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Agli scienziati messicani l’incontro sugli alieni non è piaciuto per niente

Author: Wired

Il 12 settembre l’ufologo e giornalista Jaime Maussan ha presentato al Congresso del Messico quelle che dal suo punto di vista erano prove dell’esistenza degli alieni. Il 19 settembre, la comunità scientifica messicana si è riunita in occasione di una conferenza per porre una semplice domanda: “Extraterrestri o scheletri di lama?“.

Il punto di vista degli scienziati era contenuto nel sottotitolo della conferenza: “La scienza risponde ai ciarlatani e ai creduloni“. Se Maussan aveva scioccato il Messico e il mondo con le sue affermazioni stravaganti, questa era la risposta della comunità scientifica messicana. Verso la fine della conferenza, Alejandro Frank, professore di fisica matematica all’Universidad Nacional Autónoma de México (Unam) che ha condotto l’evento, ha riassunto la situazione: “Di fronte ai gravi problemi che stiamo vivendo in Messico e nell’intero pianeta, a partire dai cambiamenti climatici, dalle guerre e dalle pandemie, è triste riunirsi per parlare delle malefatte di un ciarlatano professionista“.

Frank ha detto che gli scienziati non si erano riuniti per discutere le “ridicole affermazioni complottiste raccontate per decenni” da Maussan, ma per il luogo in cui aveva presentato le sue ultime stravaganti teorie. La presenza dell’ufologo al Congresso messicano, ha sostenuto Frank, ha “messo il mondo sottosopra” e ha gettato discredito e schermo sulla razionalità scientifica in Messico. “La posta in gioco qui è se il nostro paese seguirà la scienza o le superstizioni e le ciarlatanerie”, ha aggiunto Frank.

Se le affermazioni extraterrestri di Maussan sono risibili, il danno che rischiano di arrecare alla scienza in Messico, e nel mondo, è una questione seria. Frank ha indicato la polarizzazione della politica messicana, soprattutto su questioni urgenti come la crisi climatica, come un esempio particolarmente allarmante di come la reputazione scientifica del paese stia già soffrendo. In seguito alla debacle sugli alieni, Frank aveva invitato il Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia, a prendere pronunciare e intervenire. L’agenzia messicani però non si espressa in merito alle presunte “mummie di Nazca”, che nel mondo sono ormai sempre più conosciute come “mummie messicane.

José Franco, ricercatore dell’Istituto di Astronomia dell’Unam, ha iniziato la conferenza con una presentazione intitolata “La vita nell’universo“, in cui ha spaziato su diversi temi, dalla chimica interstellare, all’esobiologia (il settore che studia la possibilità dell’esistenza di vita al di fuori della Terra). Parlando della ricerca degli alieni da parte dell’umanità, Franco ha commentato scherzando che “non è stata trovata vita da nessuna parte, e nemmeno intelligenza nel Congresso

Gabriela Frías, ricercatrice di filosofia della scienza, ha descritto il bizzarro incontro sugli alieni organizzato nel parlamento messicano come “un evento pseudoscientifico, che fa appello alle nostre fantasie, desideri e paure“. Durante il suo intervento al Congresso, Maussan ha fatto riferimento a una “analisi al carbonio 14” condotta sulle mummie di Nazca da scienziati dell’Unam, che aveva in parte presentato come prova del fatto che i resti che stava mostrando appartenevano a “esseri non umani“.

L’Unam però ha poi preso le distanze da “qualsiasi uso, interpretazione o travisamento successivo dei risultati“. In una dichiarazione, l’università ha sottolineato che è essenziale che la ricerca di vita aliena sia affrontata “con il sostegno di istituzioni che si occupano di ricerca scientifica e seguendo i rigorosi standard etici inerenti alla ricerca“. L’apparizione di Maussan al Congresso è stata l’esatto contrario.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.

