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Blockchain: persi per sempre circa 3,8 milioni di Bitcoin

Author: IlSoftware.it

Blockchain: persi per sempre circa 3,8 milioni di Bitcoin

Nello studio elaborato da Chainalysis si sostiene che il 17%-23% della totalità dei BitCoin esistenti sarebbero ormai andati irrimediabilmente persi.

La blockchain è un database distribuito introdotto per la prima volta dall’inventore della crittovaluta Bitcoin, conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto (Creatore di BitCoin ha un nome: è Craig Wright).

Il modello di blockchain ha successivamente ispirato anche il mondo dell’industria e della finanza che l’ha sfruttato per tracciare movimenti delle merci e transazioni, scongiurando manipolazioni e contaminazioni (vedere Blockchain: cos’è, come funziona e perché se ne parla tanto).

Blockchain: persi per sempre circa 3,8 milioni di Bitcoin

La società di ricerca Chainalysis ha realizzato e pubblicato un interessante studio sulla blockchain di BitCoin scoprendo che circa 3,79 milioni di monete sarebbero ormai irrimediabilmente andate perdute.
Si tratta di qualcosa come il 17%-23% della totalità dei BitCoin esistenti che oggi, lo ricordiamo, sono valutati quasi 8.200 euro ciascuno, con un nuovo massimo storico che è stato appena raggiunto (nel 2013 un BitCoin valeva 10 euro).
Mentre in altri studi si era solamente fatto delle ipotesi sul numero di BitCoin andati persi, la ricerca di Chainalysis è importante perché le conclusioni sono figlie di una dettagliata analisi empirica sulla blockchain.Quando la totalità dei BitCoin sarà stata recuperata con le attività di mining (circa 21 milioni di monete), nel 2040, gli esperti di Chainalysis spiegano che la quantità effettivamente disponibile per le operazioni di acquisto e vendita sarà nettamente inferiore.
Secondo Chainalysis il numero di BitCoin presenti nel portafoglio personale di Nakamoto sarebbe pari a circa 1 milione con un controvalore, quindi, di circa 8,1 miliardi di euro. Quel tesoro, creato ai tempi in cui il mining di 50 BitCoin era possibile con un semplice notebook, viene considerato come ormai perduto per sempre.
Chainalysis pubblicherà uno studio sul portafoglio dell’inventore di BitCoin più avanti, entro la fine dell’anno.

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Energia

Nimby: biomasse ed eolico i più contestati tra i progetti a rinnovabili


Author: Giulio QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

Sono 43 le centrali a biomasse che hanno trovato opposizione sul territorio nel 2016. Sebbene meno numerose, le opere legate al petrolio restano però le più avversate: 81 i “no” a impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi. Il rapporto annuale dedicato alla cosiddetta “sindrome Nimby” in Italia.

I progetti che riguardano l’energia in Italia sono tra le opere meno accettate sul territorio, soprattutto quando si parla di biomasse e pale eoliche, anche se le più odiate restano le trivelle.

Su 359 impianti contestati in Italia nel 2016, il 56,7% è riconducibile al comparto energetico, seguito per avversione da quello dei rifiuti, al 37,4%.

Il dato arriva dalla nuova edizione dell’Osservatorio Nimby, cioè il rapporto annuale dedicato alla cosiddetta “sindrome Nimby”, cioè, dall’acronimo “not in my backyard” (non nel mio cortile), alle opposizioni territoriali alle varie opere infrastrutturali.

Il settore energetico vede le opposizioni orientarsi in maniera preponderante verso le rinnovabili (75,4%), ma questo, aggiungiamo noi, molto probabilmente perché per queste fonti i progetti sono molto più numerosi e diffusi rispetto a quelli del comparto delle fonti tradizionali.

Le opere più avversate tra quelle legate alle rinnovabili sono le centrali a biomasse (n. 43 impianti), seguite dalle strutture di compostaggio (n.20) e dai parchi eolici (n. 13).

Meno ricorrenti in termini assoluti, rispetto alle fonti rinnovabili, i progetti legati all’energia convenzionale hanno però il poco ambito podio della tipologia più contestata, che va agli impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi, che da soli assommano a 81 opere censite.

Sui rifiuti, spiega il rapporto, pesa il numero crescente di investimenti nella filiera del recupero dei rifiuti, moltiplicando le iniziative contestate: termovalorizzatori (n.37), discariche rifiuti urbani (n. 30) e discariche rifiuti speciali (n. 18) ricorrono tra i primi posti in questo comparto.

Tra le motivazioni che portano ad opporsi a un’opera, l’assenza di coinvolgimento ricorre al secondo posto, dopo le preoccupazioni per l’ambiente, con un trend di incremento progressivo ma costante: 14,6% nel 2014, 18,6% nel 2015, 21,3% nel 2016.

