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Tecnologia

Anche l’Onu crea il suo comitato di esperti sull’intelligenza artificiale

Author: Wired

La prima riunione è il calendario per venerdì 27 ottobre. E segna l’insediamento ufficiale del nuovo Comitato per l’intelligenza artificiale voluto dalle Nazioni Unite. Un gruppo di circa quaranta esperti è chiamato ad affiancare il Palazzo di vetro e la comunità internazionale nello sforzo di darsi regole comuni e approcci condivisi sull’AI. Presieduto da Amandeep Singh Gill, inviato per la tecnologia del segretario generale dell’Onu, António Guterres, l’AI Advisory body mette intorno al tavolo personalità dal mondo della ricerca, della politica e del terzo settore.

Da padre Paolo Benanti, docente alla Pontificia università gregoriana e da pochi giorni inserito anche nel comitato che dovrà fornire consulenza al governo italiano in merito alla sua strategia sull’intelligenza artificiale, a James Manyika, vicepresidente senior in Alphabet, la casa madre di Google. Da Marietje Schaake, già eurodeputata olandese e ora direttrice delle politiche internazionali del Centro per le politiche cyber dell’università di Stanford, a Mira Murati, la responsabile tecnologica di OpenAI, la startup che ha sviluppato ChatGPT. Ci sono colossi come Microsoft e aziende innovative in campo AI come Hugging Face, che investe su un modello fondativo open source. In fondo all’articolo l’elenco completo dei componenti del collegio.

L’Onu ha molto investito sulle nomine dell’AI Advisory body. Intorno al tavolo ha riunione persone con diversi percorsi di formazioni, valori, espressioni politiche, partendo da circa duemila candidature e proposte dai governi. È il tentativo di scrivere una strategia di ampio respiro. E al tempo stesso il suo più grande ostacolo. Anche perché uno dei compiti più urgenti sarà quello di tirare una riga su quelli che sono i rischi e i benefici dell’intelligenza artificiale, indicare come può spingere il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e rafforzare la cooperazione internazionale.

L’altro problema sono i tempi. Il Palazzo di Vetro si aspetta di ricevere le prime raccomandazioni per la fine dell’anno. Il che presuppone una discussione molto veloce tra voci che esprimono posizioni molto lontane da solo. Se non al capo opposto, come Abeba Birhane, consulente senior sul controllo dell’AI alla fondazione che presiede Mozilla e il motore di ricerca, Firefox, e il ministro per l’Intelligenza artificiale degli Emirati arabi, Omar Sultan Al Omana. Il rischio è che questo documento contenga poco, mentre le raccomandazioni finali dovranno arrivate in tempo per il Summit del futuro dell’Onu, in calendario a settembre 2024. Peraltro, come ha spiegato Singh Gill, “le raccomandazioni non saranno obbligatorie”. Al Wired Next Fest di Milano proprio l’inviato per la tecnologia ha lanciato un allarme AI per le prossime elezioni: “Metà della popolazione mondiale andrà a elezioni il prossimo anno – gli Stati Uniti, l’Unione europea, l’India e molte altri paesi – e oggi vediamo esempi di deepfake più facili da produrre e molto più convincenti. Non c’è più bisogno di avere un’enorme bot farm, si può sfruttare l’AI generativa. Se non riusciamo più a distinguere la verità dalle menzogne, si avvelena tutto il processo democratico. È un rischio reale. Dobbiamo pensare oltre le soluzioni tecniche e alle responsabilità condivisa tra sviluppatori, utenti e pubblico”.

Manca anche chiarezza sul tipo di forma che avrà il comitato. Non è stato ancora deciso se, dopo i primi lavori, sarà convertito in un’agenzia, come quella per l’energia atomica, o un gruppo di esperti di alto livello, come quello del panel intergovernativo sul cambiamento climatico. All’Onu non mancano formule da sperimentare. E l’ultima variabile sono i regolamenti sull’AI in discussione in giro per il mondo. La Cina si è dotata delle sue regole, l’Unione europea è alle battute finale del suo AI Act, il Regno Unito prepara un summit internazionale per stabilire la sua politica in materia e negli Stati Uniti le big tech e i più importanti sviluppatori del settore, come OpenAI e Anthropic, hanno messo sul piatto 10 milioni di dollari per un fondo sulla sicurezza. Ogni paese vuole portare acqua al suo mulino. Per il comitato dell’Onu non sarà facile tenere la barra dritta.

