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Analysts expect AMD to go EPYC

Author: edfu777 [AT] hotmail [DOT] com (Nick Farrell) Fudzilla.com – Home

If it can claw back 10 per cent of the server market it will be in clover

AMD had a pretty good year this year, but that did not appear to do much for its share price which remained fairly static.

Wall Street thinks that its stock is risky because the outfit has low and fluctuating margins. However some analysts think that the launch of its EPYC line of server processors earlier this year to compete with Intel which has long dominated this market.

In fact word on the street is that the initial traction and reviews have been positive, and this could present AMD an opportunity to grab some share and give a boost to its valuation.

If the numbers pad out, AMD could add 25 per cent to its value by being more aggressive in the server market.

Forbes is predicting that of AMD gains a 10 percent share in the server processor market, it would imply a nearly 25% upside to its EPS, which would drive a similar upside to our price estimate assuming the valuation multiples remain constant.

It suggest that EPYC server processors could gain enough market share thanks to the lower cost, and simplification of the future development roadmap. EPYC performance per watt is attractive and the company has seen some good traction lately.

The prediction is that global server CPU shipments in 2019 to reach 26 million, meaning a 10 per cent market share gain will imply 2.6 million server CPUs shipped, This would mean incremental server revenue would be roughly $ 1.4 billion assuming average processor pricing of $ 550.

This would increase AMD’s EBITDA by around $ 250 million and lead to incremental earnings of about $ 160 million, or 17 cents per share. This, in turn, would imply a 25 percent jump in EPS in 2019, and even more upside in the long run, Forbes said.

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Decodificare HTTPS è possibile: ecco come funziona il ROBOT attack

Author: IlSoftware.it

Ben 19 anni fa il crittografo svizzero Daniel Bleichenbacher, oggi impegnato in Google, scoprì una vulnerabilità nei protocolli SSL/TLS che se utilizzati insieme con l’algoritmo RSA rendevano possibile da decodifica dei dati cifrati.

Un gruppo di ricercatori ha scoperto una grave lacuna di sicurezza che può portare alla decodifica delle comunicazioni su protocollo HTTPS e che si riallaccia con le ricerche quasi ventennali di Bleichenbacher.

Il problema, battezzato ROBOT (acronimo di Return Of Bleichenbacher’s Oracle Threat) è importante perché, potenzialmente, può rendere un aggressore in grado di sferrare un attacco passivo, loggare il traffico dati scambiato via HTTPS e decodificare indisturbato, in seguito, il contenuto dei pacchetti cifrati.

Decodificare HTTPS è possibile: ecco come funziona il ROBOT attack

Il nocciolo del problema è ancora una volta l’utilizzo dell’algoritmo RSA per lo scambio delle chiavi crittografiche tra client e server coinvolti nella comunicazione.
Secondo Hanno Böck, Juraj Somorovsky e Craig Young, una buona parte dei 100 siti più visitati al mondo (stando alla classifica Alexa) soffrirebbero del problema di sicurezza appena venuto a galla.
Basti pensare che i siti di aziende come Facebook e PayPal utilizzerebbero ancora l’algoritmo RSA “fallato” così come centinaia di altre società di elevato profilo.Cliccando qui è possibile avviare un test che permette di verificare se il proprio server web sia o meno affetto dal problema.

Per scongiurare rischi di attacco, tutto ciò che è necessario fare è disattivare l’utilizzo dell’algoritmo RSA ovvero l’utilizzo di tutti i cifrari con il prefisso TLS_RSA.
I siti che fanno uso del protocollo HTTPS possono usare connessioni TLS avendo cura di configurare Elliptic-curve Diffie-Hellman (ECDH) per lo scambio delle chiavi crittografiche.

