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Il Leone D’oro va a Povere Creature! Ecco i commenti di tutti i premiati

Author: Wired

Premio Speciale della Giuria
GREEN BORDER di Agnieszka Holland
“Non è stato facile realizzare questo film per motivi che potete immaginare, e per alcuni che non potete immaginare. Dal 2014 a oggi la realtà dei rifugiati che racconto nel film non è cambiata: la gente continua a morire ed essere privata dei propri diritti e non aiutata non perché in Europa non possiamo, ma perché non vogliamo. Dedico questo film a tutti gli attivisti, dalla Polonia fino a Lampedusa”.

Miglior sceneggiatura
PABLO LARRAIN e GUILLERMO CALDERON per El Conde
“Voglio parlare degli sceneggiatori in sciopero: spero si arrivi a un accordo con gli studios per la
dignità e il rispetto per tutti gli sceneggiatori del mondo”.

Premio Marcello Mastroianni

SEYDOU SARR per Io, Capitano
“Sono contento e felice. Non ce n’è parole, non ce n’è. Grazie mille”.

ORIZZONTI

Miglior film
EXPLANATION FOR EVERYTHING Di Gabor Reisz
“Vincere un premio da una comunità internazionale significa molto oggi: fare cinema indipendente è particolarmente difficile in Ungheria, vi chiedo di supportarci e seguirci”.

Miglior regia
Mika Gustafson per PARADISE IS BURNING
“Sono sotto choc. Volevo fare qualcosa di nuovo e spingermi oltre ogni confine. Le storie non sono ancora state tutte raccontate, c’è speranza per il futuro”.

Premio Speciale della Giuria
UNA STERMINATA DOMENICA di Alain Parroni
“Realizzare il primo film è un atto doloroso, più che un premio è un patto con le immagini e gli spettatori del futuro. Ringrazio i miei produttori (tra cui Wim Wenders, ndr) per avercela messa tutta per ascoltarmi anche quando non mi capivo da solo”.

Miglior interpretazione femminile:
Margarita Rosa de Francisco per El Paraiso.
“Sono molto commossa. Edoardo Pesce, attore possente e straordinario, mio figlio nel film, dice che recitare è un lavoro come tanti altri. Concordo, ma come ogni altro lavoro quando lo fai con amore e dedizione ogni momento diventa un miracolo. Ringrazio poi il mio Paese, la Colombia”.

Miglior interpretazione maschile:
Tergel Bold-Erdene per City of Wind.
“Dalla Mongolia mi era difficile arrivare a ritirare il premio, ma vi ringrazio profondamente”.

Miglior sceneggiatura

EL PARAISO di Enrico Maria Artale
“Non mi sono mai considerato uno sceneggiatore, ringrazio Edoardo Pesce, senza il quale e senza la nostra amicizia questo film non esisterebbe. Rassicuro mia madre: i momenti che abbiamo avuto non sono niente in confronto all’amore che mi ha trasmesso in tutta la vita”.

Miglior corto

SHORT TRIP di Erenik Beqiri
“Questo vuol dire molto per me e per il mio Paese (Albania, ndr), spero avremo sempre più modo di esprimerci e raccontare liberamente le nostre storie. E chiedo scusa ai miei genitori per essere stato cattivo qualche volta”.

OPERA PRIMA Luigi de Laurentiis:

LOVE IS A GUN di Lee Hong-Chi
“Nel passato tanti maestri del cinema cinese mi hanno preceduto, io devo imparare ancora molto da loro”.

PREMIO ARMANI BEAUTY per ORIZZONTI EXTRA:

FELICITÀ di Micaela Ramazzotti
“Ci ho messo l’anima per arrivare al vostro cuore. Dedico questo premio a chi sta vivendo un momento difficile ed è nell’infelicità della propria vita: può durare a lungo l’infelicità, ma bisogna lottare tanto, lottare sempre per la felicità, cosa di cui tutti noi abbiamo bisogno sempre”.

