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Aerei elettrici con batterie litio-zolfo, la promessa Oxis Energy

Author: stefania Rinnovabili

batterie litio-zolfo

Credit: Oxis Energy

Sorgerà in Inghilterra la prima fabbrica di batterie litio-zolfo

(Rinnovabili.it) – La nuova promessa dell’aeronautica sostenibile arriva da Abingdon-on-Thames, nella contea inglese dell’Oxfordshire. Qui infatti ha sede la Oxis Energy, società impegnata nello sviluppo di celle e batterie litio-zolfo (Li-S), le più quotate concorrenti della tecnologia a ioni di litio. L’azienda inglese è oggi pronta a portare i suoi dispositivi ad alta quota: è di questi giorni infatti l’avvio di un programma di collaborazione di 12 mesi con la statunitense Bye Aerospace, per testare le batterie litio-zolfo su nuovi aerei elettrici.

Le premesse ci sono tutte: questa tecnologia d’accumulo ha, infatti, già dato prova delle sue capacità in aria quando è stata montata nello sperimentale Zephyr-6, l’aereo solare a pilotaggio remoto che nel 2008 segnò un record mondiale con un volo ininterrotto di tre giorni. Undici anni dopo, i tempi sembrano maturi per fare sul serio e consacrare definitivamente il matrimonio tra batterie litio-zolfo e aerei elettrici.

D’altra parte, questi dispositivi d’accumulo hanno migliorato considerevolmente le loro prestazioni e, nonostante non esista ancora una produzione su scala commerciale, il mercato sembra ormai vicinissimo. La stessa Oxis ha annunciato di star lavorando al primo impianto di produzione degli elettroliti e del materiale catodico specifico per la fabbricazione in serie di queste celle.

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Ma perché intraprendere una programma di test nel campo dell’aviazione, dove è presente un numero maggiore di sfide, e non limitarsi alle quattro ruote elettriche? La risposta è nelle caratteristiche stesse di queste batterie ricaricabili. La tecnologia Li-S offre costi ridotti e soprattutto una maggiore densità di energia rispetto agli ioni di litio: un 500 Wh/kg contro 150–250 Wh/kg. Il vero problema, che ne ha sempre frenato l’arrivo sul mercato, è il ridotto ciclo di vita: durante il processo di scarica la riduzione dello zolfo (che costituisce catodo) produce polisolfuri di litio; questi composti risultano solubili nell’elettrolita, il che significa che, con il tempo, il catodo si scioglie letteralmente.

La società inglese afferma di aver sviluppato un elettrolita “sicuro”, non infiammabile, che preserva la batteria più a lungo più a lungo. Le sue celle ultraleggere hanno raggiunto densità di energia superiori a 500 Wh / kg, anche se offrono solo 250 cicli di carica. Oxis è convinto però  di poter arrivare a 500 cicli entro un paio d’anni. Queste prestazioni, secondo la Bye saranno in grado di migliorare i tempi di volo dei suoi futuri aerei elettrici anche del 100 per cento. “Riteniamo che questa sia la prima fase dell’elettrificazione degli aeromobili commerciali – ha affermato Huw Hampson-Jones, amministratore delegato di Oxis – e alla fine costituirà la base per l’elettrificazione dei taxi aerei e degli aeromobili regionali”.

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Rinnovabili e sistema elettrico, quali investimenti infrastrutturali?


Author: piantanida QualEnergia.it

Una video intervista a Maurizio Delfanti, Amministratore Delegato di RSE.

Investimenti infrastrutturali nelle reti, sistemi di accumulo e “adeguatezza” del sistema elettrico. Quali sono gli investimenti strategici per favorire una maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili?

Facciamo il punto in questa breve video intervista con Maurizio Delfanti, AD di RSE, realizzata in occasione di Key Energy 2019.

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Energia

Idrogeno dall’acqua marina, ora non è più un problema

Author: stefania Rinnovabili

Passi avanti verso la produzione industriale di idrogeno dall’acqua marina

(Rinnovabili.it) – Produrre idrogeno dall’acqua marina e dal sole, per portare energia pulita anche in quelle parti del mondo dove le risorse per la sussistenza sono poche e contate: per quanti credono nell’Hydrogen Economy, questo obiettivo è irrinunciabile ma raggiungerlo è ancora una sfida aperta. Oggi, infatti, le tecnologie di elettrolisi funzionano in maniera più efficiente con l’acqua dolce, dal momento il sale marino è in grado di danneggiare parti chiave dell’impianto.

Eppure il sogno di produrre idrogeno dall’acqua marina rimane fondamentale per il comparto e non solo perché mari e oceani costituiscono una delle risorse naturali più abbondanti sul nostro pianeta. L’approccio, spiegano gli esperti, permetterebbe anche di fornire un contributo alle future soluzioni di desalinizzazione. Ecco perché il lavoro svolto dai fisici dell’Università di Huston, in Texas, rappresenta una svolta significativa in questa direzione. Il team di ricercatori è riuscito a realizzare un catalizzatore robusto ed efficiente in grado di sostenere la scissione dell’acqua salata senza incorrere nel pericolo di disattivazione o corrosione per l’anodo. 

