Nessun e-commerce è un’isola. Le partnership sono importanti e questa figura professionale si occupa di sviluppare i canali di affiliazione commerciale promuovendo rapporti con publisher e advertiser. Il suo ruolo è curare i piani di marketing con i partner interni ed esterni e promuovere i prodotti con programmi di affiliazione, monitorando i risultati delle iniziative intraprese.