Il monitoraggio della stampa nel 2016 conferma il ruolo di assoluta centralità della politica, che – tra enti pubblici e partiti politici – trascina le contestazioni nel 50% dei casi censiti. Seguono le organizzazioni e i comitati dei cittadini, che pesano per un terzo sull’insieme dei soggetti promotori del “no”.

I ricorsi alla giustizia amministrativa sono tra gli strumenti più usati: nel 2015 un terzo degli impianti contestati aveva subito almeno una interruzione della procedura di autorizzazione a causa di ricorsi al Tar o al Consiglio di Stato.

A livello territoriale (vedi mappa) i casi di Nimby, mostra lo studio, seguono strettamente la distribuzione dei progetti: il “no” ricorre con maggiore capillarità nel Nord Italia (41%): Lombardia ed Emilia Romagna mantengono i primi posti, con rispettivamente 56 e 48 impianti contestati.

Con 32 impianti contestati (erano 6 nel 2014), la Basilicata rappresenta ormai un territorio di grande frizione tra imprese, politica e cittadini, tanto da surclassare regioni come Lazio (n. 30), Veneto (n. 28) e Sicilia (n. 26), assai più visibili nei confronti dei media e dell’opinione pubblica nazionale.

Rispetto al 2015, passa dal 15% al 20% il numero soggetti che si esprime a favore degli impianti. In ogni caso, le iniziative di comunicazione rimangono prerogativa degli oppositori (80%), i quali fanno leva in maniera meno frequente sui media tradizionali (25,7% nel 2016 vs 29,9% nel 2105).

La bilancia della comunicazione Nimby inizia così a pendere anche in favore dei social media, che passano dal 16,8% del 2015 al 22,9% del 2016 nella ricorrenza d’uso da parte dei contestatori.

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alimentatore da 2000 Watt per i rig da mining

Author: Le news di Hardware Upgrade

La taiwanese FSP Technology ha annunciato il proprio nuovo alimentatore FSP2000-A0AGPBI ATX, modello che come il nome suggerisce è capace di una potenza massima di 2.000 Watt. A questo dato si arriva con 6 differenti linee a 12 volt ciascuna capace di erogare 30 Ampere, il tutto che termina in ben 16 connettori di alimentazione a 8 pin per schede video.

Una configurazione di questo tipo è quindi pensata specificamente per sistemi PC che integrano un elevato numero di schede video al proprio interno: parliamo quindi di workstation grafiche con più GPU in parallelo, ma è facile immaginare quale scenario di utilizzo anche quello dei sistemi dedicati al mining delle criptovalute.

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L’alimentatore ha un design standard, che lo rende compatibile anche con utilizzi in ambiti industriali, ed è dotato di certificazione 80PLUS Platinum. Al momento attuale FSP Technology non ne ha ancora annunciato il prezzo, che riteniamo sarà tutt’altro che contenuto vista la potenza in gioco, e la disponibilità.

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Energia

Tassa rifiuti: una media di 300€ ma al Sud costa di più

Author: stefania Rinnovabili

tassa rifiuti

Tassa Rifiuti, tra errori di calcolo e bollette salate

(Rinnovabili.it) – Mentre ancora imperversa la bufera sulla questione della Tari gonfiata in alcuni comuni italiani, l’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva tira le somme del 2017 presentando il report annuale sulla tariffa rifiuti. Il documento mette a confronto le spese delle varie regioni e capoluoghi di Provincia restituendo una sorta di classifica sui costi per i cittadini.

Si scopre così che dietro una media nazionale di circa 300 euro (la spesa di una famiglia di 3 persone per una casa di proprietà di 100 metri quadri), le differenze tra nord e sud Italia sono ancora parecchi consistenti.

Se la tassa rifiuti più leggera è quella del Trentino Alto Adige (197 euro annui), la più salata va senza dubbio alla Campania dove la tariffazione media si aggira intorno ai 418 euro. Ma parecchio salate appaiono anche quelle di Sicilia (396€), Puglia (367€) e Sardegna (363€).

Regione

2017
Abruzzo € 308
Basilicata € 228
Calabria € 296
Campania € 418
Emilia R. € 282
Friuli V.G. € 223
Lazio € 332
Liguria € 326
Lombardia € 233
Marche € 235
Molise € 230
Piemonte € 278
Puglia € 367
Sardegna € 363
Sicilia € 396
Toscana € 329
Trentino € 197
Umbria € 295
Valle D’Aosta € 288
Veneto € 234
Italia € 300

 

 

Se si scende di livello, però le cose cambiano leggermente: a livello comunale è Cagliari la città di più costosa (549 euro), seguita da Trani, Ragusa e Siracusa. Belluno si conferma invece il capoluogo più economico con una tassa rifiuti di appena 149 euro annui.

