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A Wow Spazio Fumetto la mostra su Lady Oscar

Author: Wired

Quest’anno, il 20 ottobre, Lady Oscar, uno dei cartoni animati giapponesi più importanti di sempre, una pietra miliare della cultura popolare nostrana, compie 45 anni. Un evento che verrà celebrato in più modi, a partire dall’uscita dell’edizione in Blu-ray (la prima parte è disponibile per l’acquisto dal 29 maggio grazie a Eagle Pictures) dell’anime con il superbo character design firmato da Shingō Araki e Michi Himeno.Di recente, il cartone è anche sbarcato su Prime Video. Tratta dal manga shojo della divina mangaka Riyoko Ikeda, la vita della Rosa di Versailles Oscar François de Jarjayes, fanciulla nobile cresciuta dal padre come un soldato e diventata comandante della guardia reale negli anni che precedono la Rivoluzione francese verrà anche celebrata da una mostra. Dal 25 maggio al 15 settembre (chiusura estiva dal 29 luglio al 30 agosto) si tiene presso WOW Spazio Fumetto l’esposizione a cura di Yamato Video, Enrico Ercole, Angelo Capozzi e Luca Bertuzzi, con la partecipazione del Lady Oscar Italian Fan, Ci sarà ancheun evento speciale domenica 26 maggio, a partire dalle 15:30: un’“imperdibile giornata a Corte!

Lady Oscar a Milano la mostra per i 45 anni dell'anime

Un’ampia selezione di rodovetri originali, gadget, edizioni rare, memorabilia, pannelli illustrativi, cel originali, bambole, riproduzioni di abiti storici e cosplay, e approfondimenti storici su Madamigella Oscar arricchisce la mostra celebrativa che ripercorre tappa per tappa la storia di Oscar, André, Maria Antonietta, Fersen e tutti gli altri indimenticabili e sfortunati personaggi del cult della Ikeda. Uno spazio sarà dedicato anche a Francesca Scanagatta, la Lady Oscar milanese nata nel 1776 che fece carriera nell’esercito austriaco fingendosi un ragazzo di nome Francesco. Sarà inoltre utilizzabile la webapp del museo per ampliare l’informazione a corredo della mostra, in collaborazione con Fabio Castagna (GlobalMedia): si attiva solo temporaneamente su smartphone o tablet personale, senza costi, e funziona geolocalizzata all’interno del museo. Tra gli ospiti della giornata speciale del 26 maggio esperti, figuranti in costume storico, cosplay e la madrina d’eccezione Clara Serina, indimenticata voce dei Cavalieri del Re che cantò l’iconica sigla.

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Sei un vero fan di Mean Girls? Dimostralo con il nostro quiz

Author: Wired

Nel lontano 2004 ha fatto il suo debutto nelle sale un film che sarebbe diventato un’icona della cultura pop, una Bibbia per le ragazze dell’epoca (e non solo) alla ricerca di una guida dettagliata su come sopravvivere agli anni dell’adolescenza. Sì, stiamo ovviamente parlando di Mean Girls, il cult diretto da Mark Waters che quest’anno compie 20 anni (l’anteprima, al Cinerama Dome di Los Angeles, fu proprio il 19 aprile). Con un cast stellare, largamente considerato uno dei più azzeccati nella storia dei teen movie, e una comicità sottile e intelligente – adattata magistralmente da Tina Fey dal libro Queen Bees and Wannabes di Rosalind Wiseman – il film ha segnato un’epoca. A impreziosire la trama, una colonna sonora in cui spicca la hit dei Blondie One Way or Another, che ha contribuito a consolidarne lo status culturale.

Al centro della trama c’è la protagonista, Cady Heron, interpretata da Lindsay Lohan, una sedicenne che non ha mai sperimentato la “giungla” sociale di una scuola americana (pur avendo vissuto diversi anni tra gli animali al seguito dei genitori zoologi). Al suo ritorno a Evanston, Cady si trova a districarsi tra le complesse dinamiche sociali del liceo. L’amicizia con Janis Ian e Damian Leigh diventa una bussola essenziale per comprendere la gerarchia sociale adolescenziale, dominata dalle crisi ormonali e di identità. Al vertice di questa piramide regna la temibile Regina George, una sorta di Barbie moderna che incarna il potere e l’influenza all’interno del microcosmo scolastico.

Mean Girls non è solo un film, ma un fenomeno culturale che ha colto l’essenza di un’epoca, diventando un punto di riferimento per intere generazioni. Con il suo umorismo tagliente e le sue osservazioni acute sulla vita adolescenziale, continua a essere un classico intramontabile. Siete sicuri di ricordarlo a menadito? Dimostratelo con il nostro quiz definitivo sul cult del 2004: affilate le matite rosa e preparatevi a dimostrare di essere veri esperti di Mean Girls!

