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Lavoro

1 ADDETTA/O TESORERIA (Salgareda)

VEN, Trenkwalder S.r.l Agenzia per il Lavoro, filiale di Treviso ricerca per azienda cliente 1 ADDETTA/O TESORERIA (SALGAREDA) Il/la candidato/a dovrà avere esperienza di almeno un anno nel ruolo: gestione banche, registrazioni contabili e riconciliazioni. Richiesta Laurea in Economia. Si offre contratto di sostituzione maternità. Luogo di lavoro: SALGAREDA Aut. Min. n° 1182-SG del 13.12.04 I candidati

Autore: Monster Job Search Results

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Energia

Storage distribuito: in Olanda si mettono in rete le batterie domestiche

Un programma sperimentale vuole creare una “centrale elettrica virtuale” con centinaia di sistemi di accumulo in tutto il paese. L’obiettivo è sostituire una parte della capacità di riserva garantita dagli impianti fossili convenzionali. I nuovi servizi di rete e la situazione italiana.

Con la produzione in crescita di energia rinnovabile, i mercati elettrici dovranno mutare gradualmente pelle: per diverse ragioni è interessante approfondire il caso olandese, perché già da qualche mese l’operatore delle reti di trasmissione, TenneT, si sta impegnando a cercare nuove soluzioni per il futuro delle smart grid.

Così anche le società energetiche stanno cominciando a proporre formule inedite di collaborazione attiva con i loro clienti/consumatori elettrici.

Eneco, in Olanda, vuole creare una rete di 400 batterie Tesla Powerwall attraverso il programma pilota CrowdNett. L’obiettivo è sviluppare modelli di controllo della domanda elettrica, aggregando diversi dispositivi di energy storage in una sola “centrale virtuale”, in grado di fornire servizi di vario tipo.

Il problema è noto: le fonti rinnovabili, come l’eolico e il solare, producono energia con una certa variabilità, quindi è sempre necessario acquistare capacità di energia di riserva dalle centrali termoelettriche a gas e carbone, con cui fronteggiare i picchi di domanda.

Tuttavia, questa capacità di riserva potrebbe essere garantita, almeno in parte, dalle stesse rinnovabili grazie ai sistemi di accumulo elettrochimico, sia a livello di rete sia per le singole utenze (Energy storage di rete, quando i benefici sono maggiori dei costi).

Qual è l’idea di Eneco per il mercato elettrico olandese? Il programma CrowdNett si rivolge agli utenti domestici che hanno già installato dei sistemi solari FV, quindi potenzialmente circa 400.000 abitazioni in tutto il paese. Per invogliare le persone ad acquistare una batteria, entrando così nel programma, Eneco offre le Powerwall di Tesla al prezzo scontato di 4.500 euro anziché 7.000, installazione compresa.

Inoltre, l’utente avrà diritto a un corrispettivo annuale di 450 euro per cinque anni, in cambio della sua autorizzazione a prelevare fino al 30% dell’energia stoccata nella batteria, in qualunque momento l’operatore lo ritenga necessario per bilanciare domanda e offerta sulle linee di trasmissione.

In pratica, mettendo insieme 400 Powerwall con questa formula di scambio attivo utente/rete, Eneco avrebbe una capacità di riserva superiore a 2 MW interamente immagazzinata nelle case olandesi.

Sarebbe una sorta di energy storage distribuito, abbinato alla generazione distribuita degli impianti fotovoltaici. Con un doppio vantaggio: da un lato, incrementare l’autoconsumo di elettricità, dall’altro contribuire ai servizi di rete tra cui la regolazione di frequenza e il peak shaving, riducendo la potenza impegnata e gli sbilanciamenti tra energia prodotta e consumata effettivamente in un dato periodo.

La capacità di riserva assicurata dalle batterie, quindi, in futuro potrebbe sostituire parzialmente l’energia di backup proveniente dagli impianti convenzionali, rendendo il sistema elettrico più pulito, flessibile e con minori costi complessivi di gestione.

