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Abbiamo provato gli esoscheletri che vogliono rivoluzionare il mondo del lavoro

Author: Wired

Dopodiché si agganciano le braccia e si può sperimentare come lavora il device. In un primo momento ci si sente come il droide C3-PO di Star Wars, quello dorato con le braccia attaccate alla vita per intendersi. Sollevando le braccia verso l’alto si avverte una leggera spinta da parte dell’apparecchio. Più evidente è invece lo sforzo da fare per abbassarle, visto che serve a ricaricare le molle dell’esoscheletro.

L’effetto maggiore si avverte reggendo un peso, per esempio una valigia, con le braccia tese di fronte a sé in posizione orizzontale: con l’esoscheletro lo sforzo è pressocché nullo, ma basta sganciarlo per avvertire da subito le spalle che cominciano ad affaticarsi.

I settori di applicazione

“I nostri settori elettivi sono la logistica, la grande distribuzione organizzata e la cantieristica”, ha spiegato Duilio Amico, responsabile Wereable devices di Comau. Per quanto riguarda la gdo è del febbraio 2022 un accordo con Esselunga, che vede l’impiego degli esoscheletri in fase di test avanzato in 12 punti vendita tra Lombardia, Piemonte e Toscana. “I nostri device vengono utilizzati nella gestione del fresco, con i prodotti che devono essere sbancalati dai camion e poi posizionati negli scaffali”, racconta il manager.

Per quanto riguarda la cantieristica navale, invece, Comau sta lavorando con Fincantieri. Ma non è tutto, precisa Amico: “Operiamo anche nell’agroalimentare, nella mungitura ma anche con i dentisti per i cavalli, in agricoltura, negli aeroporti per la gestione dei bagagli”. In campo sanitario, questi device sono utili per gli operatori che si prendono cura di pazienti allettati. E ancora, dice il manager, “in Cile stiamo lavorando a un progetto per l’inserimento di lavoratrici donne nelle miniere, in Francia avremo a breve un incontro con operatrici cinematografiche. Tecniche di ripresa e del suono che devono reggere camere o microfoni e possono trarre giovamento dall’impiego di un esoscheletro.

Il mercato

L’esoscheletro pensato per le spalle costa 4.900 euro, quello per la zona lombare 4.500. Con qualche centinaio di euro in più è possibile anche dotarli di sensori che consentono, per esempio, di monitorare e ottimizzare l’attività all’interno dell’azienda, ma anche di segnalare a un operatore che ha trascorso troppo tempo all’interno di una cella frigorifera.

Comau, che li ha sviluppati insieme a Iuvo, una spin-off dell’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, ne ha distribuiti più di 5mila in tutto il mondo. “I nostri mercati più forti sono la Francia e la Germania. L’Italia è quarta dopo i Nordics. Diciamo che siamo più forti in quei contesti dove è più alta l’attenzione all’ergonomia – ha sottolineato Amico -. Quest’anno entreremo in maniera presente nel Nord America. Ma più in generale abbiamo clienti in tutto il mondo, dall’Australia all’India, dalla Malesia al Brasile.

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Economia Tecnologia

OpenAI è sempre meno trasparente

Author: Wired

OpenAI è stata creata nel 2015 da un gruppo di ricchi imprenditori del settore tecnologico – tra cui anche Elon Musk – come laboratorio di ricerca no-profit con la promessa di coinvolgere la società e il pubblico generale nello sviluppo di potenti sistemi di intelligenza artificiale, a differenza di Google e degli altri giganti tech che lavorano invece a porte chiuse. In linea con questo spirito, fin dalla sua fondazione OpenAI ha dichiarato alle autorità fiscali statunitensi che qualsiasi cittadino americano avrebbe potuto esaminare copie dei suoi atti costitutivi, dei rendiconti finanziari e delle regole dell’azienda sul conflitto di interessi.

Tuttavia, quando il mese scorso Wired US ha richiesto questi documenti, OpenAI ha dichiarato che la sua politica era cambiata e ha fornito solo un rendiconto finanziario che non includeva però la maggior parte delle sue operazioni.

Forniamo i nostri bilanci quando ci vengono richiesti – ha affermato il portavoce dell’azienda Niko Felix –. OpenAI allinea le proprie pratiche agli standard del settore, e dal 2022 questo prevede di non diffondere pubblicamente ulteriori documenti interni“.

La marcia indietro di OpenAI sul suo storico impegno alla trasparenza occulta di fatto informazioni che potrebbero far luce sulla recente implosione sfiorata da un’azienda che esercita un’influenza cruciale sul futuro dell’AI, oltre che sulle sue vulnerabilità. A novembre, il consiglio di amministrazione di OpenAI aveva licenziato l’amministratore delegato Sam Altman, insinuando in un comunicato che fosse inaffidabile e che avesse messo a repentaglio la missione di garantire che l’AI andasse a beneficio per tutta l’umanità. Nel giro di qualche giorno, una rivolta dei dipendenti e degli investitori della società ha però costretto il cda a reintegrare Altman e a espellere la maggior parte dei suoi membri per introdurne di nuovi, che a loro volta hanno promesso di indagare sulla crisi e di attuare cambiamenti strutturali per riconquistare la fiducia degli investitori.

