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HardwareSoftware

Google ritiene che la Night Mode di Android fa risparmiare batteria

Author: Lorenzo Spada Android Blog Italia

Google ha rivelato i suoi risultati sulla Night Mode e su come influisce sulla durata della batteria. Durante il Summit degli sviluppatori Android di questa settimana, Google ha parlato agli sviluppatori di ciò che possono fare per ottenere una migliore durata della batteria.

Generalmente, il consumo energetico aumenta quando si aumenta la luminosità dello schermo. Tuttavia, il colore visualizzato influisce anche sul consumo energetico del display. È qui che Google mostra quanto la modalità notturna sia in grado di conservare energia. Ecco un confronto fatto con il primo Google Pixel e l’iPhone 7. Questi hanno rispettivamente un pannello AMOLED e LCD IPS.

C’è da dire però che Google ha commesso anche degli errori nella progettazione dell’interfaccia grafica. Ha infatti reso bianco il colore di sfondo predefinito nelle sue linee guida sulla progettazione del Material Design. Google ha ammesso di non stare utilizzando i propri smartphone al meglio sotto questo punto di vista, con la Night Mode che potrebbe potenzialmente aumentare ancora di più l’autonomia.

Forse Google potrebbe optare per una tonalità di bianco diversa che potrebbe essere più efficiente o per un look in stile “Ice Cream Sandwich” per Android Q, con sfondi neri e forti contrasti (sempre con la Night Mode attiva).

Come visto nel primo esempio, la Night Mode può essere di grande aiuto per ridurre il consumo energetico dei dispositivi con display OLED ma non ha un effetto così positivo con i display LCD, poiché tutti i pixel sono illuminati dalla stessa fonte mentre negli schermi OLED ogni pixel ha la sua illuminazione e quindi può disattivarla quando non necessaria.

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Energia

Higher Return on Capital Employed (ROCE) in Oil & Gas Downstream Operations- Part One: Decreasing CapEx

Author: Constantine Lau Schneider Electric Blog

A key challenge facing Oil & Gas executives is how to justify funding of downstream technology modernization projects. Most executives have traditionally only considered outlay of capital for installation and the ongoing cost of maintenance. In fact, an overlooked ratio, Return on Capital Employed (ROCE), provides a more comprehensive and accurate method for calculating efficiency and profitability of a company’s capital investments.

oil and gas

ROCE represents the percentage return that a company makes over its invested capital, a measure of the profitability and value-creating potential after taking into account the amount of initial capital invested. The ROCE ratio is expressed as Earnings Before Interest and Tax (EBIT) / Capital Employed. Thus, ROCE can serve as a useful metric for calculating efficiency and profitability and can help determine how to squeeze a higher return out of corporate capital investments.

The topic of industrial plant modernization represents a critical success factor for most Oil & Gas enterprises wishing to remain competitive in a rapidly changing marketplace environment. Therefore, justification for investment should be communicated in a manner that translates the functions of new technologies into terms that reflect ROCE business value. More compact, connected, safer, and lower maintenance technologies have to translate into cost reduction, faster turnover, and higher return on investment.

This introductory blog is one of a three- part series that review the impact of technology modernization on CapEx, OpEx and revenue generation. The three together help to paint an overall picture of how ROCE metric elements can be combined to determine the business value of automation technology investments. All three blogs reflect real-life downstream Oil & Gas industry case studies in which Schneider Electric played a key role as technology consultant and provider.

Case study: Decreased CapEx in an LNG facility

Field studies have shown that automation CapEx can be decreased by up to 42% through reductions in project capital cost, fixed assets cost, cash to cash cycle and new engineering design standards and methodologies. A major fuel distributor achieved this level of CAPEX savings by deploying advanced automation solutions and project delivery methodologies to update their LNG facility.

Below are some of their key CapEx cost savings driver highlights:

  • The biggest contributor to savings ($ 7.12 Million or 18%) involved an initiative to move control, safety, fire, and gas systems I/O from a Remote Instrument Enclosure (RIE) specific building to a remote I/O cabinet in the field. Cost savings resulted from elimination of buildings, equipment, wiring, bulk material, and construction man hours.
  • The second biggest contributor ($ 2.3 Million or 5.8%) involved a new technology that automatically detects, interrogates, configures, enables and documents (a process referred to as DICED) field devices. The technology automatically links databases to instruments in the field thereby reducing labor efforts for commissioning.
  • A new generation of PLCs called device integrators represented the third biggest contributor ($ 2.29 Million or 5.7%) and opened the door to advanced data communications and diagnostics. Compared to traditional approaches, less engineering time is required to configure systems.

