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Perché l’idea di un nuovo Jurassic Park ci fa paura

Author: Wired

Jurassic Park avrà un reboot. Per quanto ancora priva di dettagli, questa notizia ci conferma quanto l’industria cinematografica americana sia sostanzialmente alla canna del gas, visto che non riesce a fare altro che sfruttare vecchi filoni all’infinito, quasi avesse il terrore di rischiare o fosse troppo pigra per farlo. La volontà di proseguire a dispetto dei terrificanti risultati qualitativi ottenuti con la saga sequel del film di Steven Spielberg è un chiaro messaggio: la creatività non abita più qui, esiste solo il puro marketing, neppure particolarmente brillante, è già in molti si chiedono se e quanto questa nuova operazione potrà avere successo.

Una mossa che conferma la crisi creativa di Hollywood

Tutti ci ricordiamo dove eravamo quando uscì il primo Jurassic Park, o perlomeno ci ricordiamo le sensazioni che abbiamo avuto la prima volta che l’abbiamo visto. In quel 1993, Steven Spielberg, traendo spunto da un del rimpianto Michael Crichton, cambiò completamente il concetto di intrattenimento. Lo aveva già fatto tanti anni prima con quel Lo Squalo con cui di fatto aveva messo non solo fine al dominio della New Hollywood, ma anche stravolto completamente il mercato cinematografico. L’estate diventò un momento centrale, così come il pubblico più giovane, che poteva coprire d’oro chi gli donava i giusti film. Non occorre certamente qui specificare come e quanto Jurassic Park ha influenzato intere generazioni di spettatori, così come stravolto il concetto di meraviglia cinematografica, riportando letteralmente in vita gli antichi dominatori della terra. Il punto fondamentale però, è che già dal secondo episodio, Il Mondo Perduto, con cui Steven Spielberg onorò il film omonimo del 1925, nonché l’universo di Godzilla, King Kong partendo ancora da un romanzo di Crichton, la qualità non fosse più esattamente la stessa.

Per carità, il secondo Jurassic Park rimane sicuramente un film di intrattenimento robusto, con sequenze ancora oggi iconiche, ma certo chi all’epoca scrisse più dinosauri e meno idee non aveva particolarmente torto. Persino il terzo episodio aveva più di qualcosa da dire, proprio per la volontà di citare lo stesso Spielberg ed i suoi film più iconici, l’adventure letterario. Poi arrivò nel 2015 la saga sequel di Jurassic World, con Bryce Dallas Howard e Chris Pratt nuove punte di diamante e tutto lasciava presagire ad un grande ciclo, i fan più affezionati sognavano di ritornare ad assaporare le stesse sensazioni che ebbero in quel 1993. Detto fatto, quando uscì il primo film, si rivelò un polpettone mediocre e prevedibile, totalmente privo della capacità di fare qualcosa di più di rendere il tutto, un enorme popcorn liofilizzato senza sapore. I due successivi capitoli della saga andarono di male in peggio, in virtù dell’essere a tutti gli effetti dei film per famiglie inoffensivi, privi di mordente, privi di audacia o anche solo della volontà di comunicare qualcosa di più del mero impatto visivo gargantuesco. Uno degli elementi più fastidiosi è stata l’eccessiva umanizzazione dei dinosauri. I raptor e i T-Rex smettono totalmente di essere animali, diventano a tutti gli effetti sosia dei personaggi Disney.