VENICE IMMERSIVE:

SONGS FOR A PASSERBY Di Celine Daemen
“Songs for a Passerby è un viaggio meditativo che ti consente di vederti da fuori come un burattino che si guarda e da emergere il quesito melanconico: sono io ad attraversare la vita o è la vita che sta attraversando me?”

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Tutti i vincitori di Venezia 2023

Author: Wired

La Mostra del cinema di Venezia 2023 si è appena conclusa. Un’edizione particolare, questa, che ha visto l’assenza di molte star sul red carpet a causa dello sciopero di attori e sceneggiatori: i membri dei sindacati Sag-Aftra, infatti, non possono partecipare a nessuna iniziativa, né sul set né in occasioni promozionali, che coinvolgano gli studios cinematografici con i quali le stesse associazioni sono in rotta.

Non abbiamo visto al Lido Bradley Cooper e Carey Mulligan. Cooper è regista, produttore e protagonista di Maestro, il biopic su Leonard Bernstein. E neanche Emma Stone e Mark Ruffalo, protagonisti di Povere Creature di Yorgos Lanthimos. Non sono mancate le polemiche, soprattutto legate alla presenza dei film di Roman Polanski e Woody Allen. E anche le dichiarazioni di Pierfrancesco Favino, a Venezia per Adagio di Stefano Sollima, hanno lasciato qualche malumore.

Al di là delle polemiche, abbiamo visto bellissimi film. E una presenza in sala del 17% in più rispetto al 2022, come ha spiegato Roberto Cicutto, Presidente della Biennale di Venezia, poco prima della cerimonia di premiazione.

Ed ecco quali sono stati i vincitori di questa ottantesima edizione.

article imageTutti i film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023

Ecco la lista dei film che si contenderanno quest’anno il Leone d’oro, tra grandi nomi internazionali e sei registi italiani

articolo in aggiornamento

I vincitori di Venezia 2023

Venice Immersive

(Sezione interamente dedicata ai media immersivi, che include tutti i mezzi di espressione creativa XR)

Realizzazione Venice Immersive: Empereur di Marion Burger, Ilan Cohen

Premio speciale della Giuria: Flow, di Adriaan Lokman

Gran Premio Venice Immersive: Songs for a Passerby di Celine Daemen

Venezia Classici

Miglior restauro: Ohikkoshi (In movimento), Shinji Somai

Miglior documentario sul cinema: Thank you very much, Alex Braverman


Orizzonti extra, premio spettatori Armani Beauty: Felicità di Micaela Ramazzotti

Leone del futuro Venezia Opera Prima Luigi de Laurentiis: Ai shi yi ba qiang di Lee Hong-Chi


Sezione Orizzonti

Miglior Cortometraggio: A Short Trip di Erenik Beqiri

Miglior sceneggiatura: El paraíso di Enrico Maria Artale

Miglior interpretazione maschile: Tergel BoldErdene per Ser Ser Salhi

Miglior interpretazione femminile: Margarita Rosa De Francisco per El Paraìso

Premio speciale della Giuria:** Una sterminata domenica** di Alain Parroni

Miglior Regia: Mika Gustafson per Il Paradiso Brucia

Miglior Film: Una spiegazione per tutto di Gábor Reisz


Premio Marcello Mastroianni per attore o attrice emergente: Seydou Sarr per Io capitano

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Peter Sarsgaard per Memory

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Il documentario Life is not a competition, but I’m winning solleva la questione dei generi nello sport

Author: Wired

Life is not a competition, but I’m winning, però, non è solo un film di racconti in prima persona. La regista Julia Fuhr Mann, oltre alle testimonianze di Negesa e di e di e altr*, come la maratoneta transgender Amanda Reiter, ha messo insieme anche una sorta di coro di atlet* queer, che vediamo conquistare il proprio spazio in due “templi” dell’agonismo: lo stadio olimpico di Atene, “costruito”, di ricorda nel film “per celebrare unicamente eroi maschi, e il massiccio Olympiastadion di Berlino, realizzato durante il nazismo per i Giochi del 1936: “Una struttura che nei proclami del regime sarebbe dovuta durare per sempre, mentre, nella realtà, si sta poco a poco sbriciolando”.