Other areas that generated the remaining CapEx savings (a total of $ 5.44 Million or 13.67%) included Factory Acceptance Testing (FAT) cost reductions resulting from use of a standard LNG design, which was copied for each new LNG train, a new field wiring technique that reduced the need for shipping multi-core cables and marshalling cabinets,  a direct sourcing method that eliminated 3rd party markups, a project methodology (called FLEX) based upon repeatable solutions and minimizing scope change, and some new techniques for enhancing safety and standardizing engineering practices.

Access Return on Capital Employed (ROCE) White Paper

To learn more about how Return on Capital Employed (ROCE), can apply itself to downstream investments in process automation technologies, download the new Schneider Electric white paper “Modern Strategies for Higher Return on Capital Employed (ROCE) in Oil & Gas Downstream Operations.”

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HardwareSoftware

Il MacBook Pro 13 (senza Touch Bar) perde la “memoria”, Apple lo ripara gratis. Assistenza anche per iPhone X

Author: Manolo De Agostini Tom's Hardware

Apple ha istituito due programmi di assistenza gratuita per altrettanti prodotti. Il primo interessa il MacBook Pro da 13 pollici (senza Touch Bar), mentre il secondo il primo smartphone con il notch dell’azienda, l’iPhone X. Andiamo con ordine. La casa di Cupertino ha “stabilito che un numero limitato di unità a stato solido (SSD) da 128 GB e 256 GB utilizzate in MacBook Pro da 13 pollici (senza Touch Bar) presenta un problema che può determinare la perdita di dati e il malfunzionamento dell’unità“.

I MacBook Pro da 13 pollici con le unità interessate sono stati venduti tra il giugno 2017 e quello del 2018 e per verificare l’idoneità del proprio portatile a partecipare al programma di assistenza è necessario andare a questo indirizzo e seguire la procedura indicata.

“Verifica innanzitutto quale MacBook Pro da 13 pollici possiedi. Scegli Informazioni su questo Mac dal menu Apple nell’angolo in alto a sinistra dello schermo. Conferma che il modello che possiedi è “MacBook Pro (13 pollici, 2017, due porte Thunderbolt 3)”. Se possiedi quel modello, inserisci il numero di serie del computer in basso per verificare se è idoneo per questo programma”.

Il programma non interessa i modelli MacBook Pro da 13 pollici con Touch Bar e i MacBook Pro da 13 pollici più vecchi. Qualora il vostro MacBook fosse idoneo, Apple o un AASP offrono assistenza gratuita. Nella pagina l’azienda sottolinea che “prima dell’intervento di assistenza, è importante eseguire un backup completo dei dati in quanto l’unità verrà inizializzata come parte del processo di assistenza. Nota: i file che risultavano già danneggiati prima dell’intervento di assistenza non potranno essere ripristinati”.

Per quanto riguarda l’iPhone X, Apple ha determinato che lo schermo di alcuni modelli potrebbe mostrare problemi con il controllo touch a causa di un componente, sito nel modulo display, che potrebbe smettere di funzionare correttamente. In conseguenza di ciò, tutto o parte dello schermo potrebbe smettere di rispondere ai comandi touch o farlo in modo intermittente. In alternativa, lo schermo potrebbe “reagire anche se non è stato toccato”.

In questo caso per accedere all’assistenza gratuita – che prevede il rimpiazzo del modulo display – è necessario recarsi presso un centro Apple autorizzato o un Apple Store, dove il dispositivo sarà esaminato per determinare se è tra le unità potenzialmente problematiche. L’azienda sottolinea che qualora un utente ritenga che il proprio iPhone X fosse stato affetto dal problema, e per questo ha pagato la sostituzione del modulo display, è necessario contattarla per ottenere un rimborso.

