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Samsung Kicks Off Mass Production of 64GB RDIMMs Using 16Gbit Chips

Author: Ryan Smith AnandTech

Back in March, Samsung first demonstrated their next-generation 64GB DDR4 Registered DIMMs. Based on Samsung’s new 16Gbit DDR4 memory chips, these new RDIMMs would offer 64GB of memory capacity in a standard dual-rank RDIMM, effectively doubling the capacity of mainstream servers. Now this afternoon, in conjunction with AMD and HPE, Samsung is announcing that they’ve kicked off mass production of these DIMMs.

Up until now, the largest dual-rank RDIMM available has been 32GB, owing to the capacity limitations imposed by 8Gbit memory chips. 64GB RDIMMs have been available, but these require a more esoteric quad-ranked configuration that comes at a higher cost and with additional performance and compatibility tradeoffs. However now that the company is finally producing 16Gb DDR4 chips, Samsung can produce simpler “monolithic” dual-ranked DIMMs of the same capacity, culminating in these new DDR4-2666 RDIMMs.

Marking the release of these DIMMs, Samsung has been working with AMD and HPE to validate the new DIMMs and demonstrate the benefits of them. The first system that’s getting qualified to use the new RDIMMs is HPE’s ProLiant DL385 Gen10, a sizable dual-CPU AMD EPYC 7000-based system with 16 DIMM channels. With dual-ranked RDIMMs it’s possible to install them at two DIMMs per channel, meaning the total capacity of the system is 32 DIMMs, or 2TB in a single EPYC server. Meanwhile HPE’s ProLiant DL325 Gen10 – their single-processor counterpart – is also being qualified, ultimately allowing it to reach 1TB of RAM.

In terms of performance, Samsung is stating that power consumption is 19% lower than a 2x32GB RDIMM setup, similar to their claims from earlier this year. At HPE’s Discover event next week, the company will also be showing off the RDIMMs and talking about performance – I’m hearing that they’re claiming a 12% performance improvement, though it’s not clear whether the performance improvement is from higher memory speeds and tighter latencies from denser DIMMs, or if Samsung is using another metric.

Ultimately however, 64GB RDIMMs are the tip of the iceberg. Once applied to quad and octal-ranked DIMMs with TSV, Samsung will be able to churn out 256GB DIMMs. Samsung expects to be sampling these DIMMs by the end of the year.

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Schede madri ASUS Z370: fino a 200 euro di sconto, anche in abbinamento con SSD e memorie Optane

Author: IlSoftware.it

Schede madri ASUS Z370: fino a 200 euro di sconto, anche in abbinamento con SSD e memorie Optane

ASUS lancia una promozione che prevede rimborsi fino a 200 euro per tutti coloro che acquisteranno una scheda madre singola o in abbinamento con SSD Intel 760p oppure memorie Intel Optane.

Da oggi 11 giugno fino al prossimo 15 luglio ASUS presenta in promozione ben 15 sue schede madri di alto livello.
Si tratta di motherboard basate su chipset Z370 che, se acquistate presso i rivenditori selezionati indicati da ASUS (AK Informatica, Computer Shop, Diesse Informatica, Drako, e-Price, Infograf, Mister Web, Monclick, Tradeco e Zetaelle) permetteranno di ricevere un rimborso fino a 200 euro.

Le schede madri che fanno parte dell’operazione possono essere comprate sia singolarmente che “in accoppiata” con una memoria Intel Optane da 16 o 32 GB oppure con un SSD M.2 Intel 760p da 128, 256 o 512 GB di capienza.

Schede madri ASUS Z370: fino a 200 euro di sconto, anche in abbinamento con SSD e memorie Optane

Visitando la pagina dedicata all’iniziativa è possibile conoscere sin da subito i modelli di schede madri e il rimborso a cui si avrà diritto a fronte dell’acquisto.
Le schede madri ASUS Z370 sono ovviamente destinate a un pubblico esigente che intenda assemblare PC ad elevate prestazioni, basati su processore Intel Coffee Lake di ottava generazione.
Si tratta di motherboard eccellenti sia per i sistemi destinati al lavoro che per le macchine adoperate dai videogiocatori (appassionati di overclocking compresi).Il rimborso verrà trasmesso da ASUS mediante bonifico bancario per tutte le richieste avanzate dai clienti tra l’11 luglio e il 31 agosto 2018.

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Riuso delle batterie e storage di rete, cosa verrà dopo l’auto elettrica?


Author: Luca QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

Qualche aggiornamento in tema di “seconda vita” degli accumulatori impiegati sui veicoli a zero emissioni e sulla possibilità di farli dialogare con il sistema elettrico. In Italia tre aziende siglano un accordo per formare un nuovo consorzio di ricerca e sviluppo.

