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Facebook, un ricercatore scopre come cancellare le immagini di altri utenti

Author: IlSoftware.it

Facebook, un ricercatore scopre come cancellare le immagini di altri utenti

Una falla di sicurezza nella funzionalità per la creazione di sondaggi sul social network poteva portare alla cancellazione delle immagini degli altri iscritti a Facebook.

Un ricercatore autonomo, Pouya Darabi, ha appena scoperto una vulnerabilità in Facebook che avrebbe potuto consentire a chiunque di cancellare le altrui foto dal social network.

Nella sua analisi, l’esperto iraniano spiega che il problema risiedeva nella nuova funzionalità introdotta questo mese da Facebook e che permette di inserire immagini e GIF animate all’interno dei sondaggi.

Facebook, un ricercatore scopre come cancellare le immagini di altri utenti

Darabi ha analizzato l’URL che viene esposto da Facebook durante la fase di creazione di un sondaggio e si è accorto che l’ID delle immagini trasmesso verso i server dell’azienda di Mark Zuckerberg poteva essere sostituito con quello facente riferimento a risorse già pubblicate sul social network.
Dopo aver creato un sondaggio con gli ID di immagini appartenenti ad altri utenti (sulle quali non si dovrebbe avere alcun privilegio), un malintenzionato avrebbe potuto richiedere l’eliminazione del sondaggio provocando, come conseguenza, anche la rimozione delle immagini altrui.

Il ricercatore afferma di aver ricevuto 10.000 dollari da Facebook per aver segnalato la vulnerabilità in modo responsabile.
E non è neppure la prima volta che Darabi è arrivato a una scoperta simile: in passato aveva già messo a nudo diverse lacune nel social network per antonomasia ricevendo diversi altri riconoscimenti in denaro dai vertici dell’azienda di Menlo Park.

Facebook ha risolto la vulnerabilità nei giorni scorsi.

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Energia

Tesla e la super batteria in Australia: perché è stata costruita e come funzionerà


Author: redazione QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

Installato in cento giorni, come promesso da Elon Musk, il sistema di accumulo al litio più grande del mondo ha completato i primi cicli di carica-scarica ed è pronto a operare sul mercato elettrico australiano, proteggendolo dai blackout e fornendo determinati servizi alla rete. I dubbi sui fondamentali economici del progetto.

Elon Musk ha vinto la sua scommessa da 50 milioni di dollari: realizzare in 100 giorni – altrimenti sarebbe stato gratis – il sistema di accumulo al litio più grande del mondo, entrato in funzione proprio in questi giorni, in leggero anticipo sul termine del primo dicembre.

Siamo nel South Australia, vicino al parco eolico da 309 MW gestito dalla società francese Neoen.

Qui Tesla ha appena completato l’Hornsdale Power Reserve, installazione-record di batterie da 100 MW/129 MWh che ha già compiuto con successo i primi cicli di carica e scarica, come ha dichiarato Audrey Zibelman, amministratore delegato della società australiana dei mercati energetici (AEMO, Australia Energy Market Operator).

Il conto alla rovescia per la scommessa di Musk era scattato ufficialmente a settembre, quando l’azienda americana aveva siglato l’accordo per la connessione alla rete dell’impianto. Il bando per costruire il super progetto era stato vinto da Tesla all’inizio di luglio, mentre per ritrovare la “sparata” dei cento giorni, dobbiamo tornare al messaggio di Musk su Twitter dello scorso marzo.

Questa vittoria è arrivata in una fase parecchio delicata per Tesla: la produzione e commercializzazione dell’auto elettrica più attesa dal mercato, la Model 3, è in continuo ritardo per i colli di bottiglia nella gigafactory del Nevada, mentre la compagnia ha perso milioni di euro nel terzo trimestre.

Musk ha provato a “distrarre” il pubblico con l’annuncio del camion elettrico e dei “megacharger”, anche se è difficile immaginare che il Semi Truck a zero emissioni potrà diventare un prodotto di massa in poco tempo (vedi QualEnergia.it).

Tornando al monster-project da 100 MW, ci sono alcuni interrogativi sulla nuova installazione.

L’obiettivo è migliorare l’affidabilità e la sicurezza della rete elettrica dell’Australia meridionale, dopo gli estesi blackout che hanno colpito la regione tra fine 2016 e inizio 2017, nell’ambito di un piano più vasto per incrementare la capacità energetica di riserva (tutti i dettagli in questo documento appena pubblicato dall’AEMO).