Inoltre, nel documentario, la regista ci accompagna indietro nel tempo con immagini di repertorio per ricordarci che i “corpi non conformi” sono sempre esistiti e che il concetto di conformità varia nel corso del tempo.

Fino a meno di un secolo fa, per esempio, le donne erano considerate fisicamente non idonee a competere nella specialità degli 800 metri.

La mezzofondista Lina Radke fece giusto in tempo a vincere una medaglia d’oro ai giochi olimpici di Amsterdam nel 1928. In quell’occasione, la stanchezza manifestata da un gruppo di altre atlete al traguardo fu considerata una prova sufficiente per bandire le donne dagli 800 fino al 1960.

E altrettanto illuminante è la storia della velocista Stella Walsh, polacca, naturalizzata americana che, nel 1932, vinse la medaglia d’oro nei 100 metri, categoria femminile, all’Olimpiade di Los Angeles.

Soltanto una cinquantina di anni dopo, quando Walsh rimase uccisa nel corso di una rapina, l’autopsia rivelò che era nata con le caratteristiche genetiche di entrambi i sessi.

Sport Il documentario Life is not a competition but Im winning presentato a Venezia 2023 solleva la questione dei generi

Ma, tornando al presente, anche se il documentario non affronta in modo esplicito la questione della suddivisione delle competizioni fra generi e il divieto per le atlete transgender di partecipare alle competizioni femminili, la riflessione della regista sulla “segregazione dei sessi” suona come una una risposta indiretta ma chiarissima. “Se l’idea di dividere uomini e donne nasce con l’intento di garantire condizioni paritarie, la verità è che ci sono altri fattori oltre al genere che influenzano i risultati nelle gare”, dice. “Se sei un velocista, a prescindere dal sesso, avere le gambe più lunghe è un vantaggio. E lo, in certe discipline come la vela, venire da una famiglia agiata. In generale, il fatto di vivere in Paesi con tanti centri sportivi cui avere accesso è un aiuto”.

E conclude: “Credo che dovremmo prendere in considerazione tutto questo se vogliamo ridefinire in modo più creativo e più giusto le categorie nello sport”.

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Enea è Pietro Castellitto che alza il tiro e le ambizioni

Author: Wired

È piccola criminalità da salotto, un traffichino romano in erba che cerca qualcosa di più dalla vita. Siamo abituati a film italiani che sono una cosa sola. Alle volte lo sono bene (e ci piacciono), altre lo sono male. Ma sono quasi sempre una cosa sola. In Enea c’è continuamente un dettaglio fuori posto e fuori asse che tuttavia non rende il film brutto, anzi, quel qualcosa che non sappiamo identificare ma che non va, gli dà fascino. Perché è un film che non sta lì a fare di tutto per piacere ma vuole battere una sua strada. Nonostante in più momenti, e specialmente nella seconda parte, perda in velocità e ritmo e cominci a vagare con il senso, sempre meno a fuoco e sempre più esagerato con gli eventi, è di certo un film che è tante cose insieme, anche contraddittorie. E mentre mostra una storia che altrove sarebbe usuale, esce sempre più forte la sensazione che questi protagonisti siano in cerca di qualcosa che non sanno nemmeno loro identificare. Più fanno festa, più sembrano soddisfatti dello status raggiunto, più ci appaiono amari e mesti, in corsa verso un finale duro.

