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Sempre più Etf in criptovalute: arriva Ethereum

Author: Wired

Con l’approvazione degli Etf dedicati un grande passo in avanti è stato compiuto nel mondo delle criptovalute. E a bitcoin si è aggiunto Ethereum. La Securities exchange commission (Sec), l’autorità statunitense che sorveglia i mercati finanziari, ha autorizzato l’emissione di Etf su Ether negli Stati Uniti. In particolare, quelli che apparivano più vicini per essere approvati erano proposti da VanEck, ma alla fine il nulla osta ha riguardato tutti gli emittenti che hanno fatto richiesta. Una soluzione questa che, fino a qualche giorno fa in pochi ci avrebbero scommesso, ma tutto è cambiato a inizio settimana, quando la Commissione ha chiesto di integrare la richiesta con della nuova documentazione, facendo così trasparire la volontà di concludere l’esame.

Che cos’è Etf?

Gli eft sono degli strumenti finanziari derivati, che rendono semplice e accessibile l’esposizione a un asset (ogni bene materiale o immateriale suscettibile di valutazione economica) sottostante senza possederlo direttamente. Questo rappresenta un aspetto cruciale per i crypto-asset, perché consente agli investitori istituzionali di esporsi a criptovalute come Ether attraverso strumenti finanziari tradizionali, eliminando così il problema della custodia. Inoltre, la possibilità di accedere a questi Etf aumenta di molto la possibilità di scambiarli e anche di poterne avere liquidità.

Il precedente di bitcoin

Dall’analisi realizzata da Valeria Portale e Giacomo Vella, direttori dell’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano, si evidenzia come il percorso fatto dagli Etf su Ethereum ricalca molto a quanto è avvenuto a gennaio 2024 con l’approvazione su Bitcoin. Infatti, l’Etf ha approfittato del cambiamento di posizione da parte della Sec, che adesso si mantiene su una linea molto più aperta rispetto al passato e ne ha avanzato la richiesta. Un fattore determinante che ha facilitato l’approvazione è stata la decisione di tutti gli asset manager che avevano avanzato la domanda di escludere l’attività di staking – processo attraverso il quale i possessori di Ether possono partecipare al processo di validazione delle transazioni e alla sicurezza della rete, depositandone una certa quantità come garanzia per ottenere ricompense – per gli Ether dei rispettivi fondi.

Questo ha finito per avvantaggiare la VanEck, prima a presentare la domanda per offrire il proprio Etf agli investitori, insieme ad altre aziende si sono mosse nella stessa direzione, come ARK 21Shares, Hashdex, Invesco Galaxy, BlackRock, Fidelity, Grayscale, Franklin e Bitwise. Quindi a parte l’effetto sorpresa che si è scatenato, portando all’aumento in poche ore del prezzo, la notizia importante è che Ether venga considerata se non proprio alla pari di bitcoin, comunque una valida alternativa.

Verso un riconoscimento

L’approvazione degli Etf su Ethereum rappresenta un ulteriore traguardo nel percorso di istituzionalizzazione delle criptovalute, anche se non sono degli investimenti tout court. A differenza di Bitcoin, Ethereum è infatti un ecosistema che non include solo attori interessati alla criptovaluta come investimento finanziario, ma anche aziende e startup che sviluppano smart contract e applicazioni decentralizzate basate su token e criptovalute. La prossima grande conquista per il settore sarà l’adozione del regolamento Mica in Europa, perché fornirà una base normativa comune per tutti e 27 i paesi dell’Unione e lo renderà un mercato di assoluta importanza per i crypto-asset e il web3.

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5 criptovalute da monitorare dopo l’halving del bitcoin

Author: Wired

Lo scorso 20 aprile è partito il quarto halving della storia del bitcoin. Il termine, che in inglese significa “dimezzamento“, si riferisce alle emissionidella criptovaluta. Di fatto, la ricompensa ottenuta dai miner per la estrazione di ogni blocco di transazioni sulla blockchain è stata da allora dimezzata da 6,25 a 3,125 bitcoin, determinando così una diminuzione dell’estrazione giornaliera da 900 a 450.

Come sottolinea Quartz, tale fenomeno è utile a controllare l’inflazione. In attesa di scoprire quali saranno gli effetti sul valore del bitcoin, che pure ha visto il suo valore salire di quasi 3.000 dollari tra la vigilia dell’halving e le quarantotto ore successive, la testata economica online ha segnalato altre cinque criptovalute da tenere d’occhio dopo il dimezzamento stesso.

