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Economia Tecnologia

L’intelligenza artificiale rivoluzionerà 8 professioni su 10

Author: Wired

Non solo informatica e tecnologia. Anche nel campo della cura e dei servizi legati alle persone, inclusi orientamento, formazione e inserimento socio-lavorativo, da qui al 2030 la domanda di lavoro riguarderà sempre più professioni tecniche e di alta qualifica. Di contro, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa e nei settori a bassa crescita, ovvero il primario e le industrie tradizionali.

Sono questi i principali dati emersi dall’ultimo studio realizzato da Ernst & Young in collaborazione con ManpowerGroup e Sanoma Italia e intitolato Il futuro delle competenze nell’era dell’intelligenza artificiale, che ha comunque delineato un quadro il cui per tutto il decennio la domanda di lavoro in Italia resterà in crescita.

Secondo lo studio predittivo, elaborato utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e algoritmi di machine learning, la tecnologia non sostituirà il lavoro umano. La domanda di lavoro in Italia continuerà infatti a crescere, con una curva che si inizierà ad abbassare gradualmente dal 2024 e in maniera più accentuata dal 2027, quando nelle aziende saranno adottate in maniera diffusa soluzioni di IA generativa e di robotica avanzata. In particolare, a soffrire l’avvento di tali innovazioni saranno i profili professionali a livello di qualifica media: tecnici, conduttori d’impianti, lavoratori della logistica, chi svolge mansioni d’ufficio che hanno a che fare con la gestione dei dati.

Per quanto riguarda i settori, non tutti reagiranno nella medesima maniera alle evoluzioni dell’intelligenza artificiale. Sui 23 considerati dalla ricerca, in nove considerati “tecnologicamente maturi” la domanda di lavoro aumenterà. Per altri che hanno già intrapreso un importante percorso di digitalizzazione, come banche e assicurazioni, essa è invece destinata a diminuire. I risultati della ricerca sono eterogenei anche per quanto riguarda le singole professioni.

Ad aumentare saranno poi i cosiddetti green jobs. Le aziende dovranno infatti affrontare le sfide richieste dalla sostenibilità e dagli obiettivi Esg, ambito riguardo al quale il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere in organico professionisti adeguati, motivo per cui il 70% di esse si sta già muovendo per assumere tecnici e manager.

Di fatto, lo studio dimostra che, per evitare squilibri troppo ampi sul mercato del lavoro, già da adesso imprese, sistema dell’istruzione e della formazione e decisori pubblici sono chiamati a intervenire su tre quarti delle professioni: per le occupazioni con domanda in calo si dovrà gestire l’eccesso di forza lavoro, che dovrà essere assorbito in altri ruoli; per quelle in crescita, serviranno invece percorsi di formazione di competenze e qualifiche.

Lo studio dimostra infine che il disallineamento tra le competenze dei neolaureati italiani e i lavori di primo impiego crescerà in maniera significativa da qui al 2030, soprattutto in uscita dai percorsi stem. I percorsi di studio universitario non sono infatti al passo con i cambiamenti del mercato del lavoro. In questo senso, sarà importante anche valutare il ruolo delle università nell’evoluzione del sistema paese.

Author: Wired

Non solo informatica e tecnologia. Anche nel campo della cura e dei servizi legati alle persone, inclusi orientamento, formazione e inserimento socio-lavorativo, da qui al 2030 la domanda di lavoro riguarderà sempre più professioni tecniche e di alta qualifica. Di contro, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa e nei settori a bassa crescita, ovvero il primario e le industrie tradizionali.

Sono questi i principali dati emersi dall’ultimo studio realizzato da Ernst & Young in collaborazione con ManpowerGroup e Sanoma Italia e intitolato Il futuro delle competenze nell’era dell’intelligenza artificiale, che ha comunque delineato un quadro il cui per tutto il decennio la domanda di lavoro in Italia resterà in crescita.

Secondo lo studio predittivo, elaborato utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e algoritmi di machine learning, la tecnologia non sostituirà il lavoro umano. La domanda di lavoro in Italia continuerà infatti a crescere, con una curva che si inizierà ad abbassare gradualmente dal 2024 e in maniera più accentuata dal 2027, quando nelle aziende saranno adottate in maniera diffusa soluzioni di IA generativa e di robotica avanzata. In particolare, a soffrire l’avvento di tali innovazioni saranno i profili professionali a livello di qualifica media: tecnici, conduttori d’impianti, lavoratori della logistica, chi svolge mansioni d’ufficio che hanno a che fare con la gestione dei dati.

Per quanto riguarda i settori, non tutti reagiranno nella medesima maniera alle evoluzioni dell’intelligenza artificiale. Sui 23 considerati dalla ricerca, in nove considerati “tecnologicamente maturi” la domanda di lavoro aumenterà. Per altri che hanno già intrapreso un importante percorso di digitalizzazione, come banche e assicurazioni, essa è invece destinata a diminuire. I risultati della ricerca sono eterogenei anche per quanto riguarda le singole professioni.

Ad aumentare saranno poi i cosiddetti green jobs. Le aziende dovranno infatti affrontare le sfide richieste dalla sostenibilità e dagli obiettivi Esg, ambito riguardo al quale il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere in organico professionisti adeguati, motivo per cui il 70% di esse si sta già muovendo per assumere tecnici e manager.

Di fatto, lo studio dimostra che, per evitare squilibri troppo ampi sul mercato del lavoro, già da adesso imprese, sistema dell’istruzione e della formazione e decisori pubblici sono chiamati a intervenire su tre quarti delle professioni: per le occupazioni con domanda in calo si dovrà gestire l’eccesso di forza lavoro, che dovrà essere assorbito in altri ruoli; per quelle in crescita, serviranno invece percorsi di formazione di competenze e qualifiche.

Lo studio dimostra infine che il disallineamento tra le competenze dei neolaureati italiani e i lavori di primo impiego crescerà in maniera significativa da qui al 2030, soprattutto in uscita dai percorsi stem. I percorsi di studio universitario non sono infatti al passo con i cambiamenti del mercato del lavoro. In questo senso, sarà importante anche valutare il ruolo delle università nell’evoluzione del sistema paese.

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