Categorie
Economia Tecnologia

Perché il terremoto a Taiwan preoccupa le big tech

Author: Wired

Il terremoto che ha colpito Taiwan il 3 aprile, il più violento degli ultimi 25 anni nell’isola asiatica, con un bilancio provvisorio di 9 morti e 821 feriti, rischia di avere serie ripercussioni anche sulla produzione globale di semiconduttori. Come riporta Bloomberg, il paese asiatico ricopre infatti un ruolo fondamentale nell’industria mondiale dei chip avanzati che sono alla base, tra gli altri, degli smartphone, dei veicoli elettrici e dei principali strumenti di intelligenza artificiale.

I danni del terremoto a TaiwanTerremoto a Taiwan, le immagini del sismaGallery32 Immaginidi Kevin CarboniGuarda la gallery

In seguito alla calamità, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc), maggior produttore di chip al mondo, che conta tra i propri clienti colossi come Apple e Nvidia, ha fermato alcuni macchinari e fatto evacuare il personale dalle proprie sedi. Lo stesso ha fatto la rivale locale United Microelectronics nei propri hub di Hsinchu e Tainan. Quanto basta per mettere in allarme le big tech mondiali, considerando che da Taiwan arriva una fetta tra l’80 e il 90% dei chip di fascia alta. I macchinari per la produzione di chip sono molto delicati, pertanto il sisma potrebbe aver provocato anche piccoli danni che ne potrebbero compromettere il funzionamento.

In particolare, a soffrire di un eventuale stop prolungato alla produzione dei semiconduttori potrebbe essere il comparto dell’intelligenza artificiale, già peraltro provato dalla breve interruzione del 3 aprile. D’altronde l’amministratore delegato di OpenAI Sam Altman e il suo omologo di Nvidia Jensen Huang già in passato hanno manifestato preoccupazione riguardo alla scarsità dei chip utili alla realizzazione di nuovi strumenti.

La scelta strategica di Tsmc è da anni la stessa: l’azienda taiwanese ha concentrato sull’isola i propri impianti di produzione, dando così la possibilità agli ingegneri di lavorare insieme, condividendo le proprie competenze. Se già le interruzioni nella catena di produzione causate dalla pandemia avevano portato Stati Uniti, Europa e Giappone a esortare la società a costruire nuovi impianti all’estero, lo stop che il terremoto ha imposto alle fabbriche e potrebbe imporre alle esportazioni potrebbe potenzialmente accelerare la realizzazione delle sedi di Tsmc in Giappone e negli Stati Uniti, paesi in cui comunque l’azienda non avrebbe intenzione di spostare la produzione dei chip più avanzati.

Categorie
Economia

Eileen Appelbaum takes a critical look at Medicare Advantage, exposing how it falls short of its cost-saving and quality-enhancing promises, burdening taxpayers and compromising patient care.

Learn more about her work at https://www.cepr.net/staff-member/eileen-appelbaum/

Categorie
Economia

Like Gordon Gekko said, the most valuable commodity there is, is information.

Categorie
Economia Tecnologia

Siamo a corto di sabbia

Author: Wired

Pannelli solari e turbine eoliche producono energia pulita da fonti inesauribili, ma hanno comunque bisogno di risorse non rinnovabili e scarse: la sabbia, per esempio. Per produrre i vetri dei moduli fotovoltaici e i materiali di stampaggio per i componenti degli aerogeneratori serve infatti della sabbia silicea di alta qualità, anche con una purezza – cioè una concentrazione di silice – superiore al 99,9 per cento. Di sabbia del genere non ce n’è tanta nel mondo.

Può sembrare assurdo parlare di carenza di sabbia: il senso comune ci dice che è ovunque, nelle spiagge e negli immensi deserti. Ma la sabbia non è tutta uguale, e non tutta è utile alle attività umane. Quella del deserto, per esempio, non va bene per l’edilizia perché i granelli di cui è composta sono troppo lisci e tondi per legarsi nel calcestruzzo. La sabbia “buona” è quella che proviene dalle spiagge, dalle cave, dagli alvei dei fiumi e dai fondali marini, erosa non dal vento ma dall’acqua e quindi formata da grani più spigolosi. La sabbia silicea appartiene a questo secondo gruppo.

