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10 oggetti iconici dei film horror

Author: Wired

Tra i giocattoli da tener lontani dalla portata di bambini e adulti Chucky, ovvero la bambola assassina, ha un ruolo di primo piano. Oggetto di culto per i fan dell’horror, questo minaccioso pupazzo nasconde l’anima di un serial killer, pronto a reincarnarsi nel corpo del malcapitato di turno. Tra le riproduzioni in vendita c’è anche la versione parlante.


La scatola del dybbuk  (The Possession)

Una vecchia scatola comprata in una garage sale segna l’inizio di un incubo per i suoi nuovi proprietari. Nella scatola, fonte di voci e visioni, infatti vive una donna invisibile, uno spirito maligno o dybbuk, che esce di continuo dal suo scrigno di legno per cercare l’ospite adatto ad accogliere la sua anima.


Le trappole (Saw)

Tutta la saga di Saw è disseminata di trappole infernali, che costringono le prede a dover fare scelte dolorisissime. Infatti per liberarsi dai complessi marchingegni elaborati da Jigsaw devono avere un coraggio sovrumano e affrontare terribili supplizi.

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Fast X è fanfiction in purezza

Author: Wired

Fast X è appena sbarcato nelle sale italiane e secondo le previsioni incasserà almeno trecento milioni di dollari al botteghino. Tuttavia, la saga cinematografica non è nata per diventare un fenomeno mondiale. La produzione del primo capitolo, Fast & Furious, risale al giugno 2001 e ai tempi fruttò solo quaranta milioni di dollari nel weekend di apertura. Con il tempo i sequel si sono però guadagnati un bacino di pubblico cospicuo e fedele. Il successo è dovuto al fatto che i registi, – tra questi Justin Lin, F. Gary Gray, John Singleton e James Wan – sono stati tanto in gamba da capire cosa fosse realmente la saga: una fanfiction per devoti dei film d’azione. Questo non vuol dire che le sceneggiature di Fast & Furious non abbiano dei pregi. Nel corso degli anni la produzione si è affidata a decine di sceneggiatori qualificati, ognuno dei quali si è basato sui personaggi creati da Gary Scott Thompson nel primo film. Piuttosto, la dimensione fanfiction si concretizza nel modo in cui che la saga sia riuscita ad arruolare attori celebri per ruoli da action hero.

Charlize Theron, reduce da osannate pellicole d’azione come Mad Max: Fury Road e Atomic Blonde, appare nei panni di una cyber-terrorista. Jason Statham, superstar britannica di picchia-duro, si aggira in Fast & Furious 6 con l’aria di essersi perso mentre si dirigeva sul set del prossimo capitolo di Transporter, per interpretare un agente dell’MI6 diventato mercenario. Dwayne “The Rock” Johnson, per il quale non servono introduzioni, si manifesta con la sua figura imponente dal quinto capitolo in avanti per impersonare un agente governativo. Statham e Johnson vantano poi un film tutto loro: Fast & Furious Presents: Hobbs & Shaw. In Fast X, il Jason Moamoa di Aquaman si riunisce con la ex collega diGame of Thrones Nathalie Emmanuel interpretando Dante Reyes, il figlio di un politico/affarista/signore della droga che la banda di Dom aveva ucciso circa quattro film prima. Ci sono poi Kurt Russell, la già citata Brie Larson e il figlio di Clint Eastwood, Scott.

Come scrisse un paio di anni fa Adam Rogers in un articolo sui crossover tra i fumetti e i loro adattamenti per il cinema per Wired US: “Gli spettatori adorano quando i loro personaggi preferiti si incontrano: è come quando si fanno baciare tra di loro delle bambole”. I film della saga non sono crossover nel senso tradizionale del termine, ma lo sono in termini di fanfiction. La differenza risiede nel fatto che anziché essere dei tentativi amatoriali, queste storie sono realizzate da sceneggiatori che hanno il numero di telefono dell’agente di Charlize Theron.