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Quarto potere e quella realtà filtrata dai media

Author: Wired

Grazie anche alle intuizioni di Welles, Gregg Toland, considerato uno dei primi grandi direttori della fotografia, introdusse in Quarto Potere una grande profondità di campo che permise al regista di mettere a punto uno stile tanto compositivo, quanto narrativo facendo un uso del montaggio per l’epoca innovativo. Qualcosa che rende, ancora oggi, il linguaggio di Quarto potere tecnicamente ineccepibile. Altro aspetto quello della colonna sonora, composta tra l’altro da un genio come Bernard Herrmann, che non solo enfatizza l’immagine ma vive anche di luce propria. Un’attenzione maniacale quella nei confronti del sonoro che, senza alcun dubbio, Welles aveva sviluppato a seguito della sua esperienza in radio.

Qual è la realtà più reale?

Se quindi Orson Welles riempie gli occhi dello spettatore di suggestioni visive e sonore, di riflessioni attualissime sull’ambizione e sul potere, oltre che sulla parabola di trionfo e di caduta di un uomo c’è un aspetto di Quarto potere che, soprattutto oggi, parla di noi. Se infatti, come abbiamo detto, il film è un racconto a ritroso, un tentativo di catturare l’essenza di un uomo che – fino alla fine resterà un mistero, a distanza di ottantatré anni Welles ci invita a riflettere su quanto lo storytelling delle nostre vite sia viziato in un’epoca, la nostra, in cui i media sono molto più presenti rispetto al 1941.

Qual è la realtà più reale: quella che ci viene mostrata, che decidiamo di mostrare e che quindi va a rappresentare l’altro e noi stessi oppure quella che rimane celata agli occhi del mondo? Chi siamo davvero: chi diciamo di essere al mondo oppure quello che raccontiamo a noi stessi? Probabilmente l’essenza più profonda di ogni individuo è destinata a rimanere un puzzle – come quello che tenta di comporre la moglie di Kane, un enigma irrisolvibile agli occhi del mondo e in parte, anche a noi stessi.

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5 home video da collezione usciti a febbraio

Author: Wired

Classici degli anni ‘80 e ‘90 per la prima volta in edizione blu-ray, horror, tanto horror che arriva in ricche edizioni da collezione inclusive di gadget e l’immancabile blockbuster sono tra le uscite di spicco del mese di febbraio per quando riguarda l’home video. Tra dvd, Blu-ray, 4k Uhd raccolti in steelbook e cofanetti dal packaging accattivante, i film per la fruizione casalinga destinati a occupare le librerie dei collezionisti si presentano sempre più in forme sontuose ed esclusive, per ricordare al pubblico che lo streaming è un’opzione veloce e fantastica ma possedere la copia fisica delle nostre pellicole preferite per averle sempre a disposizione, specialmente se accompagnate da contenuti extra, è ancora più bello.

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Perché l’idea di un nuovo Jurassic Park ci fa paura

Author: Wired

Jurassic Park avrà un reboot. Per quanto ancora priva di dettagli, questa notizia ci conferma quanto l’industria cinematografica americana sia sostanzialmente alla canna del gas, visto che non riesce a fare altro che sfruttare vecchi filoni all’infinito, quasi avesse il terrore di rischiare o fosse troppo pigra per farlo. La volontà di proseguire a dispetto dei terrificanti risultati qualitativi ottenuti con la saga sequel del film di Steven Spielberg è un chiaro messaggio: la creatività non abita più qui, esiste solo il puro marketing, neppure particolarmente brillante, è già in molti si chiedono se e quanto questa nuova operazione potrà avere successo.

Una mossa che conferma la crisi creativa di Hollywood

Tutti ci ricordiamo dove eravamo quando uscì il primo Jurassic Park, o perlomeno ci ricordiamo le sensazioni che abbiamo avuto la prima volta che l’abbiamo visto. In quel 1993, Steven Spielberg, traendo spunto da un del rimpianto Michael Crichton, cambiò completamente il concetto di intrattenimento. Lo aveva già fatto tanti anni prima con quel Lo Squalo con cui di fatto aveva messo non solo fine al dominio della New Hollywood, ma anche stravolto completamente il mercato cinematografico. L’estate diventò un momento centrale, così come il pubblico più giovane, che poteva coprire d’oro chi gli donava i giusti film. Non occorre certamente qui specificare come e quanto Jurassic Park ha influenzato intere generazioni di spettatori, così come stravolto il concetto di meraviglia cinematografica, riportando letteralmente in vita gli antichi dominatori della terra. Il punto fondamentale però, è che già dal secondo episodio, Il Mondo Perduto, con cui Steven Spielberg onorò il film omonimo del 1925, nonché l’universo di Godzilla, King Kong partendo ancora da un romanzo di Crichton, la qualità non fosse più esattamente la stessa.