La sabbia è ovunque, ma ne consumiamo troppa

Ogni anno nel mondo si estraggono all’incirca cinquanta miliardi di tonnellate di sabbia. Di questa, meno dell’1 per cento è adatta a produrre il vetro convenzionale, scrive l’Economist, e una frazione ancora più piccola è sufficientemente pura per i pannelli solari. L’espansione internazionale delle fonti rinnovabili, stimolata dalla transizione ecologica, farà crescere la domanda di sabbia e di conseguenza i rischi del sovra-sfruttamento della seconda risorsa naturale – dopo l’acqua – più utilizzata del pianeta. Già nel 2022 le Nazioni Unite segnalavano la possibilità di una “crisi della sabbia” dovuta a un ritmo di consumo troppo veloce rispetto ai tempi di ricarica.

La civiltà umana si regge sulla sabbia. È la materia prima dell’urbanizzazione, dell’industrializzazione e del progresso perché è contenuta negli edifici, nelle strade e nei ponti, ma anche nei vetri delle finestre, nei parabrezza delle auto, negli schermi dei computer e degli smartphone, oltre che nei microchip di silicio. Negli ultimi vent’anni la crescita delle città a livello globale ha fatto triplicare il tasso di utilizzo; l’aumento demografico e l’adozione delle tecnologie green non sembrano suggerire un’inversione della tendenza.

Il problema è che l’estrazione della sabbia è scarsamente regolata. L’assenza di monitoraggio stimola i commerci illeciti – e infatti esiste un ricco mercato nero di questa commodity, gestito dalle organizzazioni criminali – e fa salire i rischi di degradazione ambientale. In Africa la trasformazione dei villaggi in città comporta spesso il prelievo di grandi quantità di sabbia dalle spiagge; così facendo, però, si potrebbe aumentare la vulnerabilità delle aree costiere agli eventi meteorologici estremi. Nel Sud-est asiatico, l’estrazione della sabbia dal Mekong stava facendo sprofondare il delta del fiume, causando la salinizzazione di terre prima fertili.

Il ruolo della Cina

Il primo paese consumatore e importatore di sabbia è la Cina, che la utilizza principalmente nella produzione di materiali da costruzione. Ma il mercato immobiliare è in crisi e non riesce più a svolgere appieno la sua storica funzione di motore della crescita. Per questo il Partito comunista sta virando verso un modello di sviluppo basato sulle cosiddette “nuove forze produttive: intelligenza artificiale, computing quantistico, materiali inediti, batterie, dispositivi fotovoltaici e clean tech in generale.

La Cina è già la maggiore produttrice al mondo di pannelli solari e turbine eoliche; considerata la volontà di insistere su questo settore, è probabile che nei prossimi anni consumerà ancora più sabbia silicea purissima. I paesi occidentali, intenzionati a recuperare quote manifatturiere, faranno lo stesso. La disponibilità di materia prima si ridurrà ulteriormente, e i prezzi saliranno.

Le alternative possibili

Per ridurre la pressione sulla risorsa naturale, si potrebbe raffinare la sabbia consumata dall’industria vetraria (che ha un contenuto di silice del 99,5 per cento) e portarla ai livelli richiesti per il fotovoltaico: si tratta però di un’opzione costosa per le spese nei macchinari e per il consumo di energia.

Un’altra possibilità sono gli investimenti nei paesi con norme estrattive rigorose. Per esempio l’Australia, che ha notevoli riserve di sabbia posizionate a grande distanza dagli insediamenti umani. Canberra, peraltro, è ben posizionata per diventare una fornitrice di minerali critici per la transizione energetica grazie ai giacimenti di litio e cobalto per le batterie, e di terre rare per le auto elettriche e le turbine eoliche.

Categorie
Economia

The affliction of short-termism.