Si veda come rappresenta la famiglia, che è forse il tema più raccontato dal cinema italiano. Qui è un’alcova che tiene i figli bambini, che propaga se stessa, che massacra la piena realizzazione di ognuno, eppure non è solo quello, è anche un clan. Si guardi come rappresenta un 30enne: Enea pensa che nella vita si debba vincere e il locale o la cocaina sono mezzi per vincere, non ha una morale propriamente detta anche se la cocaina ha smesso di tirarla da quando ha conosciuto una ragazza (Benedetta Porcaroli) e ha intenzione di sposarla. Gli italiani tradizionali sotto altre vesti, quelli che si professano attaccati ai grandi valori, aggiornati solo in superficie ad una vita moderna ma che poi non hanno una chiarissima idea del mondo che li circonda. E per questo fanno ridere. Banali come poche altre cose.

Enea è Pietro Castellitto che alza il tiro e le ambizioni

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Al festival di Venezia il film-testamento di William Friedkin

Author: Wired

Nella storia raccontata da William Friedkin, l’avvocato della Marina americana Barney Greenwald (Interpretato da Jason Clarke) assume controvoglia l’incarico di avvocato difensore di Steve Maryk (Jake Lacy), primo ufficiale che deve affrontare la corte marziale per il reato di ammutinamento nei confronti del suo capitano, Phillip Queeg (Kiefer Sutherland).

Durante una tempesta i due si erano trovati in disaccordo sulla rotta da tenere per salvare nave ed equipaggio, ed è a quel punto che il primo ufficiale aveva comunicato di volersi avvalere della possibilità, prevista dal regolamento della Marina, di assumere il controllo nel caso che il comandante dimostri di non essere nel pieno delle sue funzioni mentali, insomma, in caso di “impazzimento”.

Il problema è che Queeg ha alle spalle una lunga carriera immacolata e che, i testimoni e gli esperti convocati in aula, non sembrano avallare la presenza di nessun sintomo di malattia mentale. O almeno così sembra…

Un successo lungo 70 anni

The Caine Mutiny Court-Martial di William Friedkin, che prossimamente verrà rilasciato su Paramount+, è arrivato postumo al festival del cinema di Venezia.

Il regista è morto il 7 agosto a 87 anni, pochi giorni dopo l’annuncio della sua presenza (fuori concorso) al festival che, tra l’altro, gli ha riservato anche un omaggio con la riproposta del film L’esorcista, a cinquant’anni dalla prima uscita.

Il film è ambientato tutto all’interno dell’aula di tribunale dove si svolge il processo ed è solo dialogo e praticamente zero azione, mettendo in evidenza soprattutto la bravura degli interpreti. Un impianto da palcoscenico non a caso, perché The Caine Mutiny Court-Martial era nato come testo per il teatro.

La prima messa in scena del dramma scritto dal premio Pulitzer Hermon Wouk risale al 1953 e fu un successo. Lo spettacolo venne riproposto in tour in giro per gli Stati Uniti fino all’approdo a Broadway l’anno successivo.

E, successivamente, ne fu tratto anche un film, nel 1954, interpretato da Humphrey Bogart e, quindi, nel 1988, un altro film, questa volta per la Tv, diretto da Robert Altman.

L’ambiguità del bene e del male per Friedkin

Da tempo William Friedkin aveva in mente una sua versione del testo – che ha reso più contemporaneo ambientandolo nel 2022, invece che durante la seconda guerra mondiale – di cui lo affascinava l’ambiguità nel confine tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia che, poi, è sempre stato un tema ricorrente nei film del regista.

E a tenere avvinto il pubblico è proprio il giudizio altalenante: le varie deposizioni forzano lo spettatore a prendere di volta in volta l’una o l’altra posizione. È possibile che il comandante Queeg avesse davvero perso la ragione o, comunque, il senso della realtà? E non solo durante la tempesta, ma da tempo, come farebbero pensare certe sue bizzarre ossessioni e la sua attenzione maniacale per l’ordine e la forma? Oppure il primo ufficiale si è lasciato sopraffare dalla paura e ha agito d’impulso?

La risposta arriverà solo quanto l’avvocato difensore chiamerà in aula a testimoniare lo stesso Queeg.

Ma il vero finale, a sentenza emessa, è ancora più sorprendente e costringe ancora una volta lo spettatore a rimettere tutto in discussione.