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La Nasa non ha trovato gli alieni, ma se vedete degli Ufo fate un fischio

Author: Wired

Settantasei anni dopo il famigerato incidente di Roswell, quando un pallone aerostatico ad alta quota – o forse qualcos’altro – si schiantò nel sud-est del New Mexico, negli Stati Uniti la Nasa si è pronunciata ufficialmente sugli avvistamenti di Ufo. Ma non c’è da entusiasmarsi troppo: non sono arrivate conferme o smentite circa l’esistenza degli alieni. Un rapporto pubblicato il 14 settembre dal gruppo di studio indipendente dell’agenzia descrive invece come la Nasa dovrebbe valutare le nuove segnalazioni di “fenomeni anomali non identificati” (Uap), il termine che oggi le agenzie federali statunitensi adottano al posto di Ufo. Il documento sottolinea che l’agenzia dovrebbe utilizzare l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale come strumenti di analisi, ma che per farlo avrà bisogno di dati di qualità superiore da analizzare.

La Nasa va alla ricerca dell’ignoto nello spazio. È nel nostro Dna – ha dichiarato l’amministratore della Nasa Bill Nelson durante una conferenza stampa –. Il risultato principale dello studio è che c’è ancora molto da imparare. La Nasa non ha trovato alcuna prova sul fatto gli Uap abbiano un’origine extraterrestre, ma non sappiamo cosa siano”. Nelson ha descritto il progetto del team come parte di uno sforzo più ampio volto a “spostare il dibattito sugli Uap dal sensazionalismo alla scienza”, ridurre i pregiudizi associati alle segnalazioni e “assicurarsi che le informazioni siano condivise in modo trasparente in tutto il mondo“.

Una questione di dati

Il problema principale, sottolineano Nelson e gli autori del rapporto, è che se da un lato abbondano le testimonianze oculari sulla presenza di strane luci nel cielo, dall’altro sono stati raccolti pochissimi dati standardizzati e di alta qualità su questi incidenti. La maggior parte delle segnalazioni infatti è relativa a un avvistamento fugace. Come si legge nel rapporto, ” è nella natura della scienza esplorare l’ignoto, e i dati sono il linguaggio che gli scienziati usano per scoprire i segreti del nostro universo. Nonostante i molti resoconti e le numerose immagini, l’assenza di osservazioni coerenti, dettagliate e selezionate fa sì che al momento non disponiamo dell’insieme di dati necessari per trarre conclusioni scientifiche definitive sugli Uap“. Il lavoro di analisi, prosegue il rapporto, “è ostacolato dalla scarsa calibrazione dei sensori, dalla mancanza di misurazioni multiple, dalla mancanza di metadati dei sensori e dalla mancanza di dati di riferimento“.

Lo scorso autunno, la Nasa aveva annunciati i 16 membri del team, che comprende astrofisici, un ex astronauta, funzionari dell’Amministrazione federale dell’aviazione (Faa), un dirigente del settore aerospaziale privato, un oceanografo, un ingegnere elettrico e un giornalista scientifico. I funzionari dell’agenzia hanno chiarito che l’astrobiologia e la ricerca di intelligenza extraterrestre, o Seti, esulano dallo scopo di questa iniziativa. Il punto piuttosto è capire come gestire eventuali prove future. Il 31 maggio, nel corso di un lungo incontro pubblico e di una conferenza stampa, Dan Evans, amministratore della ricerca presso la Science Mission Directorate della Nasa, aveva sottolineato che lo scopo dell’iniziativa non è avviare nuove indagini, ma piuttosto capire come affrontare al meglio le nuove segnalazioni. “L’obiettivo principale non è quello di esaminare filmati sgranati, ma di fornire una tabella di marcia per il futuro“, ha affermato.

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Perché negli Stati Uniti la politica si sta occupando di ufo

Author: Wired

Negli Stati Uniti si è tornato a parlare di ufo a livello ufficiale, ma questa volta le tinte da film di fantascienza sono state molto più nitide del solito. Al centro dell’attenzione mediatica è finito un ex funzionario dell’intelligence statunitense, David Grush, che, durante un’udienza indetta apposta per lui, ha accusato il governo di Washington di nascondere informazioni e prove dell’esistenza di velivoli provenienti dallo spazio già dagli anni Trenta del secolo scorso.

Non è la prima volta che il Congresso degli Stati Uniti viene chiamato in causa per riferire dell’esistenza o meno di attività extraterrestri, ma questo ultimo spettacolo è stato giudicato dagli osservatori come particolarmente originale “anche per gli straordinari standard del teatro politico contemporaneo”, si legge sul New York Times.