Vale comunque la pena evidenziare che un aggressore in grado di sfruttare la falla di sicurezza sulla quale fa leva l’attacco ROBOT non potrà ottenere la chiave privata usata dal server TLS ma solamente le chiavi crittografiche impiegate in ogni sessione di comunicazione, per ciascun client connesso.
Ciò significa che l’aggressore non ha accesso una “chiave universale di decodifica” bensì a una chiave valida per quella specifica sessione HTTPS. Inoltre, per decifrare importanti quantitativi di traffico HTTPS, l’aggressore deve disporre di notevoli risorse computazionali.

Per maggiori informazioni, è possibile fare riferimento al sito incentrato su ROBOT.

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Lamborghini Urus sarà dotato di sistema audio Bang & Olufsen

Author: Le news di Hardware Upgrade

Lamborghini ha recentemente lanciato il suo nuovo SUV, chiamato Urus. La casa di Sant’Agata Bolognese ha scelto Bang & Olufsen per il sistema audio della sua nuova automobile, optando per un sistema progettato ad hoc.

La Lamborghini Urus è anche la prima automobile della casa a essere dotata di un sistema audio firmato Bang & Olufssen. Il Bang & Olufsen Sound System utilizza un amplificatore BeoCore da 1700 W in classe D che pilota 21 canali reali (corrispondenti a 21 altoparlanti), con un DSP dedicato e la tecnologia ICEpower utilizzata da Bang & Olufsen anche su dispositivi quali i notebook per massimizzare la resa acustica.

Lamborghini punta quindi non solo sulle specifiche tecniche di estremo rilievo per il suo SUV, ma anche verso un’esperienza multimediale di prim’ordine. Sempre più, infatti, l’automobile sta diventando luogo dove godere della propria collezione musicale o tramite la quale accedere a nuovi contenuti grazie a Internet. L’abbinamento tra Lamborghini e Bang & Olufsen viene anche favorito dal fatto che le due aziende operano nella fascia alta nei loro rispettivi mercati.

La collaborazione tra realtà automobilistiche e dell’audio non è nuova: tra le principali ragioni dell’acquisizione di Harman da parte di Samsung, ad esempio, proprio il settore automobilistico ha avuto un peso determinante. Lo sviluppo nei prossimi anni si attende infatti enorme, anche grazie all’avvento delle automobili a guida autonoma.

Il Lamborghini Urus arriverà sul mercato nella primavera del 2018.

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Rise, sedia a rotelle robotica per stare anche in piedi

Author: Alessandro Crea Tom’s Hardware

Rise (Robotic Innovation for Standing and Enabling) è una sedia a rotelle robotica innovativa, che consente a chi ha gravi disabilità di deambulare anche stando in piedi, grazie alla struttura che cambia assetto come facevano i Transformer degli anni ’80.  Messa a punto dal Centro di riabilitazione motoria dell’INAIL di Volterra in collaborazione con l’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, è stata presentata oggi a Roma, nelle sedi dell’INAIL.

“È un modello di biorobotica sociale, cioè applicata alla riabilitazione di persone che hanno subìto un grave infortunio”, ha dichiarato all’ANSA Maria Chiara Carrozza, ex ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca e docente di Bioingegneria industriale della Scuola Superiore Sant’Anna. “con Rise siamo impegnati nella ricerca utile, che porta risultati nella vita quotidiana. L’impegno ulteriore è accorciare il trasferimento tecnologico e la possibilità di organizzare delle start-up di utilità sociale”, ha poi aggiunto Massimo De Felice, presidente dell’INAIL.

rise

Il progetto ha avuto una gestazione lunga, partito sin dal 2013 è appena giunto alla fase di sperimentazione clinica che si concluderà il prossimo giugno 2018 e che coinvolge circa 10 persone. “Il progetto nasce dal lavoro congiunto di medici, ingegneri e fisiatri per un utilizzo sia domestico che lavorativo”, ha spiegato Stefano Mazzoleni, ricercatore della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e responsabile scientifico e tecnico del progetto. “Rispetto alle attuali carrozzine, infatti, Rise garantisce alle persone con gravi problemi motori un approccio frontale, anziché laterale, alle superfici. In questo modo rende loro più facile accostarsi a una scrivania o a un PC per lavorare. Infine facilita l’utilizzo dei servizi igienici, senza la necessità di complicati trasferimenti dalla carrozzina”.