Il mondo dei fandom però sta cambiando. Le fanfiction esisteranno sempre, così come i forum su internet dedicati a film serie, fumetti, videogiochi e squadre sportive. Tuttavia, oggi, mentre il Marvel Cinematic Universe produce film con il pilota automatico, il franchise cinematografico della Dc ha intrapreso una nuova direzione sotto la guida del regista James Gunn e del produttore Peter Safran. Anche Star Wars sta modificando la propria rotta, e i fandom legati al cinema sono in fermento. Il pubblico sta iniziando a tornare nelle sale dopo la battuta d’arresto provocata dal Covid-19 e i prossimi incassi al botteghino saranno un indicatore fondamentale su ciò che gli spettatori desiderano.

In questo senso, Fast X potrebbe essere dare degli spunti interessanti. Se il film proseguirà nel solco del successo che ha riscosso fin qui, sarà la prova che i franchise possono costruirsi da soli un pubblico fedele piuttosto che affidarsi ai fan di qualche progetto esistente, che si riversano nei cinema per verificare come il loro fumetto/manga/videogioco preferito sia stato adattato per il grande schermo. Gli accoliti di Fast & Furious accorrono in saga a ogni nuovo capitolo della saga per scoprire quale star hollywoodiana si è unita alla squadra, ma vengono soprattutto per Dom e la vecchia banda. Anche questa settimana, mentre gli esperti del settore prevedono un grande weekend di apertura, le possibilità che i seguaci di lunga data amino l’ultimo (presumibilmente penultimo) film sono discrete. Sono una famiglia, e non si voltano le spalle alla famiglia.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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Metallica: la nostra recensione di 72 Seasons

Author: Wired

I Metallica nel 2023 non cambieranno le sorti della musica, né tantomeno rivoluzioneranno un suono granitico come è quello del metal, o meglio del thrash metal – una declinazione più veloce, con influenze che arrivano dall’hardcore punk. Quello che doveva succedere da parte loro è già stato fatto e ribaltato a dovere. Però è interessante capire come una band del genere, oggi, con il nuovo album 72 Seasons si posizioni nell’attualità. Di certo ora è un momento decisamente più tranquillo, per loro.

Guardando indietro

Sono passati 20 anni da St. Anger: aprile 2003. Per chi ama la band americana, ma anche semplicemente la musica metal, quello è stato uno dei dischi più divisivi e allo stesso tempo un esperimento molto poco riuscito, secondo solo al disco collaborativo con il compianto Lou Reed, Lulu (2011), classificato all’incirca come una barzelletta o giù di lì. Poi ci sono ovviamente le rivalutazioni a distanza di anni, insomma, succede un po’ ovunque ma le tante critiche mosse a St. Anger, all’epoca, erano legate in primis a una serie di cambiamenti davvero spiazzanti. Tra i tanti c’erano gli assoli di Kirk Hammett ridotti al minimo sindacale, qualche inflessione verso il genere nu-metal che all’epoca funzionava molto e il suono della batteria di Lars Ulrich più simile a un set di pentole o, per i più esperti, semplicemente un rullante con la cordiera staccata che dà quel tipico suono di un tamburo metallico. Peraltro fu un caso questa scelta, come racconta il batterista Lars: “Sono ancora assolutamente convinto di quella scelta. In quel momento era la soluzione migliore. […] La questione del rullante è stata molto impulsiva da parte mia. James stava suonando un riff nella control room e io ho pensato ‘Devo suonare qualcosa su quel riff’. Quindi sono entrato nella sala di registrazione e ho improvvisato, dimenticandomi di agganciare la cordiera del rullante”. A tutto questo aggiungiamoci la produzione di Bob Rock che creò davvero una mezza rivoluzione nei fan con una raccolta firme per non averlo nel prossimo disco; cosa che di fatti avvenne scegliendo Rick Rubin per Death Magnetic. Bob Rock è stato d’altra parte colui che col Black Album dei Metallica ne ha in qualche modo cambiato le sorti a livello di popolarità e di alleggerimento di suono, insomma croce e delizia del gruppo.

