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Bing Webmaster Tools, attenzione alla sezione Malware

Chiunque gestisce un sito web, indipendentemente dall’argomento trattato e dalla sua dimensione, dovrebbe sempre tenere d’occhio quanto riportato nelle pagine dello strumento Search Console di Google.
Nell’articolo Posizionamento Google di un’attività: come migliorarlo abbiamo visto quanto siano preziose le informazioni contenute nella Search Console di Google e come possano essere sfruttate per evitare penalizzazioni e migliorare la propria presenza sul motore di ricerca.

Sebbene il motore di ricerca di Google vanti oltre il 72% delle quote di mercato a livello mondiale, non è il solo motore oggi disponibile. È vero, in confronto Microsoft Bing viene utilizzato solamente nel 10% dei casi ma c’è un aspetto importantissimo da tenere in considerazione.

Tutte le più recenti versioni di Windows (che, complessivamente, detiene ad oggi il 91,5% del mercato) utilizzano la tecnologia SmartScreen che si occupa di rilevare, filtrare e bloccare contenuti potenzialmente dannosi per l’utente e per i suoi sistemi.
SmartScreen è ampiamente utilizzata dai browser Edge (in Windows 10) e Internet Explorer (complessivamente al 35% delle quote di mercato), ad esempio, per impedire il download di contenuti nocivi o la visita di pagine web malevole.

Il problema è che, ultimamente, SmartScreen è divenuto molto più intransigente. Per valutare “la bontà” di un URL, SmartScreen poggia largamente sulle rilevazioni dei crawler del motore di ricerca Bing.

Coloro che amministrano un qualunque sito web, quindi, dovrebbero sempre analizzare quanto riportato nella sezione Security, Malware di Bing Webmaster Tools.

Bing Webmaster Tools, attenzione alla sezione Malware

Per utilizzare Bing Webmaster Tools è sufficiente disporre di un account utente Microsoft (si potrà eventualmente registrarlo nel caso in cui non se ne possedesse uno), accedere a questa pagina quindi aggiungere i propri siti web.Questa operazione consentirà di accedere a tutte le informazioni raccolte da Bing durante la scansione di ciascuno dei siti web indicati. Vengono proposti suggerimenti e “messaggi d’allerta” che hanno impatto diretto sulla visibilità del sito e sulla sua corretta fruizione (esattamente come accade nella Search Console di Google).

Suggeriamo di tenere costantemente d’occhio il contenuto della sezione Security, Malware dei Bing Webmaster Tools perché è altamente probabile che qui si trovino segnalazioni malware che invece non compaiono nella sezione Problemi di sicurezza della Google Search Console.

Ignorando per diverso tempo le segnalazioni rappresentate nella sezione Malware dei Bing Webmaster Tools, può accadere che – prima o poi – il proprio sito venga indicato come dannoso e bloccato dalla funzionalità SmartScreen, sia su Internet Explorer che su Edge.
A quel punto ci si troverà in una vera e propria situazione di emergenza perché tutti i visitatori che usano Internet Explorer o Edge vedranno comparire un messaggio di avviso su sfondo rosso e la navigazione sul sito sarà impedita.

Fortunatamente, da qualche mese a questa parte, i tecnici Microsoft hanno deciso di intervenire sui messaggi mostrati nella sezione Security, Malware dei Bing Webmaster Tools spiegando, nel dettaglio, il motivo di ciascuna segnalazione.

Bing Webmaster Tools, attenzione alla sezione Malware

La colonna Tipo riporta in quale contesto è stato rilevata la potenziale minaccia (qui elencate tutte le possibili segnalazioni che possono apparire).

Cliccando su Visualizza, ed è questa la novità introdotta da qualche tempo, i Bing Webmaster Tools forniscono una spiegazione tecnica di ciascuna segnalazione.
Nel caso in cui si fosse “linkato” un file esterno (memorizzato non all’interno del proprio sito ma su server di terze parti) riportato come malware, Bing Webmaster Tools riporta l’URL che deve essere rimosso dalla pagina.

Dicevamo che Bing e SmartScreen sono divenuti, ultimamente, molto “zelanti” battezzando come nocivi anche programmi che non lo sono affatto.
Lotta dura anche contro le applicazioni che contengono PUPs (Potentially Unwanted Programs): comportamento certamente apprezzabile che però, a nostro avviso, dovrebbe essere al limite legato ad una penalizzazione del sito web sul quale è effettivamente pubblicato il programma potenzialmente indesiderato. In altre parole, la penalizzazione non dovrebbe interessare il sito che “linka” la risorsa.
Il perché è facilmente spiegabile: un sito web potrebbe inserire un link verso un file esterno il giorno X quando lo stesso oggetto, previa scansione su VirusTotal, risulta del tutto legittimo. Il giorno X+1 l’autore del programma potrebbe aggiungere PUPs senza modificare il link per il download dell’applicazione. Viene da chiedersi, allora, perché – al limite – Bing e SmartScreen non limitino l’intervento proprio al sito web che diffonde il programma contenente oggetti software potenzialmente indesiderati.