Jurassic Park

Jurassic Park dopo 30 anni rimane la più grande avventura della nostra vita

Il 9 giugno 1993 Steven Spielberg mostrava al mondo un film capace di rivoluzionare il concetto di fantasia e intrattenimento nel cinema

Le sceneggiature? Puro citazionismo neppure dissimulato, un monumento all’incoerenza, alla malagrazia, sono semplicemente prive di una reale struttura e capacità di andare oltre un mero supporto alle scene ad effetto. L’ultimo episodio, uscito due anni fa, è stato con ogni probabilità il peggior blockbuster del XXI secolo, peggiore persino del peggio che ci ha dato la saga sequel di Star Wars. Un caso che parliamo di sequel anche in questo caso? No. I sequel, i reboot e remake sono la parola d’ordine del cinema di oggi, perché l’industria ha perso la sua capacità di innovare, di scommettere su idee rivoluzionarie, almeno al di là dell’Oceano, dove tutto è nelle mani dei produttori e ai registi, agli autori, sono state tarpate le ali nelle grandi produzioni. La lotta recente degli sceneggiatori per i loro diritti, sta a dimostrare quanto ormai tutto sia ridotto ad un iter produttivo meccanico, dove le intelligenze artificiali sono viste come perfetta risorsa per un’industria, che non vuole capire come la qualità è l’unica risposta che si può dare la pubblico. Steven Spielberg vuole garantire la qualità di questo reboot? Era coinvolto anche nella saga sequel, quindi non è qualcosa che serve molto a rassicurare in termini qualitativi, siamo onesti.

Jurassic World Dominion due anni fa ha incassato tanto, tantissimo, più di un miliardo di dollari in tutto il mondo, di fatto contendendo lo scettro ad un altro colosso sbucato dal passato: il sequel di Avatar 2. Qualcuno a questo punto penserà che evidentemente non fosse un film così brutto, oppure che non è sbagliato, in una logica commerciale, proseguire su questa strada, in fondo si dà al pubblico quello che vuole no? L’aspetto fondamentale però in realtà è un altro: ha uno degli indici di gradimento più bassi, non solo tra la critica (che per le Major non fa testo) ma tra lo stesso pubblico. Di fatto lo si andò a vedere per l’effetto nostalgia del vecchio cast, per la speranza quindi ancora una volta di avere qualcosa all’altezza del primo film. Speranze che furono deluse totalmente. Provate a chiedere agli spettatori se li sborserebbero ancora quei soldi per vedere qualcosa come Jurassic World Dominion. La risposta nella maggior parte dei casi è “assolutamente no”. Il che porta a collegare Jurassic World Dominion, sequel assolutamente mediocre dove si trovò il tempo di inserire locuste e personaggi woke completamente a caso, con un’altra saga che da tempo ha ormai esaurito ogni funzionalità cinematografica: quella di Alien.

Il survival movie è una carta che funziona ma solo la prima volta

I più acidi tra gli amanti degli xenomorfi, dicono sempre che di Alien ce ne sono soltanto due: il primo e il secondo. Soprattutto il terzo ma anche il quarto capitolo lasciarono tutti insoddisfatti, e per anni proseguire la saga sembrò un miraggio. Ridley Scott sia con Prometheus che con Alien Covenant, ha cercato quantomeno di rilanciare, di portare contenuti e idee, ma è stato stritolato dalla sua stessa creatura. Ha fallito? Si. Ma non per colpa sua, non solo almeno. Perché, ed è questo l’aspetto fondamentale da comprendere, Alien e Jurassic Park in realtà sono uguali al di là delle apparenze: sono due survival movie. Abbiamo dei mostri a cui i protagonisti devono sfuggire, con in comune una concezione della paura in senso ancestrale e entità animalesche che ci ricordano la nostra impotenza. Due film del terrore di incredibile fattura, al di là ovviamente della maggior complessità strutturale e tematiche di Alien. Ma proprio la loro natura di survival, li rende alla fin fine alquanto ripetitivi, perché la storia diventa sempre la stessa: trovi i dinosauri/alieni e poi cerchi di scappare o sopravvivere. Quanto puoi variare tutto questo? Poco. Pensate sia un caso che pure Lo Squalo, il monster survival movie per eccellenza, abbia avuto sequel orribili? No. E chissà cosa avremo ora da Alien: Romulus. Fate una cosa, siate pessimisti fidatevi.

