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Una biblioteca sotterranea custodirà la memoria dei ghiacciai in pericolo

Una biblioteca sotterranea custodirà la memoria dei ghiacciai in pericolo

(Rinnovabili.it) – E’ pronta a partire  la prima missione del progetto internazionale di salvaguardia della “memoria di ghiacci”. Il prossimo 15 agosto una équipe di glaciologi e ingegneri provenienti da Francia, Italia, Russia e Stati Uniti  si recheranno sul ghiacciaio del Col du Dôme per iniziare i primi prelievi del “patrimonio ghiacciato” del Pianeta. L’obiettivo dell’iniziativa, è quello di realizzare una vera e propria biblioteca mondiale di “campioni” estratti dai ghiacciai oggi sotto scacco dal riscaldamento globale.

Le carote di ghiaccio prelevate da questi luoghi saranno conservate e analizzate nel tempo, prima di essere messe al sicuro in una grotta scavata sotto la neve a -54°C.

L’idea è nata osservando l’aumento della temperatura e conseguente fusione di molti ghiacciai: sotto l’incessante pressione del global warming negli ultimi anni abbiamo assistito ad un riduzione fino al 75% del ‘terzo polo’ freddo della Terra, ovvero, i ghiacciai cosiddetti ‘alpini’ (Alpi e Himalaya, Patagonia, Alaska, ma anche Caucaso e Urali,  Kilimangiaro e  Ruwenzori in Africa, ecc.), in particolar modo quelli sotto ai 3000 metri. Con questa fusione e con il colare dell’acqua attraverso gli strati di neve sottostanti saranno cancellate definitivamente pagine uniche della storia del nostro ambiente.

«Noi siamo l’unica comunità scientifica che lavora sul clima e vede sparire una parte dei suoi archivi. Era diventato urgente salvaguardare questo patrimonio per il futuro, come il patrimonio mondiale dei semi conservato allo Spitsbergen», spiega Jérôme Chappellaz, fondatore francese del progetto, direttore di ricerca del CNRS che lavora Laboratorio di glaciologia e geofisica dell’ambiente (LGGE) dell’Università di Grenoble Alpes. Ed è proprio qui che saranno portate le prime carote di 130 metri ciascuna estratte dal Col du Dôme(4.300m, Monte Bianco).

Uno dei tre campioni sarà analizzato nel 2019 per costituire una base dati a disposizione di tutta la comunità scientifica mondiale. Le altre due carote saranno trasportate per nave e veicolo cingolato sugli altipiani antartici, terra di scienza e di pace, nel 2020, dove saranno conservati in tutta sicurezza per molti secoli nella base Concordia gestita dall’Istituto polare francese “Paul Emile Victor” e dal suo partner italiano, il Programma Nazionale Ricerche in Antartide (PNRA). Successivamente saranno riunite nella biblioteca sotterranea insieme a tutti i campionamenti aggiuntivi.

Una seconda missione, più lunga e complessa, è già in programma nel 2017 nelle Ande boliviane (ghiacciaio Illimani) e altri nove Paesi si sono candidati per entrare a fare parte del progetto e salvaguardare i loro ghiacciai e quelli a cui hanno accesso: Germania, Austria, Svizzera, Brasile, Stati Uniti, Russia, Cina, Nepal, Canada. «La nostra generazione di scienziati, testimone del riscaldamento globale, ha una grande responsabilità verso le generazioni future. Per questo doneremo campioni di ghiaccio provenienti dai più fragili ghiacciai alla comunità scientifica dei decenni e dei secoli a venire, quando questi ghiacciai saranno scomparsi o avranno perso la qualità dei loro archivi», conclude Carlo Barbante, promotore italiano del progetto, direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e professore all’Università Ca’ Foscari Venezia.

Le istituzioni scientifiche promotrici del progetto (Università di Grenoble Alpes, CNRS, IRD, CNR, Università Ca’ Foscari Venezia e Fondazione Università Grenoble Alpes) coinvolgono anche IPEV, PNRA, INSU, la Communauté Université Grenoble Alpes e persino il regista premio Oscar francese Luc Jacquet che la sua équipe Wild-Touch assicureranno la produzione e la diffusione delle immagini nel seguito del lungometraggio «La glace et le ciel».

Autore: Rinnovabili

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“Entro la pausa estiva” il Ddl Concorrenza: novità su fotovoltaico, certificati bianchi e bioliquidi

Il titolare del MiSE punta a far approvare il disegno di legge prima della pausa estiva. Intanto sono stati approvati emendamenti e subemendamenti che interessano i piccoli impianti fotovoltaici, le verifiche sui Titoli di Efficienza Energetica e gli impianti a bioliquidi.

Mentre procedono i lavori in Commissione Industria del Senato, il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in un’intervista a “Il Foglio” annuncia l’obiettivo di approvare in via definitiva il Ddl Concorrenza prima della pausa estiva, pur sottolineando che “quelle norme non sono coraggiose come avrebbero dovuto essere”.