Anche TenneT, recentemente, ha stretto accordi con diversi partner per testare, attraverso alcuni piani-pilota, il potenziale delle “nuove” tecnologie nell’ambito della capacità di riserva primaria: stazioni di pompaggio idrico, impianti di cogenerazione, batterie di accumulo, stazioni di ricarica dei veicoli elettrici e così via.

È un modello replicabile in Italia? La discussione è apertissima, dopo che l’Autorità per l’Energia ha pubblicato un documento di consultazione per avviare il processo di riforma che consentirà alle diverse tecnologie di partecipare al Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD).

Fonti rinnovabili e sistemi di accumulo, quindi, potranno concorrere sullo stesso piano, o quasi, con le centrali termoelettriche, anche se molti aspetti restano incerti, ad esempio la remunerazione per questi servizi e le regole tecniche da applicare alle tecnologie non programmabili (Apertura MSD: quali opportunità per rinnovabili, storage e gestione della domanda?).

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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HardwareSoftware

Audio via USB Type-C, c’è lo standard: possiamo dire addio al jack da 3,5mm?

Dopo il duro colpo inferto da Apple sembra che il jack audio da 3,5mm sia destinato a scomparire su personal computer, smartphone, tablet, e in ambito informatico in generale. Quella che è stata per lunghi periodi di tempo la scelta più diffusa per collegare una sorgente ad un impianto di altoparlanti amplificati potrebbe scomparire in favore di soluzioni digitali più versatili. Il jack audio da 3,5mm non c’è sui nuovi iPhone e, forse, non ci sarà neanche sui prossimi Galaxy S8 adesso che la USB-IF ha varato un nuovo standard per diffondere audio attraverso il connettore USB Type-C.

Cuffie USB Type-C

L’organizzazione ha pubblicato nella fattispecie le specifiche USB Audio Device Class 3.0, uno standard per la realizzazione di un’interfaccia audio attraverso il connettore USB Type-C. Seguendo lo standard i produttori che vogliono abbandonare il jack audio potranno farlo in maniera piuttosto semplificata senza dover realizzare un’interfaccia proprietaria o senza doversi barricare dietro a tecnologie wireless meno pratiche. Lo standard aiuterà naturalmente anche i produttori di soluzioni audio a produrre dispositivi (cuffie, diffusori) compatibili con lo standard USB Type-C.

Apple non è l’unica che ha anticipato la tendenza. Oltre ad altri produttori di smartphone anche Intel ha dichiarato di essere interessata a sostituire il secolare jack audio da 3,5mm con una tecnologia più versatile. I motivi sono semplici e anche abbastanza logici: un connettore analogico necessita di elettronica dedicata per elaborare l’audio in ingresso, laddove un più moderno connettore digitale consente di minimizzare il numero di componenti a favore della miniaturizzazione del prodotto finale. Un unico connettore per tutto inoltre consente di migliorare altre caratteristiche.

Fra queste anche la gestione energetica delle porte, che trae certamente vantaggio da una semplificazione delle opzioni di connettività. La morte del jack audio da 3,5mm (almeno su smartphone) ha comunque avuto inizio prima dell’eliminazione sugli iPhone: LeEco infatti aveva anticipato la compagnia di Cupertino, ma qualche segnale lo avevamo ricevuto già oltre un anno prima, quando Google introduceva il supporto ai DAC USB su Android. La finalizzazione delle specifiche USB ADC 3.0 rappresenta solo il colpo finale di un processo che pare ormai ineluttabile. 

Ma questo non significa che sarà un processo indolore per gli utenti, e si vede anche dall’approccio estremamente delicato attuato dalle diverse compagnie. Apple, che non è solita introdurre adattatori vari nelle confezioni originali dei propri dispositivi, non ha potuto esimersi dal metterne uno nelle scatole dei nuovi iPhone. Del resto la stragrande maggioranza dei dispositivi audio progettati per funzionare con prodotti mobile integra al momento il jack audio da 3,5mm, e continuerà a farlo per un bel po’. Tuttavia i produttori devono intuire che nell’aria c’è un cambiamento, e le nuove specifiche USB ADC 3.0 permetteranno loro di affrontarlo senza troppi affanni.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Calcio