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Tecnologia

Miti e leggende all’ombra del Muro di Berlino

Author: Stefano Dalla Casa Wired

Nel 1988, in periodo di Perestrojka e pochi mesi prima del crollo del muro di Berlino, Hollywood comincia a ridere dei timori della Guerra Fredda presentandoci un'improbabile partnership tra un rigido poliziotto sovietico (Shwarzy) e un sornione cop americano (Jim Belushi)
Nel 1988, in periodo di Perestrojka e pochi mesi prima del crollo del muro di Berlino, Hollywood comincia a ridere dei timori della Guerra Fredda presentandoci un’improbabile partnership tra un rigido poliziotto sovietico (Shwarzy) e un sornione cop americano (Jim Belushi)

Ventinove anni fa cadeva il muro di Berlino. La demolizione del muro, in realtà costituito da più barriere parallele ai lati della cosiddetta striscia della morte, sarebbe cominciata ufficialmente il 13 giugno del 1990, ma è il 9 novembre 1989 che fu raggiunto il punto di non ritorno.

Quell’autunno l’intera cortina di ferro stava cedendo, e diventava complicato impedire il flusso migratorio dalla Germania dell’Est. La Repubblica democratica tedesca cambiò le sue norme, in modo da facilitare e accelerare la richiesta e il rilascio dei permessi di passaggio attraverso il Muro, anche per emigrazione. A questo punto però le cose precipitarono. La sera del 9 novembre furono annunciati questi cambiamenti in conferenza stampa: a una fatale domanda del giornalista dell’Ansa Riccardo Ehrman il portavoce del partito Günter Schabowski rispose che sarebbero stati immediati. Il portavoce però aveva ricevuto scarne informazioni sui dettagli, e le nuove procedure avrebbero dovuto cominciare dal giorno successivo. In base alle sue parole alla conferenza stampa, e viste le ultime notizie sulle migrazioni attraverso la cortina, i cittadini pensarono che fosse immediatamente possibile attraversare il muro dai varchi senza conseguenze. Sopraffatte dalle persone che avevano sentito la notizia in radio e pretendevano di attraversare, le guardie alla fine consentirono il passaggio immediato, spesso senza nemmeno controllare i documenti.

Il muro di Berlino è un simbolo potente, e non è un caso che quest’anno il regista Ilya Khrzhanovsky volesse (parzialmente) ricostruirlo come installazione artistica temporanea.

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Le autorità berlinesi hanno alla fine negato il permesso, non per il valore artistico ma per l’approssimazione del progetto. Oggi, oltre a qualche porzione ancora in piedi, rimangono i miti e le leggende che negli anni sono nati alla sua ombra.

Sarkozy was there
L’8 novembre 2009, vigilia del ventennale della caduta, il presidente francese Nicolas Sarkozy scrisse su facebook di quando il 9 novembre 1989 era andato ad assistere alla caduta del muro di Berlino. Allegava una sua foto di fronte al muro. Secondo il racconto, diversi membri del suo partito, Rassemblement pour la République, erano arrivati là informati di quello che stava per accadere. A Check-point Charlie, uno dei principali posti di blocco, il futuro presidente aveva personalmente dato il suo contributo con un piccone.

La storia di Sarkozy, però, non poteva essere vera. Nonostante il supporto dei sodali, in breve fu chiaro che Sarkozy era andato a Berlino solo una settimana dopo. Infatti, anche se la cortina scricchiolava, fu la conferenza stampa del 9 novembre a far precipitare gli eventi. In ogni caso, nessuno tentò di demolire fisicamente il muro fino al giorno successivo.

 Nulla di tutto questo portò a una correzione o scusa da parte del presidente. In compenso nacque un gustoso meme, Sarkozy was there, dove il marito di Carla Bruni diventava protagonista della Storia a colpi di photoshop.

Chi ha fatto cadere il muro?  Reagan o Bruce Springsteen?
Sono molte le persone a cui hanno intestato, o si sono intestate, la caduta del muro di Berlino. Il mito più famoso in questo senso è quello di Ronald Reagan: senza il suo discorso del 1987 la Germania sarebbe rimasta divisa a lungo. E non è un caso che un altro repubblicano, George Bush, abbia istituito nel 2005 il World Freedom day, che il 9 novembre ricorda la caduta del muro e il ruolo che ebbe in questo evento il santino del partito. Gli storici sono di un’opinione molto diversa. Il discorso pronunciato a Berlino, che conteneva la frase “Mr Gorbaciov abbatta questo muro!” diventò famoso solo in retrospettiva. Gorbaciov stesso disse “non eravamo impressionati, sapevamo che Reagan prima era stato un attore”. L’amministrazione Reagan ebbe davvero intense relazioni diplomatiche con Gorbaciov, responsabile della Perestrojka, ma dire che ha messo fine alla Guerra fredda con un discorso è una costruzione mitologica.