Quest’anno la nostra indagine, che da più di 10 anni monitora l’andamento delle tariffe applicate al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani […], si inserisce in un contesto paradossale in cui molti Comuni hanno sbagliato il calcolo della spesa dovuta, nel passaggio da Tarsu a Tia, a Tares e quindi a Tari, determinando così una spesa molto più onerosa per alcune famiglie”, commenta Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. 

>>Leggi anche Rifiuti urbani: passata la crisi dei consumi, tornano a crescere<<

Qual è stato il problema? Il calcolo della quota variabile, la voce legata al numero degli abitanti della casa che accompagna, in bolletta, la quota fissa (legata invece ai metri quadri della casa). Ebbene, anziché essere singola, in molte fatture la quota variabile è stata moltiplicata per il numero di pertinenza. In sostanza quanti si trovano oggi ad avere, oltre all’abitazione, anche un garage e una cantina, potrebbero aver pagato tre volte questa voce anziché una.

Non si conosce ancora la lista completa delle amministrazione comunali che hanno erroneamente gonfiato la tariffazione. Per ora il problema è stato evidenziato con chiarezza ad Ancona, Catanzaro, Genova, Milano, Napoli, Rimini e Siracusa, comuni dove i cittadini potranno chiedere il rimborso di quanto pagato in più.

L’elemento più paradossale – come evidenzia anche Gaudioso – è che tocca agli italiani l’onere di spulciare le vecchie bollette e capire se la tassa rifiuti è stata gonfiata o meno. Lo ha stabilito la stessa Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze in cui si chiariva il giusto sistema di calcolo. Ma Cittadinanzattiva ribatte “Chiediamo che quanto meno i Comuni diano sostegno alle famiglie nei calcoli di quanto effettivamente queste avrebbero dovuto pagare”.

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Economia

Bitcoin, JPMorgan cambia idea e smentisce il suo CEO Dimon

Author: Marco Dal Prà Finanza.com Blog Network Posts

Questo articolo è un po’ una divagazione, un breve riepilogo sulla telenovela che vede tra i protagonisti : Bitcoin la criptovaluta, JPMorgan Chase la banca e Jamie Dimon, il suo amministratore delegato, una storia che questo autunno ha arricchito le pagine finanziarie di giornali e siti web.

Ricordo brevemente che JP Morgan Chase è la maggior banca degli Stati Uniti per capitalizzazione (al 31.10.2017, posizione 9 della classifica Largest Company by Market Cap, con 355 Miliardi di Dollari, link qui), e Jamie Dimon è il suo CEO.

Bitcoin è una frode

Tutto è iniziato a metà settembre, quando Dimon ha sparato pubblicamente i suoi colpi contro bitcoin ritenendola una frode, una bolla come quella dei tulipani e una buona opzione per delinquenti e venditori di droga , con un intervento ampiamente riportato anche da Bloomberg.

Dimon arriva persono a minacciare i suoi dipendenti di licenziamento immediato, se scoperti a fare trading con le criptovalute….

E’ il parere di una persona molto importante e soprattutto molto influente sui mercati finanziari di tutto il mondo, tanto che gli effetti non si fanno aspettare : il valore di bitcoin, cade pesantemente dopo poche ore.

Bitcoin incassa il colpo

Guardando i grafici è evidente il “buco” nel trend del cambio bitcoin/dollaro creato dall’esternazione di Dimon; addirittura nell’arco di tre giorni bitcoin è passato da  circa 4300 USD a meno di 3000.

Ma il fenomeno è passeggero e la criptovaluta, dopo aver incassato il colpo, riprende la sua strada, come si può notare nei grafici riportati dai siti specializzati in criptovalute, quali ad esempio Coinmarketcap.

Peccato che…

Bitcoin è una truffa ? Licenzio chiunque lo usi ? Peccato che dopo pochi giorni si scopre che tra una delle tante pieghe di JP Morgan, c’è anche una “divisione” che si occupa appunto di fare trading con le criptovalute, con evidente figuraccia dello stesso CEO, Jamie Dimon, riportata dai quotidiani di mezzo mondo.

Ne ha parlato ampiamente anche il Sole 24 Ore, con un articolo di Pierangelo Soldavini dal titolo “Dimon condanna il bitcoin, ma poi JP Morgan è tra i principali acquirenti“.

Beh, può anche capitare che l’amministratore delegato di una azienda enorme come JP Morgan non sappia di cosa si occupino tutte le sue filiali, quindi diamogli tempo di aggiustare il tiro.