Soprattutto nei mesi estivi, con i consumi di energia particolarmente elevati, possibili ondate di maltempo (tempeste e tifoni) e possibili vasti incendi nelle praterie semiaride, il sistema elettrico non è in grado, in determinate circostanze, di reggere tutti gli stress cui è sottoposto.

Tra l’altro, l’output dei parchi eolici e solari ha raggiunto una percentuale molto elevata nel mix delle fonti elettriche, intorno al 46% della generazione globale: il problema, in questo caso, è come gestire la variabilità produttiva delle rinnovabili, mantenendo un equilibrio costante tra domanda e offerta.

L’Australia del Sud, quindi, è diventata un laboratorio in cui sperimentare diverse soluzioni complementari di accumulo energetico e flessibilità operativa, dalle batterie al litio agli impianti a gas OCGT (open-cycle gas turbine), capaci di avviarsi in pochissimo tempo per coprire i picchi di domanda.

Anche la California sta puntando sulla transizione energetica verso le rinnovabili e lo storage, con una prima serie di progetti di accumulo elettrochimico per un totale di 70 MW, tra cui un impianto installato da Tesla in appena tre mesi (Batterie, un passo avanti storico … dovuto a una fuga di gas).

Secondo un recente rapporto di Wood Mackenzie e GTM Research, le tecnologie di accumulo al litio perdono il confronto competitivo con gli impianti OCGT, anche ipotizzando un costo elevato del combustibile fossile (articolo di QualEnergia.it sul confronto batterie vs gas).

Difatti, il South Australia ha anche commissionato una nuova centrale a gas da 250 MW con un investimento complessivo di circa 360 milioni di dollari.

Tuttavia, gli analisti sono convinti che tra 2025 e 2035 la situazione si capovolgerà nettamente, perché le rinnovabili e i sistemi di storage potranno assicurare vari servizi alla rete – regolazione di frequenza, peak shaving, bilanciamento dei carichi elettrici e così via – a un costo inferiore rispetto al gas.

Il nuovo impianto australiano di Tesla è pensato per fornire elettricità a circa 30.000 abitazioni per un periodo limitato, in caso d’interruzioni forzate sulla rete.

Backup di emergenza a parte, le batterie potranno assorbire la produzione eolica eccedente e rilasciare energia in un secondo momento, anche se diversi analisti, come riporta GTM Research, sono molto scettici sui fondamentali economici del progetto, perché in Australia al momento non esiste un vero mercato della capacità che possa remunerare i servizi garantiti dallo storage.

La domanda, quindi, è se l’installazione di Tesla sarà un investimento profittevole, piuttosto che un progetto soprattutto “politico” per dimostrare la fattibilità tecnica dei grandi accumuli al litio.

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Facebook amplia gli strumenti per l’identificazione di comportamenti autolesionisti o con tendenze suicide

Author: Le news di Hardware Upgrade

Facebook si sta preparando ad allargare a tutto il mondo gli strumenti di analisi e rilevamento di comportamenti con tendenze suicide e autolesioniste, dopo aver portato avanti il progetto in maniera sperimentale per un breve periodo di tempo solamente negli USA.

Secondo quanto si apprende, il social network andrà ad implementare strumenti di patter recognition sia per i post, sia per i video live che avranno scopo di individuare se qualche utente presenta un comportamento che possa indicare gravi problematiche di fondo.

Partendo da qui, secondo quanto spiegato da Guy Rosen, vicepresidente del product management, il social network lavorerà in particolare per rendere più efficace l’allertamento di amici e parenti che possano fungere prima fascia di supporto quando un utente dovesse pubblicare un contenuto potenzialmente pericoloso. A tale scopo la società avrà bisogno di aumentare inoltre il personale dedicato a controllare manualmente i contenuti contrassegnati dai suoi algoritmi.

Nell’ultimo mese Facebook avrebbe avvertito oltre 100 contatti di primo supporto dopo aver individuato contenuti potenzialmente delicati, oltre a quelli segnalati direttamente da utenti del social network. Apparentemente commenti come “Tutto bene?” o “Ti serve aiuto?” sembrano essere indicatori del fatto che qualcuno stia passando un momento difficile e delicato. Gli algoritmi di Facebook hanno ora iniziato ad analizzare anche i video, che in precedenza sarebbero potuti passare inosservati.

“Con i timori sulla possibile pericolosità dell’AI in futuro, è buona cosa ricordarci di come l’intelligenza artificiale stia oggi davvero salvando vite” ha scritto Mark Zuckerberg, CEO e fondatore di Facebook, in un intervento sul social network.