Per carità, il secondo Jurassic Park rimane sicuramente un film di intrattenimento robusto, con sequenze ancora oggi iconiche, ma certo chi all’epoca scrisse più dinosauri e meno idee non aveva particolarmente torto. Persino il terzo episodio aveva più di qualcosa da dire, proprio per la volontà di citare lo stesso Spielberg ed i suoi film più iconici, l’adventure letterario. Poi arrivò nel 2015 la saga sequel di Jurassic World, con Bryce Dallas Howard e Chris Pratt nuove punte di diamante e tutto lasciava presagire ad un grande ciclo, i fan più affezionati sognavano di ritornare ad assaporare le stesse sensazioni che ebbero in quel 1993. Detto fatto, quando uscì il primo film, si rivelò un polpettone mediocre e prevedibile, totalmente privo della capacità di fare qualcosa di più di rendere il tutto, un enorme popcorn liofilizzato senza sapore. I due successivi capitoli della saga andarono di male in peggio, in virtù dell’essere a tutti gli effetti dei film per famiglie inoffensivi, privi di mordente, privi di audacia o anche solo della volontà di comunicare qualcosa di più del mero impatto visivo gargantuesco. Uno degli elementi più fastidiosi è stata l’eccessiva umanizzazione dei dinosauri. I raptor e i T-Rex smettono totalmente di essere animali, diventano a tutti gli effetti sosia dei personaggi Disney.

Jurassic Park

Jurassic Park dopo 30 anni rimane la più grande avventura della nostra vita

Il 9 giugno 1993 Steven Spielberg mostrava al mondo un film capace di rivoluzionare il concetto di fantasia e intrattenimento nel cinema

Le sceneggiature? Puro citazionismo neppure dissimulato, un monumento all’incoerenza, alla malagrazia, sono semplicemente prive di una reale struttura e capacità di andare oltre un mero supporto alle scene ad effetto. L’ultimo episodio, uscito due anni fa, è stato con ogni probabilità il peggior blockbuster del XXI secolo, peggiore persino del peggio che ci ha dato la saga sequel di Star Wars. Un caso che parliamo di sequel anche in questo caso? No. I sequel, i reboot e remake sono la parola d’ordine del cinema di oggi, perché l’industria ha perso la sua capacità di innovare, di scommettere su idee rivoluzionarie, almeno al di là dell’Oceano, dove tutto è nelle mani dei produttori e ai registi, agli autori, sono state tarpate le ali nelle grandi produzioni. La lotta recente degli sceneggiatori per i loro diritti, sta a dimostrare quanto ormai tutto sia ridotto ad un iter produttivo meccanico, dove le intelligenze artificiali sono viste come perfetta risorsa per un’industria, che non vuole capire come la qualità è l’unica risposta che si può dare la pubblico. Steven Spielberg vuole garantire la qualità di questo reboot? Era coinvolto anche nella saga sequel, quindi non è qualcosa che serve molto a rassicurare in termini qualitativi, siamo onesti.

Jurassic World Dominion due anni fa ha incassato tanto, tantissimo, più di un miliardo di dollari in tutto il mondo, di fatto contendendo lo scettro ad un altro colosso sbucato dal passato: il sequel di Avatar 2. Qualcuno a questo punto penserà che evidentemente non fosse un film così brutto, oppure che non è sbagliato, in una logica commerciale, proseguire su questa strada, in fondo si dà al pubblico quello che vuole no? L’aspetto fondamentale però in realtà è un altro: ha uno degli indici di gradimento più bassi, non solo tra la critica (che per le Major non fa testo) ma tra lo stesso pubblico. Di fatto lo si andò a vedere per l’effetto nostalgia del vecchio cast, per la speranza quindi ancora una volta di avere qualcosa all’altezza del primo film. Speranze che furono deluse totalmente. Provate a chiedere agli spettatori se li sborserebbero ancora quei soldi per vedere qualcosa come Jurassic World Dominion. La risposta nella maggior parte dei casi è “assolutamente no”. Il che porta a collegare Jurassic World Dominion, sequel assolutamente mediocre dove si trovò il tempo di inserire locuste e personaggi woke completamente a caso, con un’altra saga che da tempo ha ormai esaurito ogni funzionalità cinematografica: quella di Alien.

Il survival movie è una carta che funziona ma solo la prima volta

I più acidi tra gli amanti degli xenomorfi, dicono sempre che di Alien ce ne sono soltanto due: il primo e il secondo. Soprattutto il terzo ma anche il quarto capitolo lasciarono tutti insoddisfatti, e per anni proseguire la saga sembrò un miraggio. Ridley Scott sia con Prometheus che con Alien Covenant, ha cercato quantomeno di rilanciare, di portare contenuti e idee, ma è stato stritolato dalla sua stessa creatura. Ha fallito? Si. Ma non per colpa sua, non solo almeno. Perché, ed è questo l’aspetto fondamentale da comprendere, Alien e Jurassic Park in realtà sono uguali al di là delle apparenze: sono due survival movie. Abbiamo dei mostri a cui i protagonisti devono sfuggire, con in comune una concezione della paura in senso ancestrale e entità animalesche che ci ricordano la nostra impotenza. Due film del terrore di incredibile fattura, al di là ovviamente della maggior complessità strutturale e tematiche di Alien. Ma proprio la loro natura di survival, li rende alla fin fine alquanto ripetitivi, perché la storia diventa sempre la stessa: trovi i dinosauri/alieni e poi cerchi di scappare o sopravvivere. Quanto puoi variare tutto questo? Poco. Pensate sia un caso che pure Lo Squalo, il monster survival movie per eccellenza, abbia avuto sequel orribili? No. E chissà cosa avremo ora da Alien: Romulus. Fate una cosa, siate pessimisti fidatevi.