Ciò premesso, quindi, la sezione Security, Malware dei Bing Webmaster Tools riveste sempre di più un ruolo cruciale.

Quando non fosse possibile segnalare l’effettuazione di una modifica mediante Bing Webmaster Tools (rivalutazione della pagina), si può utilizzare un espediente ad oggi poco conosciuto fra i webmaster.

Dopo aver, ovviamente, apportato un intervento risolutivo sulle pagine riportate nella sezione Security, Malware, si può usare questa pagina per segnalare a Bing:

– un contenuto rimosso
– una versione obsoleta della pagina nella cache del motore di ricerca Microsoft

Bing Webmaster Tools, attenzione alla sezione Malware

Si supponga di aver completamente eliminato una pagina dal proprio sito: scegliendo Rimuovi pagina dal menu a tendina Tipo rimozione si potrà notificare l’eliminazione della stessa e invitare Bing a prenderne atto più rapidamente.

Bing Webmaster Tools, attenzione alla sezione Malware

Se si fossero rimossi uno o più link dalla pagina, si potrà invece selezionare Rimuovi cache obsoleta quindi specificare un testo che compariva nella vecchia versione della pagina e che invece non appare più nella nuova versione perché eliminato.

I dati di mercato riportati nell’introduzione sono aggiornati al mese di luglio 2016; fonte: NetApplications.

Autore: IlSoftware.it

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Energia

Lampade fluorescenti a induzione, una tecnologia trascurata?

Una tecnologia molto interessante, soprattutto per l’illuminazione di grandi aree, che è molto usata in certi Paesi, ma quasi sconosciuta da noi. Per alcune applicazioni le lampade fluorescenti a induzione sembrano molto competitive anche rispetto ai LED. Vediamo come funzionano e che vantaggi danno.

Fiat Lux! Sembra facile fare la luce, ma, se non sei un Dio, da qualche anno illuminare edifici e strade è diventato sempre più complicato, fra uscita di scena di vecchie e affidabili tecnologie, considerazioni ambientali, di costo e di consumi energetici, e nuove tecnologie che si susseguono senza lasciare il tempo di capire quale sia veramente la migliore.

Adesso si scopre che, nella fretta di cambiare, abbiamo forse trascurato una tecnologia molto interessante, soprattutto per l’illuminazione di grandi aree, che è molto usata in certi Paesi, ma quasi sconosciuta da noi: l’illuminazione fluorescente a induzione.

La rivoluzione moderna dell’illuminazione, com’è noto, in Europa è cominciata nel 2012, quando le lampade a incandescenza inventate da Edison nel 1878, sono state messe al bando.

Peccato perché la loro semplicità di funzionamento, l’immediatezza di accensione, l’economicità e il caldo colore della luce, le rendeva ideali. Sarebbero ancora fra noi se solo non fosse che durano solo 1000 ore, in media, e che durante quel periodo il 90% dell’elettricità che consumano se ne va in calore, non in luce: un rendimento insopportabilmente basso in tempi di cambiamento climatico e spinta per la riduzione dei consumi di materiali e di energia.

I punti deboli delle LFC

Al loro posto delle lampadine a incandescenza sono arrivate le lampade a fluorescenza compatte (LFC): in queste del mercurio gassoso viene eccitato da una forte corrente elettrica che passa fra due elettrodi immersi nel gas. Il mercurio emette luce ultravioletta che viene convertita in visibile da una polvere di composti di fosforo attaccata all’interno del tubo.

Le Lfc hanno un rendimento energetico circa cinque volte superiore alle precedenti, ma una serie di difetti (latenza di accensione, uso di materiali tossici che le rende complicate da smaltire, colore della luce spesso non ottimale), che non le ha rese molto simpatiche a tanti. A peggiorare ulteriormente le cose, la scoperta che la loro vantata lunga vita, in teoria sulle 8000 ore, in realtà spesso si rivela illusoria.

«La ragione del fatto che le LFC si guastano spesso prima del previsto risiede in due loro punti deboli: il fatto che gli elettrodi metallici devono attraversare il tubo che contiene il gas, creando un punto di possibile rottura, e l’elettronica che per farle funzionare deve stabilire fra gli elettrodi una forte tensione, il che aumenta lo stress e il surriscaldamento dei componenti elettronici, fortemente miniaturizzati per entrare nella base della lampadina» ci spiega Piero Pieracci gestore di una EsCo e quindi sempre alla ricerca delle soluzioni più efficienti per l’illuminazione.

