Categorie
HardwareSoftware

Intel shrinks the IDF die


Opinion
 Don’t say who farted

Reports suggest that Intel will only have two so-called “keynote speeches” at its Developer Forum this year – one from CEO Brian Krzanich and the other with Data Centre manager Diane Bryant.

Intel used to be famed for the blizzard of “keynotes” that it thrust onto an unsuspecting and often disbelieving world.

But these days it doesn’t have very much to say at all and is expected to get us all excited about autonomous cars as part of its arrangement with BMW.

Autonomous cars are, of course, all the rage and so it gives Intel a subject to hang its IDF coat on while actually saying not very much at all.

Because the plain fact is that the market has moved away from Intel and like IBM in the past, being a giant behemoth doesn’t make it easy to adjust to a new world and a new set of market conditions.

It is getting harder and harder to excite anyone in the latest sophisticated set of switches although it’s true some people find switches to be really fascinating.

By switches we mean microprocessors. It’s only a kind of Mad Geek that’s interested in this sort of stuff. 

According to financial analysts Seeking Alpha, Intel isn’t even going to mention mobile phone devices at this IDF.

It probably wished it had never mentioned them before because this area is the Big Fail for Chipzilla.

Autore: Fudzilla.com – Home

Categorie
Energia

Riforma tariffe elettriche non domestici: le ipotesi peggiori per il FV lo sono anche per le PMI

Un’analisi di Confartigianato mostra come, tra le ipotesi delineate nel dco sulla riforma della tariffa elettrica per i non domestici, quelle più penalizzanti per l’autoproduzione da rinnovabili – A e B1 – lo sarebbero anche per le imprese artigiane. Anche ANIE Energia e Italia Solare intervengono: meglio B3 o C.

Le ipotesi più radicali di riforma della tariffa elettrica degli utenti non domestici proposte dall’Autorità per l’Energia non taglierebbero solo le gambe a fotovoltaico, risparmio elettrico e cogenerazione: renderebbero anche più salata la bolletta per gran parte delle piccole e medie imprese.

A mostrarlo è un’analisi delle ipotesi proposte dall’Aeegsi svolta da Confartigianato. Per la micro e piccola impresa tipo dell’Indice Confartigianato nell’ipotesi più sfavorevole il costo dell’elettricità potrebbe salire di circa il 12%.

Anche ANIE Energia interviene su tema in un incontro con l’Autorità e, seppure per motivazioni diverse, concorda con Confartigianato: si scelga una delle due ipotesi che spostano in maniera minore i costi verso le parti fisse, le uniche che non comprometterebbero il mercato del fotovoltaico e delle altre tecnologie per risparmiare o autoprodurre elettricità (si veda analisi di QualEnergia.it). La stessa visione è di Italia Solare, che oggi pubblica la sua analisi sul dco (in allegato in basso).

Le 5 ipotesi

Come sappiamo, sono 5 le ipotesi di riforma delle tariffe dei non domestici proposte dall’Aeegsi in attuazione di quanto disposto dal Milleproroghe.

C’è l’ipotesi A, pienamente riflessiva della struttura tariffaria applicata ai servizi di rete; l’ipotesi B , in parte riflessiva della struttura attuale della tariffa di rete e in parte proporzionale all’energia elettrica prelevata, declinata in 3 versioni B1, B2 e B3 e l’ipotesi C (split) – che a differenza delle ipotesi A e B  prevede strutture differenziate per gli oneri derivanti degli incentivi alle fonti rinnovabili e gli altri oneri.

Per capire quali tra le ipotesi citate sono le più dannose per l’autoconsumo,  basta guardare al peso sul totale del costo in bolletta che ciascuna riserva alla parte variabile, cioè proporzionale all’energia prelevata: più questa quota è alta, maggiore è la convenienza a ridurre i prelievi dalla rete e, dunque, ad esempio, ad installare un impianto FV.

Attualmente il 92,89% dei costi dipende dalla quantità di energia consumata. L’ipotesi meno impattante per gli economics dell’autoproduzione è la B3 in cui la quota citata si ferma all’83,73%, seguita dalla C (73,74%) e dalla B2 (67,46%). L’ipotesi peggiore è invece la A, nella quale i prelievi di energia contano solamente per il 34,92% della spesa in bolletta.