Ma Reagan è in buona compagnia. Oltre a Papa Giovanni Paolo II e David Hasselhoff, nella lista di coloro che hanno messo fine alla Guerra fredda c’è anche la musica rock, e in particolare Bruce Springsteen. Nel luglio del 1988 The Boss si esibì a Berlino Est, e la leggenda vuole che le sue parole sul “giorno in cui le barriere cadranno” avrebbe aperto le prime crepe nel muro. Una bella storia, ma le crepe c’erano già.

I falsi diari di Hitler
Il muro di Berlino, o meglio la separazione della Germania nel dopoguerra, è anche un ingrediente nella storia dei famosi diari di Hitler, un falso storico che nei primi anni Ottanta evidenziava alcuni problemi irrisolti del giornalismo. Un falsario aveva convinto un giornalista tedesco, (morbosamente appassionato di cimeli nazisti) di avere decine di diari di Adolf Hitler. Il commercio di questi oggetti, veri o falsi che fossero, era molto diffuso lungo il muro: acquisiti per poco a est, potevano essere illegalmente contrabbandati e venduti a ovest.

Il giornalista a propria volta aveva convinto i suoi editor ad acquistare, a carissimo prezzo, i cimeli in vista di uno scoop mondiale. Il falsario aveva dovuto inventarsi una storia vagamente plausibile dietro quei diari, e prendere tempo per la consegna visto che non li aveva ancora realizzati tutti. Doveva anche giustificare il prezzo a cui se sarebbe separato. Identificò così un incidente aereo del 1945 che poteva dare un’ombra di storicità al ritrovamento dei diari. E, come aveva già fatto per giustificare il possesso di altri oggetti, si inventò un fratello generale nella Germania Est. Era lui che deteneva i diari, e che doveva contrabbandarli uno per uno, con grande rischio. In realtà il falsario, Konrad Kujau, li produceva a Stoccarda, dove aveva il suo negozio.

Io sono un bombolone
Almeno un altro presidente ha legato il suo nome al muro di Berlino: John Fitzgerald Kennedy. Il suo discorso del 1963 a Berlino ovest, vicino al muro costruito due anni prima, è stato davvero memorabile, ma negli anni ha partorito una leggenda metropolitana. “Io sono un berlinese”, la battuta che è passata alla storia, sarebbe stata in realtà una tremende gaffe. Berliner vuol dire sia berlinese che bombolone, il presidente avrebbe però sbagliato a usare l’articolo trasformando il suo messaggio in “sono un bombolone”. Nata forse come battuta, la leggenda è esplosa molti anni dopo, presa per vera persino dal numinoso New York Times. È solo una delle molte leggende metropolitane legate alla traduzione.

Murus Berlinensis
La Germania è la patria della pseudomedicina omeopatica. Christian Friedrich Samuel Hahnemann, inventore della pratica, è nato infatti in Sassonia e in Germania l’omeopatia ha goduto a lungo di un trattamento di favore. Ma in che modo il muro di Berlino può avere a che fare con questa stregoneria? La legge dei simili invocata da Hahnemann e afferma che una sostanza che causa i sintomi di una malattia può, estremamente diluita, essere un rimedio contro la stessa malattia. Alcuni moderni omeopati hanno fatto del loro meglio per rendere ancor più ridicoli questi principi, in particolare per quanto riguarda la sostanza scelta per la diluizione. Tra la cacca di cane (Excrementum caninum) e i buchi neri (Lux foraminis nigris, basta mettere una fiala davanti al telescopio) c’è anche Murus Berlinensis, cioè frammenti del muro opportunamente diluiti. Come per molti altri rimedi omeopatici, le indicazioni terapeutiche sono lisergiche: il rimedio sarebbe efficace per una quantità di stati, dall’oppressione (anche politica), all’abuso (anche sessuale) alla narcolessia. 

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Economia

ITALIA: back to reality please! E la recessione è di nuovo ad un passo

Vorrei segnalare una cosa agli amici lettori. E credetemi, a questo punto conta poco il colore o la convinzione politica, anche se proprio sotto questo aspetto, nella politica italiana ci sia molta confusione e ben poca chiarezza.Sono ormai diversi mesi che è partita la coalizione gialloverde, una coalizione considerata da molti “anomala” quando nacque, ma che al momento (tra alti e bassi) resiste. Abbiamo un DEF fortemente contestato dall’Europa, un programma che probabilmente verrà portato avanti e con esiti quantomeno discutibili o difficilmente realizzabili.Credetemi, a questo punto mi sta bene tutto, ma signori, la situazione è veramente di EMERGENZA. Non ve lo dico io, ce lo dicono i dati macroeconomici in uscita in questi giorni.Partiamo da un dato sulla fiducia delle imprese sui prossimi 3 mesi. Il grafico segna una chiara, netta e preoccupante inversione in corso.