  1. Bitcoin Cash
  2. Ether
  3. Solana
  4. Litecoin
  5. Dogecoin

Bitcoin cash

Nel 2017, alcuni anni dopo la nascita di bitcoin, i miner e gli sviluppatori della criptovaluta iniziarono a preoccuparsi per il suo futuro e in relazione alla sua capacità di crescere in maniera efficace. La moneta digitale fu dunque sottoposta a un hard fork, il fenomeno che si verifica quando la comunità apporta importanti modifiche alla rete blockchain, cambiando le regole.

Da tale processo nacque il bitcoin cash, che presentava velocità di transizione più elevate. Poiché la storia delle due criptovalute è collegata, il prezzo di quella nata sette anni fa fluttua spesso con quello della principale. Anche in occasione dell’halving del 20 aprile, il bitcoin cash è finito sotto la lente degli investitori. Il 18 aprile il suo valore era pari a 485 dollari, il 265% in più rispetto a dodici mesi fa.

Ether

Per alcuni addetti ai lavori, se il bitcoin è l’oro, l’ether è l’argento. Creato dalla rete blockchain Ethereum, esso è infatti la seconda maggior criptovaluta al mondo per capitalizzazione di mercato e rappresenta un importante indicatore per la salute complessiva del mercato delle criptovalute.

Prima dell’halving di bitcoin, ether veniva scambiato a circa 3.000 dollari, un valore superiore del 46% rispetto allo stesso periodo del 2023.

Solana

Come la rete blockchain di ether, quella di Solana ospita diverse app decentralizzate, o dApp. Al contrario di quella di Ethereum, essa è descritta da alcuni come più veloce ed economica. Solana è ormai da anni tra le prime dieci criptovalute mondiali e spesso il suo valore aumenta quando aumenta quello del bitcoin. Il 18 aprile il suo valore si aggirava intorno ai 140 dollari, segnando un +462% rispetto a un anno prima.

Litecoin

Il litecoin è una delle prime valute digitali create in seguito alla nascita del bitcoin. Fu Charles Lee, ex ingegnere di Google, a darle vita nel 2011, definendolo peraltro “l’argento rispetto all’oro di bitcoin”. Di certo c’è che la criptovaluta è sopravvissuta a tutti gli alti e bassi del settore e continua a collocarsi tra le prime venti al mondo.

Bitcoin e litecoin utilizzano entrambe un sistema di convalida Proof-of-Work (PoW). Nel dettaglio, il processo di mining o creazione delle due criptovalute e la loro aggiunta a un registro pubblico o a una blockchain è lo stesso. Anche per questo, le loro fluttuazioni sono spesso abbinate. Litecoin valeva il 18 aprile 80 dollari, il 20% in più rispetto al 2023.

Dogecoin

Volatilità e fluttuazioni nel mondo delle criptovalute fanno spesso rima con dogecoin. La moneta meme riceve ormai da anni il sostegno dell’amministratore delegato di Tesla Elon Musk, oltre che di quello di altre celebrità. Nato per scherzo, dogecoin ha mantenuto per diverso tempo una posizione tra le principali criptovalute. Alla vigilia dell’halving di bitcoin il suo valore si aggirava intorno agli 0,15 dollari, facendo segnare un aumento del 58% rispetto a dodici mesi prima.

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Quando bitcoin e criptovalute torneranno a salire?

Author: Wired

“Una marea di sedicenti aziende decentralizzate del web3 consisteva in realtà soltanto in tre persone, un paio di server e un piano per gonfiare i prezzi, ha spiegato all’Atlantic Will Wilkinson, responsabile della policy del gigante del fintech Block. In poche parole, l’intero settore delle criptovalute è costantemente piagato dai suoi storici problemi, senza mai riuscire a lasciarseli alle spalle e portando così moltissimi investitori a perdere la fiducia e a ritirare i loro capitali, innescando un circolo vizioso dal quale è difficile riprendersi.

Certo, una realtà che da sempre opera seriamente come Ethereum ha compiuto grandi e concreti passi in avanti, ma a che cosa serve una piattaforma blockchain efficiente e scalabile quando tutti i progetti che vengono costruiti su di essa (ovvero quelli legati al mondo del web3) si rivelano inutili? Che cosa serve che piattaforme come Solana, Cardano o Polygon si dimostrino ricche di potenzialità tecniche quando poi nessuna delle loro promesse viene mantenuta?

Bitcoin è morto, viva bitcoin

A questo punto, va specificata una cosa: sarebbe un errore dare i bitcoin (che peraltro, almeno loro, una funzione ce l’hanno: quella di bene d’investimento puro e semplice) e le altre criptovalute per spacciati, visto che hanno mostrato ormai in centinaia di diverse occasioni di essere in grado di riprendersi da ogni crisi. Non si può nemmeno escludere che in futuro vengano finalmente trovate delle funzioni concrete e di successo per questi strumenti o che davvero il vagheggiato web3 prenda forma.

