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Cosa sappiamo dei nuovi attacchi con i droni in Russia

Author: Wired

Un giorno dopo il primo grande attacco con i droni diretto al cuore della Russia, una nuova incursione di velivoli senza pilota ha colpito due raffinerie petrolifere nei pressi dello stretto di Kerc, nella zona sud-occidentale del paese, al confine con la Crimea. Le autorità russe sostengono non ci sia stata alcuna vittima e anche se l’Ucraina non ha rivendicato l’azione, la responsabilità di Kyiv è data quasi per certa da molti analisti.

Militari russi esaminano i detriti lasciati sulla facciata di un edificio colpito da uno dei droni che hanno attaccato Mosca

Non si sa chi abbia condotto l’attacco, né quanti droni siano stati effettivamente usati. Fonti russe indicano un numero tra gli 8 e i 25, di cui alcuni abbattuti. Due i feriti, ma nessuna vittima

Cosa sappiamo sull’attacco

L’attacco ha avuto luogo attorno il 31 maggio 2023, attorno alle ore 2, nella regione di Krasnodar. Obiettivi le due raffinerie petrolifere di Afipsky e di Ilsky, situate a circa 80 chilometri dal porto di Novorossijsk, sul mar Nero, uno dei principali snodi commerciali per petrolio e carburanti della Russia che, assieme all’oleodotto del Caspio, porta sul mercato circa l’1,5% del petrolio globale.

Le ragioni così come le modalità dell’attacco, e di conseguenza le ipotesi sulla responsabilità, sono molto più chiare rispetto all’incursione avvenuta il 30 maggio a Mosca e nel limitrofo quartiere residenziale degli oligarchi russi di Rublyovka, dove ha una sua residenza anche il leader Vladimir Putin e l’ex presidente fantoccio della Federazione Russa, Dmitrij Medvedev.

In quell’occasione, infatti, non si capisce come un numero ancora non definito di droni militari sia riuscito ad attraversare indisturbato i circa 500 chilometri di territorio russo che separano Mosca dal punto più vicino del confine ucraino. Al contrario, l’attacco alle due raffinerie segue una logica e una logistica più facilmente interpretabili.

La pressione sulla Russia

Con l’avvicinarsi del tanto atteso inizio della controffensiva ucraina, colpire le raffinerie ha sia il compito di creare maggiore pressione economica sulla Russia, danneggiando le esportazioni, sia quello di bloccare le linee di rifornimento militari. Il porto di Novorossijsk si trova infatti a pochissimi chilometri dalla Crimea occupata, che concede un rapido accesso ai territori invasi dell’Ucraina.

Inoltre, la maggiore vicinanza alle linee del fronte e al confine ucraino rendono un attacco da parte di Kyiv molto più facile rispetto a colpire Mosca. Facilità aumentata anche dalla scarsa capacità russa di mantenere il controllo del mar Nero, dove droni, missili e navi ucraine hanno colpito a più riprese navi ammiraglie e infrastrutture russe, come il ponte sullo stretto di Kerc che collega la Russia alla Crimea.

Author: Wired

Un giorno dopo il primo grande attacco con i droni diretto al cuore della Russia, una nuova incursione di velivoli senza pilota ha colpito due raffinerie petrolifere nei pressi dello stretto di Kerc, nella zona sud-occidentale del paese, al confine con la Crimea. Le autorità russe sostengono non ci sia stata alcuna vittima e anche se l’Ucraina non ha rivendicato l’azione, la responsabilità di Kyiv è data quasi per certa da molti analisti.

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Non si sa chi abbia condotto l’attacco, né quanti droni siano stati effettivamente usati. Fonti russe indicano un numero tra gli 8 e i 25, di cui alcuni abbattuti. Due i feriti, ma nessuna vittima

Cosa sappiamo sull’attacco

L’attacco ha avuto luogo attorno il 31 maggio 2023, attorno alle ore 2, nella regione di Krasnodar. Obiettivi le due raffinerie petrolifere di Afipsky e di Ilsky, situate a circa 80 chilometri dal porto di Novorossijsk, sul mar Nero, uno dei principali snodi commerciali per petrolio e carburanti della Russia che, assieme all’oleodotto del Caspio, porta sul mercato circa l’1,5% del petrolio globale.

Le ragioni così come le modalità dell’attacco, e di conseguenza le ipotesi sulla responsabilità, sono molto più chiare rispetto all’incursione avvenuta il 30 maggio a Mosca e nel limitrofo quartiere residenziale degli oligarchi russi di Rublyovka, dove ha una sua residenza anche il leader Vladimir Putin e l’ex presidente fantoccio della Federazione Russa, Dmitrij Medvedev.

In quell’occasione, infatti, non si capisce come un numero ancora non definito di droni militari sia riuscito ad attraversare indisturbato i circa 500 chilometri di territorio russo che separano Mosca dal punto più vicino del confine ucraino. Al contrario, l’attacco alle due raffinerie segue una logica e una logistica più facilmente interpretabili.

La pressione sulla Russia

Con l’avvicinarsi del tanto atteso inizio della controffensiva ucraina, colpire le raffinerie ha sia il compito di creare maggiore pressione economica sulla Russia, danneggiando le esportazioni, sia quello di bloccare le linee di rifornimento militari. Il porto di Novorossijsk si trova infatti a pochissimi chilometri dalla Crimea occupata, che concede un rapido accesso ai territori invasi dell’Ucraina.

Inoltre, la maggiore vicinanza alle linee del fronte e al confine ucraino rendono un attacco da parte di Kyiv molto più facile rispetto a colpire Mosca. Facilità aumentata anche dalla scarsa capacità russa di mantenere il controllo del mar Nero, dove droni, missili e navi ucraine hanno colpito a più riprese navi ammiraglie e infrastrutture russe, come il ponte sullo stretto di Kerc che collega la Russia alla Crimea.

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