L’accesso alle politiche di OpenAI sui conflitti di interessi potrebbe mostrare quale sia effettivamente il reale potere del cda nei confronti di Altman e delle sue attività esterne, tra cui rientrano investimenti personali in numerose startup che perseguono progetti di intelligenza artificiale e in un produttore di reattori nucleari. Secondo persone coinvolte nella vicenda ma che non sono autorizzate a parlarne, la commistione tra il lavoro quotidiano dell’ad e i suoi progetti personali ha avuto un ruolo nella sfiducia da parte dei membri del consiglio di amministrazione. Nel 2019, mentre Altman era al timone dell’azienda, OpenAI ha firmato una lettera d’intenti non vincolante per acquistare 51 milioni di dollari di chip AI da Rain, una startup in cui lo stesso Altman aveva investito più di un milione di dollari. Ad oggi, OpenAI non ha ancora proceduto all’acquisto dei microchip. Felix sostiene che Altman sia trasparente con il consiglio di amministrazione in merito ai suoi investimenti e si attenga a un processo prestabilito per la gestione dei potenziali conflitti di interessi.

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Economia Tecnologia

Che intenzioni ha il governo per vigilare sull’intelligenza artificiale

Author: Wired

C’è un motivo se la proposta di assegnare la supervisione del settore dell’intelligenza artificiale all’Agenzia nazionale per la cybersicurezza (Acn) ha retto 48 ore, prima di sparire dal pacchetto di norme sulla sicurezza informatica voluto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e presentato al Consiglio dei ministri di giovedì 25 gennaio. Perché per quel ruolo c’è un altro candidato in corsa, da più parti considerato più adatto. È l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), l’ufficio nato per coordinare la digitalizzazione della pubblica amministrazione, che da mesi è la pedina che intende giocarsi il sottosegretario all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti. Il deputato comasco, arrivato quasi defilato a Palazzo Chigi, è sempre più ascoltato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha voluto mettere il cappello del suo partito sul tema dell’AI.

Fatto sta che il primo tentativo di individuare per legge a quale ente pubblico affidare il delicato compito di vigilare sull’intelligenza artificiale è stato bloccato. La nomina di un controllore del settore è prevista dal regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, l’AI Act, in queste settimane al ciclo di approvazioni finali da parte del Consiglio europeo (2 febbraio, la data previsto) ed Europarlamento (entro aprile).

Il retroscena:

  1. Come scegliere il controllore
  2. Il ruolo di Fratelli d’Italia

Come scegliere il controllore

Proprio perché il testo dell’AI Act veleggia verso il voto, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai servizi segreti, Alfredo Mantovano, ha spiegato in conferenza stampa che l’assegnazione all’Acn è stata espunta per evitare fughe in avanti. Insomma, un atto di cortesia istituzionale verso Bruxelles, tutt’altro che necessario però. La Spagna ha individuato un’agenzia per la supervisione dell’AI già lo scorso settembre. E lo ha fatto peraltro mentre Madrid aveva le redini della presidenza del Consiglio europeo con il mandato di chiudere l’accordo con il Parlamento sull’AI Act, raggiunto l’8 dicembre.

La fuga in avanti da frenare, piuttosto, è interna al governo. E riguarda l’impianto di controllo sull’intelligenza artificiale a cui Butti sta lavorando. L’AI Act, come emerge dal testo finale che Wired ha visionato, non impone di avere un solo referente, secondo la linea voluta dal Parlamento europeo, ma fa riferimento a varie autorità nazionali delegate. Se si analizzano i modelli applicati in finanza, per esempio, la palla passa agli enti di vigilanza deputati (in Italia sarebbe Consob). E negli articoli dedicati agli usi vietati e alle eccezioni, si menziona il fatto che i garanti nazionali dei dati personali e del mercato debbano spedire ogni anno alla Commissione un rapporto sull’uso dei sistemi di riconoscimento biometrico in tempo reale. In Italia, quindi, un compito a carico del Garante della privacy e dell’Antitrust. E ancora: laddove si menzionano la difesa delle infrastrutture critiche, è naturale cedere il passo all’Acn, che già le vigila sul fronte della cybersecurity.

Il ruolo di Fratelli d’Italia

Insomma, l’AI Act apparecchia una tavola con molti posti a sedere. Ma un padrone di casa ci vuole. Qualcuno che detti i tempi e le priorità, coordini il lavoro e sia un punto di riferimento verso l’esterno. Difficile pensare che il compito possa spettare a una autorità indipendente, come il Garante per la protezione dei dati o quello per la concorrenza e il mercato. Troppo autonomi e svincolati dalla politica, nella visione di Palazzo Chigi, per occuparsi della materia, scrivere regole e impostare gli ambienti di test (le cosiddette sandbox).