I componenti del collegio

  1. Anna Abramova, direttrice del Moscow State Institute of International Relations
    (Mgimo) – University AI Centre, Russia;
  2. Omar Sultan Al Olama, ministro per l’Intelligenza artificiale, Emirati arabi uniti;
  3. Latifa Al-Abdulkarim, deputato della Shura, il parlamento saudita, e docente di Computer science alla King Saud University, Arabia saudita;
  4. Estela Aranha, consulente speciale del ministero della Giustizia del Brasile;
  5. Carme Artigas, segretaria di Stato per la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale di Spagna;
  6. Ran Balicer, responsabile innovazione e vicedirettore di Clalit Health Services Israel, Israele;
  7. Paolo Benanti, docente alla Pontificia università gregoriana, Italia;
  8. Abeba Birhane, consulente senior sul controllo dell’AI alla Mozilla Foundation, Etiopia;
  9. Ian Bremmer, fondatore di Eurasia Group, Stati Uniti;
  10. Anna Christmann, coordinatrice Aerospazio del governo federale tedesco;
  11. Natasha Crampton, responsabile AI Officer di Microsoft, Nuova Zelanda;
  12. Nighat Dad, direttore esecutivo della Digital Rights Foundation in Pakistan;
  13. Vilas Dhar, presidente della Patrick J. McGovern Foundation, Stati Uniti;
  14. Virginia Dignum, docente di AI responsabile alla Umeå University, Portogallo;
  15. Arisa Ema, docente all’università di Tokyo, Giappone;
  16. Mohamed Farahat, vicepresidente dell’Internet governance forum del Nord Africa, Egitto;
  17. Amandeep Singh Gill, inviato per la tecnologia del segretario generale dell’Onu;
  18. Wendy Hall, docente di Computer Science all’università di Southampton, Regno Unito;
  19. Rahaf Harfoush, antropologo digitale, Francia;
  20. Hiroaki Kitano, responsabile tecnologico di Sony, Giappone;
  21. Haksoo Ko, presidente del Garante della privacy della Corea del Sud;
  22. Andreas Krause, docente a ETH Zurich, Svizzera;
  23. James Manyika, vicepresidente senior in Alphabet per ricerca, società e tecnologia, Zimbabwe;
  24. Maria Vanina Martinez Posse, ricercatrice all’Artificial Research Institute, Argentina;
  25. Seydina Moussa Ndiaye, docente alla Cheikh Hamidou Kane Digital University, Senegal;
  26. Mira Murati, responsabile tecnologica di OpenAI, Albania;
  27. Petri Myllymaki, docente al dipartimento di Computer Science dell’università di Helsinki, Finlandia;
  28. Alondra Nelson, docente all’Institute for Advanced Study, Stati Uniti;
  29. Nazneen Rajani, capo ricerca a Hugging Face, India;
  30. Craig Ramlal, a capo del gruppo sistemi di controllo all’University of The West Indies a
    St. Augustine, Trinidad e Tobago;
  31. He Ruimin, responsabile AI del governo di Singapore;
  32. Emma Ruttkamp-Bloem, docente all’università di Pretoria, Sud Africa;
  33. Sharad Sharma, cofondatore della Fondazione iSPIRT, India;
  34. Marietje Schaake, direttrice delle politiche internazionali del Centro per le politiche cyber dell’università di Stanford, Paesi Bassi;
  35. Jaan Tallinn, cofondatore del Cambridge Centre for the Study of Existential Risk, Estonia;
  36. Philip Thigo, consulente del governo del Kenya;
  37. Jimena Sofia Viveros Alvarez, capo legale del giudice Justice Loretta Ortiz alla Corte suprema del Messico;
  38. Yi Zeng, direttore del Brain-inspired Cognitive AI Lab all’Accademia cinese delle scienze;
  39. Zhang Linghan, docente all’Institute of Data Law della China University of Political
    Science and Law.