Sarà possibile, e come, dare una “seconda vita” alle batterie usate dei veicoli elettrici? E, ancora prima, sfruttare le batterie per fornire servizi innovativi agli automobilisti e alle utility?

La domanda resta attualissima, con il previsto boom della mobilità a zero emissioni a livello globale, anche se finora il riuso/riciclo degli accumulatori non ha ancora trovato una soluzione univoca.

Anche in Italia si sta lavorando su questo fronte: ad esempio il CNR di Firenze, in collaborazione con il Cobat, aveva sviluppato in laboratorio un nuovo processo idro-metallurgico con cui recuperare i metalli “attivi” delle batterie, come litio, cobalto, nickel, manganese.

Tutti metalli che a vario titolo sono classificati come potenzialmente rari e quindi “critici”, perché il loro approvvigionamento futuro potrebbe essere influenzato da molteplici fattori di rischio, come l’andamento dei relativi mercati e prezzi, la stabilità geopolitica dei paesi produttori, l’evoluzione dei progetti minerari con la conseguente maggiore o minore disponibilità di risorse (vedi QualEnergia.it).

Intanto tre aziende attive nel campo dell’accumulo energetico, dei trasporti “puliti” e della ricerca sui nuovi materiali – Green Energy Storage, Sharengo e Materials Mates Italia – hanno appena siglato un accordo per formare il consorzio NEMo (Nuova Energia Mobile).

L’obiettivo, spiega una nota congiunta, è integrare le competenze e piattaforme tecnologiche (Green Energy Storage, ad esempio, sta approntando una nuova batteria organica a flusso), in modo da offrire diversi prodotti e servizi nel settore dell’auto elettrica, soprattutto il riutilizzo delle batterie a fine vita e le applicazioni che consentono di far “dialogare” i punti di ricarica con il sistema elettrico.

Sono le cosiddette applicazioni V2G, vehicle-to-grid, che in sintesi puntano a trasformare migliaia di singole batterie in un’unica centrale elettrica virtuale.

In pratica, grazie a programmi avanzati di gestione intelligente e flessibile della rete, gli accumulatori delle auto connessi alle colonnine possono caricarsi/scaricarsi in funzione di molteplici parametri, tra cui: surplus elettrico generato dalle fonti rinnovabili, andamento della domanda con eventuali picchi dei consumi, necessità di bilanciare qualche fluttuazione sui carichi elettrici.

Un’altra opzione è la cosiddetta “ricarica controllata” V1G che permette di gestire tempi e modi delle ricariche, senza però quel flusso bidirezionale di energia che caratterizza i sistemi V2G.

La California è tra i paesi che stanno investendo di più in questa direzione, mentre l’Italia è ancora in forte ritardo in generale su tutti gli aspetti che riguardano le vetture plug-in da attaccare alla spina.

Per quanto riguarda il riuso delle batterie esauste dei veicoli, uno studio di Bloomberg New Energy Finance (BNEF) già un paio d’anni fa evidenziava l’ampio potenziale dei dispositivi rigenerati nelle installazioni di storage stazionario di rete, che richiede prestazioni decisamente meno stressanti, in termini di frequenza dei cicli di carica/scarica, rispetto a quelle che si hanno di solito sulle vetture.

Mercedes-Benz, di recente, dopo aver comunicato la decisione di smettere di produrre batterie per il mercato residenziale con l’idea di fare concorrenza a Tesla, ha confermato che proseguirà i test per il reimpiego degli accumulatori nei sistemi di taglia medio-grande (utility-scale) destinati allo stoccaggio energetico per le linee di trasmissione e distribuzione.

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Tesla Roadster, fra gli optional anche dei ‘propulsori di razzi’: ecco come funzioneranno

Author: Le news di Hardware Upgrade

Chi vorrà ottenere le prestazioni massime dalla Tesla Roadster dovrà acquistare il “Pacchetto SpaceX”, che comprende quelli che Elon Musk ha annunciato come 10 propulsori di razzi portando alla memoria le mitiche macchine di James Bond. L’idea non è né belligerante, né per la difesa personale, ma rivolta all’ottimizzazione delle prestazioni sia in accelerazione che in frenata.

“Il pacchetto optional SpaceX comprenderà circa 10 piccoli propulsori per razzi posizionati in maniera invisibile intorno alla macchina. Questi motori miglioreranno drasticamente l’accelerazione, la velocità massima, la frenata e le capacità in curva”, ha scritto Musk su Twitter. “Forse potrebbero consentire ad una Tesla anche di volare”. In realtà, come sostenuto in seguito dallo stesso CEO di Tesla su Twitter, i propulsori di razzi non sono altro che un sistema COPV.

