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L’Europa vuole copiare lo scudo anti-missili di Israele

Author: Wired

In Europa l’industria della difesa è in fermento, spinta da nuove e vecchie sfide, come i due anni di guerra in Ucraina, le crescenti minacce che arrivano dalla Russia o la possibile vittoria dell’ex presidente Donald Trump alle prossime elezioni americane. Nuovi sistemi di difesa e nuovi player industriali si affacciano all’orizzonte, per migliorare e aggiornare le difese esistenti: di recente si è discusso molto dell’ipotesi di adottare nel Vecchio continente un sistema Iron Dome, il dispositivo israeliano progettato per contrastare le armi a corto raggio.

Iron Dome è uno strumento, fisso o mobile, che usa il radar per tracciare i razzi e può distinguere tra quelli che potrebbero colpire aree edificate: i missili intercettori vengono indirizzati solo contro i razzi che potrebbero minacciare zone popolate. Il sistema è costituito da batterie dislocate in tutto Israele, ciascuna con tre o quattro lanciatori che possono sparare venti missili intercettori. Da tempo, nelle capitali europee si discute di una sua possibile adozione sul territorio dell’Unione, con perplessità sulle applicazioni pratiche e tensioni diplomatiche sull’asse franco-tedesco.

La strategia europea

Ad aprile il dibattito in Europa sono state le parole di Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall, azienda tedesca leader in Europa nel settore della difesa. Papperger ha detto che la difesa aerea a corto raggio è “qualcosa che in Europa vorrebbero creare“, riferendosi all’iniziativa European Sky Shield, guidata dal governo tedesco e sostenuta da oltre venti Paesi, che punta allo sviluppo congiunto di nuovi sistemi di difesa aerea. “Penso anche che sia una buona idea avere una soluzione europea simile a Iron Dome“, ha aggiunto Papperger al Financial Times. Secondo molti analisti militari, però, schermare ampie zone dell’Europa continentale con un sistema analogo potrebbe essere molto complicato e presentare sfide differenti rispetto al territorio israeliano.

Quello che è certo è che lo sviluppo di sistemi di difesa aerea e missilistica è una priorità per Bruxelles, che sta spingendo le capitali europee a lavorare insieme sulle tecnologie per colmare le lacune militari dell’Unione. La strategia di difesa europea richiede un miglioramento delle “capacità relative alla difesa aerea e missilistica europea integrata” entro il 2035, e una nuova proposta industriale presentata recentemente dalla Commissione europea prevede un sostegno di bilancio a “progetti europei di difesa di interesse comune“. Bruxelles sta preparando anche una nuova strategia per incrementare gli acquisti congiunti e ha fissato l’obiettivo di rifornirsi da produttori europei anziché statunitensi.

L’idea di adottare Iron Dome sul suolo europeo non è però una novità. Da tempo si parla di questa possibilità e da quando il sistema è diventato operativo nel 2011, molti governi hanno acquistato o pensato di acquistare componenti del radar o l’intero Iron Dome per proteggere il proprio Paese. Negli ultimi dieci anni, nazioni come Ungheria, Romania e Cipro nel 2022 hanno mostrato interesse per il sistema; in generale, Israele ha trovato un numero significativo di acquirenti in tutto il mondo, dall’Asia al Medio Oriente, recentemente anche in Marocco e probabilmente negli Emirati Arabi Uniti. Il ministero della Difesa dell’Azerbaijan, per esempio, ha acquistato la sua versione dell’Iron Dome nel maggio 2021. Secondo gli esperti l’Azerbaijan sarebbe stato tra i primi Paesi a confermare l’acquisto del dispositivo, in risposta all’annoso conflitto con l’Armenia per il territorio del Nagorno-Karabakh.

Nervosismo tra Berlino e Parigi

Anche la Germania non è nuova all’adozione di strumentazione israeliana. La Commissione per il bilancio del Bundestag, il parlamento tedesco, nel giugno scorso ha sbloccato una prima tranche da oltre cinquecento milioni di euro per l’acquisto del sistema antimissile Arrow-3 di fabbricazione israeliana. Arrow-3 è in uso in Israele dal 2017 come parte della rete di protezione ed è in grado di intercettare missili balistici sparati da una distanza massima di 2.400 chilometri. Questa operazione ha suscitato reazioni discordanti in Europa, suggerendo divisioni che potrebbero riproporsi nuovamente in caso di adozione dell’Iron Dome.

Il progetto aveva fatto infuriare i funzionari francesi, che avevano bollato l’idea come strategicamente confusa e mal concepita, poiché ometteva i sistemi di difesa aerea di fabbricazione europea. Il tema dell’autonomia strategica europea è uno degli assi portanti del pensiero del presidente francese Emmanuel Macron, che poco dopo l’annuncio tedesco aveva invitato le nazioni europee a cercare una maggiore indipendenza nella difesa dello spazio aereo, suggerendo di non fare troppo affidamento sugli Stati Uniti o su altri partner, una questione a lungo dibattuta che ha assunto una nuova urgenza a causa della guerra in Ucraina. Lo European Sky Shield infatti è composto da oltre quindici nazioni europee, ma non la Francia.