La “talpa”

L’ex maggiore Grush ha infatti cominciato a sollevare un gran polverone nei mesi passati, rilasciando una serie di interviste sugli extraterrestri e sulla presenza di veicoli alieni sulla terra, catturati e tenuti nascosti al pubblico dal governo statunitense. Solo, in mezzo ad altre centinaia di migliaia di altri militari e funzionari, Grush sarebbe riuscito a scoprire la verità non vedendo in prima persona i presunti ufo, ma grazie alle confidenze di persone a conoscenza dei fatti.

La storia sarebbe potuta finire qui, ma nel gioco politico statunitense l’opposizione di destra del Partito repubblicano ha deciso di prendere la palla al balzo e strizzare l’occhio a quella massa di elettori amante dei complotti di QAnon sul cosiddetto deep state, il presunto governo ombra composto da rettiliani e cannibali che manovrerebbe i politici democratici, aprendo addirittura commissione di inchiesta sulle dichiarazioni di Grush.

Durante l’udienza, non sono emerse nuove rivelazioni sul tema. L’ex militare ha semplicemente avuto una piattaforma per accusare il dipartimento della Difesa e il governo di aver danneggiato o ferito” diverse persone per nascondere l’esistenza degli extraterrestri e di avere un programma “pluridecennale” di recupero e analisi dei veicoli alieni, di cui alcuni grandi come campi di calcio e uno addirittura recuperato in Italia durante il fascismo. Il tutto senza prove concrete, ma sempre citando testimonianze di “persone a conoscenza dei fatti”.

Testimoni di prima mano

Oltre a Grusch sono stati ascoltati anche Ryan Graves, ex pilota della marina e fondatore del gruppo Americans for safe aerospace che incoraggia i piloti a segnalare gli avvistamenti di fenomeni aerei, e David Fravor, un comandante della Marina in pensione. Al contrario di Grush, Graves e Fravor sostengono di aver visto di persona i velivoli extraterrestri.

A queste dichiarazioni, il dipartimento della Difesa ha risposto negando le accuse e presentato i risultati delle indagini governative che non hanno trovato alcuna prova a sostegno delle informazioni diffuse da Grush, né sul presunto possesso di materiali extraterrestri né sull’esistenza di programmi a riguardo, si legge su Associated Press.

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Un fisico di Harvard sostiene di aver trovato frammenti alieni in un meteorite

Author: Wired

Abraham “Avi” Loeb non è certo un signor nessuno, né una vox clamantis in deserto. Fisico teorico specializzato in astrofisica e cosmologia, ha diretto il Department of Astronomy di Harvard tra il 2011 e il 2020; fondato la Black Hole Initiative; diretto, dal 2007, lo Institute for Theory and Computation dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Inoltre, è membro della American Academy of Arts and Sciences, della American Physical Society e della International Academy of Astronautics, giusto per citare le società scientifiche più prestigiose. Nel 2012, la rivista Time lo ha selezionato tra le 25 personalità più influenti, a livello globale, nel campo della ricerca spaziale. Ragioni per cui – stando attenti a non cadere nella fallacia logica dell’argumentum ab auctoritate – se Loeb dice qualcosa, anche a prima vista incredibile, è il caso comunque di prestargli orecchio. È proprio questo il caso: poco tempo fa, Loeb ha rilasciato un’intervista al Daily Mail (ma non solo) sostenendo che i frammenti di un meteorite precipitato sul nostro pianeta nel 2014, e inabissatosi nell’Oceano Pacifico, contengano del materiale “anomalo rispetto a qualsiasi lega creata dall’essere umano, ma anche rispetto alle sostanze note contenute negli asteroidi e a quelle provenienti da altre sorgenti astrofisiche”. E quindi? Sherlock Holmes direbbe che “dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità”. Ovvero, in altre parole: se i frammenti non fossero manufatti umani e non avessero origine naturale, l’unica spiegazione possibile (per improbabile che sia) avrebbe a che fare con un’origine aliena. È davvero così? Un attimo.