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C’è chi pensa sia esistito un tirannosauro mini

Author: Wired

Da decenni i paleontologi discutono della possibilità che non tutti i fossili attribuiti al Tyrannosaurus rex appartengano davvero ai dinosauri che dominarono il Cretacico superiore. Alcune ossa ricondotte alla specie sono infatti più piccole del previsto. E se per alcuni ricercatori questi reperti provengono da tirannosauri adolescenti, altri sostengono che sia arrivato il momento di aggiungere una nuova specie, il Nanotyrannus lancensis.

Gli scienziati non hanno ancora raggiunto un consenso sull’effettiva esistenza del Nanotyrannus lancensis. I principali argomenti a favore della tesi sono che i presunti resti della specie, come i crani e gli artigli, mostrano segni di piena maturazione e che la loro forma è leggermente diversa da quella delle ossa di tirannosauro. Chi invece si oppone alla teoria di un parente più piccolo del T-rex sottolinea che attribuire i resti più piccoli al fantomatico N. lancensis vorrebbe dire che nella storia della paleontologia non sono mai stati trovati fossili di tirannosauri giovani.

Sulle tracce del Nanotyrannus

Ora un recente studio pubblicato sulla rivista Fossil Studies ha riacceso il dibattito sul Nanotyrannus. I paleontologi Nicholas R. Longrich e Evan T. Saitta hanno riesaminato alcuni dei resti più famosi del predatore e la loro ricerca riconosce l’esistenza di N. lancensis.

La principale argomentazione dei ricercatori si basa sugli anelli di accrescimento presenti nelle ossa. Queste strutture microscopiche si formano in alcune parti dello scheletro quando gli organismi completano il loro ciclo vitale. Attraverso la loro analisi, è possibile determinare se i resti scheletrici appartengono a una specie in fase di crescita o già allo stadio adulto. Se gli anelli sono compattati verso l’esterno, l’animale è probabilmente nel fiore degli anni. Secondo i paleontologi, le ossa del dinosauro attribuite in un primo momento a un giovane tirannosauro mostrano segni di maturità.

Sempre analizzando le ossa, Saitta e Longrich sono anche giunti alla conclusione che gli esemplari esaminati sarebbero arrivati a pesare fino a 1.500 chilogrammi e misurato cinque metri in lunghezza, mentre un Tyrannosaurus rex medio poteva raggiungere le otto tonnellate e 10 metri. Continuando la loro crescita, quindi, le creature oggetto dello studio sarebbero arrivate appena al 15% delle dimensioni abituali del predatore.

Ancora più micidiale del T. Rex

Se l’esistenza del Nanotyrannus lancensis sarà confermata, nei libri di scienza comparirà un nuovo dinosauro carnivoro con una corporatura esile e lunghi arti e artigli. Sarebbe un animale completamente diverso, più agile, più veloce e più letale.

Se fossero giovani T. rex, dovrebbero crescere un sacco, mettendo su centinaia di chilogrammi all’anno, ma non è quello che stiamo osservando – ha commentato Longrich –. Il Nanotyrannus non assomiglia affatto a un T. rex”.

Gli autori dello studio sostengono di aver fornito alla comunità scientifica prove sufficienti per porre fine al dibattito sul Nanotyrannus. Le ricerche continueranno però ancora per anni. Nel frattempo, il presunto nuovo dinosauro ha già catturato l’attenzione degli utenti sui social media e dei media di tutto il mondo.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.

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In Cina sono state trovate tre rarissime uova di dinosauro

Author: Wired

In Cina un gruppo di paleontologi cinesi ha identificato tre rarissimi fossili cristallizzati di uova di dinosauro in uno stato di conservazione ottimale.

I reperti erano stati inizialmente trovati nel luglio 2023 all’interno di un nido che conteneva in tutto 31 uova, nell’ambito di una serie di lavori presso la Riserva nazionale per i fossili delle uova di dinosauro del monte Qinglong, a Shiyan City, nella provincia cinese di Hubei. Sul finire dell’anno i paleontologi sono quindi finalmente riusciti a portare alla luce il nido, dove hanno fatto la clamorosa scoperta.