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Spiega Zhifeng Ren, direttore del Centro texano della Superconduttività presso l’ateneo “un grande ostacolo finora è stata la mancanza di un catalizzatore in grado di dividere efficacemente l’acqua di mare per produrre idrogeno senza liberare ioni di sodio, cloro, calcio e altri componenti in grado di depositarsi sul catalizzatore e renderlo inattivo. Gli ioni di cloro sono particolarmente problematici, in parte perché il cloro richiede una tensione leggermente più alta per liberarsi rispetto quella chiesta dall’idrogeno”. Nel dettaglio, il gruppo ha sintetizzato un catalizzatore tridimensionale composto da nitruri metallici economici per la reazione di liberazione dell’ossigeno molecolare. 

La nuova molecola è stata “accoppiata” con un catalizzatore per la reazione di liberazione dell’idrogeno a base di nichel-molibdeno-nitruro, all’interno di elettrolizzatore, alimentato semplicemente dal calore residuo o da una pila AA. Quindi il team ha sperimentato l’apparecchio nelle acque della baia di Galveston, al largo della costa del Texas. Il risultato? L’elettrolizzatore ha raggiunto densità di corrente in grado di supportare le esigenze industriali, richiedendo una tensione relativamente bassa per avviare la scissione dell’acqua di mare.

“Abbiamo raggiunto le densità di corrente richieste a livello industriale di 500 e 1000 mA cm−2 a basse tensioni record di 1,608 e 1,770 V, rispettivamente, per la scissione alcalina dell’acqua di mare a 60 ° C” spiegano gli scienziati nell’articolo (testo in inglese) pubblicato su Nature Communications. “Questa scoperta fa avanzare significativamente lo sviluppo dell’elettrolisi dell’acqua di mare per la produzione di idrogeno su larga scala”.

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Sussidi dannosi, royalty dei petrolieri, Green New Deal: ambientalisti e legge di Bilancio


Author: Luca Re QualEnergia.it

Le proposte di Wwf e Legambiente sulla manovra 2020 del governo nelle audizioni alla Commissione Bilancio congiunta Camera e Senato.

Sussidi dannosi per l’ambiente, royalty sull’estrazione di petrolio e gas, Green New Deal, detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica, sono alcuni dei temi più importanti affrontati da Legambiente e Wwf Italia davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato in seduta congiunta, nel corso delle audizioni preliminari all’esame della manovra finanziaria 2020.

Vediamo più in dettaglio le posizioni delle due associazioni (memorie allegate in basso), partendo da un punto particolarmente controverso: le royalty pagate dai petrolieri.

Ricordiamo che nel disegno di Legge di Bilancio è prevista una norma (art. 94) che sospende per il 2020-2022 le parziali esenzioni dal pagamento delle aliquote sull’estrazione degli idrocarburi (il tema era già emerso nella bozza del provvedimento, vedi qui), per chi produce fino a 20.000 tonnellate/anno di petrolio e 23 milioni di metri cubi di gas da giacimenti a terra, mentre la soglia di esenzione sale a 50.000 tonnellate di greggio e 80 milioni di metri cubi di gas per i giacimenti offshore.

Il Wwf parla di un “indifendibile palliativo”, anche perché nelle bozze della manovra (neretti e corsivi nostri in tutte le citazioni) “si stabiliva tout court l’abrogazione dei commi dell’art. 19 del D.lgs. n. 625/1996 che consentono la franchigia, con un effetto positivo per le casse dello Stato di 40 milioni di euro l’anno […]”.

Tra l’altro, il Wwf ricorda che la franchigia “costituisce implicitamente un sussidio ambientalmente dannoso a sostegno dei combustibili fossili […]”.

Un altro punto rimarcato dagli ambientalisti è la mancanza di continuità nelle politiche per la prevenzione del rischio idrogeologico; tanto che, secondo il Wwf, “si dovrebbero assegnare già a partire dal prossimo anno risorse ben più ingenti di quelle previste dallo stesso Fondo per il Green New Deal per il 2020”.

Ricordiamo che nell’ecobilancio allegato alla manovra si parla di destinare 4,5 miliardi alle spese ambientali nel 2020, quasi il doppio in confronto ai dodici mesi precedenti.

Tra le altre critiche del Wwf alla legge di Bilancio: la mancata stabilizzazione delle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica, oltre alla previsione del bonus facciate che andrebbe a sostenere, si legge nel documento, “interventi di dubbia utilità per il settore”, come avevano già sottolineato alcune associazioni, chiedendo di aggiungere l’obbligo della coibentazione per poter utilizzare la nuova detrazione del 90% riservata agli interventi di restauro/recupero delle facciate.

Passando all’audizione di Legambiente, in tema di royalty l’associazione propone di abrogare le esenzioni sotto soglia e portare le aliquote al 20% dal 2020 per l’estrazione di petrolio e gas sia a terra che in mare.