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Energia

Fukushima: il Giappone rilascerà l’acqua radioattiva nell’oceano?

Author: stefania Rinnovabili

acqua radioattiva

L’acqua radioattiva stoccata nelle centrale giapponese è una bomba a orologeria

(Rinnovabili.it) – Cosa fare del milione di tonnellate di acqua radioattiva contenuta nei serbatoi della centrale nucleare di Fukushima Daiichi? Se lo chiede il Governo giapponese alle prese con una difficile scelta che divide nettamente esperti e cittadini. A sei anni dall’incidente che nel 2011 provocò la fusione dei noccioli dei tre reattori, la situazione generale è ben lontana dall’aver trovato un punto fermo.

I lavori della TEPCO (Tokyo Electric Power Co.) per rimuovere le barre di uranio esausto procedono in maniera estremamente lenta. Le prime immagini del combustibile fuso nel terzo reattore sono state ottenute solo a luglio di quest’anno. I funzionari sperano ora di riuscire a persuadere una comunità piuttosto scettica che l’impianto sia passato dalla modalità di “crisi post-disastro” a una fase molto meno pericolosa, quale quella della pulizia. “Fino a ieri non sapevamo esattamente dove fosse il carburante, o come sarebbe apparso”, ha spiegato Takahiro Kimoto, direttore generale della divisione nucleare della Tepco. “Ora che l’abbiamo visto, possiamo fare progetti per recuperarlo”.

La stessa immagine del sito sta cambiando. Oggi qui lavorano 7000 persone impegnate a costruire nuovi serbatoi di stoccaggio dell’acqua, a recuperare i detriti radioattivi e a erigere enormi impalcature introno ai reattori distrutti. Come hanno potuto appurare i media stranieri, nel tour organizzato dal Giappone il mese scorso, il sito ospita oggi un nuovo ed elegante edificio amministrativo, una caffetteria e persino un minimarket. L’accesso all’impianto è più facile di quanto non fosse un anno fa, quando i visitatori dovevano coprirsi con speciali indumenti protettivi. Ma dietro questo nuovo e ricercato aspetto, la maggior parte dei problemi rimane aperta.

Primo fra tutti, il destino dell’acqua radioattiva contenuta nelle 900 vasche dell’impianto. Alcuni esperti hanno consigliato il Governo di rilasciarla lentamente nell’Oceano Pacifico. I trattamenti effettuati ha rimosso tutti i contaminanti ad eccezione del trizio, che secondo gli scienziati è sicuro se rilasciato in piccole quantità. Al contrario, se lasciata stoccata nella centrale, un nuovo terremoto o tsunami potrebbe danneggiare le vasche e far fuoriuscire il contenuto in maniera incontrollata. I pescatori locali, ancora in profonda crisi dopo l’incidente, temono tuttavia che i consumatori non acquisteranno pesce catturato nella regione se Tokyo dovesse decidere di liberarsi nell’oceano dell’acqua radioattiva.

Ad aggravare il problema c’è il fatto che la quantità di acqua radioattiva, a Fukushima, cresce di 150 tonnellate al giorno.  I reattori sono danneggiati irreparabilmente, ma per evitare il surriscaldamento deve essere costantemente pompata al loro interno acqua per il raffreddamento. Il fluido contaminato esce quindi dalle camere di contenimento e si raccoglie a livello dei basamenti dove si mescola con le falde acquifere, aumentando il volume totale.

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Economia

BANCA CARIGE: conviene aderire all’aumento di capitale?

Author: Danilo DT Finanza.com Blog Network Posts

Ogni promessa e debito. Parliamo ora dell’aumento di capitale di Banca Carige, una delle banche italiane quotate a Piazza Affari più nell’occhio del ciclone, in un momento tanto temuto dal mercato e anche dagli investitori, soprattutto quelli che in Banca Carige hanno già delle potenziali minusvalenze da incubo.
Ormai siamo la far west. In un mercato che ià di per se è debole, ci ritroviamo con una pressione ribassista su Banca Carige senza precedenti. Ed è proprio un hedge fund a polverizzare la banca. Ehi, Consob… Se ci sei batti un colpo, anzi no, ormai è tardi, come sempre…