È il primo rinvenimento del suo genere nello Hubei. Per i ricercatori, i campioni cristallizzati hanno un valore scientifico incalcolabile. Le tre uova sono state trovate nella loro posizione originale. È probabile che sia stata un’infiltrazione attraverso i pori del guscio a causare la cristallizzazione del loro interno. Un fenomeno chimico di questo tipo, frutto del caso, richiede migliaia o milioni di anni per completarsi.

Al sito China Daily gli scienziati responsabili della ricerca hanno spiegato che ci sono pochissimi campioni di questo tipo al mondo. Per provare a spiegare le ragioni del processo di cristallizzazione, i paleontologi cinesi si sono basati su alcune osservazioni preliminari.

Dato che i cristalli sono composti da minerali di calcite e che le tre uova erano vicine tra loro, una spiegazione probabile è che i reperti si trovassero vicino a un canale, dove sarebbero stati sommersi e trasformati dal carbonato di calcio del guscio che si è mescolato con l’acqua circostante. Le uova hanno una forma ovoidale appiattita con un asse di 15 centimetri e un altro di 12 centimetri. Lo spessore del guscio variava da 1,31 a 2,4 centimetri.

Esempi di uova cristallizzate sono stati rinvenuti anche in altre parti del mondo, dove a volte vengono esposti nei musei. Gli scienziati di Shiyan affermano che i tre esemplari cinesi aiuteranno la ricerca sul comportamento dei dinosauri, poiché non sono stati rimossi dalla loro posizione originale.

La formazione dei fossili cristallizzati di uova di dinosauro è avvenuta in un paleoambiente unico. Conservano preziose informazioni geochimiche sui periodi di deposizione e schiusa delle uova di dinosauro, nonché informazioni sulle caratteristiche microambientali dei nidi“, ha spiegato Zhao Bi, direttore del centro di ricerca paleontologica sui fossili dell’Istituto di geoscienze di Hubei.

La Riserva nazionale del monte Qinglong ha individuato circa 3.000 esemplari ben conservati provenienti da 220 nidi. Il sito cinese risale a un periodo compreso tra 60 e 80 milioni di anni fa, durante il Cretaceo.

I primi fossili di dinosauri riconosciuti scientificamente sono stati scoperti in Mongolia nel 1923. All’inizio si pensava che fossero tracce di uova di uccelli giganti. Con il progredire delle ricerche, altri depositi importanti di reperti simili sono stati individuati anche in Argentina, Stati Uniti e Francia.

L’articolo è comparso originariamente su Wired en español.

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Cosa ci racconta l’analisi dell’ultimo pasto di un piccolo tirannosauro

Author: Wired

I dinosauri carnivori assecondavano la propria natura di predatori sì, ma ogni cosa a suo tempo, con piccole prede da piccoli e poi via via alzando il tiro. Così pare avvenisse per Gorgosaurus libratus, un tirannosauride parente del più famoso T.rex, come mostrato oggi d un team di ricercatori sulle pagine di Science Advances, analizzando i resti dell’ultimo pasto del dinosauro. L’occasione, spiegano, per far luce sul comportamento di questa specie durante la crescita.

Tutto quello che sappiamo sui dinosauri lo deduciamo dai resti rinvenuti che, anche grazie alle tecnologie e allo analogie con rettili moderni, ci permettono di avere un’idea di come apparissero e su come si comportassero. Non sono ritratti statici, abbiamo imparato, ma soggetti a rivalutazioni, man mano che si accumulano nuovi reperti, nuove evidenze e tecnologie per studiarli. Il caso di oggi non fa eccezione: le deduzioni sulle abitudini dei giovani G.libratus arrivano dalle analisi condotte sui resti di un giovane esemplare rinvenuto presso la Dinosaur Park Formation, contenente all’interno del suo stomaco altri due piccoli dinosauri, e risalente a circa 75 milioni di anni fa. Un pasto che ci aiuta a delineare – per ora – su quelle che potevano essere le abitudini alimentari lungo il corso della vita di questi tirannosauridi secondo le ricostruzioni degli autori.