E pensando al presente

È passato quel periodo, sono sopravvissuti al “cattivo” Napster sempre odiato e combattuto, si sono adeguati allo streaming, si sono riadattati a quello che succede nel mondo e nel frattempo hanno pubblicato altri dischi più o meno innocui. Ed ecco che arriva 72 Seasons, lungo ben 77 minuti e 10 secondi, diciannove secondi in meno di Hardwired… to Self-Destruct. Giusto fino all’omonimo Metallica (o The Black Album) si sta sotto i settanta minuti, per non parlare dei primi due album (Kill ‘Em All con 51 minuti e Ride the Lightning con 47 minuti). L’apertura è una scelta un po’ banale: la title track porta al loro suono più trash metal ben sostenuto a dir la verità, con riff sensati, gli assoli dove ce li aspetteremmo e la voce di James Hetfield molto presente e definita che ci catapulta nella marzialità di Shadows Follows. A questo punto siamo già a un quarto d’ora dopo le prime due tracce e chi doveva mollare ha mollato. La ridondanza e l’eccessiva lunghezza sono le parti penalizzante ovviamente. Negli anni, il dono della sintesi dei Metallica, per quanto non fosse la loro peculiarità, lo hanno totalmente dimenticato. In questo 72 Seasons – il cui titolo rappresenterebbe i primi 18 anni di una persona – non tutto è sparato alla massima velocità: Screaming Suicide riprende le influenze più heavy mentre Sleepwalk My Life Away rallenta e diventa uno dei non pochi mid-tempo nel disco.

Sarebbe stato bello ritrovarsi un disco da 50 minuti asciutto e sparato al massimo di quello che possono fare oggi, ma non è così. Si conservano i buoni episodi come Lux Æterna di quei  3 minuti e 21 quasi perfetti con Lars Ulrich decisamente più in forma del solito; per riprendere “entusiasmo”, però, si arriva alla decima traccia tra l’epica e l’heavy metal più old school di Too Far To Gone e per una cavalcata di Room Of Mirrors prima della chiusura da undici minuti psicotici di Inamorata che non risolleva le sorti di un disco che non fa danni, non sconvolge le attese e non cambia il futuro del metal moderno. Certo, se state ancora innalzando al cielo la vostra copia di Kill’ Em All o Master Of Puppets non troverete qui la soluzione o lo stesso compiacimento, ma nessuno con un po’ di senno pensava questo. Vero?

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Città immaginarie: le 20 più straordinarie tra cinema e serie Tv

Author: Wired

L’urbanistica cinematografica è una disciplina in continua evoluzione che suscita sentimenti contrastanti. Le città immaginarie del grande schermo – ma anche quelle di alcune serie televisive- non contemplano le mezze misure: o sono luoghi idilliaci che raccontano utopie possibili o sono luoghi ostili e oscuri, da cui si vorrebbe scappare.

L’esempio più citato è sicuramente Metropolis, capolavoro di profezie architettoniche futuribili, rimasto per certi versi insuperato. Ma nel corso degli anni molti altri luoghi hanno tentato di strapparle lo scettro di regina delle città immaginarie, da quelle più spettacolari e grandiose, come Birnin Zana o Capitol City, a quelle più intime, come Twin Peaks, a quelle più distopiche, come Gothan City, Mega-City One, e la Dark City del film omonimo

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Fenomeni paranormali: 15 sceneggiati storici e serie tv sul mistero

Author: Wired

I fenomeni paranormali sono un tema molto ambito dalla televisione. Soprattutto negli anni ‘70 c’è stato un enorme interesse per tutto ciò che riguarda fatti che non possono essere spiegati con la ragione, e sceneggiati e originali televisivi si sono popolati di medium, veggenti, paragnosti. Da allora un alone di mistero ha avvolto molte produzioni tv, intrigando il pubblico con personaggi in grado di predire eventi del futuro e di risolvere enigmi del passato. E tra sedute spiritiche, spettri e biopic si sono affermate opere sui fenomeni paranormali che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del piccolo schermo e hanno tracciato un percorso per un filone ancora molto prolifico.