Legambiente poi propone di varare una carbon tax crescente dal 2021 al 2030 volta a penalizzare l’utilizzo di combustibili fossili e ridurre le emissioni inquinanti; andrebbe anche rimodulata, a parità di gettito, la tassazione sulla proprietà dei veicoli in funzione delle emissioni.

Secondo l’associazione, il governo dovrebbe anche di “ridefinire il sistema delle esenzioni a partire dall’anno 2021 in materia di trasporto merci, navale e aereo, di agricoltura e usi civili con l’obiettivo di spingere innovazioni e investimenti industriali che producano una riduzione delle emissioni di gas serra”.

Si tratta, in definitiva, di eliminare gradualmente tutti i sussidi alle fonti fossili, come gli sconti sulle accise dei carburanti in vari settori, potenziando al contempo gli investimenti in tecnologie più pulite e in misure di efficienza energetica.

Ricordiamo che nelle prime bozze del DL Clima il governo aveva pensato a un taglio lineare dei sussidi dannosi dal 2020 con l’obiettivo di azzerarli entro il 2040, ma la proposta era poi sparita dal provvedimento.

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Massive 5G Electricity Costs are in Focus Ahead of the Global Build-out at the Edge

Author: Steven Carlini Schneider Electric Blog

5G remains in the headlines as test cities and clusters are popping up in the western world while parts of Asia are set to pull the trigger on broad-based service as early as next week. As I have talked about in earlier blogs, 5G is a technology that operates in a small cluster unlike the linear, continuous service of 3 and 4G. Once you travel outside of the confines of a 5G cluster, you lose connection to the 5G service and will automatically revert to 3/4G for continuation of service. Yes, this means 5G and 4G, 3G and even 2G will overlap in many deployments.

In terms of scale, significant global coverage in 2/3/4G is in place with about 5 million telco tower base stations in the world with average power draw at about 6 kilowatts (kW) rising to 8-10kW at peak traffic periods. The global footprint is 50GW at peak power! Unfortunately, most of these tower base stations were not conceived with energy efficiency in mind. They operate around a PUE of 1.5 (power in/power of the telco(IT) load), meaning that about half of the power is wasted. When deployed at scale, this power adds up quickly and waste is multiplied by the number of deployments.

For example, as an initial 5G buildout, a Chinese operator recently added 100,000 5G ready base station sites averaging 10kW each – that’s 1 GW of energy! At a PUE of 1.5, this could cost 1.3 B€ ($ 1.45B) and give off 8,000 tons of CO2 annually (based on U.S. national average CO2 footprint). But if these systems were designed to be extremely energy efficient, PUE could be 1.1, and it would only cost 1B€ ($ 1.12B) and give off only 6,000 tons of CO2 annually.

These 5G base stations will also support 2/3/4G as well, in as many as seven different bands from 700MHz up to 3.5GHz. These “all the G’s” base stations average 10kW, with 13.7kW during peak periods. With standalone 5G (no 2/3/4G) two or three times as many base station sites will have to be deployed to achieve continuous 5G coverage! But there is some good news: once standalone, continuous 5G coverage is in place, and 5G devices are ubiquitous, the 2, 3, and 4G equipment can be retired with a corresponding energy reduction of around 4kW average and 6kW peak.

However, power draw at these sites will not necessarily get better. In about five years, newer technology 3.5GHz sites using massive MIMO (multiple in, multiple out) with four transmitters and four receivers (so-called 4T4R) are predicted to draw 14kW on average and up to 19kW under peak load. But that’s not all – the power consumption of 5G sites at 3.5GHz, with even larger 64T64R and massive MIMO could require three times the power of a 4T4R site!

A new generation of transformation rolls through telco at the edge

A positive for energy consumption is a shift from traditional telco equipment in the base station to software defined 5G running on standard IT equipment in the form of a MEC (mobile edge computing or multi-access edge computing). The first MEC deployments are a combination of traditional telco and pre5G/5G, but these will gradually move to be more and more IT based servers – see my blog, Powerful Confusion! The Differences Between 4.5G, Pre5G, and 5G Explained. 5G is a software-defined architecture and that means telecoms are setting themselves up for success by deploying a canvas from which they can innovate, easily introduce new services, and deploy applications on the network with location flexibility. This is a very important point, as the 5G standard the industry has been collaborating on – the 3GPP R16 Standard – is delayed and will not be frozen until April 2020, and not be released until July 2020.

As this new generation of transformation rolls through telco at the edge, it is quite clear that energy use is a top of mind topic from a business and societal perspective. The massive scale of deployments dictates that much attention needs to be given to these edge sites. For 5G to succeed, MEC data centers must be: initially designed for maximum efficiency; sealed for low maintenance; easily deployable (connect and start-up); built in a factory to drive down costs and drive up reliability; and managed by next generation DCIM to maximize availability and efficiency. We may need new architectures and technologies, such as liquid cooling, predictive analytics, and AI enabled power optimization, to make this a reality.

This journey is just beginning…