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Perfect Days probabilmente è il miglior film di Wim Wenders

Author: Wired

Perfect Days probabilmente è il miglior film di Wim Wenders

In due ore Perfect Days fa innamorare di questa vita apparentemente priva di tutto (il protagonista abita in una casa spoglia in cui esiste solo l’essenziale) ma in realtà scremata del superfluo, in cui a trionfare è l’ideale del bene comune. Ci saranno difficoltà, questioni da risolvere, personaggi negativi e tutto quello che solitamente avviene nei film, eppure ciò che rimane più impresso è questa cura di qualcosa che appartiene a tutti, rappresentata nella maniera che meno ci si aspetta, dalla pulizia dei bagni. Questo, già nelle intenzioni di Wenders, è il punto del film: provare a girare una storia che riavvicini tutti quelli che la guardano all’idea di bene pubblico, alla sua cura e all’immensa soddisfazione che esiste nell’unire la coltivazione dei consumi culturali (il protagonista fa foto su rullino oltre come detto a leggere e ascoltare musica), a una routine lavorativa semplice e ai rapporti occasionali con le persone che incontra o i ristoranti in cui mangia.

Un po’ come per i primi minuti di Wall-E, anche qui lo svolgersi delle giornate non ha bisogno di grandi parole. Soprattutto non ne ha bisogno Koji Yakusho, veterano del cinema giapponese, star locale ma anche noto al pubblico occidentale perché negli anni Duemila è stato uno dei giapponesi ricorrenti a Hollywood, cioè uno dei 3-4 attori che vengono chiamati quando c’è da interpretare qualcuno che viene dal Giappone (sta in Babel, Memorie di una geisha e L’ultimo ballo, per fare solo alcuni titoli). Yakusho anima un film che lo prevede in quasi tutte le inquadrature recitando una serenità e una pace così contagiose, che nel vedere Perfect Days è veramente difficile non desiderare di essere al suo posto. A un livello più profondo di lettura poi esiste una passione per la possibilità di riprendere una città, i suoi ritmi e l’identità che può esistere tra lo spirito di quell’aggregato urbano e quello dei personaggi che sono inseriti che è un piacere nel piacere. Wenders trova la storia giapponese, per riprendere il Giappone, le sue armonie, il gusto estetico, la cura e la precisione. Tutto è sia nel personaggio sia in cio che è intorno a lui.

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Perfect Days probabilmente è il miglior film di Wim Wenders

In due ore Perfect Days fa innamorare di questa vita apparentemente priva di tutto (il protagonista abita in una casa spoglia in cui esiste solo l’essenziale) ma in realtà scremata del superfluo, in cui a trionfare è l’ideale del bene comune. Ci saranno difficoltà, questioni da risolvere, personaggi negativi e tutto quello che solitamente avviene nei film, eppure ciò che rimane più impresso è questa cura di qualcosa che appartiene a tutti, rappresentata nella maniera che meno ci si aspetta, dalla pulizia dei bagni. Questo, già nelle intenzioni di Wenders, è il punto del film: provare a girare una storia che riavvicini tutti quelli che la guardano all’idea di bene pubblico, alla sua cura e all’immensa soddisfazione che esiste nell’unire la coltivazione dei consumi culturali (il protagonista fa foto su rullino oltre come detto a leggere e ascoltare musica), a una routine lavorativa semplice e ai rapporti occasionali con le persone che incontra o i ristoranti in cui mangia.

Un po’ come per i primi minuti di Wall-E, anche qui lo svolgersi delle giornate non ha bisogno di grandi parole. Soprattutto non ne ha bisogno Koji Yakusho, veterano del cinema giapponese, star locale ma anche noto al pubblico occidentale perché negli anni Duemila è stato uno dei giapponesi ricorrenti a Hollywood, cioè uno dei 3-4 attori che vengono chiamati quando c’è da interpretare qualcuno che viene dal Giappone (sta in Babel, Memorie di una geisha e L’ultimo ballo, per fare solo alcuni titoli). Yakusho anima un film che lo prevede in quasi tutte le inquadrature recitando una serenità e una pace così contagiose, che nel vedere Perfect Days è veramente difficile non desiderare di essere al suo posto. A un livello più profondo di lettura poi esiste una passione per la possibilità di riprendere una città, i suoi ritmi e l’identità che può esistere tra lo spirito di quell’aggregato urbano e quello dei personaggi che sono inseriti che è un piacere nel piacere. Wenders trova la storia giapponese, per riprendere il Giappone, le sue armonie, il gusto estetico, la cura e la precisione. Tutto è sia nel personaggio sia in cio che è intorno a lui.

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