L’avvento dei LED

A questa mezza defaillance delle Lfc, si sta ora ponendo rimedio con le lampade a LED, di efficienza circa 10 volte maggiore di quelle a incandescenza, immediata accensione ed estrema compattezza. Hanno anche una durata enorme, sulle 50mila ore.

Per contro i Led costano ancora cari, sono puntiformi, per cui devono essere riuniti in gruppi per produrre forti illuminazioni, complicando i dispositivi che li ospitano, e la loro luce spesso risulta meno gradevole di quella a cui ci avevano abituato le vecchie lampadine.

E c’è anche chi mette in dubbio la “vita quasi eterna” dei LED: l’associazione inglese di consumatori Which ne ha testati alcuni tipi, trovando anche 5 modelli che si rompevano prima di 6000 ore di funzionamento, e altri 5 prima di 10.000 ore.

Nonostante queste limitazioni i LED stanno saltando fuori come funghi intorno a noi: nelle luci domestiche, nelle insegne, nei fari delle auto, nei semafori e ora anche nell’illuminazione stradale.

Le lampade fluorescenti a induzione: come funzionano

Hanno insomma vinto loro la battaglia finale del Fiat Lux? Non è ancora detto, almeno per alcune applicazioni ci potrebbe essere di meglio. «I led, in effetti, sono al momento imbattibili per l’illuminazione domestica, essendo punti di luce, fra l’altro, permettono anche di creare soluzioni creative, impossibili prima», dice Pieracci «Ma queste fonti puntiformi si prestano meno bene a illuminare grandi superfici, soprattutto quando serve della luce diffusa, senza ombre troppo nette, come per esempio nelle strade o nelle fabbriche».

Per questi scopi Pieracci ha scoperto che in paesi come la Cina o gli Usa si usa moltissimo un tipo di lampada da noi poco conosciuta: quella fluorescente a induzione (FI).

Il principio di funzionamento è lo stesso delle LFC, ma qui a ionizzare il gas di mercurio è una corrente indotta da una o due bobine elettriche, poste all’esterno del tubo sigillato.

La corrente indotta è molto più debole di quella delle LFC, e il gas si ionizza lentamente, circolando all’interno del tubo, che deve quindi essere di dimensioni maggiori che nelle lampadine fluorescenti domestiche, quindi le FI partono al 90% della luminosità e raggiungono il massimo in pochi minuti.

«In compenso – spiega l’esperto – sono praticamente eterne: grazie alla mancanza di elettrodi e all’elettronica meno spinta, durano intorno a 100mila ore, o 20 anni di uso medio, consumando un po’ meno dei led, a parità di luce visibile. Il colore della loro luce può essere anche deciso a volontà, usando diverse miscele di polveri fluorescenti».

Per strade e grandi spazi

Purtroppo l’uso domestico delle lampade fluorescenti a induzione è escluso a priori.

«A causa della necessità di far circolare liberamente il gas, non possono essere miniaturizzate: tentativi di renderle compatte come le LFC sono per ora falliti, portando a lampade che si accendevano solo in parte. La minima potenza delle FI in commercio è di 80 watt, che corrisponde a circa 300 watt a incandescenza».

Ma queste lampade sarebbero la soluzione ideale per illuminare strade e grandi edifici, visto che arrivano fino a potenze di 400 watt, pari a una lampadina a incandescenza da 1500 watt.

Il confronto con lampade al sodio, al mercurio e LED

Per quegli usi oggi si impiegano da noi soprattutto lampade al sodio o al mercurio.

Le prime, spiega Pieracci, «durano sulle 24mila ore, hanno una efficienza che è la metà di quelle delle FI e producono una sgradevole luce gialla

Le seconde «hanno una luce più naturale, anche se sul bluastro, ma durano solo 6000 ore e hanno una efficienza che è solo un terzo delle FI.»

Quindi – conclude l’esperto – utilizzando le FI per questi scopi, si avrebbe una illuminazione che in pratica rimanda il cambio delle lampadine alla prossima generazione, e offre da subito risparmi energetici notevoli e una luce più gradevole. Per esempio una lampada da 100 watt al mercurio costa 40 euro, una Fi 200 euro: ma la seconda fa tre volte più luce e dura almeno 10 volte tanto».

Però, al momento, tutti sembrano puntare sui led anche per le grandi superfici, creando lampioni unendo decine o centinaia di punti luce.