Inoltre, le criptovalute si sono dimostrate uno strumento utile per pagare le rimesse, per finanziare, per esempio, la resistenza ucraina e per altre nobili cause. Volendo essere cinici, c’è però soprattutto un enorme mercato in cui le criptovalute hanno dimostrato di essere realmente utili: quello dell’illegalità. Non è una cosa da poco: secondo il World Economic Forum, questa economia valeva qualcosa come 650 miliardi di dollari già dieci anni fa, mentre secondo altre stime oggi potrebbe valere a 3-5mila miliardi di dollari.

In un futuro che si presenta sempre più cashless, è inevitabile che una gran parte delle transazioni illegali si svolgerà attraverso le criptovalute più attente alla privacy (come per esempio Monero). È davvero possibile che si riveli questo lo scopo ultimo di una tecnologia nata con la speranza di cambiare il mondo in meglio e con il sogno di restituire il potere finanziario alle persone comuni?

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Ethereum dice addio al mining

Author: Wired

Anche se a prima vista possono apparire convincenti, secondo i critici di bitcoin queste tesi non reggono. Pete Howson, professore assistente presso la facoltà di Scienze Ambientali della Northumbria University, paragona le comuni argomentazioni a difesa dell’estrazione di bitcoin a “trucchi di magia“, che oscurano verità scomode e “danno l’illusione di un investimento pulito e redditizio“.

L’unica differenza tra bruciare metano e bruciare metano per i bitcoin – spiega Howson –, è che la seconda rende più redditizie le aziende che producono combustibili fossili, rallentando la transizione verso alternative verdi“. In alcuni casi – per esempio nello stato di New York e nel Montana – le entrate aggiuntive generate dal mining di bitcoin hanno ridato vita a impianti di combustibili fossili che erano stati chiusi o stavano per chiudere. Nel frattempo, in paesi come l’Islanda, secondo Howson, i minatori di bitcoin facendo concorrenza ad altri soggetti, come gli impianti di riciclaggio, che “non possono accedere” a fonti di energia rinnovabile altrimenti abbondanti. “Non esiste uno spreco di energia sostenibile“, aggiunge il professore.

Se quello generato dal settore delle criptovalute sia davvero uno spreco di energia è un tema al centro del dibattito. Secondo Yan Pritzker, cofondatore della piattaforma di trading di bitcoin Swan Bitcoin, l’attenzione riservata all’impatto ambientale di bitcoin è sproporzionato rispetto alle emissioni prodotte dalla criptovaluta, che secondo le stime si aggirano tra lo 0,1 e lo 0,15 per cento percento del totale globale. Pritzker si chiede perché bitcoin sia finito sotto i riflettori, quando altre industrie inquinano in quantità maggiori o sono alimentate da un mix di energia più inquinante. La risposta più semplice è che il dibattito si basa su opinioni personali. Se per esempio si ritiene che i bitcoin abbiano un valore sociale superiore a quello del tabacco, un settore responsabile di un volume di emissioni maggiori, l’impatto della criptovaluta sarà più facile da giustificare. Ma se invece la convinzione è che i bitcoin in sostanza siano solo una grande truffa digitale, i conti sono destinati a non tornare.

Questa battaglia ideologica, e l’astio tra i paladini dei bitcoin e i loro critici, fa sì che entrambi gli schieramenti rimangano arroccati sulle rispettive posizioni, complicando le possibilità di un dibattito più sfumato. Secondo de Vries, da un punto di vista tecnico “bitcoin potrebbe passare al PoS senza problemi”. I sostenitori di bitcoin hanno spesso attaccato De Vries, sostenendo che sia incentivato a criticare il bitcoin dai suoi legami con le banche centrali, che i suoi dati non siano corretti e che non tenga conto delle sfumature nell’analisi del rapporto tra bitcoin e l’ambiente.

Lo scontro con gli ambientalisti

I bitcoiner sono entrati in conflitto anche con le associazioni ambientaliste. Il 23 marzo, gli attivisti di Greenpeace hanno inaugurato negli Stati Uniti un’installazione artistica chiamata Skull of Satoshi, un’allusione allo pseudonimo del creatore di bitcoin, Satoshi Nakamoto. L’opera, alta tre metri, raffigura un teschio decorato con vecchie schede madri, con le orbite che si illuminano di rosso e delle ciminiere che espellono fumo sulla parte superiore. L’installazione doveva rappresentare il duplice impatto dell’estrazione di criptovalute, le emissioni di anidride carbonica e i rifiuti elettronici, spiega Rolf Skar, direttore della campagna di Greenpeace USA. Su Twitter però il teschio è stato è diventato rapidamente un simbolo dei sostenitori dei bitcoin, che hanno iniziato a usarlo come nuova immagine del profilo.