Intanto ieri la Commissione Industria ha approvato un emendamento al Ddl interessante per i lettori di QualEnergia.it PRO …

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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Legno sostenibile e tetto verde per il centro sportivo della banlieue

Legno sostenibile e tetto verde per il centro sportivo della banlieue

(Rinnovabili.it) – E’ stato completato da poco il nuovo centro sportivo di Clamart, nella periferia di Parigi. Lo studio di architettura Gaetan Le Penhuel ha imperniato il progetto intorno all’impiego diffuso di legno sostenibile nell’intera struttura e al vasto tetto verde che lo sovrasta. Il risultato fa certo meno clamore delle decine di progetti annunciati nell’ambito di Réinventer Paris,  il maxi-progetto di riqualificazione urbana voluto dal sindaco della capitale francese Anne Hidalgo la cui cifra è il greenbuilding su scala urbana. Ma presenta caratteristiche analoghe che non lo farebbero affatto sfigurare a fianco della torre verde che riqualificherà la gare Massena o i 4.000 mq di urban farm a cavallo del boulevard Peripherique.

Come per Réinventer Paris, anche il progetto di Clamart si inserisce nel tessuto urbano esistente in maniera intelligente. Il complesso, infatti, è inquadrato all’interno di un contesto caratterizzato da forti contrasti a livello urbanistico: a sud lambisce un’area suburbana dove spiccano unità residenziali indipendenti, mentre a nord affaccia su più imponenti e uniformi complessi di case popolari. Per riconciliare questi differenti scenari, gli architetti hanno creato un panorama artificiale che combina funzione scolastico-educativa, design urbano e restituisce parte dell’area al pubblico.

In questo senso legno sostenibile e tetto verde sono davvero il centro del progetto. Infatti il tetto verde del centro sportivo, che può essere fruito liberamente dai cittadini, poggia su una struttura portante interamente realizzata con travi di legno laminato, che prosegue nel resto del complesso assumendo un andamento più ondulato, a formare una sorta di grande guscio curvo. Qui gli spazi sono riservati alle aule scolastiche connesse al campus, oltre a campi da tennis e spogliatoi.

Tutto il legno impiegato proviene dall’azienda finlandese Metsä Wood, che ha fornito legno ingegnerizzato riducendo così i costi del progetto e garantendo un’adeguata efficienza strutturale all’intero complesso, che copre un’area di circa 14mila mq.

Autore: Rinnovabili

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Emissioni negative e CCS, una controversa ricetta contro il global warming

Un nuovo studio americano evidenzia che gli impegni presi dalle singole Nazioni alla Cop21 sono insufficienti per contrastare il cambiamento climatico. Delle due strade una: tagliare da subito in modo più netto le emissioni di gas-serra, o rimuovere una grossa fetta di CO2 in eccesso entro la fine del secolo.

Il nostro Pianeta rischia di surriscaldarsi con un ritmo molto più veloce del previsto. Quante volte abbiamo sentito affermazioni simili? Soprattutto dopo gli accordi della Cop21 di Parigi, scienziati e climatologi continuano a sfornare previsioni abbastanza nefaste sulla nostra capacità di limitare il global warming entro due gradi centigradi rispetto all’età preindustriale.

Ancora più difficile sarebbe mantenere l’innalzamento medio delle temperature a 1,5 gradi, evitando così le conseguenze più disastrose sugli ecosistemi mondiali tra cui siccità estreme, alluvioni, scioglimento repentino dei ghiacci eccetera (vedi QualEnergia.it).

Parigi non basta

Un nuovo studio è stato pubblicato di recente dal National Center for Atmospheric Research (NCAR), gestito da un consorzio no-profit di un centinaio di università americane. Il punto di partenza è nuovamente Parigi: gli impegni presi dai singoli Paesi per ridurre le emissioni di gas-serra, evidenzia il documento americano, non permetteranno di disinnescare la bomba climatica che ci attende.

Secondo Benjamin Sanderson, il principale autore del rapporto, una politica energetica davvero efficace dovrebbe puntare a un taglio molto più netto delle emissioni di anidride carbonica. Il problema, infatti, è che andando avanti di questo passo, cioè seguendo le indicazioni dei piani nazionali presentati a Parigi, esauriremo rapidamente il carbon budget planetario. Significa che stiamo per raggiungere il tetto massimo di emissioni climalteranti compatibile con l’obiettivo dei due gradi.

Emissioni negative

A quel punto, l’unico rimedio possibile sarà eliminare dall’atmosfera la CO2 in eccesso. Ecco perché si parla di “emissioni nette negative”: non solo dovremo tagliare la produzione antropica di gas-serra, ma a un certo punto dovremo anche rimuovere l’anidride carbonica rilasciata nei decenni precedenti a causa dell’impiego di fonti fossili, carbone e petrolio in primis.

Qui entriamo in un campo che, per la stessa ammissione di Sanderson, è veramente aleatorio. Già rimanendo nell’alveo della climatologia esistono molte incertezze sui futuri impatti della CO2: la forchetta del surriscaldamento terrestre è piuttosto ampia. Due, tre, quattro o più gradi, secondo le variabili considerate.