Author: Wired

La prima riunione è il calendario per venerdì 27 ottobre. E segna l’insediamento ufficiale del nuovo Comitato per l’intelligenza artificiale voluto dalle Nazioni Unite. Un gruppo di circa quaranta esperti è chiamato ad affiancare il Palazzo di vetro e la comunità internazionale nello sforzo di darsi regole comuni e approcci condivisi sull’AI. Presieduto da Amandeep Singh Gill, inviato per la tecnologia del segretario generale dell’Onu, António Guterres, l’AI Advisory body mette intorno al tavolo personalità dal mondo della ricerca, della politica e del terzo settore.

Da padre Paolo Benanti, docente alla Pontificia università gregoriana e da pochi giorni inserito anche nel comitato che dovrà fornire consulenza al governo italiano in merito alla sua strategia sull’intelligenza artificiale, a James Manyika, vicepresidente senior in Alphabet, la casa madre di Google. Da Marietje Schaake, già eurodeputata olandese e ora direttrice delle politiche internazionali del Centro per le politiche cyber dell’università di Stanford, a Mira Murati, la responsabile tecnologica di OpenAI, la startup che ha sviluppato ChatGPT. Ci sono colossi come Microsoft e aziende innovative in campo AI come Hugging Face, che investe su un modello fondativo open source. In fondo all’articolo l’elenco completo dei componenti del collegio.

L’Onu ha molto investito sulle nomine dell’AI Advisory body. Intorno al tavolo ha riunione persone con diversi percorsi di formazioni, valori, espressioni politiche, partendo da circa duemila candidature e proposte dai governi. È il tentativo di scrivere una strategia di ampio respiro. E al tempo stesso il suo più grande ostacolo. Anche perché uno dei compiti più urgenti sarà quello di tirare una riga su quelli che sono i rischi e i benefici dell’intelligenza artificiale, indicare come può spingere il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e rafforzare la cooperazione internazionale.

L’altro problema sono i tempi. Il Palazzo di Vetro si aspetta di ricevere le prime raccomandazioni per la fine dell’anno. Il che presuppone una discussione molto veloce tra voci che esprimono posizioni molto lontane da solo. Se non al capo opposto, come Abeba Birhane, consulente senior sul controllo dell’AI alla fondazione che presiede Mozilla e il motore di ricerca, Firefox, e il ministro per l’Intelligenza artificiale degli Emirati arabi, Omar Sultan Al Omana. Il rischio è che questo documento contenga poco, mentre le raccomandazioni finali dovranno arrivate in tempo per il Summit del futuro dell’Onu, in calendario a settembre 2024. Peraltro, come ha spiegato Singh Gill, “le raccomandazioni non saranno obbligatorie”. Al Wired Next Fest di Milano proprio l’inviato per la tecnologia ha lanciato un allarme AI per le prossime elezioni: “Metà della popolazione mondiale andrà a elezioni il prossimo anno – gli Stati Uniti, l’Unione europea, l’India e molte altri paesi – e oggi vediamo esempi di deepfake più facili da produrre e molto più convincenti. Non c’è più bisogno di avere un’enorme bot farm, si può sfruttare l’AI generativa. Se non riusciamo più a distinguere la verità dalle menzogne, si avvelena tutto il processo democratico. È un rischio reale. Dobbiamo pensare oltre le soluzioni tecniche e alle responsabilità condivisa tra sviluppatori, utenti e pubblico”.

Manca anche chiarezza sul tipo di forma che avrà il comitato. Non è stato ancora deciso se, dopo i primi lavori, sarà convertito in un’agenzia, come quella per l’energia atomica, o un gruppo di esperti di alto livello, come quello del panel intergovernativo sul cambiamento climatico. All’Onu non mancano formule da sperimentare. E l’ultima variabile sono i regolamenti sull’AI in discussione in giro per il mondo. La Cina si è dotata delle sue regole, l’Unione europea è alle battute finale del suo AI Act, il Regno Unito prepara un summit internazionale per stabilire la sua politica in materia e negli Stati Uniti le big tech e i più importanti sviluppatori del settore, come OpenAI e Anthropic, hanno messo sul piatto 10 milioni di dollari per un fondo sulla sicurezza. Ogni paese vuole portare acqua al suo mulino. Per il comitato dell’Onu non sarà facile tenere la barra dritta.