Partiu o Velho Capitão: «Corina, Mário morreu»

Lá atrás, uma fotografia de José Águas. Uma imagem mítica do capitão encarnado a levantar a Taça dos Campeões Europeus. Cá à frente, o Velho Capitão, Mário Wilson, num discurso emocionante, a recordar o que passou num clube que amou, nas palavras dele, «desde o berço». Águas há muito que partiu. Eusébio e Coluna também. Numa imagem de qualquer um dos três, os benfiquistas olham a mística nos olhos. Dizem que é inexplicável, mas Mário Wilson, que nunca jogou no Benfica, verbalizou-a, antes de partir também ele, nesta segunda-feira, a duas semanas de completar 87 anos. O Velho Capitão vocalizou o benfiquismo, mas não foi um exclusivo da águia: a sua história diz-nos isso, o seu cavalheirismo também.

Levou com ele muitas histórias e deixou um legado de títulos, o primeiro com o símbolo do Sporting ao peito, curiosamente. Partilhou vida com Agostinho Neto, em Lisboa, e Almeida Santos, em Coimbra, onde ganhou a alcunha que lhe durou o resto da vida: Velho Capitão. A primeira, porém, era outra.

«Corina! Isso aparece de uma forma curiosa. Quando nasço, entra em voga em Moçambique uma música portuguesa. Ainda hoje a canto: «Corina, Mário morreu». E como tive o nome de Mário, a minha madrinha chamava-me de Corina.», in A Bola, 17 de outubro de 2009.

A avó era filha de um régulo, figura de autoridade no período colonialista português. O avô era americano e é daí que lhe vem o apelido. Mário Wilson nasceu em Lourenço Marques, hoje Maputo, a 17 de outubro de 1929. Jogava numa filial do Benfica, o Desportivo de Lourenço Marques e, um dia antes de completar 20 anos, estreou-se no Sporting. Wilson já despontava em Moçambique, quando o dono de uma papelaria o trouxe a ele e a Juca para Lisboa e para os leões.

Naquele discurso apaixonado sobre o que é ser benfiquista, Wilson afirmou que foi campeão pelo Sporting, mas que já era adepto encarnado. No entanto, garante que sempre respeitou rivalidades.

«Vinha para substituir o Peyroteo, um dos cinco violinos. A clubite doentia nunca foi muito apanágio meu. Continuo a ter os meus dois amores (Benfica e Académica), mas libertei-me cedo da forma doentia de sentir e dizer sou deste e não posso ver os outros», disse, em entrevista ao jornal A Bola, quando celebrou 80 anos.

Mário Wilson foi o sucessor do maior goleador do campeonato português, apontou 23 golos na época de estreia e só ficou atrás de Julinho, do Benfica, nessa temporada de 1949/50. Na época seguinte, foi campeão pelo Sporting, numa altura em que na capital confraternizava com Agostinho Neto e outras figuras relevantes na luta da independência das Colónias.A passagem pelo clube leonino foi rápida e terminou em 1950/51.  

Seguiu-se Coimbra. A Académica que lhe ocupou o coração também. Na Briosa, era capitão quem tinha mais habilitações. Cândido de Oliveira tinha outra ideia e nomeou Mário Wilson. Foi capitão para sempre, desde aí e liderou a Académica pelo meio de um regime fascista, quando em Coimbra se levantavam vozes contra ele. 

Na Briosa, o primeiro choque com José Maria Pedroto, a quem sucedeu e com o qual travou uma luta Norte-Sul, que se repercutiu em 1975/76, quando o Velho Capitão encontrou, por fim, o primeiro amor: o Benfica.

Depois de treinar a Académica, a qual levou o melhor lugar de sempre em 1966/67 (2º), Mário Wilson orientou o Belenenses e o Vitória, de Guimarães. Estava no Minho quando o Benfica lhe surgiu à porta. Queria recusar, mas não resistiu. E andou a passear o Benfica pelo mundo (a digressão de pré-época passou por Alemanha, Espanha, Austrália, Indonésia e França). 