Se poi parliamo di emissioni negative l’incertezza cresce ancora, e di molto. In sintesi, lo studio del National Center for Atmospheric Research prevede che tra il 2080 e il 2090 bisognerà iniziare a rimuovere 5-10 miliardi di tonnellate l’anno di CO2 dall’atmosfera per poi stoccarle nel sottosuolo, negli oceani o sul terreno. Purtroppo, nessuna delle tecnologie conosciute è pronta per essere applicata su vasta scala, per immaturità tecnologica, per i costi esorbitanti, per potenziali rischi ecologici.

Tecnologia BECCS, dubbi e rischi

Alcune opzioni sembrano abbastanza fattibili ed esenti da particolari controindicazioni, ad esempio la riforestazione e il ripristino di ecosistemi come torbiere e paludi. Altre scelte, invece, pongono vari interrogativi.

Pensiamo, in particolare, alla tecnologia BECCS (bioenergy with carbon capture and storage). I sistemi CCS per la cattura e il sequestro della CO2 in giacimenti sotterranei sono pensati per ridurre le emissioni nocive degli impianti industriali: centrali termoelettriche a carbone, acciaierie, stabilimenti chimici, eccetera. La stessa IEA ritiene che saranno indispensabili per contribuire alla diminuzione complessiva dei gas serra.

La tecnologia BECCS dovrebbe compiere un passo in più. Il circolo virtuoso sarebbe questo: le piantagioni crescendo assorbono la CO2 dall’atmosfera, dopodiché la biomassa vegetale/legnosa è utilizzata per produrre energia elettrica o biocombustibili, mentre un impianto CCS assorbe e immagazzina da qualche parte le emissioni.

Facile intuire i rischi aggiuntivi, in particolare la competizione delle piantagioni energetiche con l’agricoltura a scopo alimentare, il disboscamento per fare spazio alle colture intensive, la conseguente perdita di biodiversità. Allora la cura rischierebbe di essere peggiore del male.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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Il boom della bici elettrica: 35 mln di unità vendute nel 2016

Il boom della bici elettrica: 35 mln di pezzi venduti nel 2016

(Rinnovabili.it) – La rivoluzione della mobilità elettrica è in pieno svolgimento, e anche se gran parte dell’attenzione tende ad essere focalizzata su auto e autobus, i veicoli a batteria più venduti al mondo sono in realtà le e-bike. Le proiezioni elaborate dalla Navigant Research parlano, per la fine di quest’anno, di ben 35 milioni di bici elettriche vendute, con vere e proprie impennate negli acquisti nel futuro a breve termine.

Nell’ultimo rapporto della società vengono tracciati trend e previsioni di un settore in pieno fermento, fornendo un’analisi dettagliata delle opportunità di mercato, dei fattori chiave della crescita e degli sviluppi tecnologici. E sono proprio quest’ultimi a definire i contorni dell’attuale boom della bici elettrica.

Il miglioramento della tecnologia delle batterie al litio si sta traducendo in e-bike più leggere, più economiche e sempre meno distinguibili dalle due ruote tradizionali. La popolarità di questo mezzo va inquadrata in un contesto globale in cui la crescente urbanizzazione e la necessità di ridurre l’uso dell’auto privata sta aprendo nuove e interessanti opportunità per la mobilità alternativa. In questo quadro, la bici elettrica offre diversi vantaggi al consumatore medio, dal momento che non richiede una licenza, né infrastrutture aggiuntive per operare.

Secondo gli autori del documento, il più grande mercato mondiale per le biciclette elettriche è rappresentato oggi dalla Cina, mentre il segmento tecnologico più diffuso è attualmente quello alimentato dalle batterie al piombo. Ma entrambi questi elementi sono destinati a cambiare nel prossimo decennio.

Sulle strade cinesi oggi corrono 200 milioni di e-bike e sono circa 700 le aziende nazionali attive nel settore. Secondo il China Bicycle Association (CBA), le prime dieci società cinesi di bici elettriche hanno rappresentato il 47% della produzione totale nel 2014. Come può cambiare una situazione apparentemente così rosea? Il rapporto suggerisce che il totale delle vendite annuali nella Repubblica Popolare sia destinato a diminuire a causa della saturazione del mercato ma soprattutto per i nuovi e incomprensibili divieti di utilizzo di e-bike in vaste zone delle grandi città come Pechino, Shenzhen, Shanghai e Guangzhou.

In Europa occidentale, la crescita delle vendite continua invece ad essere “costante e significativa”: gli analisti si aspettano che la bici a pedalata assistita passi da essere un’opzione “per il pendolarismo” ad uno “standard di mobilità” accessibile a tutti ciclisti nel prossimo decennio. Escludendo il settore cinese dalle cifre, la crescita del mercato globale delle e-bike porterà le vendite dagli attuali 3,3 milioni di unità ogni anno a circa 6,8 milioni entro il 2025, affidando la parte da leone ad Europa occidentale e mercati come Giappone e Vietnam. E il fatturato toccherebbe la cifra record di 24,3 miliardi di dollari l’anno.

Autore: Rinnovabili