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Economia Tecnologia

Cosa sappiamo su Mai-1, il nuovo modello di AI di Microsoft

Author: Wired

Non solo gli investimenti in OpenAI: Microsoft starebbe lavorando a un proprio modello di intelligenza artificiale generativa, strutturato abbastanza per competere con quelli di Alphabet e della stessa società di San Francisco. La notizia, lanciata da The Information e rilanciata dall’agenzia Reuters, indica anche che a superivsionare il progetto, internamente denominato Mai-1, sarebbe il cofondatore di Google DeepMind ed ex amministratore delegato della startup Inflection AI Mustafa Suleyman, che il colosso di Redmond ha assunto recentemente.

Pur non essendo ancora noto lo scopo per il quale la società amministrata da Satya Nadella stia lavorando a un modello interno (e qualcosa in questo senso si potrebbe scoprire alla conferenza degli sviluppatori Build di fine maggio), secondo l’agenzia stampa britannica la certezza è che il nuovo modello saràmolto più grandedei precedenti open source a cui Microsoft aveva dato vita e quindi costerà di più, per esempio, del più piccolo Phi-3-mini lanciato ad aprile con l’obiettivo di attirare una base di clienti più ampia con opzioni convenienti.

Nella nuova tecnologia, il colosso di Redmond ha già investito finora miliardi di dollari. L’apporto dato a OpenAI ha per esempio permesso a quest’ultima di implementare il proprio prodotto di punta ChatGPT e di fargli assumere un ruolo di primo piano nel panorama globale del settore che riguarda la tecnologia del momento.

Per quanto riguarda i dettagli tecnici, Microsoft avrebbe dedicato al progetto Mai-1 un ampio cluster di server equipaggiato con le unità di elaborazione grafica di Nvidia, oltre a una grande quantità di dati utili a migliorare il modello. Quest’ultimo avrà circa 500 miliardi di parametri. Un numero decisamente inferiore al miliardo di miliardi di parametri di Gpt-4 di OpenAI, ma superiore ai 3,8 miliardi di parametri di Phi-3-mini. Oltre a Suleyman, scelto a marzo scorso, al progetto dovrebbero lavorare diversi ex dipendenti di Inflection AI. Ciononostante, il modello di Microsoft non sarà ripreso dal chatbot Pi o da altri realizzati dalla startup.

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Tecnologia

L’AI di Microsoft che crea video deepfake da una sola foto

Author: Wired

Qui sotto un medesimo discorso e espressioni facciali con tre differenti visi, tutti ricavati da una singola foto di partenza.

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Naturalmente, ci sono esempi molto più divertenti, come per esempio quello che mostra la Gioconda che prende vita e canta stile rap Paparazzi.

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Soltanto lo scorso febbraio, Alibaba aveva presentato una tecnologia per certi versi simile chiamata Emo (Emote Portrait Alive), mentre l’ormai celebre modello Sora di OpenAI ha dimostrato come si sia già evoluta la generazione di video realistici del tutto realizzati da intelligenza artificiale basandosi soltanto su prompt testuali. Vasa-1 è stata addestrata con video pubblici su YouTube e può al momento generare filmati a risoluzione 512×512 pixel con fino a 40 frame al secondo con minima latenza, quindi può essere utilizzata anche per interazioni in tempo reale e videoconferenze. Per il momento questo rimarrà un progetto di studio e il codice non sarà diffuso, ma rimane sempre attuale l’esigenza di sviluppare sistemi che possano evidenziare più facilmente se i contenuti siano non reali e creati da AI, un’esigenza sempre più urgente per controbattere a fake news e disinformazione.

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Tecnologia

Microsoft farà pagare profumatamente gli aggiornamenti di sicurezza di Windows 10

Author: Wired

Microsoft interromperà il supporto per Windows 10 il prossimo 14 ottobre 2025, ma consentirà di utilizzare comunque il sistema operativo in modo sicuro a chiunque sia interessato a sottoscrivere un abbonamento annuale. Secondo quanto annunciato martedì, la compagnia offrirà aggiornamenti di sicurezza estesi (ESU) ad aziende e compagnie a un prezzo di 61 dollari per il primo anno, che raddoppierà a 122 dollari nel secondo e poi a 244 dollari nel terzo, e così via per gli anni a seguire. Ma non è tutto. Chiunque decida di sottoscrivere l’abbonamento nel secondo anno, dovrà obbligatoriamente pagare anche per il primo, perché gli aggiornamenti proposti da Microsoft non sono cumulativi.

Questo piano tariffario, come anticipato e precisato dalla stessa compagnia, si applica però “solo alle organizzazioni commerciali”. I consumatori privati, infatti, dovranno aspettare ancora un po’ prima di conoscere i dettagli dei prezzi dell’abbonamento, che “saranno condivisi in una data successiva”. In ogni caso, quello che stupisce è che si tratta della prima volta in cui Microsoft sceglie di offrire gli aggiornamenti di sicurezza estesi anche agli utenti finali, il che è probabilmente legato all’ampio uso che viene fatto di Windows 10 in tutto il mondo. Secondo alcuni dati condivisi da Statcounter, infatti, circa il 70% degli utenti Microsoft sta ancora utilizzano il sistema operativo rilasciato nel 2015. Una percentuale notevole, legata anche al fatto che i computer più vecchi non riescono a supportare in alcun modo il nuovo Windows 11.