Rise può essere utilizzata da persone con un peso massimo di 110 chili e un’altezza di circa 2 metri. Dotata di una base mobile a 6 ruote e di 2 meccanismi laterali, consente al paziente di sollevarsi in posizione eretta in modo sicuro, grazie a un sistema anti ribaltamento. Ma le potenzialità di Rise non finiscono qui. Oltre infatti a poter essere controllata tramite comandi wireless, la sedia è anche dotata di una connessione Bluetooth e può quindi essere anche comandata a distanza, tramite smartphone o comandi vocali in modo che anche chi è affetto da gravi problemi motori possa richiamare a sé la sedia, ad esempio quando è ancora nel letto. La speciale sedia a rotelle infine è dotata di batterie con un’autonomia massima di circa 6 ore e si ricarica quindi come uno smartphone.

“Rise, come indica il termine in inglese che significa ‘mettersi in piedi’, è un esempio di come la tecnologia possa ridurre alcune disabilità, migliorando la qualità della vita delle persone. Dimostra, quindi che non sempre è corretto pensare che la robotica rubi il lavoro. In questo caso, infatti, aiuta le persone paraplegiche a essere più autonome nell’alzarsi dal letto e spostarsi in casa, o a tornare a lavorare”, ha concluso Maria Chiara Carrozza.

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Come estrarre app Android e copiarle su un altro dispositivo

Author: IlSoftware.it

Talvolta capita di voler copiare un’app Android su un altro smartphone o tablet senza passare per Google Play Store.
Il Play Store di Google, si sa, registra e mantiene aggiornato l’elenco delle app Android che s’installano sul dispositivo mobile: Dove trovare la lista delle app che si sono installate in passato su Android.

In alcuni casi, però, un’app installato sul telefono non risulta più disponibile sul Play Store oppure lo sviluppatore ha modificato i termini per la sua distribuzione chiedendo ad esempio il versamento di un importo in denaro quando la stessa app, precedentemente, era offerta a titolo gratuito.

Per estrarre app Android dal proprio dispositivo e copiarle altrove, suggeriamo di utilizzare APK Extractor.

Come estrarre app Android e copiarle su un altro dispositivo

Semplicemente avviando APK Extractor (tradotto in italiano come Estrattore APK) e toccando l’app d’interesse, questa verrà esportata e salvata come file APK nella cartella ExtractedApks della memoria interna.

Per portarsi nella cartella contenente il file APK dell’app Android estratta, suggeriamo di usare un pratico file manager come Solid Explorer: File manager Android, quali i migliori del momento.

Come estrarre app Android e copiarle su un altro dispositivo

A questo punto, per copiare il file APK dell’app Android sull’altro telefono basterà collegare i due dispositivi mediante cavo USB al PC, selezionare su entrambi il Media Transfer Protocol (MTP) dall’area delle notifiche (vedere Trasferire file da PC a Android) quindi accedere alla memoria interna del device servendosi di Esplora file in Windows e copiare il file.

Come estrarre app Android e copiarle su un altro dispositivo

In alternativa, per copiare il file APK da un dispositivo Android all’altro ci si può appoggiare a servizi di storage cloud come Google Drive, Microsoft OneDrive o Dropbox oppure, ancora, ricorrere a una comodissima app come Xender: Come condividere appunti, URL e file tra Android e Windows.
A questo punto, per installare l’app copiata sull’altro device Android bisognerà accedere alle impostazioni del sistema operativo, selezionare Sicurezza quindi attivare l’opzione Origini sconosciute.

Come estrarre app Android e copiarle su un altro dispositivo

Completato questo passaggio, basterà toccare il file APK e acconsentirne l’installazione sul dispositivo in uso.

Al termine dell’operazione si potrà tornare nelle impostazioni di Android e deselezionare l’opzione Origini sconosciute.