Em 1975/76, bateu o Boavista de Pedroto na luta pelo campeonato e tornou-se no primeiro treinador português a ser campeão pelo Benfica (em 1967/68, Fernando Cabrita orientou os encarnados entre Fernando Riera e Otto Glória). 

Campeão na Luz, parte para o Bessa. Mas volta em 1979/80: aí, lançou o primeiro estrangeiro no futebol encarnado, José Gomes. E venceu uma Taça de Portugal, algo que voltaria a fazer quando o Benfica mais necessitou dele.

Em 1995/96, foi chamado a intervir após a saída de Artur Jorge (curiosamente, lançou-o como jogador, tal como Nené ou Chalana). Protegeu património do Benfica como o era João Vieira Pinto na altura, e naquela que ficou conhecida como a final do very-light, o Benfica bateu o Sporting por 3-1 e conquistou a Taça de Portugal no Jamor. Será o último título encarnado durante largos anos. Wilson sairá de novo da Luz, voltará em 97/98 e terminará a carreira de treinador no Alverca, presidido por Luís Filipe Vieira. 

Para além dos clubes já referidos, treinou a seleção nacional em 1980 e ainda Tirsense, Estoril-Praia, Cova da Piedade, Louletano, Torreense, Olhanense e Águeda. Tem 548 jogos no primeiro escalão do futebol nacional.

Na Luz, Águas deixou uma imagem icónica, Coluna uma postura, Eusébio deixou sobretudo os golos. Mário Wilson deixou sentimento naqueles que estiveram ao lado dele, como Toni, a quem sempre chamou de filho, como o mais velho que teve, que nasceu num 25 de abril (de 54) e cumpriu o destino do pai ao jogar de encarnado (Mário Valdez Wilson fez 17 jogos pelo Benfica entre1977 e 1980).

«Era um homem bom, uma figura incontornável do desporto português. Um treinador que marcou os jogadores que treinou e que partiu. O seu ‘filho branco’ verga-se perante aquele que foi o seu segundo pai. As últimas palavras que ouvi dele, há pouco tempo, foram de saudação, já com a voz muito embargada: Toni, Toni, Toni. Há muito tempo que o ‘capitão’ caminhava para o fim e o meu receio é não ter palavras que traduzam o que sinto por alguém que, se não fosse ele, não estaria aqui.», Toni, in CMTV.

Dirão os adeptos da Luz que partiu mais um bocado de Benfica. As reações de Sporting, V. Guimarães e Académica lembram-nos que partiu muito mais do que isso.

Autore: Maisfutebol

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HardwareSoftware

California allows cars without human drivers

No-one is better than some of our drivers, so let’s use no-one

California has become the first US state to allow the testing of automatic cars without a driver behind the wheel.

Most US states require a driver to be behind the wheel of driverless cars in case they need to take over in case of emergency. Some US states require a man on a horse with a red flag to go in front of the car during testing. Of course having a bloke behind the wheel makes no real odds. If there is an emergency they have to put down their book, put the cover back on their coffee, press pause on their video and then react to the crisis the robot could not handle.

A bill signed into law on Thursday by California Governor Jerry Brown allows a self-driving vehicle with no operator inside to test on a public road, a key step enabling a private business park outside San Francisco to test driverless shuttles.

The bill introduced by Democratic Assemblywoman Susan Bonilla allows testing in Contra Costa County northeast of San Francisco of the first full-autonomous vehicle without a steering wheel, brakes, accelerator or operator. When we say they don’t have breaks, we mean the sorts of breaks that need feet.

A project at the Bishop Ranch office park in the city of San Ramon to deploy driverless shuttles from French company Easymile had been on hold pending passage of the bill. Easymile already operates the shuttles in Europe.

New legislation was necessary because although driverless vehicles can be tested on private land like the office park, the shuttle will cross a public road on its loop through the campus.

The new law means that two cube-like Easymile shuttles that travel no faster than 25 mph (40 kph) will be tested for a period of up to six months before being deployed and used by people.

Autore: Fudzilla.com – Home