A parità di consumi poi alcune proposte sono più favorevoli per gli utenti allacciati in alta e altissima tensione, altre per quelli in bassa e media: per gli utenti in alta e altissima tensione la tariffa più conveniente sarebbe la A, mentre per i clienti in bassa tensione le ipotesi migliori sarebbero la B3 e la C (vedi tabella).

I conti nelle diverse ipotesi poi cambiano a seconda di tipo di allaccio, potenza impegnata e consumi (si veda questa tabella).

L’analisi di Confartigianato

Per la micro e piccola impresa tipo dell’Indice Confartigianato, che presenta un rapporto tra consumo e potenza più basso della media – spiega in un intervento su Quotidiano Energia Enrico Quintavalle, responsabile Ufficio Studi Confartigianato – l’ipotesi A farebbe crescere i costi del 12,1%: “oltre il massimo del IV trimestre 2014, annullando di fatto l’effetto congiunto della riduzione del costo del ‘Taglia bollette’ e del ribasso del prezzo dell’elettricità.” Simile, spiega, sarebbe l’impatto della B1.

L’analisi della distribuzione del gettito degli oneri evidenzia che nella prima ipotesi la quota pagata dalle utenze in bassa tensione si alzerebbe di 10,9 punti percentuali, equivalente a 1,4 miliardi di euro su un gettito di 12,6 miliardi di euro, e nella seconda di 5,3 punti, che a parità di gettito vale circa 700 milioni di euro, ampliando ulteriormente il divario di costo unitario per oneri pagato da una bassa tensione rispetto ai grandi consumatori.

L’ipotesi B2, invece, “appare più neutrale per le imprese in bassa tensione”, mentre per Confartigianato risultano più favorevoli le rimanenti due ipotesi la B3 e la C.

La visione di ANIE Rinnovabili e di Italia Solare

B3 e C, per altri motivi, sono le ipotesi preferite anche dalle associazioni delle rinnovabili.

“Tra le opzioni presenti in consultazione – si legge in una nota diffusa da ANIE Rinnovabili dopo un incontro con l’Autorità – quella meno impattante sugli investimenti per l’autoproduzione da fonte rinnovabile e per l’efficienza energetica è la B3. Infatti si pone in continuità con la struttura tariffaria attualmente vigente, quindi dà maggiore stabilità al quadro regolatorio; inoltre potrebbe continuare a favorire la penetrazione delle tecnologie di decarbonizzazione, quindi generazione elettrica da fonti rinnovabili o da cogenerazione ad alto rendimento o mediante i sistemi di accumulo, tecnologia utile non solo ad ottimizzare l’impegno di potenza sulla rete elettrica, ma anche a favorire l’autoconsumo.”

“Tuttavia – prosegue la nota – l’opzione C risulta essere comunque accettabile, perché permetterebbe di tutelare anche gli investimenti già effettuati in efficienza energetica ed in autoconsumo.” L’associazione ritiene che le altre ipotesi (A, B1, B2) “non siano assolutamente in linea con lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica e dell’autoconsumo.”

Analoghe le conclusioni di Italia Solare (vedi anche documento in allegato), che alla preferenza per B3 e C aggiunge una proposta: “si ritiene che debba essere eliminata (o al più mantenuta solo nei casi e nei limiti in cui è preesistente) la componente fissa per punto di connessione, spostando il relativo peso sulla quota per impegno di potenza o a consumo, perché la componente fissa per punto di connessione costituisce una forma di prelievo svincolata completamente dalle scelte dell’utente e quindi in chiara contraddizione con i principi dell’Energy Union per i quali l’elemento chiave della transizione energetica è la responsabilizzazione del consumatore.”

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

Categorie
Energia

Il boom fotovoltaico della Cina fa cilecca nell’allaccio alla rete

Fotovoltaico, le “alleanze solari” guideranno la crescita futura

(Rinnovabili.it) – La Cina, in maniera unanime, è stata incoronata dagli analisti di settore come la regina indiscussa del fotovoltaico. Qui si investe e qui si costruisce con volumi che fanno impallidire i mercati storici. Solo poco tempo fa la National Energy Administration (NEA) è stata orgogliosa di annunciare il raggiungimento di un traguardo importante: l’istallazione di 18,6 GW fotovoltaici a fine 2015 sul territori della Repubblica popolare. E d è giusto che di orgoglio si parli con cifre così elevate, se non fosse che non tutta la quota sopracitata è stata effettivamente collegata alla rete. A riportarlo è una nuova ricerca del gruppo d’analisi IHS secondo cui vi sarebbero almeno 4,5 GW del totale annunciato in attesa di allaccio. Ritardi burocratici e mancanza di una rete moderna hanno creato non pochi ritardi che potrebbero addirittura far lievitare il numero di impianti solari pronti ad assere accesi ma ancora non utilizzati.