I componenti del collegio

  1. Anna Abramova, direttrice del Moscow State Institute of International Relations
    (Mgimo) – University AI Centre, Russia;
  2. Omar Sultan Al Olama, ministro per l’Intelligenza artificiale, Emirati arabi uniti;
  3. Latifa Al-Abdulkarim, deputato della Shura, il parlamento saudita, e docente di Computer science alla King Saud University, Arabia saudita;
  4. Estela Aranha, consulente speciale del ministero della Giustizia del Brasile;
  5. Carme Artigas, segretaria di Stato per la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale di Spagna;
  6. Ran Balicer, responsabile innovazione e vicedirettore di Clalit Health Services Israel, Israele;
  7. Paolo Benanti, docente alla Pontificia università gregoriana, Italia;
  8. Abeba Birhane, consulente senior sul controllo dell’AI alla Mozilla Foundation, Etiopia;
  9. Ian Bremmer, fondatore di Eurasia Group, Stati Uniti;
  10. Anna Christmann, coordinatrice Aerospazio del governo federale tedesco;
  11. Natasha Crampton, responsabile AI Officer di Microsoft, Nuova Zelanda;
  12. Nighat Dad, direttore esecutivo della Digital Rights Foundation in Pakistan;
  13. Vilas Dhar, presidente della Patrick J. McGovern Foundation, Stati Uniti;
  14. Virginia Dignum, docente di AI responsabile alla Umeå University, Portogallo;
  15. Arisa Ema, docente all’università di Tokyo, Giappone;
  16. Mohamed Farahat, vicepresidente dell’Internet governance forum del Nord Africa, Egitto;
  17. Amandeep Singh Gill, inviato per la tecnologia del segretario generale dell’Onu;
  18. Wendy Hall, docente di Computer Science all’università di Southampton, Regno Unito;
  19. Rahaf Harfoush, antropologo digitale, Francia;
  20. Hiroaki Kitano, responsabile tecnologico di Sony, Giappone;
  21. Haksoo Ko, presidente del Garante della privacy della Corea del Sud;
  22. Andreas Krause, docente a ETH Zurich, Svizzera;
  23. James Manyika, vicepresidente senior in Alphabet per ricerca, società e tecnologia, Zimbabwe;
  24. Maria Vanina Martinez Posse, ricercatrice all’Artificial Research Institute, Argentina;
  25. Seydina Moussa Ndiaye, docente alla Cheikh Hamidou Kane Digital University, Senegal;
  26. Mira Murati, responsabile tecnologica di OpenAI, Albania;
  27. Petri Myllymaki, docente al dipartimento di Computer Science dell’università di Helsinki, Finlandia;
  28. Alondra Nelson, docente all’Institute for Advanced Study, Stati Uniti;
  29. Nazneen Rajani, capo ricerca a Hugging Face, India;
  30. Craig Ramlal, a capo del gruppo sistemi di controllo all’University of The West Indies a
    St. Augustine, Trinidad e Tobago;
  31. He Ruimin, responsabile AI del governo di Singapore;
  32. Emma Ruttkamp-Bloem, docente all’università di Pretoria, Sud Africa;
  33. Sharad Sharma, cofondatore della Fondazione iSPIRT, India;
  34. Marietje Schaake, direttrice delle politiche internazionali del Centro per le politiche cyber dell’università di Stanford, Paesi Bassi;
  35. Jaan Tallinn, cofondatore del Cambridge Centre for the Study of Existential Risk, Estonia;
  36. Philip Thigo, consulente del governo del Kenya;
  37. Jimena Sofia Viveros Alvarez, capo legale del giudice Justice Loretta Ortiz alla Corte suprema del Messico;
  38. Yi Zeng, direttore del Brain-inspired Cognitive AI Lab all’Accademia cinese delle scienze;
  39. Zhang Linghan, docente all’Institute of Data Law della China University of Political
    Science and Law.

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