Come niente fosse… Dimon rincara la dose

Passa circa un mese ed ecco che Dimon, rispondendo ad alcune domande durante una conferenza, si concede un’altra delle sue esternazioni contro bitcoin : “Se tu sei abbastanza stupido da comprare bitcoin, un giorno ne pagherai il prezzo“, facendo un vero e proprio show davanti al pubblico presente in sala, contro bitcoin e criptovalute, come ampiamente riportato nel sito della CNBC.

Questa volta la valuta sembra non soffrire dell’ennesimo attacco, ma quel che più sorprende, è che sembra che la notizia relativa al fatto che la sua JP Morgan abbia in qualche modo speculato il giorno della precedente esternazione a Dimon…non sia arrivata.

Qualcuno coglie l’attimo…

Di questa situazione paradossale ha colto l’attimo la startup italo-svizzera “Eidoo”, autrice dell’omonima App per criptovalute, che si è divertita a sbeffeggiare Dimon comprando una pagina intera del Wall Street Journal  il 30 Ottobre. Il tutto per festeggiare la felice riuscita della raccolta fondi avviata per finanziare il progetto, una “ICO”, che ha raggiunto i 24 Milioni di dollari. Come dire, rischi tu di essere licenziato.

Una notizia di cui ha dato risalto anche Milano Finanza .

Per i non addetti ai lavori ricordo che Eidoo è un wallet per smartphone che permette di gestire la criptovaluta Ethereum e le relative ICO, ma in modo più pratico rispetto a quanto fanno altri prodotti similari.

E arriviamo ad oggi

Torniamo quindi ai giorni nostri, con la telenovela che si arricchisce di una ulteriore puntata. Anche qui c’è un evento scatenante, il comunicato di CME che ha l’intenzione di creare nuovi contratti futures proprio su bitcoin, probabilmente già a dicembre.

Passano una ventina di giorni ed ecco come un fulmine a ciel sereno la notizia, riportata dal Wall Street Journal, secondo cui JP Morgan sarebbe pronta a supportare i propri clienti qualora intenzionati ad usare questo nuovo strumento finanziario.

Ma l’amministratore delegato non aveva detto che è una frode e una bolla ?

I portali giornalistici del settore “Crypto” non potevano ricevere notizia più ghiotta, tanto che hanno praticamente fatto a gara a chi ridicolizzava di più Jamie Dimon.

Sul CoinTelegraph hanno praticamente messo in copertina una foto-caricatura

mentre Cryptocoinsnews si è spinta addirittura ad intitolare la notizia “JP Morgan può aiutare gli investitori stupidi a fare trading con il futures bitcoin“.

Alla fine, gli affari sono affari

Forse la storia non è ancora arrivata al suo termine, ma appare del tutto evidente che la necessità di fare affari, ovvero di accontentare i clienti, per una banca viene prima di qualunque altra battaglia. Se JP Morgan ha scelto di supportare i clienti che investiranno nei bitcoin futures, significa che lo ritiene un prodotto degno da avere a portafoglio e molto probabilmente anche per evitare la fuga di alcuni clienti.

Come interpretare ora questa situazione paradossale ? Le opzioni sono due : o JP Morgan sta per vendere ai propri clienti un prodotto “spazzatura”, oppure Jamie Dimon ha palesemente sbagliato.

Se fosse vera la prima, non vedo come l’ufficio legale interno di JP Morgan possa averla avallata. E’ vero che le banche pur di racimolare denaro, come ha insegnato la crisi dei mutui subprime, sono pronte a vendere qualunque cosa, ma perchè mettere “a listino” un prodotto basato su una frode palesemente denunciata dal proprio amministratore delegato ?

Non so quante volte nella storia moderna sia capitato che una grande azienda abbia smentito il proprio CEO, ma presumo molto poche. Immagino ora che Dimon sia in una posizione molto difficile, quasi scomoda. Ridicolizzato dai maggiori portali di finanza, che hanno scritto mettendo in evidenza la palese contraddizione, vedi Bloomberg, dovranno intervenire i membri del suo staff per cercare di sopire la faccenda.

Tra l’altro bitcoin basa il suo funzionamento sulla Blockchain, il sistema distribuito di archiviazione delle transazioni sul quale anche JP Morgan sta investendo in ricerca e sviluppo, con addirittura una apposita sezione nel sito internazionale (https://www.jpmorgan.com/global/blockchain).

Come poteva Jamie Dimon essere così maldestro ?

Ora che la sua presenza potrebbe tradursi in un danno di immagine per la banca, è lui a rischiare il posto.

VN:F [1.9.20_1166]

please wait…

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