Con la sigla si intendono dei Composite Overwrapped Pressure Vessel, un sistema per immagazzinare aria compressa (con il processo di ricarica alimentato dal pacco batterie dell’auto) e rilasciarla alla bisogna per agevolare gli spostamenti del veicolo in tutte le direzioni. Il sistema, spiega Musk, porterà decisi benefici in termini di handling e prestazioni in accelerazione e frenata, tuttavia costringerà l’utente a fare a meno dei sedili per i passeggeri posteriori.

Musk ha ricordato che la Roadster supererà in termini di prestazioni tutte le auto a combustibile: “Diciannove anni fa, quando la mia prima azienda è stata acquisita, dovevo decidere fra comprare una casa a Palo Alto o una McLaren F1 (la miglior macchina di sempre secondo me). Non c’è stata storia. Ho comprato la F1 e un piccolo appartamento molto più economico dell’automobile. La nuova Tesla Roadster supererà tutte le auto sportive a combustibile da tutti i punti di vista”, scrive.

La Tesla Roadster di seconda generazione è stata annunciata come un’auto elettrica dalle prestazioni senza compromessi capace di umiliare qualsiasi auto di serie a combustibile ad un prezzo tutto sommato onesto: 250 mila dollari (inclusa prenotazione) per un’auto capace di raggiungere i 100 km/h in soli 1,9 secondi e i 160 km/h in 8,9 secondi, con una velocità massima di 400 km/h, il tutto con un’autonomia che dovrebbe superare i 1000 chilometri con una singola carica.

Non sappiamo se queste prestazioni siano state raggiunte con il pacchetto SpaceX o meno, tuttavia si tratta di numeri che ad oggi risultano impensabili con qualsiasi tecnologia (soprattutto per quanto riguarda l’autonomia). Il rilascio della nuova sportiva americana non è previsto così in là con il tempo: secondo i piani attuali la nuova Roadster dovrebbe infatti arrivare nel 2020.

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Sostanze chimiche tossiche: la lentezza dell’ECHA mette in pericolo la salute

Author: redattore4 Rinnovabili

Sostanze chimiche tossiche

I divieti riguardo le sostanze chimiche tossiche possono ritardare anche di quattro anni

(Rinnovabili.it) – I tempi con cui l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) mette al bando i prodotti tossici sarebbero troppo lunghi. Lo rileva uno studio dell’organizzazione legale ambientalista ClientEarth secondo cui in nove casi su dieci i divieti che riguardano l’uso di una sostanza chimica identificata come tossica dalla Commissione europea può ritardare addirittura di quattro anni. Secondo ClientEarth, la Commissione farebbe prevalere gli interessi delle aziende sulla salute dell’ambiente ma sopratutto dei cittadini dell’Unione europea. Secondo quanto riportato dal Guardian, Alice Bernard, un avvocato di ClientEarth, ha dichiarato che “una volta che l’Agenzia europea per le sostanze chimiche  valuta che i rischi provenienti da alcune sostanze chimiche sono eccessivi, la Commissione non può permettersi di rimandare eccessivamente il bando di prodotti tossici, esponendo i cittadini dell’Ue a rischi quali cancro, compromissione della fertilità e danni catastrofici ai nostri ecosistemi”.

Il dito è puntato contro il malfunzionamento del sistema normativo Reach (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) in base al quale tutti i comitati scientifici dell’ECHA devono valutare i rischi delle sostanze chimiche. A questo punto, dopo l’analisi, dovrebbe far seguito il divieto per le società di utilizzare le sostante dichiarate molto preoccupanti. Ma in attesa che la Commissione europea si pronunci, queste sostanze continuano ad essere utilizzate dalle società senza alcuna accortezza. Ne è un esempio, come rileva la ClientEarth, la sostanza nota come DEHP, una sostanza chimica usata per ammorbidire la plastica che è tossica e dannosa per gli ormoni. Benché i comitati scientifici si siano pronunciati nel 2014 e nel 2015 poiché le aziende usavano questa sostanza senza controllarne adeguatamente i rischi, la Commissione non si è mai pronunciata su un suo divieto, lasciano libere le aziende di utilizzarla. La Commissione europea si è difesa e con una nota ha sottolineato gli sforzi dell’ECHA soprattutto negli ultimi 10 anni in cui la salute dei cittadini è stata sottratta dall’esposizione di sostanze dannose. “Più di 17.000 sostanze chimiche prodotte e utilizzate nell’UE sono presenti in 65.000 fascicoli e sono state registrate come parte della procedura della Reach”.