Pioniere o provocatore? Conservatore

Di Avi Loeb e di alieni vi avevamo già parlato. Era successo, per la precisione, a febbraio 2021, quando il fisico di Harvard dichiarò che l’asteroide interstellare ‘Oumuamua fosse il resto di una tecnologia aliena (secondo l’ipotesi al momento più accreditata, invece, il bizzarro sigaro spaziale proverrebbe da un sistema stellare con due soli). E già in passato, studiando i buchi neri, l’origine dell’Universo e i gamma ray bursts, Loeb aveva fatto parlare di sé per le sue ipotesi pioneristiche, se non addirittura provocatorie. Loeb non ha mai fatto mistero di essere convinto che non siamo soli nell’Universo: grazie ai nuovi telescopi – ha spiegato in più di un’occasione – sappiamo che moltissimi sistemi extrasolari ospitano pianeti con caratteristiche simili a quelle della Terra, e probabilmente ne esistono molti altri che non abbiamo ancora individuato; e per questo sarebbe arrogante pensare di essere le uniche forme di vita esistenti, e sbagliato catalogare come assurdità teorie controcorrente – per esempio quella su ‘Oumuamua. Di più: Loeb sostiene che il mondo scientifico ha preso una brutta piega, nel senso che gli scienziati si affidano sempre meno al principio della ricerca di prove e spesso, addirittura, temono di scoprire qualcosa che non riescono a spiegare o a catalogare in categorie conosciute. Per questo suo attaccamento ai princìpi della scienza, che dimostra la validità o l’infondatezza di una teoria sulla base di prove e osservazioni, e non sul principio dell’ipse dixit, Loeb si è definito “più conservatore dei suoi colleghi dell’establishment” che “rifiutano a priori un’idea solo perché stravagante o fuori moda, anche se teoricamente possibile”.

Detto, fatto: il progetto Galileo

Oltre ad aver scritto un libro sulla questione ‘Oumuamua (Extraterrestrial: The First Sign of Intelligent Life Beyond Earth), Loeb ha raggranellato i fondi per una grande missione scientifica, il progetto Galileo (nome evidentemente non casuale, dato quello che abbiamo appena detto a proposito delle sue posizioni), lanciata con lo scopo di chiarire una volta per tutte l’origine dell’oggetto interstellare e di cercare altri possibili segni di vita extraterrestre all’interno (e all’esterno) del Sistema solare. Nelle intenzioni dello scienziato, il progetto, finanziato quasi esclusivamente con fondi privati, dovrebbe aiutarci a capire se siamo effettivamente in grado di scoprire e identificare tecnologia aliena: si serve dei dati provenienti da radiotelescopi e da nuovi strumenti per cercare sistematicamente nuovi artefatti come satelliti “nascosti” nell’orbita terrestre, oggetti interstellari (sia naturali che artificiali) e “veicoli inspiegabili” nell’atmosfera terrestre. Le reazioni della comunità scientifica sono state, al solito, molto eterogenee: i ricercatori del Seti (Search for Extraterrestrial Intelligence), per esempio, hanno lanciato i cappelli per aria: “Chiunque sarebbe entusiasta di poter dare uno sguardo più ravvicinato a un oggetto come ‘Oumuamua”, ha detto Jason Wright, direttore del Penn State Extraterrestrial Intelligence Center. “Dobbiamo assolutamente essere pronti per il nuovo ‘Oumuamua – ha aggiunto Adam Frank, astrofisico alla University of Rochesterimpareremmo tantissime cose, qualsiasi cosa siano questi oggetti”. Altri, invece, si sono chiesti se quella di Loeb sia vera scienza e quali siano le reali possibilità di scoprire qualcosa di nuovo.