“Il numero di impianti fotovoltaici installati senza che entrino in funzione in Cina è aumentato con forza nel 2015 con vigore”, spiegano gli autori del report. “I possibili colli di bottiglia e l’elevata probabilità che le centrali non siano connesse alla rete, ha fatto sì che quest’anno i progetti su scala gigawatt siano spostati da Ningxia in altre province”. Questo secondo gli analisti di HIS determinerà anche un cambio nel mercato finale: non si avranno più solo grandi impianti a terra, ma un mix che favorisca anche istallazioni commerciali e residenziali.

Nel frattempo anche se con un po’ di ritardo il Governo si è mosso per risolvere il problema ordinando alle società di trasmissione e distribuzione elettrica di fornire la connettività mancante. L’ordine è partito dalla NEA all’indirizzo della State Grid Corp of China e della China Southern Power Grid Co che dovranno nel futuro a breve termine realizzare linee a tensione ultra alta o ultra high voltage (UHV), termine con cui vengono indicati gli impianti di trasmissione dell’energia elettrica con tensione superiore a 400 kV.

Autore: Rinnovabili

Categorie
Economia

WALL STREET: attacco ai massimi? Gli operatori però non sembrano convinti

wall-street-fear-index

Anche se lo SP500 è ad un passo dai massimi, sembra che ci sia da parte degli operatori poca convinzione che certi livelli vengano superati. Analisi del COT Report del CFTC. [Guest post]

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, gli investitori, ancora molto preoccupati dalle conseguenze economiche della Brexit e dalle sempre più incombenti crisi bancarie europee, sono andati spasmodicamente alla ricerca di lidi e porti considerati da sempre sicuri nell’ambito dei mercati finanziari internazionali.

Lo scenario intermarket ha evidenziato, infatti, un ulteriore incremento dello 0,7 % delle quotazioni del dollaro Usa, da sempre considerato valuta rifugio. Analoga fuga si è registrata verso lo Yen giapponese che ha raggiunto le siderali quotazioni di 100 nei confronti del dollaro e di 111 nei confronti dell’euro. Fuga dal rischio che ha inevitabilmente interessato anche l’oro, bene rifugio per eccellenza, la cui quotazione è salita sino a quota 1367 dollari per oncia. Le preoccupazioni per la crescita economica, soprattutto in Europa, hanno invece spinto al ribasso il mercato delle commodities che, in una sola ottava, stornano del 3 % in termini reali.

Evidentissima la fuga dal rischio anche nell’ambito del mercato obbligazionario. I rendimenti sui titoli decennali americani perdono, infatti, altri 9 bps, ed arretrano sino a quota 1,37 %, nonostante la pubblicazione di dati eccellenti sul mercato del lavoro Usa. Sempre acquistatissimo anche il bund decennale della Germania, nonostante il fatto che i suoi rendimenti si siano ormai inabissati a quota – 0,20 %. Con tali premesse era lecito attendersi un coerente storno del mercato dell’equity, che invece ha riguardato solo l’Europa ed il Giappone e non Wall Street. Il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, chiude, infatti, l’ottava con un ulteriore rialzo dell’1,28 %, che lo riporta davvero ad un soffio dai suoi massimi storici. Evidentemente, i capitali in uscita dall’Europa ed alla disperata ricerca di rendimenti, considerano, in questo particolare momento, anche la piazza azionaria americana un porto sicuro dove allocare i propri investimenti.

Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 17.115

Large Traders : + 31.942

Small Traders : – 14.827

fut_chart_spx

In perfetta coerenza con lo scenario intermarket sopradescritto, anche questa settimana, si riconferma pertanto il sentiment negativo nel mercato dei derivati azionari Usa. Nell’ultima ottava si sono, infatti, registrate soltanto delle esigue movimentazioni, pari a 6.402 contratti. Movimentazioni che hanno peraltro lo stesso segno e la stessa direzione di quelle della scorsa settimana. In particolare, gli Small Traders confermano, ancora una volta, tutto il loro scetticismo sulle prospettive del mercato azionario Usa, cedono infatti altri 4.944 contratti long, e portano la consistenza della loro insolita posizione Net Short sui livelli più elevati degli ultimi 6 anni. I Large Traders, invece, pur non mostrandosi particolarmente entusiasti, cedono soltanto 1.458 contratti contratti long, e rimangono ancora saldamente, ed in solitudine, in posizione Net Long. I Commercial Traders, devono pertanto intervenire ancora un volta in acquisto, acquisendo l’intero lotto dei 6.402 contratti long, che riduce ulteriormente l’entità della loro abituale posizione di copertura, Net Short. Come valutare l’apparente contraddizione di un sentiment negativo associato ad un mercato azionario in salita ? Chi segue da tempo il mio settimanale commento sa bene che, anche negli ultimi difficili 12 mesi, ho sempre avuto una view positiva sulle prospettive del mercato azionario Usa. View non condivisa da molti, soprattutto dagli Small Traders americani che da mesi stazionano in una, per loro, insolita ed anomala posizione Net Short. Evidentemente in loro sono ancora molto vivi i ricordi e le ferite del terribile crollo del 2008. E’ pertanto molto probabile che le “ Mani Forti “ del mercato tentino di vincere le loro resistenze abbattendo in questa ottava i vecchi massimi del mercato. Tale evento potrebbe infatti far venire psicologicamente meno i timori dei piccoli investitori e sostenere un’ulteriore gamba di rialzo delle quotazioni azionarie Usa e mondiali. Sarebbe comunque una forzatura che se non assecondata potrebbe poi indurre nuova volatilità e nuova incertezza sui mercati.

Personalmente preferirei una diversa evoluzione, ossia che nelle prossime settimane maturasse una partecipazione più corale al mercato che garantirebbe poi una crescita più solida, e soprattutto più lineare, delle quotazioni, da sostenere comunque attraverso un’auspicabile accelerazione della crescita economica a livello globale.

Futuro che si prospetta, pertanto, ancora molto incerto ed imprevedibile, che cercherò, comunque, di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. Dopo quest’ultima settimana, il mio portafoglio, “ Azioni Italia – LTM “, registra una perdita annua pari al 10,25 %. Performance negativa, influenzata dalle peculiari difficoltà vissute dal listino italiano, che registra, a sua volta, una perdita annua, misurata dal Ftse All Share, pari al 24,22 %. Conseguita, pertanto, in poco più di 6 mesi, in un contesto di mercato particolarmente avverso, una sovra-performance del 13,97 % che ci fornisce nuove conferme sulla bontà delle indicazioni operative derivanti dalle ricerche dei due noti professori Usa. In coerenza con la mia positiva view di medio e lungo termine, anche questa settimana riconfermo, per il 100 % del mio portafoglio, la mia esposizione long sulla borsa italiana. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.

Lukas

VN:F [1.9.20_1166]

please wait…

Rating: 10.0/10 (1 vote cast)

WALL STREET: attacco ai massimi? Gli operatori però non sembrano convinti, 10.0 out of 10 based on 1 rating

Autore: Finanza.com Blog Network Posts

Categorie
HardwareSoftware

Qualcomm Announces Snapdragon 821: 2.4 GHz Kryo

If you’ve been paying attention to the right places in the past few months it was probably obvious this was coming, but Qualcomm is announcing a higher tier to their Snapdragon 82x lineup, known as the Snapdragon 821 or MSM8996 Pro. While today’s announcement basically boils down to acknowledging that this SoC exists and that the big CPU cores have a clock speed of 2.4 GHz, it’s likely that in the months since the Snapdragon 820 was released Qualcomm engineering staff have been working on resolving various errata as well as improving their floorplanning and architecture implementation. It’s also likely that we will see a few new or otherwise revised IP blocks.

  Snapdragon 820 Snapdragon 821
CPU Perf Cluster 2x Kryo 2.2 GHz 2x Kryo 2.4 GHz
CPU Power Cluster 2x Kryo 1.6 GHz 2x Kryo >2 GHz
GPU Adreno 530 624 MHz Adreno ??? ~650 MHz

What isn’t in this announcement is that the power cluster will likely be above 2 GHz and GPU clocks look to be around 650 MHz but without knowing whether there are some changes other than clock relative to Adreno 530 we can’t really estimate the performance of this part. However, this information can be subject to change depending upon what happens at Qualcomm. It’s important to note here that while these changes may seem to be small that improvements in the implementation of an SoC can have a dramatic effect on performance and power. I’m sure we’ll be learning more about this SoC in the coming months so for now we’ll just have to wait and see what comes next.

Autore: AnandTech