Il primo risultato che scopriamo, leggendo il paper, è che si tratta di un ritrovamento eccezionale: il primo pasto rinvenuto ancora nello stomaco per un tirannosauro, ci dice il team di François Therrien del Royal Tyrrell Museum. Un pasto formato da due piccoli dinosauri a sua volta (due Citipes elegans nel dettaglio). Tutti, prede e predatori, erano piccoli, per età e per stazza: dai 5 ai 7 anni per il G.libratus per circa 335 kg di peso, circa un anno per i due C.elegans, intorno alla decina di kg come peso.

Predatore e preda

Predatore e preda (Foto: Julius Csotonyi Copyrights Royal Tyrrell Museum of Palaeontology)

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Cosa ha sterminato davvero i dinosauri?

Author: Wired

Poi è arrivato l’asteroide. La palla di fuoco e l’onda d’urto hanno spazzato via all’istante gli organismi nei paraggi. Come se non bastasse, l’asteroide si è abbattuto su una zona della Terra ricca di zolfo. A differenza del vulcanismo più graduale dei precedenti 300mila anni, l’impatto ha immediatamente sparato tutto quello zolfo nell’atmosfera, insieme a piccoli pezzi di roccia e vetro. Si creò una nebbia che avvolse la Terra, oscurando il sole.

Il caos climatico si è trasformato in anarchia. “I trappi del Deccan sono ancora in eruzione dopo quell’evento”, afferma la geocronologa dell’Università di Yale Jennifer Kasbohm, che studia l’influenza dei vulcani sui cambiamenti climatici ma non ha partecipato al nuovo lavoro.

L’impatto dell’asteroide ha rilasciato così tanta energia che potrebbe aver innescato una maggiore attività vulcanica nei Trappi del Deccan. L’urto potrebbe aver smosso l’impianto idraulico dei vulcani, spingendo il magma in superficie. “Ci sarebbe stata un’enorme propagazione di energia in tutto il mondo”, dice Renne.

Un dibattito più sfaccettato

Tuttavia, non tutti nella comunità scientifica sono convinti della teoria sul vulcanismo. “Ci sono persone che hanno discusso – e continuano a farlo – molto, molto ferocemente su questo argomento”, dice Peter Roopnarine, curatore di geologia presso la California Academy of Sciences, che non è stato coinvolto nella ricerca. “Direi che l’asteroide ha sicuramente giocato un ruolo importante, se non il principale. In realtà, la domanda è: fino a che punto anche il vulcanismo ha inciso?. Ci sono ancora molti punti incerti, aggiunge Roopnarine, come per esempio la tempistica del rilascio di gas vulcanico nel corso di quelle centinaia di migliaia di anni.

Un asteroide, inoltre, provoca un tipo di trauma climatico decisamente diverso rispetto a una lenta fuga di gas. “Secondo molti di noi, il principale meccanismo mortale, se così si può dire, dell’impatto sarebbe stata l’oscurità, non il raffreddamento“, afferma Roopnarine. “Il materiale iniettato nell’atmosfera sarebbe stato tale da oscurare il sole per circa dieci anni.

Tutto ciò ha aggiunto diverse sfumature al dibattito tra asteroidi e vulcani. Questa nuova modellazione cerca di mettere da parte i pregiudizi umani e di lasciare che siano le macchine a fare i conti. Ad oggi sembra che entrambi i disastri naturali hanno avuto un ruolo nella scomparsa dei dinosauri. “Vent’anni fa, la gente si fermava al “Beh, è stato un asteroide o è stato il vulcanismo?”. E questo era il limite dell’argomentazione. Ora la gente si preoccupa molto di più delle sfumature”, commenta Renne.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.