L’asteroide CNEOS 20140108, IM1 per gli amici

Arriviamo così al presente, cioè all’ultima sparata di Loeb, relativa al passaggio di una palla di fuoco nel cielo registrato a gennaio 2014 dal Department of Defense statunitense, l’ente che (tra le altre cose) monitora tutti gli oggetti che entrano nell’atmosfera terrestre. La traiettoria della palla è terminata sul fondo dell’Oceano Pacifico meridionale, al largo delle coste della Nuova Guinea; la Nasa l’ha analizzata e le ha affibbiato il nome CNEOS 20140108 e il soprannome IM1 (ovvero meteora interstellare 1, perché sembrerebbe provenire dall’esterno del Sistema solare). Loeb ha messo in piedi una squadra di ricerca e ha raggiunto la zona del Pacifico dove si è inabissato il meteorite; servendosi di potentissimi magneti, ha portato in superficie dei materiali che – sostiene lui – sarebbero proprio frammenti di IM1. “Abbiamo trovato diverse decine di sferette – ha raccontato lo scienziato – Sono sfere quasi perfette, sembrano biglie metalliche. Quando le si osserva al microscopio, risaltano in modo molto nitido sullo sfondo. Sono di diversi colori: dorate, blu, marroni; alcune di loro sembrano una miniatura del pianeta Terra. A quanto pare, le sfere sono composte per l’84% di ferro, per l’8% di silicio, per il 4% di magnesio e per il 2% di titanio (oltre a parti minori di altri materiali) e hanno dimensioni inferiori al millimetro. “La robustezza di questo materiale – ha aggiunto Loeb – è superiore a quella di qualsiasi altra roccia spaziale osservata finora e catalogata dalla Nasa. Abbiamo calcolato la presunta velocità del meteorite all’esterno del Sistema solare: 60 chilometri al secondo, più veloce del 95% di tutte le stelle in prossimità del Sole. Questi due elementi suggeriscono la possibilità che si potrebbe trattare di frammenti di un veicolo di una civiltà aliena, o di qualche altro gadget tecnologico. Proviamo a pensare all’inverso, e cioè alle nostre sonde Voyager, che lasceranno il Sistema solare in circa 10mila anni. Se dovessero scontrarsi con un altro pianeta fra un miliardo di anni, sarebbero ridotte a uno sciame di oggetti che si muovono più velocemente della norma”.

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Come sta andando la caccia agli Ufo?

Author: Wired

650 avvistamenti di presunti Ufo, o Uap – se volete essere più à la page. E quasi nessuno di questi sarebbe da considerarsi effettivamente relativo a manufatti di origine non terrestre o che “sfidano le leggi della fisica”. Lo ha spiegato al Congresso americano, neanche un paio di mesi fa, Sean M. Kirkpatrick, direttore della All-domain Anomaly Resolution Office (Aaro), riassumendo così i progressi dell’indagine in corso sui fenomeni aerei non identificati. “Voglio sottolineare oggi – queste le parole di Kirkpatrick – che solo una percentuale molto piccola dei rapporti relativi agli Uap ha caratteristiche che possono essere ragionevolmente considerate ‘anomale. La maggior parte degli oggetti non identificati segnalati all’Aaro sono in realtà palloni atmosferici, droni, fenomeni naturali, artefatti fotografici o altri oggetti facilmente identificabili”. L’esperto ha mostrato due video al Congresso: il primo (disponibile sul sito web del Pentagono) fa parte di quella “percentuale molto piccola” di fenomeni ancora non spiegati – che rappresenta, naturalmente, l’aspetto più intrigante della questione – ed è stato registrato in Medio Oriente il 12 luglio 2022: vi si vede un oggetto di forma sferica sorvolare quella che sembra essere una base militare. Il filmato è stato registrato da un drone MQ-9 ed è attualmente ancora sotto inchiesta da parte degli esperti dell’Aaro. Un’altra registrazione, invece, riguarda un incidente che, sempre a detta del Pentagono, si sarebbe verificato in Asia meridionale il 15 gennaio 2023: la telecamera a infrarossi di un altro drone MQ-9 ha immortalato uno strano oggetto volare all’interno del proprio campo visivo. In questo caso, l’analisi e la revisione dei fotogrammi ha svelato che si tratta di un aereo: “Se provate a strizzare gli occhi – ha detto Kirkpatrick ai politici – vi sembrerà di vedere un aereo. È perché si tratta realmente di un aereo”.