Dalle comunicazioni di Borsa italiana è emerso che giovedì scorso, 23 novembre, il fondo hedge Guevoura Fund ha incrementato la posizione corta (vendita) portandola dall’8,72% al 13,63%. E anche Mediobanca , assieme a Intermonte, si sono posizionate in vendita sul titolo della banca ligure, rispettivamente al 3,69% e al 3,48%.
Chi ha oggi il titolo in mano e decide di non aderire, vendendo i diritti, avrebbe ricavato 76 euro ai prezzi di borsa dei diritti mercoledì, 42,5 euro giovedì e 38 euro venerdì e a fine operazione avrebbe in mano titoli per un controvalore di 11-12 euro. Se aderisse all’aumento di capitale dovrebbe, invece, sborsare 600 euro per avere in cambio 60mila nuove azioni. Complessivamente si ritroverebbe in portafoglio 61mila azioni ordinarie, con la differenza che i 600 euro in contanti si sarebbero trasformati in azioni, esposte alle oscillazioni del mercato e all’andamento della banca. (Source

Insomma avete capito, ennesima incaprettata per chi ha creduto nella banca ligure o se preferite AVEVA creduto in lei. E ora la domanda di tutti è semplicissima, o forse tremendamente complessa.

Conviene aderire all’aumento di capitale di Banca Carige? Cosa conviene fare?

Premetto che rispondere a questa domanda è un terno al lotto per chiunque e se scrivo questo post è solo per dar un aiuto a tutti quei risparmiatori che mi hanno contattato e che vogliono un parere, ovviamente non vincolante, e possibilmente indipendente. Sul fato che il mio sia indipendente, beh, potete starne certi, il problema è capire quanto può essere attendibile, viste le condizioni della banca, del mercato e della speculazione che sta sbrandellando banca Carige.
Intanto un piccolo excursus informativo.

Si prevede l’emissione di 49.810.870.500 nuove azioni ordinarie, in rapporto di 60 nuove azioni per ogni azione ordinaria e/o di risparmio posseduta. Ogni nuova azione sarà offerta a un prezzo unitario di 0,01 euro, per un controvalore massimo di 498,11 milioni di euro.

Oltre a queste azioni, date in prelazione (ma che dite, è un onore oppure solo un onere? Ndr) ci sarà un’ulteriore emissione di 6.000.000.000 nuove azioni ordinarie, da contraccambiare coi bondholder subordinati.

Inutile ricordarvelo. L’aumento di capitale viene fatto su richiesta BCE per ovviare ai bassi coefficienti di capitale, al fine di rispettare i requisiti minimi regolamentari, avendo come protagonista, oltre che una bassa redditività, le solite ed ormai inflazionate (sui giornali) sofferenze bancarie, ben note come NPL, generosamente presenti nel bilancio di Carige senza le adeguate coperture.
Quindi un contesto complesso, che già mette in dubbio la bonarietà dell’operazione.
Inoltre lo sconto all’emissione rende poco giustizia allo stakeholder, il quale dubirà un trattamento iperdiluitivo.

Ma c’è un’altra cosa che mi preoccupa. Ho provato a buttare un occhio al piano industriale. Una volta letti i target la parola che mi è uscita fuori in modo naturale è stata “Auguri”.

Mi sembrano numeri difficili da raggiungere, quasi utopici, Tanto per cominciare non sono così sicuro che questo aumento sia veramente l’ultimo. MPS insegna. Inoltre se non erro, ci ono ancora ispezioni in corso che potrebbero cambiare nuovamente le carte in tavola, in chiave peggiorativa soprattutto in merito ai soliti NPL. Infine, come dicevo prima, quando sento parlare di utili già nel 2018 pari a 25 milioni che poi diventano 146 milioni nel 2020 mi sembra quantomeno difficile, anche perché le condizioni di mercato, come ci ha ricordato Draghi, non permetteranno certo grandi allargamenti dei margini di contribuzione per le banche. E quindi… come li generiamo gli utili? Con le preghiere? Non credi bastino quelle, ci vogliono i miracoli. E quindi, non mi resta che dire una cosa.

Sul mercato ci sono tante altre banche che forse hanno numeri più trasparenti e prospettive più rosee. Questa è una vera scommessa, molto dipende da quante “fiches” dobbiamo buttare sul tavolo per giocare la partita. E se le fiches sono troppe forse non sarebbe male cambiare proprio tavolo.
Ma essendo al casinò, forse è meglio che ognuno giochi la partita come gli detta la coscienza, sempre nella convinzione che questo è casinò. Punto.

STAY TUNED!

Danilo DT

(Clicca qui per ulteriori dettagli)
Questo post non è da considerare come un’offerta o una sollecitazione all’acquisto. Informati presso il tuo consulente di fiducia.
NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)

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