Author: Wired

In Europa l’industria della difesa è in fermento, spinta da nuove e vecchie sfide, come i due anni di guerra in Ucraina, le crescenti minacce che arrivano dalla Russia o la possibile vittoria dell’ex presidente Donald Trump alle prossime elezioni americane. Nuovi sistemi di difesa e nuovi player industriali si affacciano all’orizzonte, per migliorare e aggiornare le difese esistenti: di recente si è discusso molto dell’ipotesi di adottare nel Vecchio continente un sistema Iron Dome, il dispositivo israeliano progettato per contrastare le armi a corto raggio.

Iron Dome è uno strumento, fisso o mobile, che usa il radar per tracciare i razzi e può distinguere tra quelli che potrebbero colpire aree edificate: i missili intercettori vengono indirizzati solo contro i razzi che potrebbero minacciare zone popolate. Il sistema è costituito da batterie dislocate in tutto Israele, ciascuna con tre o quattro lanciatori che possono sparare venti missili intercettori. Da tempo, nelle capitali europee si discute di una sua possibile adozione sul territorio dell’Unione, con perplessità sulle applicazioni pratiche e tensioni diplomatiche sull’asse franco-tedesco.

La strategia europea

Ad aprile il dibattito in Europa sono state le parole di Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall, azienda tedesca leader in Europa nel settore della difesa. Papperger ha detto che la difesa aerea a corto raggio è “qualcosa che in Europa vorrebbero creare“, riferendosi all’iniziativa European Sky Shield, guidata dal governo tedesco e sostenuta da oltre venti Paesi, che punta allo sviluppo congiunto di nuovi sistemi di difesa aerea. “Penso anche che sia una buona idea avere una soluzione europea simile a Iron Dome“, ha aggiunto Papperger al Financial Times. Secondo molti analisti militari, però, schermare ampie zone dell’Europa continentale con un sistema analogo potrebbe essere molto complicato e presentare sfide differenti rispetto al territorio israeliano.

Quello che è certo è che lo sviluppo di sistemi di difesa aerea e missilistica è una priorità per Bruxelles, che sta spingendo le capitali europee a lavorare insieme sulle tecnologie per colmare le lacune militari dell’Unione. La strategia di difesa europea richiede un miglioramento delle “capacità relative alla difesa aerea e missilistica europea integrata” entro il 2035, e una nuova proposta industriale presentata recentemente dalla Commissione europea prevede un sostegno di bilancio a “progetti europei di difesa di interesse comune“. Bruxelles sta preparando anche una nuova strategia per incrementare gli acquisti congiunti e ha fissato l’obiettivo di rifornirsi da produttori europei anziché statunitensi.

L’idea di adottare Iron Dome sul suolo europeo non è però una novità. Da tempo si parla di questa possibilità e da quando il sistema è diventato operativo nel 2011, molti governi hanno acquistato o pensato di acquistare componenti del radar o l’intero Iron Dome per proteggere il proprio Paese. Negli ultimi dieci anni, nazioni come Ungheria, Romania e Cipro nel 2022 hanno mostrato interesse per il sistema; in generale, Israele ha trovato un numero significativo di acquirenti in tutto il mondo, dall’Asia al Medio Oriente, recentemente anche in Marocco e probabilmente negli Emirati Arabi Uniti. Il ministero della Difesa dell’Azerbaijan, per esempio, ha acquistato la sua versione dell’Iron Dome nel maggio 2021. Secondo gli esperti l’Azerbaijan sarebbe stato tra i primi Paesi a confermare l’acquisto del dispositivo, in risposta all’annoso conflitto con l’Armenia per il territorio del Nagorno-Karabakh.

Nervosismo tra Berlino e Parigi

Anche la Germania non è nuova all’adozione di strumentazione israeliana. La Commissione per il bilancio del Bundestag, il parlamento tedesco, nel giugno scorso ha sbloccato una prima tranche da oltre cinquecento milioni di euro per l’acquisto del sistema antimissile Arrow-3 di fabbricazione israeliana. Arrow-3 è in uso in Israele dal 2017 come parte della rete di protezione ed è in grado di intercettare missili balistici sparati da una distanza massima di 2.400 chilometri. Questa operazione ha suscitato reazioni discordanti in Europa, suggerendo divisioni che potrebbero riproporsi nuovamente in caso di adozione dell’Iron Dome.

Il progetto aveva fatto infuriare i funzionari francesi, che avevano bollato l’idea come strategicamente confusa e mal concepita, poiché ometteva i sistemi di difesa aerea di fabbricazione europea. Il tema dell’autonomia strategica europea è uno degli assi portanti del pensiero del presidente francese Emmanuel Macron, che poco dopo l’annuncio tedesco aveva invitato le nazioni europee a cercare una maggiore indipendenza nella difesa dello spazio aereo, suggerendo di non fare troppo affidamento sugli Stati Uniti o su altri partner, una questione a lungo dibattuta che ha assunto una nuova urgenza a causa della guerra in Ucraina. Lo European Sky Shield infatti è composto da oltre quindici nazioni europee, ma non la Francia.

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