Sempre più avvistamenti…

Il numero di avvistamenti di Uap è in crescita: negli ultimi quattro mesi il personale militare statunitense ha sottoposto all’Aaro quasi cento nuove segnalazioni (il che potrebbe essere legato al fatto che è aumentato il numero di droni che volano nei cieli). La maggior parte degli oggetti segnalati vola a un’altitudine compresa tra 4500 e 7600 metri, che corrisponde allo spazio aereo assegnato agli aerei militari: per questo gli esperti concordano sul fatto che la spiegazione più probabile è che si tratti di velivoli di aviazioni non statunitensi – o comunque assolutamente non alieni. Per poterlo dire con più certezza sarebbe necessario avere a disposizione informazioni sulle esercitazioni e sulle attività militari condotte da altre nazioni, informazioni che sono naturalmente tenute segrete. “In mancanza di dati“ dice ancora l’esperto “spesso non riusciamo ad arrivare a conclusioni che soddisfano gli standard scientifici che ci siamo imposti per considerare un caso ‘chiuso, ed è per questo che ci sono ancora diverse segnalazioni considerate non spiegabili”. Al momento, quasi la metà delle segnalazioni (il 52%, per la precisione), riguarda oggetti descritti come “rotondi o sferici” di dimensioni comprese tra uno e quattro metri e di colore “bianco, argentato o metallico traslucido”, con velocità che possono arrivare fino a due volte quella del suono.

…ma ancora nessun alieno

Dopo aver chiarito come e perché la natura di alcuni oggetti sia ancora inspiegabile, Kirkrpatrick ha però anche sottolineato che per nessuna delle segnalazioni è ragionevole accampare ipotesi che coinvolgano civiltà extraterrestri: “È importante affermare chiaramente che tutte le ricerche dell’Aaro non hanno trovato alcuna prova di attività extraterrestre, tecnologia extraterrestre o oggetti che sfidano le leggi della fisica. Nel caso in cui riuscissimo a raccogliere abbastanza evidenze del fatto che uno degli Uap possa essere spiegato solo con un’origine extraterrestre, ci impegniamo a lavorare con i nostri partner della Nasa per informare adeguatamente la leadership del governo degli Stati Uniti”.

Voci dall’interno

Ovviamente, c’è chi la pensa diversamente. Il Guardian, per esempio, racconta di un** “crescente scetticismo”** su questa caccia agli Ufo/Uap da parte degli Stati Uniti, facendo riferimento alle mirabolanti affermazioni di David Grusch, ex funzionario dell’intelligence americana che in passato si è occupato di analisi degli Uap per conto di un’agenzia del Dipartimento della Difesa. Grusch, in particolare, ha rivelato a The Debrief che gli Stati Uniti stanno “collezionando da decenni veicoli alieni”, il che ha spinto la Camera dei Rappresentanti ad avviare un’indagine ufficiale sulla vicenda (nelle prossime settimane dovrebbe essere fissata la prima udienza). E successivamente, in un’intervista rilasciata a NewsNation, ha rincarato la dose, affermando che gli Stati Uniti non avrebbero soltanto veicoli alieni, ma addirittura piloti: “Naturalmente, quando trovi le parti di un velivolo atterrato o precipitato – ha detto – ti può capitare di imbatterti in un pilota morto. Che ci crediate o no, per quanto sembri fantastico, è tutto vero. C’è un programma sofisticato di disinformazione per nascondere alla popolazione le vere informazioni sugli Ufo”. C’è un’altra storia ancora più inverosimile e che ci riguarda ancora più da vicino: pochi giorni fa Grusch ha detto a le Parisien che gli Stati Uniti possiedono una navicella (aliena, naturalmente) a forma di campana recuperata dal governo fascista di Benito Mussolini nell’Italia settentrionale nel 1933. Le affermazioni di Grusch, insomma, hanno tutti gli elementi delle teorie del complotto già sentite sul tema; e, soprattutto, non sono supportate da alcuna evidenza verificabile, se non da non meglio specificate “testimonianze” di ex-colleghi di Grusch e di “un altro funzionario americano”. L’Aaro, dal canto suo, ha preso le distanze dal whistleblower, sottolineando di “non aver scoperto alcuna informazione verificabile a sostegno delle informazioni secondo cui siano esistiti in passato (o esistano oggi) programmi riguardanti il possesso o la reverse engineering di materiali extraterrestri”.