Ma se la fiducia delle imprese sta scendendo, come staranno invece gli italiani? Lo abbiamo visto ieri. Guardate le vendite al dettaglio

(ANSA)  – ROMA, 07 NOV – A settembre 2018 l’Istat stima che le vendite al dettaglio sono diminuite, rispetto al mese precedente, dello 0,8% in valore e dello 0,7% in volume. Anche su base annua, sono in calo del 2,5% in valore e del 2,8% in volume. La variazione negativa congiunturale riguarda soprattutto i beni non alimentari (-1,1% in valore e -1% in volume), ma non risparmia i beni alimentari (-0,3% in valore e -0,2% in volume). Pure su base annua sono in flessione sia le vendite di beni alimentari (-1,6% in valore) sia quelle di beni non alimentari (-3,1% in valore).

Un bel passo indietro e parlando con diversi imprenditori, c’è la percezione che si è tornati nuovamente nel limbo, quel limbo in cui si era caduti un anno fa, dove non c’era più quella frizzantezza che invece era percepibile solo fino a qualche mese fa. In molti poi, soprattutto dalle mie parti, sono preoccupati dal blocco e dal rallentamento delle grandi opere (TAV in primis) ma anche dai tagli fiscali alle imprese che poi, a conti fatti, sono diventati irrisori (la coperta è corta e i soldi servono per mantenere certe promesse…)

Tutto questo quindi accade proprio quando le imprese iniziano a sentire un ciclo economico che tende al peggioramento, con il retail che già si muove di conseguenza. E non è solo una questione di spread. Certo, un rapporto pari a 300 bp non fa piacere a nessuno, ma c’è anche il timore che l’irrigidimento dei rapporti con l’Europa porti anche a raffreddamenti commerciale. E sia ben chiaro, vi sto riportando delle banali testimonianze di vita vissuta che ho registrato negli ultimi giorni. Per esempio l’export. Quanto ha pesato la crescita dell’export in questi ultimi anni? E anche l’import, segno comunque di una domanda di prodotti, come si sta comportando? Beh, non fanno altro che confermare quanto vi sto dicendo.

Potrei ancora parlare di occupazione in calo, oppure di un PIL inesorabilmente rivisto al ribasso, o ancora altri dati già usciti non certo confortanti. E allo stesso tempo non voglio nemmeno fare al fine della politica, che si prodiga a colpevolizzare chi più fa comodo. La colpa è di tutti e di nessuno, di chi c’era prima e di chi c’è ora, di chi governa ma anche chi è alla base della piramide. Ma resta un dato di fatto. L’Italia è diretta verso la recessione . Perché come sempre cosa sta accadendo?Non ci vuole certo una laurea (visto che ultimamente sono tornate di moda, soprattutto se inesistenti) per capire che l’Italia, causa problemi strutturali, vi muove sempre più lentamente dei competitor europei, per poi enfatizzare la correzione quanto le cose iniziano ad andare male.

Ha quindi senso colpevolizzare a destra e a sinistra, l’Unione Europea e magari anche i Santi del paradiso? Ve l’ho scritto non so quante volte. C’è bisogno di concretezza perché siamo sull’orlo del burrone e la recessione, credetemi, è più vicina di quanto si possa immaginare. E la recessione significherebbe per noi dover gestire un grande problema. Ma sembra proprio che nessuno se ne renda conto. Dobbiamo fare il POSSIBILE per evitarla, perché poi giustificarsi tra qualche mese con “è colpa di Bruxelles”, “è colpa del ciclo economico”, “è colpa di chi c’era prima” non ci salverà dalla recessione, anzi, enfatizzerà il movimento perché non ci saranno barriere di protezione. O magari diranno che “siamo sfortunati”. Piantiamola. Occorre agire. SUBITO.

STAY TUNED!

Danilo DT

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ITALIA: back to reality please! E la recessione è di nuovo ad un passo, 6.5 out of 10 based on 13 ratings Author: Finanza.com