«Sì, ma più che altro perché non si conoscono alternative. In realtà la necessità di unire in un unico punto luce decine o centinaia di Led rende quei dispositivi più soggetti a guasti e fa si che i costi di quelle lampade siano simili a quelli di una singola lampada FI di pari potenza, che però dura il doppio e la cui la luce è anche più diffusa e avvolgente, meno spiacevole di quella dei led quando usata in luoghi dove le ombre nette danno fastidio, come strade o luoghi di lavoro», conclude Pieracci.

Aspettando gli OLED

Insomma, almeno per certi usi, non è detto che i LED siano la scelta migliore.

E attenzione che in futuro a insidiare il primato dei LED, arriveranno anche i loro cugini OLED, led prodotti con speciali polimeri organici, oggi usati solo negli schermi tv di alta gamma, che producono luce bianca senza bisogno degli elementi rari usati dai LED e usando ancora meno elettricità a parità di luce.

Quando la loro produzione di massa per gli schermi, avrà fatto scendere abbastanza il loro prezzo, anche loro entreranno nel settore dell’illuminazione, offrendo una alternativa ai LED dalle caratteristiche quasi opposte: gli OLED emettono infatti luce da superfici grandi a piacere, anche intere pareti in teoria, producendo una illuminazione diffusa che è l’esatto contrario dei loro cugini inorganici. Gli architetti dell’illuminazione del futuro avranno insomma un bel po’ di alternative fra le quali scegliere.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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TvTech

Pokémon GO: il trucco per salire velocemente di livello

Nella vostra ricerca di Pokémon sparsi in giro per il mondo diventa sempre più difficile salire di livello. In questa guida vi spieghiamo come accumulare Punti Esperienza e vi sveliamo il segreto per salire di livello più velocemente, senza cheat, in maniera totalmente legittima

Tag: Guida

Autore: TVtech – Video e Web Tv sulla tecnologia, sull’informatica e sul mondo ICT – Ultimi Video

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HardwareSoftware

WhatsApp Beta per Windows Phone si aggiorna alla versione

Gli sviluppatori di WhatsApp hanno di recente rilasciato un nuovo aggiornamento per quanto riguarda WhatsApp Beta per Windows Phone. A differenza di quanto si possa immaginare, questo software viene aggiornato con regolarità e le feature sono aggiunte con minor ritardo rispetto alle altre versioni per Android ed iOS.

Purtroppo al momento non abbiamo un vero e proprio changelog da mostrarvi dato che gli sviluppatori non ne hanno pubblicato nessuno. Stando però a quanto riportato da alcuni utenti che stanno testando questa nuova versione di WhatsApp beta, la reattività dell’applicazione è migliorata in maniera netta, soprattutto nelle fasi di primo caricamento e di multi tasking.

Inoltre, è stata trovata la possibilità di citare i messaggi anche in gruppi superiori alle 10 persone (precedentemente vi era tale limite). Infine, sempre relativi ai gruppi, alcuni hanno trovato che anche tali messaggi sono adesso crittografati.

Insomma, non novità che fanno gridare alla rivoluzione ma comunque degli aggiustamenti che rendono l’esperienza utente migliore. 

Come al solito, per procedere al download di WhatsApp Beta, vi basterà cliccare sul nostro app box sottostante che vi riporterà direttamente sulla pagina dedicata del Windows Store:

WhatsApp Beta

Developer: WhatsApp Inc.

Price: Free

Prima di lasciarvi, vi vogliamo ricordare che in WhatsApp è disponibile anche una basilare formattazione del testo per personalizzare i nostri messaggi.

VIA

Autore: Agemobile

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Digital Audio

Bassjackers lead bass drop synth tutorial

Bassjackers lead drop bass synth preset D/L link: http://blog.imamusicmogul.com/2016/08/bassjackers-lead-bass-synth-tutorial/Join and collaborate with other artists at: http://imamusicmogul.com————————————————————————————Bassjackers are known for their thick and growling lead drop synths. In the following tutorial we'll show you how to make a Bassjackers lead drop synth from scratch. Preset included after the break. ————————————————————————————SUBSCRIBE FOR MORE VIDEOS: http://www.youtube.com/subscription_c…————————————————————————————Thanks for watching! Leave your questions in the comments below and don't to share and thumbs up this video if you… liked it 🙂 ————————————————————————————SUBSCRIBE: http://www.youtube.com/subscription_c…————————————————————————————SOCIAL NETWORKS:tumblr: http://imamusicmogul.tumblr.com/twitter: https://twitter.com/imamusicmogulinstagram: https://instagram.com/imamusicmogul/————————————————————————————MY YOUTUBE CHANNELS;http://youtube.com/imamusicmogul————————————————————————————**