Per ovviare a questo problema, Microsoft ha scelto di estendere gli aggiornamenti di sicurezza anche ai suoi utenti finali, ma a pagamento. “Gli aggiornamenti di sicurezza estesi non sono destinati a essere una soluzione a lungo termine, ma piuttosto un ponte temporaneo – si legge nel blog di Microsoft -. È possibile acquistare licenze ESU per i dispositivi Windows 10 che non si intende aggiornare a Windows 11 a partire da ottobre 2024, un anno prima della data di fine supporto”. D’altronde, è abbastanza chiaro che la soluzione di un abbonamento che raddoppia di prezzo anno dopo anno non possa risultare sostenibile per nessuno. Arriverà un momento in cui sarà più conveniente acquistare un nuovo computer, piuttosto che pagare profumatamente gli aggiornamenti di sicurezza.

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I problemi infiniti di Microsoft con i cybercriminali russi

Author: Wired

Ancora problemi tra Microsoft e il gruppo di cybercriminali filorussi Midnight Blizzard che lo scorso novembre ha fatto irruzione negli account di posta elettronica dei dirigenti senior della compagnia, riuscendo a mettere le mani su una serie di dati altamente sensibili e riservati. Lo scorso venerdì, infatti, Microsoft ha dichiarato pubblicamente che i criminali informatici sono riusciti a rubare alcuni dei “segreti” condivisi nelle comunicazioni email tra l’azienda e clienti non specificati – come password, certificati e chiavi di autenticazione -, affermando di essersi già messa in contatto con le vittime della violazione “per aiutarli ad adottare misure di mitigazione”.

L’attacco in corso di Midnight Blizzard è caratterizzato da un impegno prolungato e significativo delle risorse, del coordinamento e della concentrazione dell’autore della minaccia – scrive Microsoft in un aggiornamento sulla situazione pubblicato sul suo blog ufficiale – Potrebbe utilizzare le informazioni ottenute per accumulare un quadro delle aree da attaccare e migliorare la sua capacità di farlo”. La situazione, quindi, sembrerebbe essere preoccupante. Soprattutto considerando che sono moltissime le realtà istituzionali e aziendali che dipendono direttamente dalla rete cloud di Microsoft. “Ciò ha enormi implicazioni per la sicurezza nazionale – ha commentato Tom Kellermann della società di sicurezza informatica Contrast Security -. I russi ora possono sfruttare gli attacchi alla catena di fornitura contro i clienti di Microsoft”.

Il vero problema, a quanto pare, sta anche nella cattiva gestione della situazione da parte della compagnia, che in passato non è stata molto chiara sugli attacchi subiti – e soprattutto sui rischi rappresentati dalle violazioni. A novembre dello scorso anno, per esempio, Microsoft si è limitata a dichiarare che i cybercriminali erano entrati nel suo sistema di posta elettronica aziendale, senza specificare quanti account erano stati davvero compromessi. Nelle comunicazioni successive, poi, ha ammesso di essere riuscita ad arginarne l’attività soltanto a gennaio, quando oramai i criminali erano riusciti a entrare in possesso di tutti i dati di cui avevano bisogno. Insomma, la società non sembra essere riuscita a fronteggiare la situazione al meglio.

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Economia Tecnologia

Microsoft investe anche nella francese Mistral AI

Author: Wired

OpenAI non basta al colosso di Redmond. Microsoft renderà presto disponibili sulla sua piattaforma di cloud computing Azure anche i modelli di intelligenza artificiale della startup francese Mistral AI, alla luce di un accordo pluriennale ufficializzato dalle due aziende lo scorso 26 febbraio e riportato dall’agenzia Reuters.

Non sono ancora noti i termini dell’intesa. Mistral AI – società francese fondata la scorsa estate dall’ex DeepMind Arthur Mensch e gli ex Meta Timothée Lacroix e Guillaume Lample – ha fatto sapere che Microsoft riceverà una quota della startup come parte dell’accordo. Per ora, da parte di Microsoft è arrivata solo la conferma dell’investimento che non menziona tuttavia la partecipazione dell’azienda di Redmond nella startup francese.

Mistral AI ha sede a Parigi e lavora come OpenAI su modelli di linguaggio di grandi dimensioni (Llm), concentrandosi non solo su quelli proprietari, ma anche su quelli open source. Nell’ambito della nuova partnership, sarà il nuovo modello proprietario Mistral Large a essere messo a disposizione dei clienti Azure da Microsoft. In passato l’azienda francese ha collaborato in modalità simili anche con Amazon e Google e ha ricevuto finanziamenti, tra gli altri, anche da Exor.

Intanto, a 24 ore dall’annuncio ufficiale, sull’accordo tra Microsoft e la startup parigina si è subito posata la lente delle istituzioni comunitarie. Come riporta la stessa agenzia stampa britannica, il parlamento europeo avrebbe infatti chiesto di mettere in piedi un’indagine per valutare una eventuale concentrazione di potere messa in atto dalla big tech.

Proprio in questo senso, le autorità preposte stanno già esaminando gli investimenti della società amministrata da Satya Nadella in OpenAI e nel suo prodotto di punta ChatGpt. La stessa Commissione europea aveva attuato inoltre un processo di verifica finalizzato a stabilire se tale accordo potesse essere o meno rivisto ai sensi del regolamento dell’Unione europea sui monopoli.